Hafez Haidar

Hafez Haidar

Hafez Haidar, Scrittore, Saggista, Critico, ha la Cattedra all’università di Brescia, costantemente dedito ad iniziative che diffondono l’elevato concetto della parola Pace di cui la nostra società ne ha sempre più bisogno.

 

E’ motivo di orgoglio per il nostro giornale accogliere la Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca che intervista l’Esimio Prof. Hafez Haidar, personalità di grande caratura culturale ma – soprattutto – Uomo di Pace.

“Abbiamo l’onore, di ospitare il candidato al premio Nobel per la pace  Hafez Haidar. E’ anche Accademico Emerito, presidente di diversi comitati per i diritti umani, Cavaliere della Repubblica Italiana e Direttore Generale Internazionale della Camerata dei Poeti di Firenze.

Hafez Haidar è poeta e scrittore libanese per nascita ed italiano di adozione. Attualmente è Docente di Lingua e Letteratura Araba presso l’Università degli Studi di Pavia. E’ considerato uno dei maggiori studiosi delle religioni a livello mondiale (Dizionario Comparato delle religioni monoteistiche, ed. Piemme).

Ha curato e tradotto le seguenti opere: “Le ali spezzate di Gibran (Rizzoli ), Le ninfe della valle di Gibran (Tea, Ugo Guanda Editore), Le fiabe arabe (Rusconi, Bompiani ), Quartine del grande poeta Omar Khayyàm (Rizzoli , Fabbri editori), La città del mistero (Mondadori ), Il figlio dei cedri di Gibran (Mondadori ), Quando l’amore chiama seguilo (Piemme ), Dove nasce l’amore ( Piemme ), Sindbad e il falco sapiente (Mondadori ), Le mille e una notte ( Oscar Mondadori, Mondo Libri, Donna Moderna), La notte ti parlerò d’amore (Piemme-Mondadori), Il precursore e il folle ( Ugo Guanda ,Tea).

Il Prof. Hafez Haidar è inoltre autore della Letteratura araba (Rizzoli ), della Storia della scrittura araba antica e moderna, de Il Profeta (Romanzo –Piemme), del romanzo storico Il Custode del Corano ( Piemme ), dei romanzi bestseller Come sigillo sul tuo cuore, Maometto e i diamanti del Corano (Oscar Mondadori), Le donne che amavano Maometto (Piemme), Il viaggio notturno del Profeta (Piemme), La figlia prediletta del Profeta (Piemme ), Miriam a Gerusalemme (La Meridiana).

Hafez Haidar

Il 22 Novembre 2006 è stato insignito del Premio Internazionale Sorrento nel Mondo insieme a Lucio Dalla e Raffaele Lauro, alto commissario del Governo e Senatore della Repubblica Italiana

Cinquant’anni  dell’occupazione israeliana nei Territori non hanno portato alcun vero cambiamento nei rapporti fra israeliani e palestinesi. Gli accordi di Oslo del 1993, che sembravano annunciare la fine dell’occupazione israeliana e la nascita di uno Stato palestinese, sono finiti con i colpi degli attacchi suicidi di Hamas e Jihad islamico. Secondo lei avverrà un giorno il miracolo di vedere una coesistenza pacifica tra Israeliani e Palestinesi?

 I negoziati tra israeliani e palestinesi non hanno portato le due parti in conflitto ad una pace duratura né alla costituzione e al pieno riconoscimento della sovranità di due stati indipendenti.

Nel periodo successivo al 1948, anno in cui Israele ha occupato gran parte dei territori palestinesi e ha costretto migliaia di palestinesi ad abbandonare le loro case e a rifugiarsi in Libano, Siria, Giordania, Iraq ed Egitto, si sono susseguiti accordi che avrebbero dovuto mettere fine al conflitto tra Israeliani e Palestinesi:

-Accordi di Camp David tra il presidente egiziano Anwar al – Sadat e il capo del governo israeliano Menachem Begin, 1978.

-Conferenza di Madrid,1991.

-Accordi di Oslo, tra il capo del governo israeliano Yitzhak Rabin e il capo dell’Olp Yasser Arafat, 1993.

-Oslo II, 1995.

-Protocollo di Hebron tra Arafat e Netanyahu,1997.

– Vertice di Camp David tra Arafat ed Edhud Barak, capo del governo israeliano, 2000.

– Summit di Taba, 2001.

-Road Map for peace tra Mahmoud Abbas e Ariel Sharon, 2002.

-Iniziativa di pace araba,2002.

– Conferenza di Annapolis tra Abbas ed Edhud Olmert, 2007.

Per instaurare una pace duratura tra Israeliani e Palestinesi è necessario che i due popoli si incontrino a metà strada e lavorino per il bene comune, superando pregiudizi e luoghi comuni.

E’ necessario che:

  1. Gli Israeliani riconoscano ai Palestinesi il diritto di avere uno stato democratico e sovrano nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
  2. I Palestinesi riconoscano Israele come stato sovrano.
  3. I paesi che parlano di pace, ma forniscono armi alle parti in conflitto abbandonino una politica che mira all’arricchimento e alla distruzione di massa degli innocenti.
  4. Venga abbattuto il muro eretto da Israele per garantire la sicurezza dei propri cittadini.
  5. Siano erogati ai Palestinesi luce, acqua e generi alimentari.
  6. Siano bloccate le costruzioni abusive realizzate dai coloni israeliani nei  territori palestinesi.
  7. I religiosi e gli intellettuali si adoperino per una pace reale e duratura tra i due popoli.
  8. Si metta fine sia al terrorismo palestinese che alle rappresaglie militari israeliane: le forze in campo hanno causato migliaia di vittime innocenti.

–    Si attuino programmi culturali e di sviluppo economico e sanitario.

