Lo Spartacus del Bolshoi – Il balletto al cinema

Anche quest’anno si rinnova l’appuntamento che Nexo Digital e Pathè Live propongono per far incontrare due mondi apparentemente lontani ma in realtà molto vicini come quello del teatro e del cinema. Domenica 13 marzo alle ore 16, infatti, in oltre trenta sale cinematografiche sparse per tutto il Paese verrà trasmesso via satellite “Spartacus”, il balletto ispirato alle eroiche vicende dello schiavo-gladiatore.

Spartacus 1

Registrato dal vivo a Mosca, l’Orchestra del Bolshoi Teatro Accademico di Stato con i solisti del Bolshoi e il Corpo di Ballo e le Etoiles del Bolshoi presentano la storia di Spartaco proprio come raccontata nel romanzo dello scrittore, patriota e politico nostro connazionale Raffaello Giovagnoli nella seconda metà del 1800. A coreografarlo il maestro Yuri Grigorovic che, dalla sceneggiatura originale di Nikolai Volkov, con le musiche del compositore e pianista di origini armene Aram Il’ič Chačaturjan, ha contribuito a rendere lo spettacolo famoso in tutto il mondo già dal 1968, anno della prima rappresentazione.

Nell’antica Roma, Spartaco, re della Tracia, viene fatto prigioniero insieme all’amata Frigia per volere del generale Crasso; separato dalla moglie, è costretto a combattere come gladiatore, schiavo al servizio dei suoi padroni. Fino al giorno della rivolta: circondato dai propri compagni schiavi guida l’insurrezione contro l’esercito oppressore che si conclude con una temporanea vittoria di Spartaco su Crasso. Il generale romano, infatti, desidera vendicarsi a tutti i costi e per farlo si serve dell’aiuto di Egina, una cortigiana a lui interessata, che raggira i gladiatori del re della Tracia facendo fallire la loro rivolta. Spartaco viene crocifisso e alla moglie Frigia non rimane che prendersi cura delle sue spoglie e affidare al cielo la memoria del suo amato.

Questa spettacolare produzione è un tour de force epico in grado di dare piena espressione alla virilità e forza per le quali ballerini del Bolshoi sono rinomati: il primo ballerino Mikhail Lobukhin è perfetto nel ruolo del leggendario gladiatore, insieme a Svetlana Zakharova, Egina, e Vladislav Lantratov, Crasso.

8 MARZO

Dobbiamo riconoscerlo, le nostre donne hanno una marcia in più.

Non è una riflessione solo perché oggi è l’8 MARZO ma è una costante considerazione alla luce di quanto quotidianamente esse sono chiamate ad affrontare.

Per vivere nelle nostre città e, per meglio dire,  sopravvivere alle sue infinite complicazioni bisogna essere delle “Wonder Woman”.

La studentessa ogni giorno trascorre due o tre ore sui mezzi pubblici per raggiungere la sua Università impegnandosi in uno slalom olimpionico tra scippatori in metro, folla inumana sui mezzi pubblici in ritardo, immancabili maniaci.

La madre che in casa si alza per prima e prepara la colazione ai figli, “arrangia” qualcosa per il pranzo o la cena ed accompagna di corsa i bambini a scuola prima di recarsi al posto di lavoro; la noti quando in fila al semaforo si concede qualche attimo per truccarsi.
Ma non è finita qui; all’uscita dall’ufficio prende i bambini a scuola e spesso li accompagna al centro sportivo e nel frattempo torna a casa per riassettarla e preparare la cena.

8 MARZO, per le nonne la vita è più facile?

Non credo.

Nella società attuale, frenetica, colma di impegni, con un costo della vita ben superiore alle normali possibilità economiche delle famiglie, un ruolo importante è affidato alle nonne e -purtroppo- alle loro pensioni spesso modeste.

La nonna fatica non poco a districarsi nella giungla delle nostre città tra marciapiedi dissestati, auto parcheggiate nei posti più impensabili, bus malandati, strisce pedonali che nessuno rispetta, uffici pubblici che sembra non siano stati pensati per facilitare il cittadino per di più anziano, bollette pazze e call-center che ormai rispondono dai paesi dell’Est con ovvie difficoltà di dialogo.

