Come prevede il Regolamento del nostro Concorso Letterario “L’Arte della Parola e dell’Arte Coreutica” continuiamo a pubblicare le opere che si sono aggiudicate il 2° Premio.
Abbiamo già pubblicato i testi vincitori della Sezione Poesie e Racconti ed ora vi presentiamo il testo della poesia “LE TUE MANI SI FANNO INAFFERRABILI” scritta dalla poetessa RITA MUSCARDIN alla quale rinnoviamo le nostre congratulazioni.
La Giuria tutta ha riconosciuto questo testo meritevole ed eccellente come è chiaramente scritto nella motivazione che trascrivo:
“il cordoglio per la perdita paterna si accompagna ai ricordi dell’esule strappato dalla sua terra; sontuosa lirica di forte impatto emotivo, ricca di musicalità, accostamenti lessicali di alto valore”
LE TUE MANI SI FANNO INAFFERRABILI
E ti penso sai, ora che sei tornato al tuo mare,
una rotta segreta in un carteggio di stelle
e le vele spiegate al vento lieve della sera.
Si snoda lentamente il filo sottile dei ricordi,
quel presagio d’inverno nei tuoi occhi e nostalgia di carezze,
ma le tue mani si fanno inafferrabili,
ombre dolci nell’infinito silenzio della notte.
Era lontana la tua terra e quelle pietre scolpite dal tempo,
le case sulle rive aperte a un vento di mare
e il profumo di salvia e di lavanda lungo i fianchi morbidi delle colline.
L’aria fredda feriva il viso
come quella parola, “esuli”, sigillo di dolore,
onda amara su rive abbandonate.
E così diventaste polvere sparsa agli angoli del mondo,
un grido annodato in gola mentre una nave vi consegnava
alla salvezza su moli sconosciuti e gelidi.
Gemevano i ricordi dalla terra lontana,
un canto triste s’alzava a sera
e solo nell’amore di una parola
viveva ancora quel mondo.
A un altro focolare pensavi padre
e negli occhi annegava il mare,
ma per un antico pudore rimanevi in silenzi assorto
e non volgevi lo sguardo verso il celeste del tramonto
Il nostro Concorso “L’Arte della Parola e dell’Arte Coreutica” edizione 2021 ha potuto godere della presenza, della sempre attiva collaborazione e della indubbia professionalità della Giuria alla quale riservo un profondo sentimento di gratitudine e riconoscenza.
Voglio quindi ricordare tutti i componenti che sono:
CATIA DI GAETANO: direttrice artistica e titolare dell’ ”Accademia delle Arti” , docente esaminatrice di Danza Classica FID, CONI, RAD, CID Member;
FLAVIO PROVINI: avvocato, scrittore di poesie e racconti, giurato in molteplici Concorsi, pluripremiato in Concorsi nazionali ed internazionali, molte sue opere sono state pubblicate in formato cartaceo, in e-book e in audiovideo;
PIETRO CATALANO: membro di Associazioni Culturali, membro e presidente di Giuria in vari Concorsi Letterari, scrittore pluripremiato in Concorsi nazionali ed internazionali, molte sue opere sono state pubblicate in antologie e riviste letterarie;
MAURIZIO BACCONI: scrittore pluripremiato, giurato in vari Concorsi Letterari, ha pubblicato diverse sue opere poetiche in formato cartaceo, membro di Associazioni Culturali;
MAURIZIO MANCINI: membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione La Macina Onlus e del giornale La Macina Magazine, autore specializzato in monografie storiche e sportive delle moto;
GABRIELE MAZZUCCO: scrittore e regista teatrale, docente, vincitore di premi alla regia e ai testi, ama profondamente e visceralmente il Teatro, con una lunga esperienza come attore per la TV, per il cinema e per il Teatro, Presidente della “Compagnia degli Arti” che si esibisce nel loro Barnum Seminteatro;
ANDREA ALESIO: funzionario di una Istituzione pubblica, attore, docente, socio della “Compagnia degli Arti”
Sono onorata di aver fatto parte della Giuria di così alto valore artistico e professionale, ho tratto insegnamenti che mi sono preziosi. Grazie a tutti.