–  Si affidi all’Onu e alla Lega Araba il compito di garantire l’applicazione di un programma di pace nell’area, con l’appoggio dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e della Russia.

Gli intrecci tra poesia e fede nella cultura dell’Oriente sono il campo di ricerca nel quale da anni Lei, Prof. Hafez Haidar, è impegnato. Qual è lo scopo?

Grazie agli intrecci tra poesia e fede e ai numerosi punti in comune tra le diverse culture, vorrei creare un terreno fertile in cui si consolidino buoni rapporti culturali e religiosi tra Oriente ed Occidente, basati sulla conoscenza e il rispetto reciproco.

La poesia costituisce un pilastro fondamentale per far conoscere la cultura, le tradizioni, gli usi e i costumi di un popolo nonché la sua storia. Ho cercato di far conoscere all’Oriente poeti famosi come Dante Alighieri, Carducci e Quasimodo; nel frattempo ho portato in Italia i frutti poetici di Gibran e Omar Khayyam e ho scritto un’antologia della letteratura araba preislamica ed islamica. Sono convinto che la fede sia lo scrigno della nostra vita e della nostra civiltà, perciò conoscere la Bibbia, il Vangelo e il Corano ci aiuta a capire che nei tre Libri esiste un solo messaggio importante per tutta l’umanità: Dio è amore. La vita è un dono ed è un atto d’amore. Senza l’amore non possiamo costruire la pace e senza la pace non possiamo arrivare a conoscere i frutti della cultura per costruire un mondo migliore.

Da diciannove anni si spende infatti – attraverso libri, traduzioni, incontri – per diffondere l’amore, abbattere i muri della diffidenza, dell’odio e della violenza”. Questa crociata, Prof. Hafez Haidar, ha dato dei riscontri che la motivano a procedere per questa strada?

 Sì, i miei lavori sono apprezzati da ebrei, cristiani e musulmani. Molte persone hanno appoggiato le mie idee e mi hanno incoraggiato a proseguire il cammino per abbattere i muri dell’odio, della diffidenza e del razzismo. Ho l’onore di rappresentare, in qualità di ambasciatore, diverse associazioni  per i diritti umani, perciò mi sento in dovere di andare avanti, pur sapendo che la mia strada è ripida e tortuosa. Non mi stanco di raccontare l’amore, perché ho visto tante persone morire ingiustamente, a causa della guerra.

Quando il lettore apre la maggior parte dei suoi libri, dice Fava, il suo spirito naviga oltre la moschea, la sinagoga o la chiesa, verso orizzonti lontani, dove spunta un’abbagliante luce che rischiara le tenebre che talvolta intristiscono la mente e il cuore”. Quali sono le radici di questa differenza e divergenza fra le tre religioni?

 Dio è l’Unico Creatore per gli ebrei, per i cristiani e per i musulmani. Gli ebrei e i musulmani, però, non considerano Gesù il Messia e questo costituisce il primo punto di divergenza tra le tre religioni monoteistiche. Nel Corano, Maria è presentata come la prescelta di Dio, che ha concepito Gesù senza aver conosciuto alcun uomo. I libri sacri delle tre religioni sono accomunati dai dieci comandamenti, oltre che dallo stesso anelito verso Dio. In quest’epoca travagliata dall’odio, dalla sete di potere, dagli interessi commerciali, dalle guerre e dalla corsa agli armamenti, abbiamo bisogno di abbracciare la fede e di saper perdonare per raggiugere l’intensa luce della  nostra esistenza.

Lei è un grande stimatore di Gibran, lo definisce il suo Professore di Vita. Il suo libro “il Nuovo Profeta” porta un suo detto in copertina: “ Quando l’amore chiama, seguilo”.  Quando ha avvertito che il suo compito era quello di mettere la Scrittura e il suo insegnamento al servizio della Pace?

 Vengo da un paese che era considerato la Svizzera del Medio Oriente per la sua bellezza, nel quale il conflitto palestinese israeliano e la guerra civile (1975- 1990) ha purtroppo causato la morte di 195 mila persone, il ferimento di oltre 230 mila persone e la distruzione di tanti paesi e villaggi. Non potevo che abbracciare il messaggio di pace di Ghandi, Mandela e Gibran. Il mio nuovo libro riprende la forma dialogica del Profeta scritto dal mio Maestro Gibran, ma presenta contenuti più attuali. Racchiude gli insegnamenti dell’Ultimo Profeta, che parte da Sorrento per giungere a Gerusalemme, e del figlio di questi, che si prodiga per salvare la vita di due innamorati, l’ebrea Miriam e il musulmano Omar.

Con il passare degli anni ho scoperto che il mio compito è quello di scrivere per diffondere la pace, la libertà, la giustizia e la dignità della donna.

Hafez Haidar

Ha sempre, quindi ancora oggi, dentro di sé due identità, una libanese e l’altra italiana, quale prevale? Si ritiene un cittadino del mondo?

 Amo immensamente il Libano perché è la terra delle mie origini, da dove ho tratto le mie radici, ma amo altrettanto l’Italia: ho sposato un’italiana, da cui ho avuto due figli, e ho tanti amici. Questo Paese mi ha permesso di crescere e conoscere la storia, la cultura e l’arte degli altri popoli senza pregiudizi. Sono innamorato dell’Oriente e dell’Occidente, perciò mi considero cittadino del mondo, assetato di apprendere e di trasmettere agli altri, con umiltà, i suoi insegnamenti.

L’insegnamento è un impegno a cui lei tiene in modo particolare, ha fatto centinaia di incontri con giovani studenti. Cosa ha portato con sé da questi incontri e cosa pensa dei giovani di oggi?

