Marco Polli scrittore: la nostra intervista

Marco Polli scrittore: la nostra intervista

 

 

Marco Polli scrittore: la nostra intervista

Marco Polli, giovane scrittore che si è già messo in luce nei vari Concorsi dove si è presentato ottenendo segnalazioni di merito, premi e riconoscimenti partecipa oggi – con entusiasmo – alla nostra intervista.

I suoi molteplici interessi spaziano dalla letteratura latina e greca al gioioso mondo delle favole di Esopo, di Fedro…è senz’altro una intervista interessante che ci consente di scoprire l’autore Marco Polli in una dimensione forse poco nota; buona lettura.

Ricordiamo che Marco Polli con la sua ultima opera “La fata Birichina” ha conquistato il 3° posto al Concorso Letterario Il Macinino, Sezione Racconti; il testo del suo componimento lo abbiamo già pubblicato in data 2 dicembre 2019 : https://www.lamacinamagazine.it/marco-polli-la-fata-birichina/

Buongiorno Marco e grazie per la tua disponibilità. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori?

Grazie a Voi per la possibilità di questa bella intervista. Diciamo che sono uno come tanti che ad un certo punto della propria vita ha deciso di accettare la sfida di cimentarsi con l’arte della scrittura.

Chi è Marco Polli nella sua passione per l’arte della scrittura?

Si può dire che il mio continuo approccio con la scrittura è, per certi versi, un continuo sperimentare, ogni qualvolta mi avvicino ad un tema mai trattato in precedenza, mentre per altri è alquanto intuitivo, un po’ come nei fumetti quando al personaggio di turno si accende la lampadina in presenza di un’idea, che sia l’abbozzo di una rima poetica in risposta a qualcosa che ha attirato la mia attenzione in un determinato momento, oppure una scenetta che prende progressivamente forma e dai contorni sempre più nitidi e ben definiti, fino a necessitare di essere soltanto tradotta in parole scritte a livello narrativo.

Raccontaci qualcosa per incuriosire i nostri lettori.

Bello e stimolante l’invito a provare ad incuriosire i lettori. Soprattutto per chi sta muovendo i primi passi in questo campo nella fase della interazione con un pubblico al di fuori dell’ambito scolastico – lavorativo. Per chi ha avuto la bravura e la fortuna di essere riuscito a fare breccia nella Repubblica delle Lettere il solo “tam tam” mediatico dell’uscita di un nuovo lavoro suscita già aspettativa e curiosità a prescindere. Il problema è, per i novizi che si trovano così, di punto in bianco, a presentarsi sul palcoscenico delle lettere, proprio il riuscire a spiegare perché il pubblico debba dar loro una chance. In questa fase iniziale della mia produzione letteraria, a parte il desiderio di dare libero sfogo alla mia vena creativa nel modo più positivo possibile per cercare di regalare anche solo un sorriso a chi mi dovesse leggere nelle opere  di pura fantasia, per quanto riguarda gli elaborati attinenti a realtà storiche o quant’altro, mi piacerebbe riuscire a proporre vicende magari anche  già note ai più, ma da punti di vista diversi da quelli già raccontati fino a diventare quasi dogmatici cercando, in molti casi, di portare l’ipotetico lettore a riconsiderare le certezze granitiche della dottrina maggioritaria, conducendolo in una sorta di continua riflessione sugli argomenti trattati, in modo che sia chi legge a convincersi di aver trovato la giusta interpretazione sullo svolgimento dei fatti oggetto d’esame all’interno dello scritto. Diciamo che, molto più in piccolo, potrebbe essere, questo, un tentativo di rendere omaggio al Grande Socrate che, con la sua arte della maieutica, cercava di portare l’interlocutore di turno a liberarsi dalle grandi verità dogmatiche e paradigmatiche di cui si riteneva portatore all’inizio del dialogo, per costruire, con il ragionamento, quelle che avrebbero dovuto essere le proprie verità, indagando ed approfondendo gli interessi suoi propri, anche in relazione alle sue capacità ed abilità intrinseche.

Qual è stato il tuo percorso artistico letterario e quale la tua formazione professionale che ti hanno permesso di avere gli strumenti per scrivere opere letterarie apprezzate da un vasto pubblico?

Marco Polli scrittore: la nostra intervista

Il percorso che mi ha portato a mettermi in gioco accettando la sfida di scrivere è stato alquanto originale, nella più assoluta normalità di un qualsiasi percorso di studi che può aver accomunato moltissimi giovani d’oggi. Iscritto al liceo scientifico da appassionato di matematica ed uscito dallo stesso folgorato dalla bellezza della letteratura latina e bramoso di approfondire pure quella greca, con la quale presi un primo contatto grazie a delle prime letture di stampo filosofico platonico, il mio primo scritto di un certo rilievo con cui ebbi modo di cimentarmi fu la tesi in giurisprudenza. Terminato il maxi ciclo di studi istituzionali seguì un lungo periodo di grandi letture che, partendo dai grandi classici dell’antichità, giunsero fino alle altrettanto grandi opere della classicità moderna, dai romanzi ai racconti, ricomprendendo, in ultimo, anche numerose riviste di carattere storico. Questo, in breve, il percorso formativo.