Gianni Montalto è nato a Formia in provincia di Latina il 16 dicembre 1961. Sin da ragazzo la cultura egizia, e la storia millenaria che la alimenta, non ha mai smesso di affascinarlo. “La figlia del re” è il suo romanzo di esordio.
E’ uno scrittore contemporaneo bravissimo che tutti dovremmo conoscere… capace di suscitare grande ammirazione e feroci critiche, ma mai di lasciare indifferenti i suoi lettori. Il modo migliore per “scoprirlo” è, ovviamente, leggere il suo libro.
I protagonisti di questa storia sono un uomo ed una donna Mary e Richard, i quali si trovano in Egitto, nella Valle dei Re, per una missione unica nel suo genere: il loro scopo è ritrovare un antichissimo manoscritto che dimostrerebbe l’esistenza di una figlia avuta dal faraone Tutankhamon a soli diciassette anni.
Informazioni concrete e leggenda si intrecciano intorno alla storia del manoscritto, ma i due archeologi sono convinti della sua esistenza e non intendono deludere il loro finanziatore. Non sono, però, gli unici ad avere intrapreso la ricerca del prezioso reperto: poco lontano dal loro campo, infatti, un’altra squadra ha il loro medesimo obiettivo. Gli scavi non portano alla luce granché, finché iniziano a manifestarsi degli eventi strani e inspiegabili: un vento furioso si abbatte sulla Valle scardinando le tende degli operai, e proprio quella notte Mary ritrova casualmente uno strano manoscritto.
Che sia quello che tutti stanno cercando? Qualcuno, però, sta seguendo nell’ombra ogni loro mossa, e da quel momento nessuno sarà più al sicuro. Tra continue sparizioni del manoscritto e brutali uccisioni, sarà arduo ricomporre i pezzi di questo intricato puzzle. Chi intende far conoscere la verità, e chi invece vuole solo confonderla?
La lettura scorre tra fortissime emozioni, enigmi da svelare, riferimenti storici e descrizioni affascinanti dei luoghi e dei personaggi che vengono sapientemente avvolti da un’aura che trasmette al lettore forti sensazioni visive ed emotive. La soluzione dell’enigma principale viene dispensata a piccole gocce, tramite la risoluzione di enigmi minori.
Oggi, abbiamo contattato l’autore, al quale abbia rivolto quattro domande per voi.
ILARIA – Quando hai maturato l’idea di scrivere un romanzo?
GIANNI – Covavo da tempo l’idea di scrivere un romanzo, così circa due anni fa ho voluto dare sfogo alla mia immaginazione. Sono un appassionato della cultura egizia da quando ero ragazzo e mi piaceva l’idea di una storia che traesse origine dalle gesta di uno dei faraoni più famosi agli occhi del mondo, Tutankhamon. Il suo regno è durato molto poco, ma la scoperta della sua tomba, avvenuta nel 1922, lo ha fatto assurgere a gloria imperitura. Desideravo far muovere i personaggi in un ambiente reale ma con richiami al passato e spero d’esserci riuscito. Ho voluto dare un’impronta molto dinamica alla storia con un ritmo serrato, per invogliare il lettore a restare incollato al libro, sorprendendolo con frequenti colpi di scena, trascinandolo a un finale inaspettato. In buona sostanza, si tratta di un thriller moderno che si presta a più soluzioni perché ritengo che il lettore debba “interpretare” la storia come meglio desidera senza subire influenze esterne cercando tuttavia di cogliere il pensiero dell’autore.
ILARIA – Com’è nata in te l’idea di scrivere questa brillante storia?
GIANNI – La cultura egizia mi affascina da sempre. Ho avuto modo di leggere molti romanzi ambientati nell’antico Egitto e non volevo emulare altri autori, anche se molto blasonati, e così la mia storia l’ho ambientata ai giorni nostri. I luoghi in cui si muovono i personaggi sono in parte inventati anche se la loro descrizione, a volte molto particolareggiata, potrebbe far pensare a siti esistenti. Io penso che, al di là della storia narrata, il lettore dovrebbe essere lui stesso protagonista, tanto quanto i personaggi che ne fanno parte, catapultandolo in essa per renderlo partecipe di ogni situazione, diventando padrone dell’azione. Soltanto così potrà determinare gli eventi fino a prevederli ancor prima che glieli si rendano noti. Credo che ogni autore voglia che questo accada: sorprendere il lettore è il risultato migliore che uno possa aspettarsi.