Io credo fermamente nei giovani, sono il futuro del nostro paese, perciò ho cercato di incontrarli e di far capire loro quanto sia importante il dialogo e il rispetto reciproco. Ho parlato loro di alcuni argomenti importanti come il terrorismo, gli uomini giusti che combattono per i diritti umani, come il grande romanziere egiziano Nagib Mahfuz, Malala, Tawwakul Karman, Papa Francesco, Noa, Madre Teresa di Calcutta. Inoltre, dopo aver recitato per 14 anni nelle scuole storie tratte da Le mille e una notte, ho scritto e illustrato Le mille e una notte Junior perché i ragazzi mi avevano chiesto di realizzare un testo adatto a loro. Grazie all’Associazione Iplac http://www.circoloiplac.com/  il mio libro è diventato oggetto di un concorso grafico letterario nazionale per le scuole tenutosi a Roma. I giovani d’oggi hanno bisogno di essere ascoltati, capiti, apprezzati, indirizzati.

Prof. Hafez Haidar, tra i numerosissimi premi che ha ricevuto, qual’ è quello a cui tiene di più?

 Ogni premio riveste per me un grande significato; è difficile scegliere, in un giardino variopinto, il fiore più bello. Se proprio devo scegliere, però, penso al premio dell’Onu che ho ottenuto durante l’ultima missione umanitaria alla frontiera tra Libano ed Israele il 5 Settembre 2016

Questo suo impegno per la pace è stato anche riconosciuto dal Governo Libanese se non mi sbaglio. Prof. Hafez Haidar, in che modo è stato valutato?

Durante il mio ultimo viaggio in Libano, tra il mese d’agosto e il mese di settembre del 2016, presso il Circolo della stampa, gli scrittori, i poeti, i giornalisti e il Rettore dell’Università libanese mi hanno conferito il premio alla Cultura da parte dell’Università libanese e il premio degli scrittori arabi da parte dell’Associazione degli scrittori e dei giornalisti. Inoltre, presso la sede dell’Unesco di Beirut, il ministro dell’Informazione mi ha premiato con la targa dell’Informazione e del giornalismo. Anche il ministro della cultura mi ha conferito il premio alla cultura. Il governo libanese ha assicurato il suo appoggio alla mia candidatura al premio Nobel per la Pace.

 Cosa ne pensa dell’Amore, Prof. Hafez Haidar , come somma di tutti quei sentimenti che creano un legame, a partire da quello per una donna, per  i figli, la famiglia, i popoli?

Tutto ciò che esiste sotto il Firmamento, palpita come un cuore innamorato. Persino le rocce, le piante, i fiori amano e si librano nello sconfinato spazio sotto la cupola celeste trafitta dai raggi del Sole. Nell’amore non c’è differenza tra il nobile e il paggio, tra il re e il ciambellano, poiché tutti possiamo provare gli stessi profondi sentimenti e siamo venuti alla luce grazie all’amore.

E quando l’amore bussa, bisogna subito aprirgli la porta del nostro cuore per permettergli di trasportarci nell’Eden dei sentimenti.

Ci troveremo allora in un mondo immaginifico e surreale, dove il cielo, la terra, il mare e il bosco si tramuteranno in nidi, nei quali gli innamorati si sveglieranno abbracciati quando la notte penetrerà nel giorno e si addormenteranno avvinghiati quando il giorno si tramuterà in notte.

L’amore racchiude la melodia del creato, le note dell’Eternità e la sinfonia di tutto ciò che è passato, presente e futuro. E’ la nostra provvista quotidiana e la nostra ancora di salvezza nei momenti ottenebrati dalle avversità del tempo.

In esso ci rifugiamo. Cerchiamo protezione sotto le sue ali ed esso ci accoglie come una madre soave e ci consola per permetterci di librarci nuovamente sotto un cielo tempestato di stelle scintillanti.

Come la purpurea rosa ha bisogno della rugiada, della brezza mattutina e dei baci del Sole per emanare il suo fragrante profumo, così l’amore ha bisogno di emozioni, sospiri, palpiti per far sbocciare i propri petali al cospetto del Sole e della Luna.

Amatevi e abbracciatevi, in modo che possiate scoprire il segreto dell’esistenza e il melodioso canto della vita.

A quali Autori, oltre Gibran, Lei è affezionato, anche italiano?

Sono affezionato a Dante Alighieri, Manzoni, Neruda, Tagore, Umberto Eco e William Shakespeare

 Un consiglio a chi studia la lingua araba, qual è l’approccio migliore con questa lingua e il suo paese?

Consiglierei a coloro che intraprendono questo importante cammino di imparare con passione ed amore la lingua, perché chi possiede una lingua possiede un intero popolo. Chi studia una lingua, deve anche conoscere la storia e la civiltà dei popoli che la parlano, senza pregiudizi.

Chi desidera imparare l’arabo, deve studiarlo almeno per un anno in Egitto, Tunisia, Libano.  

 Prof. Hafez Haidar, sono centinaia le sue frasi significative e indimenticabili. Ce ne dice una per Lei particolarmente aderente al suo pensiero e al suo vissuto?

La cultura è il pane della vita, la pace è il sentiero degli uomini assetati di luce, giustizia, libertà, speranza e luce, l’Amore è il cuore dell’universo. Chi ama conosce i segreti del cuore e dell’anima.

Aiutate l’uomo a scoprire la luce e ad uscire dalle tenebre per abbracciare la luce.

Aiutate l’uomo privo di cuore a conoscere i frutti della gioia e dell’amore.

Aiutate l’uomo a portare le rose al posto delle armi.

Non uccidete l’amore nei vostri cuori né la fede nelle vostre anime.

Non odiate vostro padre né vostra madre perché sono il principio e l’origine della vostra vita.