Per quanto riguarda la molla che fece scattare la scintilla della scrittura, per cercare di spiegare con una metafora come avvenne il primo impatto al di fuori della scuola si può ricorrere ad una sorta di paragone con una scena di un film ormai entrato tra i cult delle pellicole di livello mondiale: Forrest Gump. Come Forrest Gump, infatti, ad un certo punto della sua vita comincia a correre da una costa all’altra degli Stati Uniti d’America senza quasi mai fermarsi, così accadde a me di imbattermi, nel giro di poco tempo, prima nel bando di un concorso letterario per narrativa di argomento storico e, a stretto giro di posta, di un altro concorso letterario che prevedeva, oltre alla sezione narrativa, anche quella di poesia. E così ho deciso di mettermi in gioco sia nella poesia che in varie forme di narrativa, dai racconti al genere fiabesco/favolistico senza più fermarmi fino a giungere, in un futuro più o meno prossimo, chi lo sa, forse a cimentarmi anche col genere romanzesco, per il quale già ho in mente qualche idea di progetto da sviluppare…

Secondo te perché un romanzo, un libro, abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale e accattivante per chi legge)?

La scelta di elementi quali la storia, la trama ed il linguaggio da utilizzare nella stesura di un’ opera letteraria è di fondamentale importanza per dare organicità e scorrevolezza al testo ed attiene all’elemento soggettivo dell’autore, ma non è nulla se non viene posto in relazione con un altro grande fattore, un elemento che si può definire come soggettivo – esterno rispetto alle scelte oggettivo – soggettive poste in essere dall’autore in sede di ideazione, progettazione e stesura dell’opera. Dopo aver scelto l’argomento, la trama da sviluppare e lo stile da adottare, urge concentrarsi sulla tipologia di lettore che si vuole incuriosire: sarà un amante del genere storico oppure del giallo, del poliziesco o di qualcos’altro? E poi il nostro lettore prediligerà una prosa narrativo descrittiva o sarà piuttosto attratto dai dialoghi più o meno brevi e concisi? Riuscendo a combinare tutti questi elementi nel giusto mix penso che, con passione, bravura e quel tocco di fortuna che permette di presentare il prodotto giusto al momento giusto, il successo dell’opera abbia buone possibilità compiersi.

Marco, quale sentimento ti ha mosso nella scrittura della tua opera?

Lo stimolo che mi ha portato alla stesura de “La fata Birichina” è stato una via di mezzo tra la voglia di raccogliere una sfida ed una scommessa con me stesso. Tutti, chi più chi meno, ci siamo confrontati, quando eravamo fanciulli, con il mondo delle fiabe e delle favole partendo da Esopo e Fedro, per giungere fino ad Andersen, Trilussa, ai fratelli Grimm e via discorrendo. Ed è proprio in quest’ottica che mi è venuto il desiderio di provare a cimentarmi con questo genere letterario, favolistico – fiabesco, per vedere se ero in grado di scrivere un qualcosa di carino e simpatico, che fosse in grado di far sorridere un po’ tutti, dai più piccini agli adulti che chissà, magari si sarebbero potuti sentire, almeno per una volta, nuovamente fanciulli pure loro, riscoprendo il lontano sapore del genere letterario in cui la mia operetta si inserisce.

Ci puoi illustrare in breve il significato del tuo racconto?

Uno degli insegnamenti che potrebbe cogliersi dall’analisi de “La fata Birichina” è che lo scherzo è bello fintanto che resta genuino, ma non deve  mai creare disagio e malessere in chi lo subisce.

Quali sono state le difficoltà nel rendere gradevole, agile, di facile ma interessante lettura il tuo libro?

Nel suo insieme “La fata Birichina” ha visto la luce senza troppi intoppi. L’impronta che volevo dare all’opera era ben chiara fin dalle premesse. Poi, ovviamente, viene il momento della rifinitura.  Considerando che l’intento era quello di scrivere qualcosa che potesse risultare carino e piacevole non solo per un pubblico adulto ma anche per i più piccini, il difficile è forse stato cercare di riuscire a non cadere nel tranello di infarcire la narrazione con paroloni forse troppo oscuri ed alquanto incomprensibili per un pubblico di giovane età.

Il testo risulta curato nei dettagli cosa ci puoi dire della accentuata focalizzazione che hai inteso dare al protagonista?

La risposta potrà sembrare forse un paradosso, ma per spiegare la continua centralità della fata Birichina per tutto il protrarsi del racconto, ricorrendo nuovamente ad una sorta di metafora, nell’ apprestarmi alla stesura del testo è stato come se nella mia mente si fosse visualizzato dapprima un palcoscenico tutto nero sul quale si accese, improvvisa, una luce che illuminò fino alla fine la protagonista al centro della scena e subito dopo, man mano che il sipario si alzava, cominciava a dipanarsi la matassa dei dettagli, in un susseguirsi di danze che portava ogni pezzo del mosaico a prendere il posto che più gli era funzionale all’interno della recita.

Scrivere è un modo per parlare di te o intendi suggerire qualcosa agli altri?

Diciamo che in questa fase scrivo per condividere con i lettori che avranno di volta in volta modo di incontrare le mie opere con la curiosità di scoprire le varie interpretazioni di ciascuno di essi. È spesso interessante valutare quello che viene colto da chi legge per poi confrontarlo positivamente con quello che pensava chi scriveva nel momento in cui dava luce alla propria opera.

Che consigli daresti ad un autore esordiente?

In base alla mia esperienza di scrittore, ed al mio modo di pensare, credo che chiunque decida di cimentarsi con questo fantastico mestiere debba essere consapevole che all’inizio non è detto che sia sempre tutto facile e nemmeno immediato il riscontro positivo. All’inizio del percorso che ci vede nella veste di novelli autori dobbiamo pensare che siamo noi a dover essere bravi a farci conoscere dal lettore e a catturarne positivamente l’attenzione. Così come penso che sarebbe un errore esaltarsi troppo in caso di subitanei riscontri positivi per non perdere il contatto con la realtà, allo stesso modo, se si è convinti della validità delle opere di volta in volta portate a compimento, non ci si deve abbattere, in caso di insuccessi iniziali ma, senza mai perdere la speranza, bisogna sempre andare avanti senza dimenticare che, così come siamo uomini noi che scriviamo, sono persone anche coloro che leggono e giudicano le nostre opere. Per qualcuno che giudicherà negativamente le opere di chi scrive, ci sarà sempre qualcun altro per cui saremo degli scrittori oltremodo validi, e le nostre letture capolavori della letteratura da suggerire per l’interesse che vi avranno riscontrato.