Oggi, 8 MARZO, rivolgiamo un caro saluto a tutte le donne e, se mi permettete, in particolare a quelle della nostra redazione che rappresentano ormai il 60% del giornale.

Caravaggio a Roma: opere da vedere gratis

caravaggio_crocifissione san pietro

Caravaggio (1571-1610), al secolo Michelangelo Merisi, visse e lavorò a Roma per circa dodici anni: un periodo per certi versi oscuro, data la sua vita dissoluta fatta di risse, guai con la legge, persino un omicidio, ma sicuramente prolifico dal punto di vista artistico.

Oggi la fama di Caravaggio è mondiale, fortemente rivalutata e riscoperta in età moderna: alcune sue opere sono purtroppo andate perse, altre fanno parte di collezioni private, molte si trovano in giro per l’Italia, ma anche a Vienna, Madrid, Berlino e Stati Uniti. Una consistente parte, però, è ancora nella capitale e molti non sanno che esiste un “itinerario” che consente di ammirarne ben sei, dislocate in tre Chiese situate tra Piazza di Spagna e Piazza del Popolo: un percorso che permette di godere di queste bellezze in modo gratuito, senza fare file e immersi nel silenzio.

È un tour davvero interessante anche perché queste tre chiese hanno accolto le sei tele sin dall’inizio, sono quelle per cui furono commissionate e dipinte, senza mai essere spostate.

Partendo dalla Chiesa di Santa Maria del Popolo, nella Cappella Cerasi si possono ammirare la Conversione di San Paolo (1601) e la Crocifissione di San Pietro (1600-01). Realismo, attenzione al dettaglio, forte umanità dei personaggi, dinamismo, drammaticità e utilizzo della luce sono i tratti fondamentali delle composizioni.

Proseguendo verso Via della Lupa si incontra un luogo dove Caravaggio fu protagonista di una delle tante scorribande che caratterizzarono la sua permanenza a Roma: in quella strada, apprendiamo da deposizioni dell’epoca, si trovava l’ Osteria della Lupa, dove il pittore ebbe uno scontro con uno degli inservienti, che rimase ferito.

Spostandosi verso il Vicolo del Divino Amore (ora Vicolo di San Biagio) si può vedere, al civico 19, la casa in cui il Caravaggio soggiornò e dove realizzò molte delle sue opere.

Andando avanti in Via della Pallacorda si può calcare lo stesso suolo dove il pittore si trovò coinvolto in un violento litigio con tale Ranuccio Tomassoni, che ci rimise la vita: episodio, questo, che costrinse il Merisi a lasciare Roma.

Si arriva così, attraversando Via della Scrofa, dove erano situate le botteghe più frequentate dall’artista, alla Chiesa di Sant’Agostino, dove sulla cappella sinistra (dedicata alla Madonna di Loreto) si può ammirare la Madonna dei Pellegrini (1604-1606). L’opera destò non poco scalpore, considerando che nelle sembianze della Madre di Gesù tutti riconobbero una prostituta dell’epoca, Lena, scelta da Caravaggio come modella (per questa, come per altre tele, come la Madonna dei Palafrenieri): la rappresentazione per cui opta il Merisi è straordinariamente nuova e d’impatto, diversa dall’iconologia cui si era abituati. Una Madonna con la veste scollata, dalle movenze sensuali, una postura che ricorda quasi quella di una cortigiana, per l’appunto. Inoltre nessun accenno vi è alla leggenda secondo cui la casa di Maria fu portata in volo dagli angeli fino a Loreto: qui Lei appare ferma sull’uscio, vestita da popolana, ai suoi piedi due pellegrini dalle vesti sporche e sdrucite.

Infine, da lì, spostandosi alla Chiesa Nazionale di Francia San Luigi dei Francesi, si possono visionare, nella Cappella Contarelli, tre opere meravigliose del Caravaggio: Vocazione di San Matteo (1599-1600), San Matteo e l’Angelo (1602) e il Martirio di San Matteo (1602), ciclo commissionato dal cardinale francese Mathieu Cointrel (italianizzato in Matteo Contarelli).