Non tradite il vostro amico perché egli è lo scrigno delle vostre brame e dei vostri ricordi.

Chi ha ucciso un solo bambino ha ucciso tutta l’umanità.

Chi ha calpestato o maledetto un solo bambino,

ha spento tutte le candele dell’Amore di Dio nel suo cuore.

Chi ha violentato un sola ragazza inerme,

ha rabbuiato il cielo, la terra, il mondo intero…

 La vita è un libro traboccante di amori, gioie, dolori, sogni, speranze ed è pieno di colpi di scena. I protagonisti siamo noi, simili a stelle che adornano il cielo oppure a raggi di un intenso sole, oppure ad una tempesta o ad un uragano. Sì, la vita è un cammino lungo, tortuoso e ripido, che racchiude i nostri segreti e custodisce i nostri sogni. Sforziamoci di vivere intensamente ogni istante della nostra esistenza perché il tempo vola come un lampo in un ciel sereno. Anche quando ci renderemo conto di essere diventati anziani, non dovremo rassegnarci all’amarezza o alla disperazione, ma dovremo continuare ad amare, sognare, respirare la fragranza di una bella rosa appena sbocciata, abbracciare il sole, l’aria, il vento, il buio, l’acqua, il cuore della vita.

La vita è un libro aperto che racchiude tra le sue pagine il passato, il presente e il futuro che non è ancora stato scritto. Iniziate a scriverlo con i battiti del vostro cuore.

Hafez Haidar

Salutiamo il Prof. Hafez Haidar augurandoci che le sue battaglie ci portino a quella che adesso sembra un’utopia: dopo una guerra, due Paesi potrebbero siglare un trattato di pace, accettando di non combattere mai più. Gli uomini si assomigliano più di quanto essi stessi pensino, al di sopra di ogni Credo. Gibran dice:

Religione?
Cos’è? Io conosco solo la vita.
Vita significa il campo,
il vigneto e il telaio…
La Chiesa è dentro di te.
Tu stesso sei il suo sacerdote ”

Ringraziamo la Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca per aver condiviso con il nostro giornale l’intervista al Prof. Hafez Haidar.

 

 

 

 

Davide Faraone e il suo Saggio

Davide Faraone e il suo Saggio

Davide Faraone e il suo Saggio

Sottosopra. Come rimettere la Sicilia sulle sue gambe

Donzelli Editore, Roma 2016

Recensione di Andrea Giostra

Davide Faraone si cimenta nella sua prima Opera letteraria che dopo averla letto, mi sento di definire un “Saggio”, nell’accezione di David Shields(1956), famosissimo e pluri-premiato scrittore e professore universitario statunitense di letteratura, che insegna ed ha insegnato in diverse prestigiose Università, l’ultima delle quali in ordine di tempo, dove insegna tutt’ora, la University of Washington.

Shields ritiene che uno scrittore vero si vede quando scrive un Saggio e non certamente quando scrive un Romanzo dove la “struttura” è già preventivamente costruita ad arte, con la sua trama, con i suoi personaggi, con le sue ambientazioni già scelte a priori, con la morale da trasmettere al lettore, con le emozioni ed il pathos che si vogliono suscitare in chi legge!

Insomma, sembrerebbe, secondo Shields, che oggi il Romanzo, il Racconto, la Novella, che prevalentemente hanno una matrice ed una natura “finzionale”, di una realtà cioè inventata e immaginata dallo scrittore, seppur qualche volta frutto di elementi narrativi reali ma rivisitati soggettivamente e ad hoc da chi scrive, siano secondi, per importanza intellettuale ed intellettiva, al Saggio.

In poche parole, il Romanzo è più un’operazione di intelligenza-esperienziale e di artigianato-intellettuale bariccoso, più che un’opera creativa da vero Artista: “colui che crea dal noto il nuovo”, come direbbe brillantemente Umberto Eco (1932-2016).

Tant’è vero che Shields nel 2010 ha lanciato il suo primo Saggio che si intitola “Reality Hunger: A Manifesto” (“Fame di realtà: un Manifesto”), pubblicato negli U.S.A. da Knopf Editore, e poco dopo pubblicato anche in Italia dall’Editore Fazi (Collana Le Terre).

Il titolo dice tutto e ci fa comprendere il senso di questa premessa: il lettore, la gente comune, gli intellettuali, i professionisti e gli imprenditori, la comunità dei lettori e di coloro che vogliono conoscere, sapere e imparare, il popolo oso dire, ha “Fame di Realtà”, ha Fame di Verità, ha Fame di sapere come stanno realmente le cose, volendo parafrasare il titolo del Saggio di Shields.

Davide Faraone e il suo Saggio

In breve, nel Saggio le caratteristiche sono i tentennamenti, i concetti incompiuti, le verità raccontate oggettivamente senza “orientare” il lettore, la “non-fiction” in una parola, che lasciano al lettore la riflessione, il dubbio, la speculazione intellettuale, la possibilità di attribuire un significato rispetto alla propria personale esperienza di vita relazionale, sociale, professionale e civica. Sono proprio la mancanza di rifiniture “esatte” e “insindacabili” che definiscono di fatto il Saggio come forma letteraria indubbiamente superiore al Romanzo.

Anch’io la penso in questo modo e non è un caso se al XXIX Festival del Libro di Torino 2016, tenuto dal 12 al 16 maggio 2016, il libro che ha venduto più copie in Italia, e che adesso è stato tradotto in 32 lingue e pubblicato in 50 Paesi, è un Saggio del noto fisico italiano Carlo Rovelli, che nell’ottobre del 2014 Adelphi Editore ha pubblicato solo in Italia, dal titolo “Sette brevi lezioni di fisica”.