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno 1 libro ed il suo autore

Dalla letteratura classica fino a quella moderna e contemporanea ci sono tanti pilastri della narrativa che non dovrebbero mai mancare nelle biblioteche delle nostre case e che ognuno di noi dovrebbe, periodicamente, leggere e rileggere, in quanto storie apparentemente sempre uguali sono in grado di farci rivivere avventure sempre nuove e diversissime tra loro. Più che un libro ed il suo autore, in una contingenza storica come quella attuale mi sento di consigliare due letture in particolare ed un autore. Le letture sono il “Don Chisciotte” e “Le Mille e Una notte”. Come autore, invece, Platone, filosofo da esaminare nella continua contemplazione dell’organicità evolutiva del suo pensiero, senza stravolgerne la cronologia delle opere saltando di palla in frasca, ma rimanendo nel costante solco della retta via, che dagli scritti giovanili conduce inevitabilmente a quelli della maturità dello stesso.

Marco, come vuoi concludere questa proficua chiacchierata? Cosa vuoi dire ai nostri lettori?

Il mestiere di scrivere, che sia intrapreso per esigenze nostre personali piuttosto che per trasmettere qualcosa a chi legge, o soltanto per condividere le nostre storie e le avventure con il pubblico che avrà modo di leggerle, deve essere vissuto come un’esperienza positiva, da condursi sempre con passione e soprattutto senza mai abbattersi, anche quando non si ottengono le gratificazioni sperate.  Non possiamo piacere a tutti, e questo è un dato di fatto, ma là fuori, oltre a chi non è in sintonia con il nostro modo di intendere la scrittura, c’è sicuramente un altrettanto grande pubblico che, anche se non lo sa ancora, è già in attesa di leggere ed apprezzare i nostri racconti. Dobbiamo solo avere la fortuna di incontrarci, scrittori e lettori. Il primo passo ovviamente lo deve fare chi scrive, portando alla luce i racconti che sono nella penna virtuale delle fantasie di ognuno di noi.

Grazie Marco Polli per il tempo che ci hai concesso, con l’auspicio che ci seguirai con il tuo apprezzamento nei prossimi Concorsi Letterari che bandiremo.

Informazioni più dettagliate dell’autore sono reperibili nella sua pagina Facebook

https://www.facebook.com/marco.polli.5

Grazie

 

 

Caterina Marano poeta: la nostra intervista

Caterina Marano poeta: la nostra intervista

 

Caterina Marano poeta: la nostra intervista

E’ per noi un piacere ricordare la gioia, l’emozione e la freschezza nel sorriso di Caterina al momento di ritirare il premio conseguito nel nostro precedente Concorso l’Arte della parola per la sua opera “L’urlo del coraggio infranto” che ha, forse, determinato il suo più che meritato successo.

Caterina Marano poeta: la nostra intervista

Abbiamo già pubblicato il suo componimento in data 18/11/2019

https://www.lamacinamagazine.it/caterina-marano-il-volo-della-libellula/

L’intervista è condotta dallo scrittore e giornalista Andrea Lepone.

“Intervistiamo oggi la Dott.ssa Caterina Marano, psicologa specialista in infanzia, adolescenza e famiglia, psicoterapeuta e insegnante, nonché abile scrittrice e vincitrice di prestigiosi riconoscimenti letterari. Per Aletti Editore è in uscita la silloge poetica “I Dipinti dell’anima”.

Per stabilire da subito un clima di dialogo propongo di passare al “tu”.

Certamente, Andrea. Sono lusingata di essere intervistata da te, che sei per me da nobile esempio essendo un giovane autore di grande talento e avendo ricevuto da te il primo riconoscimento.

Buongiorno Caterina, grazie per la tua disponibilità e complimenti per il riconoscimento conseguito nel Concorso Letterario “Il Macinino”. La tua opera, intitolata “Il volo della libellula”, si è classificata al secondo posto ex aequo nella sezione dedicata alla poesia. Cosa ti ha ispirato nel comporre questa lirica?

Mi ha ispirato il mio corpo, che racconta spesso la mia storia con sensazioni molto forti. In particolare questa poesia l’ho scritta in un periodo di significativa trasformazione e in un contesto naturalistico. La scelta del titolo infatti sta a simboleggiare la ricerca consapevole di libertà e il bisogno di equilibrio attraverso una profonda connessione tra anima, mente e corpo, nonostante i morsi della vita e i boati del passato.

Nella suddetta poesia, l’utilizzo delle rime è assai significativo. Prediligi uno stile più ritmico, a scapito di un verso più sciolto?

Dipende dalla poesia e dalle emozioni che trasmetto. Di solito prediligo l’utilizzo delle rime quando le emozioni sono molto forti e profonde, quasi esplosive. La rima mi aiuta a stare con queste emozioni e a sentirne l’intensità per poi trasformarle in un’esperienza emotiva evolutiva, una conclusione diversa con cui spesso chiudo le mie opere. Allo stesso tempo preferisco agganciare il lettore con un’incisiva musicalità e accompagnarlo con ritmo deciso affinché la mia opera attraversi la sua anima dall’inizio alla fine.