Nella prima il realismo, i significati allegorici e la luce la fanno da padroni: diverse le interpretazioni circa l’identità di San Matteo, che potrebbe essere sia la figura intenta a contare i soldi che quella accanto, col dito puntato.

Grande umanità e drammaticità anche ne Il martirio di San Matteo, rappresentato con grande carica emotiva.

Nel San Matteo e l’Angelo  vediamo il Santo intento nella scrittura, guidato e ispirato dall’Angelo, mentre poggia incerto su uno sgabello quasi in bilico, a rappresentare forse l’incertezza della condizione umana e la stessa incertezza e difficoltà di Matteo.

 

Scrisse il critico d’arte Victor Schoelcher:

“Non è l’assenza di ogni difetto, ma la presenza d’eminenti qualità, che costituisce un temperamento e perfino un genio. Certi uomini, capaci di una foga indomabile, non possono rassegnarsi all’impeccabile saggezza della mediocrità. Tra questi, Caravaggio”.

Teatro ed impegno sociale: la parola ad Isabel Russinova

Fare informazione non è semplice, soprattutto quando si tratta di argomenti come quello dei matrimoni forzati e precoci; sensibilizzare le coscienze intorpidite dalla sovraesposizione mediatica è un compito ancora più arduo. Amnesty International Italia, in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma Tre, ha voluto ed è riuscita a farlo attraverso una campagna che, tra gli altri, ha saggiamente sfruttato tutta la potenza comunicativa del teatro per raggiungere questo scopo. Isabel Russinova, in qualità di testimonial dell’organizzazione, per supportare questa iniziativa ha messo a disposizione tutto il talento e l’esperienza di un’artista che, attrice professionista da molti anni, ha dimostrato quanto ancora si possa fare sfruttando la magia dell’interpretazione.

La intervistiamo per farci raccontare come ha vissuto questa esperienza.

ISABEL RUSSINOVA
A una settimana di distanza dalla ricorrenza della festa della donna è salita sul palco del Teatro Palladium di Roma per interpretare “Safa e la sposa bambina”, un racconto tristemente ispirato alla storia vera di una donna siriana. Il tema della condizione femminile nei paesi devastati dalla guerra del Medioriente è tanto scottante quanto attuale, anche se poco presente nei discorsi dei media generalisti. Quali sono stati i vantaggi e quali le difficoltà di parlarne alla maniera del teatro?

– La scrittura teatrale permette di animare personaggi e storie focalizzando sentimenti, drammi e ansie: il protagonista compie azioni, ricorda e descrive anche le proprie emozioni. Questo lo avvicina a chi ascolta e così qualcosa di quel personaggio, di quella storia, entra dentro di noi e finisce per appartenerci: possiamo riconoscere la sua sofferenza, la sua ansia, la sua disperazione, percepirla sulla nostra pelle tanto da sentirci vicini alla sua realtà. È così che si può riuscire a sensibilizzare il pubblico alle tematiche che si vogliono trattare. Non è sempre un’impresa facile, ma il cinema, il teatro, la musica, la letteratura e le arti figurative sono i più alti e unici strumenti che l’uomo ha per fissare la memoria, i fatti e i personaggi dell’umanità da sempre.
L’informazione svolge un ruolo molto importante e la rete ci permette di poter sapere, vedere, sentire e parlare di tutto e con tutti. Le televisioni generaliste propongono, ma siamo noi a scegliere e a decidere.
I telegiornali e i settimanali di approfondimento occupano i palinsesti, si intervista, si parla, di tanto, di tutto e di tutti, si mostrano immagini, ma alla fine la distrazione, l’abitudine, la svogliatezza inghiottono molto e poco rimane impresso, e quello che rimane a volte è distante dalla realtà, diventa quasi fiction.
Il teatro, il cinema, la letteratura e la musica possono avere la forza di scaraventarci proprio lì, in mezzo all’azione, accanto al protagonista, per sentire il cuore in gola, gli occhi lucidi, le mani sudate. La cultura è il più efficace strumento che l’uomo ha per difendersi.

Vestire i panni di una donna siriana che ha vissuto un simile dramma deve essere stato difficile ma allo stesso tempo utile ad assumere un punto di vista più interno, se vogliamo, alla questione. Cosa le ha insegnato Safa?