ILARIA – Leggendo il tuo libro ho avuto la sensazione che tu abbia voluto lasciare aperta una porta al lettore affinché potesse dare una propria e personale interpretazione alla narrazione; sbaglio?
GIANNI – Hai perfettamente ragione. Ho voluto mettere il lettore al centro della scena, lasciandogli la libertà di interpretare a suo piacimento il racconto, sperando di averne condiviso molte aspettative.
ILARIA – Hai scritto “La figlia del re” con un obiettivo ben preciso?
GIANNI– L’idea era quella di propormi con una storia che poteva suscitare l’interesse del pubblico. La cultura egizia affascina da sempre il mondo e così ho pensato di metterla alla base di un racconto che avrebbe potuto incuriosire il lettore. Questo era l’auspicio. Solo il tempo mi dirà se avrò raggiunto l’obiettivo.
Così afferma, con una punta di amarezza, un giovane “teatrante” con soli 40 anni di palcoscenico alle spalle.
I testi da lui portati in scena, nel corso del tempo, sono tutti improvvisati, senza un copione definitivo e ciò dimostra la grandezza, la capacità oratoria, la capacità di osservare tutti gli aspetti della natura che lo circonda e – cosa ben più profonda – l’animo umano.
59 racconti brevi, sagaci, pungenti, arguti, gradevolmente irriverenti che raccontano episodi di vita quotidiana familiare, politica, sociale, tutti immersi nella solida cultura di una piccola realtà di paese ben più apprezzabile di quella metropolitana.
59 racconti brevi che catturano l’attenzione del lettore fin dalle primissime righe della prima novella con un linguaggio scorrevole, semplice, d’effetto e privo d’artifici, dove la lingua italiana si alterna sapientemente al dialetto necessario a creare e rafforzare il significato dello scritto.
59 racconti brevi che rimarcano quel certo modo di essere tipico del popolo abbruzzese (in lingua italiana si scrive correttamente con una sola “b” ma il dialetto di queste parti tende a rafforzare le lettere, le duplica o addirittura le triplica) capace di entrarti nel sangue e nel cuore con una saggezza spiazzante.
Stiamo parlando di Domenico Turchi che ha scritto la sua opera libraria “La mia vita è un mosaico”
Questo gustoso racconto, “Nonno e il cane Carina” tratto da YouTube, ci consente da subito di scacciare la malinconia:
Il libro è una vera e propria lezione di vita, una sorta di carpe diemin grado di mettere in luce lo spaccato di una regione ed una comunità colta e ricca non solo dal punto di vista linguistico, ma che esprime quella cultura che affonda le radici nella sana e solida realtà contadina, nella diversità tra le genti di mare che lambisce il territorio e quelle della vicina montagna.
Domenico Turchi con “La Mia vita è un mosaico” ci racconta la sua vita, la sua realtà che si incastona perfettamente con quella di tutti noi che sentiamo fortemente il senso di appartenenza alla nostra terra ed alle sue tradizioni.
Dal racconto: “Il miracolo del sedano”
“…Preso da una sconosciuta emozione mi avvicinai ai carri della maggiolata e con il dito più lungo che avevo, l’indice, toccai le chiappe di una ragazza…Papà prese 2 piante di sedano e mi disse: lu lacce (il sedano) è afrodisiaco. Mingo lu lacce ti fa rizzà la picche”
Semplicità unita ad una sana ingenuità giovanile.
L’opera descrive scene vive e tangibili, fortemente descrittive ed evocative; chiudendo gli occhi si avvertono gli odori, i profumi, si percepiscono i colori e i sapori del cibo contadino.
La lettura del libro ci proietta in quel preciso contesto descritto: ci si ritrova immersi tra i profumi della nostra montagna, la Majella, si assapora il gusto degli arrosticini, rigorosamente a multipli di 10, accompagnati da un buon vino cotto mentre lo sguardo si perde tra le acque del nostro mare.