Caterina Marano poeta: la nostra intervista

Esattamente come una libellula in volo, anche gli esseri umani hanno bisogno di un proprio “equilibrio” per affrontare la vita… secondo te, la poesia può essere d’aiuto in questo senso?

Credo profondamente nel potere terapeutico della poesia; è una preziosa risorsa per affrontare la vita. Con la poesia così come con altre forme di espressione artistica è possibile riscrivere la propria storia ed elaborare esperienze emotive per trasformarle in opportunità di crescita evolutiva. Nel mio caso è stata molto utile per accettare ed elaborare esperienze traumatiche della mia storia personale e familiare.

Ritieni che la scrittura creativa sia utile per comprendere meglio la personalità di un individuo, i suoi pensieri, le sue aspirazioni?

 Credo di sì, tuttavia è necessario che ci siano come condizione la disponibilità ad ascoltare e ascoltarsi, la motivazione a sintonizzarsi con se stessi e mettersi in discussione, il desiderio di riscoprirsi, il coraggio di accertarsi e lascarsi attraversare dalle proprie emozioni. Utilizzo spesso la scrittura creativa anche in ambito professionale sia con adulti sia con bambini. Tra i miei progetti futuri vi è un Laboratorio di scrittura creativa rivolto ai preadolescenti, per cui la poesia potrebbe essere utile sia a prevenire eventuali disagi sia a trasformarli in esperienze emotive accettabili e correttive.

 Arte poetica e condivisione… cosa ne pensi di questo binomio?

Credo nel potere di questo binomio affinché la poesia diventi espressione simbolica della psiche ed esperienza creativa per l’anima.La condivisione diretta della poesia o indiretta dell’esperienza emotiva suscitata è necessaria affinché l’arte poetica diventi un’esperienza evolutiva. La condivisione delle mie poesie con i miei genitori, che ringrazio infinitamente per avermi accompagnato in questa preziosa scoperta, è stata utile per elaborare insieme e in chiave metaforica dei vissuti emotivi troppi forti e intimi da poter condividere in maniera più diretta e intenzionale. Nella mia silloge poetica I Dipinti dell’anima ho privilegiato questa unione tra arte poetica e condivisione, coinvolgendo vari artisti con stili, ideologie, età e origine socio-culturali di diverso genere. Mi ha affascinato scoprire come dalla condivisione delle mie poesie siano nate altre forme artistiche, alcune anche completamente diverse dalle poesie a cui si sono ispirate. Nel mio libro l’anima di ogni poesia si incontra con lo spirito di ogni artista. Ogni lettore potrà scoprirsi in un dipinto dell’anima, in questo incontro condiviso tra arte e poesia.

Qual è il tuo componimento preferito, in termini assoluti?

Qualche tempo fa avrei citato un componimento dedicato a mio fratello Carmine, a cui è dedicata la mia silloge poetica. Per l’effetto trasformativo che ha la poesia su di me, ora posso dire che non ho un componimento preferito in termini assoluti perché ogni opera ritrae un respiro di libertà della mia anima e un sospiro di salvezza. Restando in tema di condivisione, vorrei citare il componimento “Radici nel cemento” a cui sono particolarmente legata perché è stato dedicato da mio padre a mia madre, ed è tra i loro preferiti.  Hanno sentito nei versi la forza del loro legame, che continua a vivere nonostante la perdita di un figlio. Questa poesia condivisa con loro rappresenta il potere della loro unione, per me grande fonte di forza e coraggio, e di cui sono molto orgogliosa.

Caterina Marano poeta: la nostra intervista

 Grazie Caterina per il tempo che ci hai concesso, con l’auspicio che ci seguirai con il tuo apprezzamento nei prossimi Concorsi Letterari che bandiremo.

Certo, non mancherò. Apprezzo molto il valore dei vostri eventi culturali e sono affettivamente legata ai vostri concorsi letterari. Con voi sono entrata nel mondo della poesia e ho iniziato a condividere le mie opere. Ricordo ancora con viva emozione quando ho esordito nel maggio scorso con l’“Urlo del coraggio infranto” al vostro Concorso L’Arte della parola, con cui ho ricevuto una menzione di merito.”

 

 

Franco Salvatore Grasso scrittore: la nostra intervista

Franco Salvatore Grasso scrittore: la nostra intervista

 

Franco Salvatore Grasso scrittore: la nostra intervista

Franco Salvatore Grasso uomo di profonda cultura accompagnata da una non comune giovialità ci accoglie per “essere sottoposto” alla nostra intervista.

E’ appena il caso di ricordare che Franco ha partecipato a vari Concorsi Letterari dove si è aggiudicato il podio, segnalazioni di merito e premi speciali con i suoi racconti già pubblicati:

Il nuovo Faust,

La porta,

Il nuovo Arjuna,

Seraphitus – Seraphita

Intervistiamo quindi oggi il Dott. Franco Salvatore Grasso che con la sua ultima opera “La figlia della provvidenza” ha conquistato il posto al Concorso Letterario Il Macinino, Sezione Racconti.

Abbiamo già pubblicato il suo componimento in data 22/11/2019 https://www.lamacinamagazine.it/franco-salvatore-grasso-la-figlia-della-provvidenza/

Buongiorno Franco, grazie per la tua disponibilità e complimenti per il riconoscimento conseguito al Concorso Letterario “Il Macinino” con la tua opera intitolata “La figlia della provvidenza”. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori?