– Safa è una donna che ha perso tutto, l’amore, la maternità, la serenità: è rimasta sola. È terribile. Come Safa ci sono milioni di donne oggi, da sempre, ma lei, come tutte quelle che sono venute prima di lei, va avanti, cercando di dare dignità a quello che resta della sua vita, quella stessa vita che sembra le abbia voltato le spalle .
Ecco, storie come questa ci danno la possibilità di percepire cosa è davvero importante ci fanno vergognare quando osserviamo, invece, quanto valore si dà al “nulla”, alla futilità, all’apparenza. È importante raccontare storie come questa, soprattutto ai giovani, in modo da stimolare la loro coscienza, il loro pensiero critico e la curiosità per la conoscenza.

Il racconto della protagonista di queste tragiche vicende si svolge nell’arco di una notte. Giochi di luci ed ombre, accompagnati dall’alternarsi di una dolce musica al il rumore della pioggia, hanno creato una tensione narrativa che ha reso il monologo estremamente intenso per tutta la sua durata. Come ha affrontato la sfida posta da questa particolare tecnica teatrale?

– Il racconto di una storia è come la vita, dove la pioggia, il canto del vento, l’oscurità misteriosa della notte, la grazia del sole e il cinguettio degli uccelli ci accompagnano giorno dopo giorno, misteriosi , discreti o prepotenti: sono loro che sottolineano, colorano o annullano la nostra storia; e così quando siamo noi a raccontarne o ad inventarne una, dobbiamo farci aiutare da loro per descriverla al meglio.

Prima di supportare “Mai più spose bambine”, la campagna di Amnesty International per combattere il fenomeno dei matrimoni precoci e forzati, aveva già collaborato con questa organizzazione partecipando alla realizzazione del docufilm “Il Popolo di re Heruka! – Storia del popolo di re Heruka, un popolo antico che amava l’acqua e sfidava il vento”, proiettato durante un evento volto ad approfondire la conoscenza e la comprensione del popolo rom. Qual è il valore che attribuisce al ruolo dell’arte nella lotta per il sociale?

– Si, come testimonial ufficiale di Amnesty ho realizzato diversi progetti. “Il popolo di re Heruka” è uno di questi: una ballata tra teatro e documento atto a raccontare la storia del popolo rom. Vorrei anche ricordare “ Una donna spezzata”, toccante monologo di Simon de Beauvoir, madre del femminismo moderno, che da tempo propongo e fa parte del mio repertorio e che è stato appena pubblicato anche in versione dvd. Inoltre “Briganta”, un mio testo per il teatro ispirato alla storia di Rosina Donatelli Crocco, sorella del generale dei briganti Carmine Crocco: il brigantaggio è un momento importante nella storia della liberazione donna del nostro Ottocento.

Leggendo la sua biografia emerge che l’incontro con Rodolfo Martinelli Carraresi, agli inizi degli anni ’90, ha rappresentato un punto di svolta per la sua sfera privata (lo definisce “compagno di vita”), ma anche e soprattutto per quella lavorativa: insieme avete fondato la società di produzione “Ars Millennia” e la casa della Drammaturgia Contemporanea Internazionale “Bravò”. Come sono nati questi progetti divenuti importanti realtà?

– Tra noi c’è una grande affinità elettiva, una buona sintonia che ci ha portato ad essere compagni di vita da quasi 25 anni. Grande rispetto e libertà reciproca ci hanno aiutato a scegliere ogni giorno come missione di vita, la nostra famiglia, i nostri figli e i nostri progetti volti al sociale.

“Ars Millennia” si occupa anche di editoria e Isabel Russinova è, inoltre, una scrittrice: in aggiunta a diverse sceneggiature per il cinema, nel 2006 ha pubblicato “Ti racconto quattro storie”, il sua primo libro per ragazzi, e poi, nel 2009, “Antonio, l’isola e la balena”. Cosa ci può raccontare di questa avventura, ancora diversa da tutte le precedenti?