Questo Saggio ha già venduto, solo in Italia, 350.000 copie: un record assoluto per un libro in Italia! Lettori che hanno dato torto marcio all’editore che in una intervista RAI di allora, confessò candidamente al suo intervistatore che la stima di vendita che fecero non superava le 10Mila copie!

Il libro di Rovelli è stato il più venduto nel 2015 su Amazon Italia e ancora oggi, è una presenza costante in testa a tutte le classifiche italiane dei libri più venduti.

 

Questa breve premessa mi serve per dire al lettore che è questa la “prospettiva critica” che ho utilizzato per scrivere la mia recensione sul “Saggio” di Faraone “Sottosopra”.

Davide Faraone e il suo Saggio:

Il libro è molto interessante perché di fatto rappresenta una sorta di “denuncia” pubblica e sincera dei misfatti che la Sicilia ha subìto negli ultimi quindici anni, come scrive Faraone ma, io direi dal dopoguerra in poi, quando abbiamo avuto si la libertà dal fascismo e dal nazismo, ma a carissimo prezzo: non siamo più padroni delle nostra isola perché l’abbiamo ceduta, senza colpo ferire, agli statunitensi che ci hanno sì liberato da una dittatura cinica e sanguinaria ma, e non dobbiamo certo ripercorrere qui la storia della nostra isola, dalle quali vicende contorte e ancora oggi segretate, abbiamo avuto un lascito mortifero e mortificante per la nostra isola.

Primo tra tutti il cosi tanto decantato Statuto Autonomo della Regione Siciliana, padre probabilmente di tutti i mali della Sicilia.

I risultati sono quelli che Faraone nel suo Saggio elenca benissimo, con precisione ed oggettività. È vero, come scrive Faraone, che le cose sono peggiorate irrimediabilmente ed irreversibilmente dal momento in cui è stata introdotta la legge dell’elezione diretta del Presidente della Regione Siciliana – e non del Governatore come erroneamente si ostinano a scrivere moltissimi giornalisti.

Una legge che nella realtà ha fatto fare alla Sicilia un salto indietro nel passato di circa 600 anni, portandola all’epoca del dominio borbonico, quando i Viceré di Sicilia rappresentavano i reggenti del governo del Regno di Sicilia facendo le veci del Re di Spagna: un periodo terribile, senza giustizia, senza leggi uguali per tutto il popolo, senza equità civile, dove chi comandava e decideva insindacabilmente ogni cosa per tutti era il solo Viceré, con i suoi più stretti e fidati collaboratori.

Questo modello di “dittatura” che durò per quasi 350 anni, dal 1412 al 1759, può essere ripercorso da un interessantissimo romanzo di Andrea Camilleri, “La rivoluzione della luna”, pubblicato nel 2013 dalla Sellerio Editore. Nel nostro caso, il racconto di Camilleri, potrebbe essere un’ottima metafora di com’è ridotta oggi la Sicilia dei Viceré-Governatori-Presidenti della Regione Siciliana.

Davide Faraone e il suo Saggio

Oggi in Sicilia, come scrive Faraone, con la legge che ha introdotto l’“Elezione diretta del Presidente della Regione Siciliana”, le cose sono notevolmente peggiorate, facendo fare un salto storico indietro al periodo borbonico dei Viceré di Sicilia.

Guarda caso, su tre Presidenti eletti da quando è stata introdotta la legge, due hanno avuto serissimi problemi con la giustizia per presunte o accertate collusioni con la mafia siciliana.

Faraone parla di una classe di alti burocrati della Regione Siciliana che negli ultimi quindici anni si sono limitati “a galleggiare e a mantenere lo status quo” delle cose.

Davide Faraone e il suo Saggio

In questo Faraone, probabilmente, è stato molto generoso nei confronti dei burocrati – alti e bassi – siciliani.

Certamente il suo ruolo istituzionale non gli consente, probabilmente, di scrivere chiaramente che la classe dei burocrati della Regione Siciliana è cronologicamente la più anziana d’Europa, con un’età media che supera abbondantemente i sessant’anni, e che è irreversibilmente affetta da due dei “mali” più disastrosi e “conservatori dello status quo” che qualsiasi burocrate del XXI secolo può malauguratamente portare dentro di sé: l’“analfabetismo informatico e tecnologico” e l’“analfabetismo idiomatico”!

Il primo male è chiaramente quello relativo alla scarsissima capacità di usare il computer con tutte le sue applicazioni e programmi più moderni e innovativi, che si succedono con una rapidità incredibile;

Il secondo male riguarda la conoscenza di una sola lingua, l’italiano. In un mondo che sta sempre più diventando poliglotta, dove la perfetta conoscenza dell’inglese scritto e parlato è condizione essenziale per fare bene il proprio lavoro in ogni ambito professionale, non solo in quello burocratico, conoscere la sola lingua italiana è escludente a priori da qualsiasi relazione istituzionale professionale di respiro europeo e internazionale.

È chiaro che una “squadra” composta da “giocatori” che non hanno le conoscenze professionali per fare in modo che la nostra regione possa essere competitiva a livello europeo e a livello internazionale è un grossissimo handicap di partenza che, nella realtà quotidiana è assolutamente incolmabile. Un esempio tra tutti? L’incapacità di spesa dei tantissimi miliardi di Euro della Comunità Europea destinati alla Sicilia: disimpegnati esclusivamente per l’incapacità di spesa, appunto, dell’alta classe burocratica della Regione Siciliana.

Faraone parla di un degrado diffuso in Sicilia, e ne fa un elenco veritiero e sconfortante, che il suo Saggio rappresenta con precisione e oggettività. Ma Faraone non si limita a scrivere questo, che è sotto gli occhi di tutti, ma scrive coraggiosamente che di questo degrado, di queste inefficienze e di queste occasioni perse per incapacità ed “analfabetismo” (come scrivevo prima), nessuno paga mai!