Innanzitutto ringrazio voi per questa intervista. Onestamente mi sento imbarazzato nel presentarmi ad una attenta moltitudine di lettori che seguono il vostro giornale e – per rispondere alla domanda –  non ritengo affatto di confinarmi in un particolare ruolo di ‘scrittore’ così come s’intende generalmente. In un certo senso potrei qualificarmi, inserirmi, in un contesto di ricercatore di quei sentimenti umani racchiusi nel profondo dell’anima; cerco di sviscerare dall’inconscio ogni desiderio celato per farlo rivivere nei miei romanzi. D’altra parte queste ‘fantasie’ ritengo facciano parte integrante di ogni personalità.

Chi è Franco nella sua passione per l’arte della scrittura?

Come ho detto precedentemente quello che si potrebbe definire il mio ruolo è quello circoscritto a descrivere racconti racchiusi da un alone fantastico ma che in realtà questa immaginazione diventa un mezzo, un veicolo diretto a svelare ogni brama nascosta nel nostro animo. Quando si parla di desiderio però non si tratta soltanto di quello limitato dagli impulsi dettati di continuo dai nostri sensi, qui si parla soprattutto della particolare smania perenne e indistinta relegata nell’ignoto.

Raccontaci qualcosa per incuriosire i nostri lettori.

Nel primo romanzo scritto, ‘Il Nuovo Faust’ ho azzardato con l’inventiva che Goethe avesse scritto il ‘Faust’ dopo essere stato in Sicilia nel suo “Viaggio in Italia”. Alla Fiera del libro di Francoforte, alla quale partecipai, ebbi la sorpresa di apprendere durante una conferenza stampa dedicata a “Goethe e l’Italia” che recenti studi dell’Università di Berlino avevano appurato quello che avevo immaginato qualche anno addietro. Non avevo fatto altro che prevedere con la fantasia una realtà.

Franco Salvatore Grasso scrittore: la nostra intervista

Qual’ è stato il tuo percorso artistico letterario e quale la tua formazione professionale che ti hanno permesso di avere gli strumenti per scrivere opere letterarie di successo?

Il mio percorso di studio si è svolto nell’Istituto per la Cinematografia e la Televisione dove innumerevoli sono stati i soggetti cinematografici realizzati per approfondire il ‘Linguaggio Cinematografico’.  Ho poi iniziato il mio percorso professionale e, successivamente, ho conseguito la laurea nella facoltà di Filosofia sullo studio delle religioni in particolare quelle indiane e dell’estremo oriente. Queste esperienze, e quelle maturate in ambito scolastico dove vivevo il costante dialogo con i giovani, hanno contribuito a formare il mio ‘background’ personale.

Secondo te perché un romanzo, un libro abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale e accattivante per chi legge)?

In un romanzo la storia è particolarmente importante per raggiungere un certo successo, in altre parole essa dovrebbe accattivare il consenso di chi legge. Non si può scrivere senza tener conto del pensiero del lettore; il lettore, infatti, non è un soggetto passivo. Se la trama del racconto e il linguaggio scritto non sono di suo gradimento egli accantona il libro procrastinando in un futuro – forse lontano – la prosecuzione della lettura. Se invece la narrazione e l’esposizione sono avvincenti la comprensione e la lettura dell’opera sarà senza dubbio bene accolta. Io ritengo che tutti gli scrittori, anche coloro che hanno pubblicato molte opere, siano sempre “emergenti” ogni volta che presentano un nuovo libro poiché – ogni volta – si sottopongono ad una nuova valutazione da parte del lettore.

Franco, quale sentimento ti ha mosso nella scrittura della tua opera?

Potrei dire senza dubbio che il desiderio incontrollato di avere a tutti i costi un figlio, unito poi dall’affetto smisurato nei confronti del proprio cane, ha suscitato in me un interrogativo che mi ha fatto riflettere in modo particolare. Questi sentimenti, apparentemente distanti tra loro, traggono origine da mie osservazioni di eventi di cronaca realmente accaduti.

Ci puoi illustrare in breve il significato del tuo racconto?

Se devo essere sincero non c’è un significato preciso espresso in questo racconto così come s’intende comunemente. Nell’assurdità più totale ho voluto rappresentare il desiderio morboso del personaggio di avere un figlio e ciò manifesta quindi la sua immaturità, la sua solitudine mitigata da un eccessivo rapporto affettivo con la sua cagnolina di razza dalmata.

Franco Salvatore Grasso scrittore: la nostra intervista

Quali sono state le difficoltà nel rendere gradevole, agile, di facile ma interessante lettura il tuo libro?

In primo luogo debbo dire che anche se il racconto percorre per così dire un ‘binario’ fantastico quello che lo contorna rispecchia la realtà. Sembrerebbe forse un paradosso quello che per far vivere una storia immaginaria bisogna adeguarla, inserirla in un contesto reale. Ad ogni modo ho cercato di creare una storia di facile lettura, fra l’altro apprezzata già da diversi lettori, cercando un linguaggio sciolto e nello stesso tempo ad effetto sorpresa.

Il testo risulta curato nei dettagli; cosa ci puoi dire della accentuata focalizzazione che hai inteso dare al protagonista?

Dovevo dare al protagonista, una ben definita personalità, accentuando la sua fragilità emotiva nell’affrontare tutte le traversie per lo più generate dalla sua superficialità. Al contrario ho invece contrapposto la vita equilibrata e pragmatica del suo amico veterinario, utile a contenere in parte gli squilibri del personaggio principale.

L’opera si presta ad una molteplicità di livelli di lettura, è perfettamente fruibile da tutti.   E’ questo il segreto per rendere un’opera anonima in un’opera che può ambire al successo?

Effettivamente un racconto dovrebbe essere comprensibile ad una vasta cerchia di lettori, sempre nei limiti del possibile, ovvero senza scendere ad alcun compromesso con la propria coscienza. Un recente mio romanzo, nonostante abbia riscontrato un buon successo, ha destato qualche perplessità da parte di alcuni lettori circa la comprensione del ruolo dei personaggi e del significato intrinseco del romanzo stesso.