Tutti i racconti sono lezione di vita ed illustrano un vissuto reale, concreto, genuino, umano, sensibile e, principalmente, rispettoso e curioso.
Dal racconto: “Luoghi”
“…come si fa ad abbandonare questi luoghi? Apparteniamo ad essi come l’asparago selvatico appartiene a noi”
La madre terra a cui dobbiamo portare rispetto.
Domenico Turchi con “La Mia vita è un mosaico” riesce ad affascinarci con i suoi racconti che rappresentano il perfetto incastro tra le esperienze semplici e genuine della gente e del suo territorio.
Si confessa Domenico Turchi, Mingo per gli amici e mi auguro sia considerato tale, “la mia non è una grammatica corretta, uso i puntini più che una virgola perché quando scrivo recito”
Ed è proprio questo il gran merito di Domenico, rimanere fedele al “Suo” teatro.
Nella stesura dell’opera libraria “La mia vita è un mosaico”,Domenico ha vissuto, respirato e recitato come se ci fosse il pubblico seduto in platea.
Ed il suo pubblico, tutti noi, sapremo ancora una volta essere vicini a Domenico Turchi e potremo godere della lettura del suo libro “La Mia vita è un mosaico”
Buona lettura.
Complimenti sinceri Domenico Turchi da parte di tutti noi.
“La Mia vita è un mosaico” di Domenico Turchi
Per informazioni complete sull’autore e per un contatto diretto visitare la pagina:
Flavio Provini: 1° classificato nella Sezione Poesie
del Concorso Letterario L’Arte della Parola e dell’Arte Coreutica
come presentare Flavio Provini autore?
E’ arduo perché ha mietuto successi, riconoscimenti, premiazioni in tutti gli innumerevoli Concorsi Letterari in Italia e all’estero a cui ha partecipato.
Appassionato di poesia e narrativa ed avido lettore di romanzi, racconti e saggi scrive poesia nelle più svariate forme: in verso libero, in rima, in metrica o nelle forme chiuse o brevi.
Alcune sue opere sono pubblicate online ed anche edite nelle antologie in formato cartaceo o e-book; di alcune di esse è stato gratuitamente realizzato un audio-video facilmente reperibile sul web.
A Flavio Provini sono stati assegnati circa 300 premi ai quali si aggiunge la nostra Targa di Premiazione
e ci piace pensare, anzi, ne siamo certi, che Flavio le attribuisca l’identico valore che noi proviamo e che abbiamo espresso con la seguente motivazione:
componimento di forte impatto emotivo, possente intensità del messaggio, modalità di scrittura ricercata ma godibile, eccellente la forma e la competenza linguistica, la felice ripetizione di alcuni verbi dona musicalità al testo
Congratulazioni Flavio Provini.
“Il dono (dedicata a Liliana Segre)
Non parlerò di sbuffi dai camini
su un cielo opaco di silenzio e polvere
né del brutale marchio sulla pelle
come se fossi bove al mattatoio,
del brancolare eretti sulle gambe
ossute come giunchi per inedia,
il collo stretto da un nodo scorsoio
che solo un Dio lontano districava.
Non parlerò delle urla alle torture
o delle sillabe acri nelle gole
vomitanti ansia sporca di morire,
né delle mutazioni dell’odiare,
né di quegli occhi persi a non vedere,
non parlerò di piombo o denti d’oro
o dei capelli a terra per sottrarli
alla fornace che le ossa scioglieva.
Porterò come strenna di Natale
al tempo sordo, cieco ai memoriali
il dono di chi da Auschwitz è tornato
e come agnello mai sacrificato
urla l’accento acuto della storia
di anime schiave di una folle legge,
nutre il ricordo di quella mattanza
affinché cali un raggio di speranza
che abbracci prati verdi non spinati.
Porterò un dono in nastro rosso sangue
e umida carta di innocenti lacrime,
con la sorpresa laica del perdono
per chi oggi ancora, nella notte ignora
chi lassù agli Inferi fu bestia e fumo.”
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