– Amo molto scrivere, raccontare storie, cercare e studiare personaggi che hanno vissuto e dato alti contributi all’umanità nel corso della loro vita e che magari oggi rischiano di essere dimenticati. Attraverso la scrittura, il teatro e il cinema si può dare loro la possibilità di raccontarsi ancora e di lasciare ancora, soprattutto ai giovani, la conoscenza della loro lotta, delle loro imprese e della loro energia. Solo conoscendo bene il nostro passato possiamo costruire il nostro futuro.

Tv, teatro, cinema, libri: premesso che ognuno di essi gode di una peculiarità che lo rende unico ed incomparabile, qual è il canale espressivo che preferisce?

– Amo costruire progetti capaci di raccontare storie e lasciare un messaggio, animare personaggi e la loro vita, indipendentemente dal linguaggio. Alla fine si può dire che è la storia a scegliere il suo percorso e il suo linguaggio.

Su quale progetto futuro può fornirci qualche anticipazione?

– Stiamo lavorando sul montaggio del film che abbiamo appena finito di girare e che porterà la nostra firma: “L’incredibile storia della signora del terzo piano”, un’amara favola contemporanea. Il progetto sarà pronto il prossimo anno.

IL FUMETTO ITALIANO

Questa è una notizia che sicuramente farà felici i bambini ma anche gli adulti in quanto ex bambini che, all’epoca, erano estasiati dalle “strisce” colorate ed in bianco e nero del Fumetto Italiano.

Dal 27 febbraio al 24 aprile 2016, infatti, “Il Fumetto Italiano” sarà protagonista di una grande mostra ospitata nelle sale del Museo di Roma in Trastevere, promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

“Fumetto italiano. Cinquant’anni di romanzi disegnati” è una panoramica esaustiva sull’arte del fumetto che si è posta lo scopo di portare all’attenzione del pubblico le opere che, per la loro veste editoriale, per i molteplici generi, per la qualità testuale e per l’eccellente qualità dei disegni possono ben definirsi “romanzi grafici”.

Il panorama di “Il Fumetto Italiano” , ha inizio nel 1967 data in cui iniziò la pubblicazione di “Una Ballata del Mare Salato” del grande Hugo Pratt  e del suo personaggio simbolo “Corto Maltese”.

La galleria è composta da quaranta romanzi grafici scritti e disegnati da altrettanti autori; potremo così ammirare gli straordinari lavori tra cui “Sheraz-De” di Sergio Toppi, “Le Straordinarie avventure di Pentothal” di Andrea Pazienza, “Fuochi” di Lorenzo Mattotti, “Max Fridman” di Vittorio Giardino, “Cinquemila chilometri al secondo” di Manuele Fior, “Dimentica il mio nome” di Zerocalcare.

Potremo entusiasmarci di fronte a circa trecento tavole originali di romanzi a fumetti scritti e disegnati da grandi autori: da Hugo Pratt a Altan, da Carlo Ambrosini a Guido Crepax, da Zerocalcare a Gabriella Giandelli e a molti – ma veramente molti –  altri artisti che per ragioni di spazio non possiamo elencare. Ce ne scusiamo.

 I generi narrativi sono molti e diversi tra loro; troveremo infatti romanzi d’azione, romanzi psicologici, romanzi biografici o storici, romanzi satirici e romanzi tratti da classici della letteratura.  E’ un lungo racconto che si snoda attraverso immagini e parole fuse tra loro nel linguaggio universale ed immediato delle vignette.

Visitando la mostra “Il Fumetto Italiano” potremo rivivere la nostra gioventù e riscoprire un mondo di Maestri e personaggi unici che ci hanno accompagnato nella crescita e potremo ammirare i Maestri ed i personaggi del fumetto di oggi.

Cosa dire?

Facciamo un regalo ai nostri bambini.

 

Il Fumetto italiano. Cinquant’anni di romanzi disegnati” è promosso da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali,

Museo di Roma in Trastevere – Piazza S. Egidio, 1B – Roma

Dal 27 febbraio al 24 aprile 2016

Orari: da martedì a domenica 10.00 – 20.00 (la biglietteria chiude alle 19.00) Lunedì chiuso

Biglietti

non residenti: intero: € 6,00 ; ridotto: € 5,00 residenti: intero: € 5,00 ; ridotto: € 4,00

gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente

Informazioni

www.romanzidisegnati.it; www.museodiromaintrastevere.it; tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00-21.00)