Scrivere è un modo per parlare di te o intendi suggerire qualcosa agli altri?

In ogni stesura di un’opera non penso minimamente a parlare di me, l’intenzione è quella, invece, di comunicare ai lettori quel ‘quid’ utile a stimolarli e raccoglierne le più disparate impressioni.

Che consigli daresti ad un autore esordiente?

Un consiglio onesto è quello di ‘scavare’ nel proprio animo per far uscire quel sentimento utile e trasportarlo con le parole scritte. Non si dovrebbero seguire modelli di scrittori in voga, semmai leggerli per imparare la scioltezza e l’uso del linguaggio espressivo, l’importante è essere se stessi; è facile scimmiottare gli stili linguistici degli altri, il difficile diventa adottare una propria espressione che rispecchia totalmente la propria personalità.

Perché secondo te oggi è importante scrivere, raccontare con la scrittura?

Scrivere è decisamente importante, specialmente oggi dove la distrazione generata dai media talvolta travolge la nostra personalità. Il raccontare le proprie emozioni con la scrittura arricchisce la mente dandole quel nutrimento necessario alla crescita spirituale.

Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?

Debbo confessare che inconsciamente sono influenzato dalle varie filosofie orientali tra le quali quelle induiste e buddhiste. Gli autori che mi hanno ispirato sono stati inoltre Johann Wolfgang von Goethe, Honorè de Balzac e Edgar Allan Poe.

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno 1 libro ed il suo autore

Un libro da consigliare è senz’altro ‘Siddhartha’ di Hermann Hess, dove il protagonista, oltre ad avere lo stesso nome del Buddha, è altresì un suo discepolo. Il racconto è incentrato sul personaggio centrale il quale rifiuta di seguire pedissequamente l’insegnamento del suo maestro per ripercorrere egli stesso le vicissitudini sofferte dal Buddha stesso. La storia si basa, appunto, sul non accettare gli insegnamenti dell’Illuminato dati per scontati ma di soffrire e gioire nella vita per giungere egli stesso a quella meta agognata.

Giacomo Leopardi scrisse che “Un buon libro è un compagno che ci fa passare dei momenti felici.” Cosa ne pensi di questa frase?

È proprio vero, sono proprio d’accordo, oggi più che mai. In questo mondo caotico dove imperano le comunicazioni per lo più fittizie e dove, in realtà, regna la solitudine un buon libro diventa il rifugio che ci rende più sereni. Una bella opera, sia una raccolta di poesie o un romanzo ha il potere di farci compagnia diventando un punto fermo nella nostra esistenza. Mi ricordo che in un tempo forse lontano c’era l’usanza di regalare un libro ai bambini con lo scopo che esso, in qualità di opera educativa, li avrebbe accompagnati durante il corso della loro crescita. Adesso credo che questa consuetudine non ci sia più però sarebbe bello che una buona e onesta opera possa trasformarsi in qualche cosa di veramente educativo e perché no, anche come compagnia nei soventi momenti di sconforto.

Come vuoi concludere questa chiacchierata? Cosa vuoi dire ai nostri lettori?

Oltre ad esservi grato per avermi ascoltato, mi auguro con interesse, spero di stupirvi ancora con altri racconti avvincenti e degni di essere letti tutti “d’un fiato”.

Grazie Franco per il tempo che ci hai concesso con l’auspicio che ci seguirai con il tuo apprezzamento nei prossimi Concorsi Letterari che bandiremo.

Certamente si, vi seguo con particolare attenzione ed apprezzo il livello culturale dei vostri Concorsi ed eventi culturali.

Grazie a voi

Franco  

 

 

 

Pietro Catalano poeta: la nostra intervista 

Pietro Catalano poeta: la nostra intervista

 

Pietro Catalano poeta: la nostra intervista

 Pietro Catalano è nato a Palermo e vive a Roma, in questa meravigliosa città che è capace di accogliere ma che è purtroppo piagata da eventi che non hanno rispetto del suo fascino, della sua storia, della sua anima culturale e dei cittadini.

Pietro è membro di varie Associazioni Culturali ed è componente di giuria in alcuni premi letterari. Figura tra i vincitori di numerosi concorsi nazionali e internazionali; tra i riconoscimenti più significativi citiamo il “Premio Speciale Stampa”, Premio «Artisti per la Pace» e Premio alla Carriera alla «V Edizione del Premio Internazionale Magnolia».

Delle sue opere si sono occupati diversi studiosi e critici di fama.

Pietro Catalano ha un significativo profilo culturale che viene messo in luce dall’intervista condotta dallo scrittore e giornalista Andrea Lepone, Presidente di Giuria

Intervistiamo oggi Pietro Catalano che, oltre ad una soddisfacente carriera alle dipendenze dell’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, può vantare un curriculum letterario degno della massima considerazione. Vincitore di numerosi concorsi letterari, le sue liriche figurano in antologie didattiche, collane e riviste di settore, tradotte anche in lingua inglese.

Per stabilire da subito un clima di dialogo propongo di passare al “tu”.

Certamente, con l’occasione ti faccio i complimenti per la tua attività di giornalista e scrittore, per le opere pubblicate e per i meritati riconoscimenti ottenuti.

Buongiorno Pietro, grazie per la tua disponibilità e complimenti per il riconoscimento conseguito nell’ambito del Concorso Letterario “Il Macinino”. L’opera da te composta, intitolata “La mia città” e classificatasi al 2° posto ex aequo nella sezione dedicata alla poesia, sembra essere una chiara riflessione, un sorta di mesto tributo alla città di Roma. Cosa ti ha spinto a comporre questa lirica?