A dire il vero qualcuno che paga c’è, ma anche qui Faraone probabilmente ha voluto essere magnanimo. Chi paga davvero sono i cittadini siciliani, e pagano queste inefficienze burocratiche più che politiche, a carissimo prezzo. Inefficienze dovute alle incapacità di una classe dirigente che in qualsiasi altra regione del mondo occidentale verrebbe rimossa in un batter d’occhio: qui invece, come lo stesso Faraone scrive, questi “potenti” sono incollati alle loro poltrone, malgrado i risultati disastrosi del loro “lavoro” siano sotto gli occhi di tutti i cittadini siciliani.

Davide Faraone e il suo Saggio

Le idee di Faraone, per far ripartire la Sicilia, mettendola prima “sottosopra”, come scrive saggiamente, sono condivisibili al cento per cento. Nessuno potrebbe contestare nulla, neanche le modalità con cui propone soluzioni concrete ed efficaci. Da questo punto di vista il Saggio di Faraone è estremamente moderno, al passo coi tempi del XXI secolo, all’avanguardia internazionale per una regione, come la Sicilia, che vuole essere veramente protagonista della cultura, del commercio, del turismo, della ricerca, dell’agricoltura, dell’industria, delle nuove tecnologi, di idee innovative e realmente evolutive e di crescita economica e sociale di una regione come la Sicilia.

Penso, dopo averlo letto con molta attenzione, che il Saggio di Faraone sia assolutamente da leggere e, se è il caso, da rileggere perché estremamente veritiero e soddisfa chi “Ha Fame di Verità”.

Ma detto questo, mi avventuro, consapevole dei rischi intellettuali che corro, nello scrivere che non è la mafia il peggiore dei mali della Sicilia, ma la corruzione e la strettissima collusione tra potentati – tra i quali ovviamente anche la mafia – come coraggiosamente scrive Nino Di Matteo, nel suo bellissimo libro che ha visto la collaborazione di Salvo Palazzolo, dal titolo “Collusi”, dove scrive, appunto, che lui stesso, nella sua attività quotidiana di sostituto procuratore e di inquirente, più volte «è stato messo di fronte all’aspetto più subdolo ed insidioso del potere mafioso, e a quello meno nobile di una magistratura in cui a fianco degli onesti e dei coraggiosi convivono qualche colluso e tanti pavidi, più attenti ad evitare rischi e sovraesposizioni che a rendere veramente giustizia.»

A questo gravissimo “fenomeno”, descritto coraggiosamente da Nino Di Matteo nel suo libro, io aggiungo un’altra questione che in Sicilia rimane irrisolta da decadi e che non consentirà mai alle brillanti idee di Faraone di diventare realtà, di diventare Opere realizzate e visibili per il godimento dei cittadini siciliani.

Il problema irrisolvibile e più grave da affrontare è la classe burocratica siciliana alla quale, con la legge che cita Faraone, è stata affidata un potere immenso. Classe burocratica che non ha alcuna volontà, che non ha alcuna intenzione di cambiare nulla, di modificare lo “status quo” delle cose, come lo stesso Faraone sottolinea onestamente. Pertanto, la prima questione da affrontare per realizzare l’Opera bellissima descritta da Faraone nel suo interessante Saggio, è quella di fare in modo che la classe burocratica, di alti e bassi dirigenti siciliani, sia sostituita prima possibile da giovani trentenni – molti dei quali sono fuggiti all’estero usurpando alla Sicilia genialità e competenze – che hanno la cultura, la conoscenza, l’entusiasmo, la professionalità, l’esperienza per fare entrare in campo la Sicilia in una dimensione politica ed istituzionale realmente internazionale e non da piccoli provinciali di borgata quali siamo diventati oggi, adesso, noi siciliani e la nostra Regione Siciliana.

Ma mi rendo perfettamente conto che tutto ciò è irrealizzabile ed è mera finzione romanzesca!

Spero, invece, che non lo siano le idee che Faraone descrive nel suo bel Saggio, che mi permetto di consigliare a chi avrà letto queste poche righe.

Davide Faraone e il suo Saggio: “Sottosopra. Come rimettere la Sicilia sulle sue gambe”

 Link:

http://www.davidefaraone.it/ ;

http://www.donzelli.it/libro/9788868434939 ;

https://www.facebook.com/DavideFaraone/ ;

Davide Faraone – Pagina Twitter Ufficiale:

https://twitter.com/davidefaraone?lang=it ;

https://it.wikipedia.org/wiki/Davide_Faraone ;

http://www.salonelibro.it/it/ ;

 Andrea Giostra

https://andreagiostrafilm.blogspot.it

https://business.facebook.com/AndreaGiostraFilm/

https://www.facebook.com/andrea.giostra.37 

https://www.facebook.com/andrea.giostra.31

https://plus.google.com/u/0/114620232579950145227

https://www.youtube.com/channel/UCJvCBdZmn_o9bWQA1IuD0Pg

Mostra ENJOY: l’arte incontra il divertimento

mostra enjoy

La mostra ENJOY. L’arte incontra il divertimento arriva a Roma dopo lo straordinario successo di LOVE. L’arte incontra l’Amore, visitata da oltre 150 mila spettatori. Entrambe le esposizioni, che si caratterizzano per un impianto social e partecipativo, sono curate da Danilo Eccher.

Alla base c’è un nuovo modo di fruizione dell’arte: non si è più passivi osservatori, ma parte integrante dell’impianto artistico. Si diventa co-creatori, usando un’espressione di Erwin Wurm.

Due progetti innovativi, dunque, interessanti, che per il loro uscire fuori dagli schemi e dalle convenzioni attirano soprattutto i giovani. Già tantissime sono le foto postate sui social con l’hashtag ufficiale #enjoychiostro.

La mostra ENJOY, inaugurata lo scorso 23 settembre, resterà aperta fino al 25 febbraio 2018. La sede dell’allestimento è il Chiostro del Bramante, stessa location della mostra LOVE.

Alexander Calder, Mat Collishaw, Jean Tinguely, Leandro Erlich, Tony Oursler, Ernesto Neto, Piero Fogliati, Michael Lin, Gino De Dominicis, Erwin Wurm; e ancora Hans Op de Beeck, Studio 65, Martin Creed, Ryan Gander, teamLab: ecco gli artisti protagonisti della mostra ENJOY. Tutti questi grandi nomi dell’arte contemporanea sono proiettati alla dimensione del gioco, del divertimento, ad una nuova concezione di spazio e arte.

Lo spettatore diventa piuttosto un partecipante, non solo un osservatore passivo. Viene invitato a scattare foto, a premere pulsanti, a toccare, a spostare oggetti, a viverli, a giocarci. Ad accompagnarlo nel percorso un’audioguida pronta a spronarlo a divertirsi, a ritrovare la dimensione del piacere e del divertimento.

E la parola “divertimento” a cui la mostra si riferisce va intesa nella sua accezione classica: portare altrove. Lo spettatore si trova immerso tra sculture, installazioni, palloncini, specchi e giochi di luci. Ma dietro il suo “altrove” ludico la mostra cela una riflessione che riporta all’attualità, al ruolo dell’arte e non solo.

Divertimento: dal lat. divertĕre, propr. ‘volgere altrove’

Mostra ENJOY: le opere esposte

La mostra si apre con una scultura di Alexander Calder, Red Mobile, che si muove al passaggio delle persone che vi camminano al di sotto. L’arte non avrebbe ragione di esistere, senza uno spettatore, senza un destinatario.

Segue The Centrifugal Soul di Mat Collishaw, un cosiddetto zootropio o gioco ottico a tema naturalistico.

Ecco poi le opere in movimento di Jean Tinguely, accompagnate da effetti sonori: le sculture si animano, prendono vita azionando un pulsante posizionato a terra, che spetta allo spettatore premere.

Nella stanza seguente trova spazio Obscura, installazione video di Tony Oursler: l’artista, particolarmente attratto dall’occhio umano, lo riproduce assimilandolo alla camera oscura fotografica. Nella stanza ci sono degli enormi video-occhi all’interno dei quali, se osservati bene, si riescono a vedere le immagini che quegli occhi stessi stavano osservando, quando sono stati ripresi. Un guardare mentre si è a propria volta osservati, insomma: Oursler rappresenta l’ossessione voyeuristica moderna, il bisogno continuo di consumare immagini.

Altre due installazioni digitali sono il Prisma meccanico dell’italiano Piero Fogliati (un proiettore luminoso con dischi di gelatina colorata illumina palette di alluminio bianco e scompone la luce proiettandola su una parete) e l’installazione sonora Risata continua di Gino De Dominicis, una risata ininterrotta che accompagna il procedere dello spettatore verso le stanze successive.

Mostra Enjoy: le altre opere esposte

Trovano poi spazio le due sculture del brasiliano Ernesto Neto (In the corner of life e Caring time), le opere dell’artista austriaco Erwin Wurm (One minute Sculptures e Drinking Sculptures) e poi la torta gigante di Hans Op De Beeck, After the Gathering

Solo in apparenza si tratta di un’installazione che vuole trasmettere allegria e rimandare a una situazione di festa: la torta è già stata in parte mangiata, le candeline sono state spente, i pezzi di frutta sono sparsi sul vassoio e non ben disposti. Quindi il tempo della storia che Hans Op De Beeck descrive è quello della festa ormai finita, quando gli ospiti sono andati via, quando la gioia dell’attesa e la sorpresa che precede lo scartare i regali sono già passate. L’artista ci descrive “l’attimo dopo”, il fluire inesorabile del tempo, il disfacimento, ciò che c’è dietro l’apparenza di una appetitosa torta.

La mostra si chiude con la poltrona a pois di Topolino Mickey dei sogni di F. Audrito e A. Sampaniotoula stanza dei palloncini rossi Work no. Half the air in a given space di Martin Creed (una sala riempita per metà da palloncini rossi) ed infine Flowers and people – Dark del Team Lab. Quest’ultima è un’installazione digitale interattiva realizzata come se fosse un vero e proprio dipinto in movimento. I colori sono accesi e le luci vivide, i fiori si schiudono, volteggiano come mossi da soffi di vento o come se fosse lo spettatore ad alitare sui petali, spostandoli.

 

Luciano Cannito e la Cultura

Luciano Cannito e la Cultura

 

Luciano Cannito e la Cultura

Riportiamo un estratto dell’intervento di Luciano Cannito di ieri, 23 settembre, nell’ambito del tradizionale appuntamento “Atreju 17” Tempo di Patrioti che – quest’anno – ne è il titolo e tema centrale.

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1936191629930527&id=1426287307587631&pnref=story

Perchè il nome Atreju?

Perchè è il protagonista del romanzo “La Storia infinita” di Michael Ende che combatte contro un nemico subdolo che attacca le giovani generazioni e le spoglia di valori ed ideali: le forze del Nulla. 

Luciano Cannito ha ripreso, di fronte ad una sala gremita ed attenta, un tema a lui caro e che ha sempre contraddistinto la sua attività professionale; l’oscurantismo culturale che toglie ai nostri giovani ogni spinta e possibilità di vivere le proprie passioni, i propri sogni artistici, siano essi dedicati alla pittura, al teatro, al cinema, alla Danza.