La poesia “La mia città” l’ho scritta alcuni anni fa e rappresenta, così come tu hai mirabilmente sintetizzato, “una sorta di tributo alla città di Roma”, dove mi sono stabilito negli anni 80. Sono originario di Palermo e sono approdato a Roma per motivi di lavoro, dopo aver prestato servizio – sempre nella pubblica amministrazione – a Venezia e Cuneo. E’ stata una scelta meditata e tenacemente perseguita perché Roma ha sempre rappresentato per me la città ideale in cui vivere, ricca di storia, memoria, cultura, bel clima, accogliente, insomma per dirla con il titolo di un famoso film di Rossellini ”Roma città aperta”. I primi versi “raccontano” una dimensione più personale della mia vita, “braccia aperte al cielo”, come esigenza di “infrangere” ogni confine ed aprirsi al mondo. E’ per questo motivo che ho scelto Roma, perché la sua storia testimonia una vocazione all’incontro e al dialogo, capace di operare una sintesi tra le diversità, non solo capitale d’Italia, ma anche della cristianità. Mi addolora pertanto verificarne lo stato di “decadenza” rispetto al passato, e da qui l’affermazione “dimentica il suo futuro”. La poesia – intrisa di mestizia, come hai sapientemente colto – è tutto sommato un atto d’amore per questa città, unito alla speranza che torni a “riappacificarsi” con la sua storia più nobile e che l’ha resa “eterna”.

All’interno dell’opera, tu non celebri le bellezze della Città Eterna, bensì ne tratteggi sapientemente ricordi, aneddoti e situazioni… quali episodi, legati indissolubilmente a Roma, hanno segnato maggiormente il tuo animo?

Come ho precedentemente detto, sono turbato dallo stato di decadenza della città. Roma è sicuramente una delle più belle città del mondo, ma c’è una sottile differenza tra il vissuto di chi la visita per inebriarsi delle sue bellezze e chi vi risiede e tutti i giorni deve inevitabilmente confrontarsi con le sue inefficienze gestionali. Raggiungere il posto di lavoro spesse volte è un’odissea, alle prime piogge si verificano puntualmente allagamenti, metro e autobus sempre più soggetti a guasti al di là dell’ordinario, buche non riparate che procurano gravi danni e talvolta incidenti mortali. Potrei continuare, ma non mi sembra il caso di infierire più di tanto. Va inoltre detto che una città non è rappresentata solo dal “salotto buono”, ma comprende anche le periferie e Roma – così come altre città della nostra amata penisola – in tal senso ha un grave debito nei confronti delle zone degradate e delle classi sociali meno abbienti. Tutto ciò incide sulla qualità della vita di molti cittadini e direi sulla condizione dello “spirito”. Di contro non mancano iniziative e spazi culturali inclusivi, in sintesi Roma non difetta di un’umanità che resiste, che guarda al futuro con coraggio e speranza, certa che è “sempre roseo il sole che tramonta accarezzando il Cupolone”.

Pietro Catalano poeta: la nostra intervista

 Ci sono grandi poeti romani ai quali ti ispiri, o che ti hanno influenzato nel corso della tua carriera letteraria? Magari Trilussa o il Belli?

Ho sempre apprezzato i poeti romani, tra i quali Trilussa, Belli e Pascarella. Leggendo i loro testi, si comprende appieno la “romanità” che – per dirla con le parole di Paolo Paccagnani –  è animata di fatto da varie componenti, tra le quali l’ironia, una certa dose di (disincantato) cinismo, un po’ di fatalismo, ma soprattutto da una grande, e direi penetrante, umanità. Premesso ciò, i poeti che maggiormente hanno influenzato il mio percorso poetico sono stati Quasimodo, Montale, Leopardi, Neruda, Baudelaire, Dickinson, Whitman. E poi – a ben guardare – va detto che ogni “poeta” è figlio del suo tempo.

Quale messaggio intendi condividere con i lettori, attraverso le tue poesie?

Credo che ogni poeta scriva per un bisogno insopprimibile. Per me è importante cogliere l’attimo in cui la parola poetica si manifesta e conseguentemente assecondare il bisogno di andarle incontro, direi di abbracciarla.

Riguardo al messaggio che intendo condividere con i lettori, posso dire che sento prevalentemente il bisogno di volgere lo sguardo al sociale e alla realtà che ci circonda. Una mirabile e puntuale sintesi riguardo alla mia poetica è stata fatta da Nazario Pardini il quale, per caratterizzarne “l’empito ispirativo”, ha menzionato le parole di John Donne: “La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te”. E’ in questo senso – direi – che possono essere interpretate le mie poesie, vale a dire la capacità di trasformare l’io soggettivo nel noi collettivo.

Pietro Catalano: la nostra intervista

Per te, quanto conta, oggi, l’arte della scrittura poetica in quanto strumento di memoria sociale?

Oggi più che mai è importante avere memoria della nostra storia, dei suoi contenuti e, di conseguenza, degli insegnamenti morali che da essa possiamo trarre. I social rappresentano una nuova forma di comunicazione e di “controllo sociale”, per cui oggi più di ieri si avverte la necessità di vigilare sulla veridicità delle fonti di informazione. L’essere umano è rappresentato dalla sua memoria, dal suo vissuto individuale e collettivo. La poesia, per la sua peculiarità – a mio avviso – dovrebbe avere pertanto anche funzione di memoria sociale. Come dice Luis Sepulveda “Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”.

Qual è il tuo componimento preferito, in termini assoluti?

Non c’è un componimento che preferisco in assoluto perché ciascuno rappresenta sentimenti, ricordi, riflessioni. Alcune poesie sono incentrate su temi di carattere sociale, altre trattano della condizione umana, altre ancora indugiano su una dimensione più intimista. Pertanto, direi, che ciascuna poesia è parte del mio pensiero e del mio essere, parte di un tutto inscindibile.

Grazie Pietro per il tempo che ci hai concesso, con l’auspicio che ci seguirai con il tuo apprezzamento nei prossimi Concorsi Letterari che bandiremo.

 

 

 

Monica Gori poeta: la nostra intervista

Monica Gori poeta: la nostra intervista

 

Monica Gori poeta: la nostra intervista

Monica Gori, classificatasi al posto nella Sezione Poesie del Concorso Letterario Internazionale Il Macinino edizione 2019 con la sua opera “Tempesta di ghiaccio” che abbiamo già pubblicato il 20/11/2019 https://www.lamacinamagazine.it/monica-gori-tempesta-di-ghiaccio/

Riteniamo particolarmente significativo il pensiero che ha espresso di se stessa Monica Gori briosa ed eclettica scrittrice:

“Ci fu un giorno in cui le parole vennero a cercarmi.
Non so come o quando ma la mia mano cominciò a scrivere.
Non fidatevi di me
una donna con una penna in mano
è come un guerriero con la spada di Re Artù.”

Monica Gori poeta: la nostra intervista

Intervistiamo quindi oggi la Dott.ssa Monica Gori, affermata scrittrice con diverse pubblicazioni al suo attivo. Nel corso della sua carriera letteraria le sono state conferite, tra gli altri riconoscimenti, molte Menzioni D’Onore.

SI, ho all’attivo 5 menzioni d’onore, 7 menzioni di merito, 2 secondi posti e un diploma al merito e, dulcis in fondo, ho siglato due contratti con due case editrici per la pubblicazione di due sillogi di 40 poesie ciascuna.

Devo dire che questi riconoscimenti sono giunti del tutto inaspettati visto che scrivo da quando avevo cinque anni e che, solo a 40 anni, ho assunto la decisione di sfidarmi partecipando ai vari concorsi letterari.

Buongiorno Monica e, per stabilire da subito un clima di dialogo, propongo di passare al “tu”.

 Pienamente d’accordo, premetto che non sono dottoressa anzi sono insegnante diplomata in pazzia in quanto, dalla nascita, bipolare borderline con azioni autolesioniste di prodigio; la prima l’ho avuta a due anni.

Bene Monica, grazie per la tua disponibilità e complimenti per il riconoscimento conseguito nell’ambito del Concorso Letterario “Il Macinino”. L’opera da te composta, intitolata “Tempesta di ghiaccio” e classificatasi al terzo posto nella sezione dedicata alla poesia, è ricca di versi potenti, quanto mai significativi, coinvolgenti. Quali sono le sue origini?

Sono vissuta nella Casa Pascoli presso le Suore Benedettine che ne gestivano il museo.  Ho avuto un infanzia difficile, all’epoca non c’era la psicoterapia per una bimba iperattiva e sono stata quindi bollata come geneticamente pazza. Ma io che sono tutto e il contrario di tutto ci ho messo 50 anni a far capire che avevo solo bisogno d’amore e di abbracci ed ho lottato come una leonessa ferita per emergere in questa pseudo normalità. Ora mi considero una donna privilegiata avendo una casa, un lavoro e un hobby che mi aumenta l’autostima. Certo la solitudine mi domina ma ormai ci ho fatto amicizia e non ne potrei più fare a meno.

Come ti sei avvicinata al mondo della poesia? Cosa ti ha spinto ad iniziare a scrivere in versi?

Come terapia. Da bambina scrivevo tutto ciò che mi feriva cosi poi, quando mi ponevo verso gli altri, la mia immagine era di una bimba gioiosa e positiva. La mia intenzione era quella che dovevo piacere ad ogni costo.

Le liriche da te composte possono essere considerate come piccole istantanee delle tue emozioni e dei tuoi pensieri?

Senz’altro, io racconto la mia anima, il mondo che vedo e le emozioni che subisco.

Secondo te quanto è importante, oggi, “fare” poesia?

Sarebbe importante ma, a tutt’oggi, purtroppo, è tutto un copia incolla. E’ un riproporre vecchi stereotipi che per quanto grandi appartengono ad altri mondi. Ma il mondo è cambiato ed è andato avanti. La quercia del poeta deve rinascere in questo clima che non è più lo stesso. Soffre del surriscaldamento terrestre e non solo. I grandi li dobbiamo studiare non copiare e dovremmo avere l’umiltà di non confondere la popolarità con l’essere un vero artista. La vera arte è altra e, a volte, è post mortem.

Se dovessi dare un consiglio ad un giovane autore… cosa gli diresti?

Sii ciò che sei, non avere paura di essere fuori dal coro. Non è il potere del denaro che ti rende un grande artista ma la voglia di imparare sempre qualcosa di nuovo. Saranno poi gli altri a credere in te e vedere ciò che sei in realtà. Non c’è peggior essere di chi ha la presunzione di classificarsi da solo.

Qual’è, in assoluto, il tuo componimento preferito?

La ragazza del lungo SavioMonica Gori poeta: la nostra intervista

Grazie Monica per il tempo che ci hai concesso, con l’auspicio che ci seguirai con il tuo apprezzamento nei prossimi Concorsi Letterari che bandiremo.

IO ringrazio voi per questa opportunità e spero di essere stata, nel mio piccolo, esaustiva.

 Cordiali saluti

 Monica

Maggiori informazioni su Monica Gori possono essere reperito sul profilo Facebook https://www.facebook.com/monica.gori.39