Solo una cieca o strumentale politica può guidare scelte di questo tipo che, nel tempo, producono assenza di valori, appiattimento culturale e di scarso rilievo, incapacità di esaltare il nostro ricco patrimonio culturale portandolo al disfacimento.

La voce di Luciano Cannito ha messo tutti noi in guardia dall’accettare supinamente tale atteggiamento e, aggiungo, le nostre nuove generazioni non possono essere solamente “piegate” ad un utilizzo esaltato dei soli Social ma meritano di godere intensamente e diffusamente della fruizione delle loro spinte artistiche.

Significativi messaggi sono stati lanciati dall’oratore su temi riguardanti la colpevole chiusura di teatri, di istituzioni culturali che sono i luoghi deputati – per eccellenza – alla sana crescita dei nostri giovani.

Le Istituzioni non investono in cultura e formazione culturale dimenticando che l’identità di un popolo è dato non soltanto da una lingua comune ma anche e soprattutto dalla trasmissione ai giovani di un senso del bello, dalla cultura, dell’arte; tutti noi dobbiamo renderci paladini per la difesa della nostra millenaria cultura attraverso le sue varie espressioni. Perseguendo invece la politica dei mancati investimenti in cultura si tolgono le primarie motivazioni ai giovani.

Mi è ora naturale citare, per similitudine, L’Oscar della Danza fortemente voluto da Luciano Cannito che ha voluto finalmente “aprire” al mondo dei giovani danzatori sconosciuti una ribalta importante ed inaspettata.

Altrettanto significativa è l’esemplificazione che l’oratore cita al termine del suo intervento per far rilevare l’assenza di investimenti e la scarsa capacità istituzionale di esaltare le nostre ricchezze artistiche quali, ad esempio, l’Area Sacra di Largo di Torre Argentina a Roma dove fu ucciso Giulio Cesare:

https://it.wikipedia.org/wiki/Largo_di_Torre_Argentina

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/giulio-cesare-trovato-punto-esatto-cui-fu-pugnalato-bruto-845833.html

Il visitatore, invece di trovare una apposita ed efficiente organizzazione volta a massimizzare la visita dell’Area Sacra, trova invece diversi cartelli che così recitano: “Vietato dar da mangiare ai gatti”

E’ doloroso, come mette in evidenza Luciano Cannito, dover invece constatare che l’eccellente ed invidiabile macchina organizzativa pubblica/privata che a Londra gestisce il Museo delle Cere (altrimenti detti il museo dei pupazzi) di Madame Tussauds incassa ogni anno l’incredibile cifra di 630 milioni di euro (al plurale euri perchè sono veramente tanti !!).

E noi?

Impastoiati in infinite difficoltà burocratiche e politiche, incapaci (volutamente ?) di mettere in campo le migliori energie professionali, le più ardite e valide menti culturali che vogliono oltrepassare i consueti e desueti schemi della vigente “fruizione culturale”.

 

Mi chiedo, unendomi a Luciano Cannito, è questo il modello culturale offerto ai nostri giovani?

 

 

Lettere a mia figlia: il corto che racconta l’Alzheimer

lettere a mia figlia

Si intitola Lettere a mia figlia il pluripremiato cortometraggio di Giuseppe Alessio Nuzzo che racconta l’Alzheimer. Nei panni del protagonista troviamo un intenso Leo Gullotta.

Il corto è stato eccezionalmente reso disponibile sul piccolo schermo proprio oggi, XXIV Giornata Mondiale per la lotta contro l’Alzheimer, sul Canale Studio Universal (canale 338 del digitale terrestre) nell’ambito del magazine A Noi Piace Corto.

Il corto andrà in onda in replica anche il 23 settembre alle 11.30, il 24 alle 7.50 e il 29 alle 20.40.

Il 21 settembre è la giornata scelta per porre l’attenzione su questa forma di demenza che costituisce non solo una sfida in campo medico, visto che ad oggi non esiste una cura definitiva, ma anche in ambito sociale, perché le famiglie con un malato di Alzheimer soffrono spesso solitudine e abbandono, costrette fronteggiare la situazione senza adeguati aiuti materiali né supporti psicologici.

Lettere a mia figlia

Il cortometraggio è stato prodotto da Paradise Pictures con Pulcinella Film e diretto da Giuseppe Alessio Nuzzo; è stato girato a Napoli e provincia.

Leo Gullotta interpreta un padre che attraverso la scrittura di alcune lettere indirizzate alla figlia Michela cerca di riappropriarsi di sé. Cerca di spiegare il suo cambiamento, il suo scollarsi dalla realtà e perdere contatto con la quotidianità.

La solitudine e la vergogna del protagonista sono accompagnati dall’impotenza provata da sua figlia: lei sa di non potere nulla contro la regressione del padre. L’uomo è inesorabilmente finito in un tunnel buio dal quale non tornerà più indietro. Non sarà mai più quello di prima.

Michela lo accudisce, si prende cura di quel genitore tornato bambino, incapace di badare a se stesso, privato dei ricordi, privato della consapevolezza di sé.

Lettere a mia figlia è stato finalista in centinaia di festival in tutto il mondo e vincitore di decine di premi, tra cui la menzione speciale ai Nastri d’Argento e il premio come migliore cortometraggio al Giffoni Film Festival.

Oggi, 21 settembre, è uscito anche in distribuzione nazionale l’omonimo libro, edito da Pulcinella Editore e a cura di Giuseppe Alessio Nuzzo con prefazione di Gullotta. Il testo racconta la malattia di Alzheimer, la vera storia di Lettere a mia figlia e contiene il DVD con il cortometraggio.

 

Ti aspetto e ogni giorno mi spengo poco per volta e ho dimenticato il tuo volto…