Luigi De Filippo porta in scena i Cupiello

natale in casa cupiello

De Filippo è un cognome importante, è un’eredità da portare con fierezza e orgoglio ed è anche una responsabilità: quella di rappresentare il teatro partenopeo, è incarnare nel tempo un pezzo di storia indelebile per la cultura italiana, una storia che non si è arresa alla morte di Eduardo.

I De Filippo fanno teatro da tre generazioni: Eduardo, suo fratello Peppino e suo nipote Luigi hanno fatto del palcoscenico la loro ragione di vita, rappresentando, su quel palco, il bello e il brutto della società, il dramma e la commedia, raccontando l’avarizia, la miseria, la gelosia, l’inganno, l’amore. Raccontando l’uomo insomma, raccontando il vero. Una famiglia più unita sul palcoscenico che nella vita al di là delle quinte e delle scenografie: Eduardo e Peppino, tra dissidi, litigi e riconciliazioni, erano più colleghi che fratelli. A fare da mediatrice c’era la sorella Titina, con loro nella Compagnia Teatro Umoristico “I De Filippo”, la cui consacrazione avvenne a Napoli, il 25 dicembre 1931, con la rappresentazione al Teatro Kursaal di Natale in casa Cupiello.

Proprio quella commedia sarà in scena fino al 27 novembre al Teatro Parioli Peppino De Filippo di Roma, col direttore artistico Luigi De Filippo nei panni di regista e attore protagonista.

Natale in casa Cupiello

Natale in casa Cupiello è forse la più conosciuta tra le opere teatrali di Eduardo. La rappresentazione originale vedeva il maestro nei panni di Luca Cupiello, Titina nei panni di Concetta e Peppino nei panni di Tommasino, tre interpretazioni magistrali, che ottennero subito un grandissimo successo. Basti pensare che i soli 9 giorni di recita previsti nel contratto firmato con l’impresario, dovettero essere estesi a 5 mesi di rappresentazioni, fino al maggio del 1932!

Per la prima volta un altro De Filippo indossa i panni di “Lucariello” che furono del maestro Eduardo: Luigi De Filippo, figlio e nipote d’arte, aveva già curato in passato la regia dell’opera teatrale, ma ora si cimenterà in prima persona nel ruolo che consegnò lo zio alla fama e all’eternità. Una prova certamente impegnativa per lui, artisticamente e umanamente.

Commedia che coniuga in sé il divertimento del teatro umoristico e la commozione del dramma familiare, Natale in casa Cupiello è fedelmente riprodotta da Luigi De Filippo, il quale si è limitato a modernizzarne il ritmo, rendendolo più veloce, più in linea con la contemporaneità, che ci ha abituati a tempi più fluidi e serrati.

I temi sono di grande attualità, ora come allora: dissidi familiari, crisi matrimoniale, relazione extraconiugale, difficile rapporto padre-figlio.

Il successo nel tempo di Natale in casa Cupiello sta innanzitutto nel suo umorismo (che a tratti si tinge di nero): basti ricordare, una tra tutte, la scena della lettura della letterina di Natale. Ma sta anche nel suo saper essere figlia di ogni epoca, nel suo saper raccontare il quotidiano senza renderlo banale, inserendo elementi caratterizzanti a prima vista ovvi, ma caricati di un significato del tutto proprio. A cominciare dal presepe.

Elemento tradizionalmente associato al Natale, per i Cupiello è qualcosa di più: è un vero e proprio rito, è una passione, purtroppo non condivisa. Lucariello cerca in tutti i modi di trasmettere il suo amore per l’allestimento del presepe al figlio, senza riuscirci. Salvo poi strappargli un “Mi piace il presepe” in punto di morte.

natale in casa cupiello

Il volto scavato di Luca Cupiello-Eduardo (che ritroveremo nel volto dell’ultimo Massimo Troisi, quello di Mario nel pluripremiato Il postino) vinto dalla malattia, farneticante, circondato da una famiglia in crisi eppure saldamente ancorata alla sua figura, che nel suo delirio continua a decantare la bellezza del presepe, resta una scena fortissima che non ci stancheremo mai di guardare.

Laboratorio di Scrittura Teatrale

Il Laboratorio di Scrittura Teatrale si rivolge ad aspiranti drammaturghi, sceneggiatori e a tutti coloro che desiderano misurarsi con la teoria e la tecnica della scrittura teatrale.

Partendo dalla conoscenza dei metodi e delle regole drammaturgiche, il lavoro permetterà ai partecipanti di scoprire le proprie potenzialità creative, molto spesso inespresse, e di sperimentare le diverse possibilità di scrittura finalizzate alla rappresentazione di un testo originale.

A completamento del percorso formativo è prevista la messa in scena del proprio testo teatrale attraverso un saggio di fine corso che consente di sperimentare l’emozione del primo contatto con il pubblico.

Gli argomenti trattati nel Laboratorio di Scrittura Teatrale 

Linguaggio narrativo, nascita di una storia, possibili fonti di ispirazione, “urgenza” dello scrivere, struttura del testo, vita ed evoluzione dei personaggi, dialogo, sottotesto.

Sede
Il corso si terrà presso il Barnum Seminteatro
Via Adelaide Bono Cairoli, 3 – Garbatella – Roma

barnumseminteatro

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Durata
Il corso avrà una durata complessiva di 16 incontri a partire da venerdì 28 e sabato 29 ottobre 2016 – (2 classi a disposizione tra cui scegliere)

Lezioni

Le lezioni avranno una durata di 2 ore al costo di Euro 60/mese

N.B.  LA PRIMA LEZIONE E’ DI PROVA

POSTI LIMITATI!

Per info e prenotazioni
degliarti@tiscali.it – 349 0573178

Ancora una volta Gabriele Mazzucco, di cui abbiamo diffusamente presentato con i nostri precedenti servizi le varie opere teatrali da lui scritte ed anche dirette nella regia, presenta questo interessante Laboratorio di Scrittura Teatrale da lui  ideato e diretto e che si distingue per la capacità di presentare l’Arte della Scrittura Teatrale in maniera accessibile a tutti.

Non ho detto “semplice” nell’accezione “goliardica” ma – sottolineo – accessibile in quanto, dedicando la giusta attenzione all’insegnamento che Gabriele Mazzucco propone e richiede agli allievi, Il Laboratorio di Scrittura Teatrale  sarà in grado di darci intime e profonde soddisfazioni e, perchè no, scoprire forse che nel nostro animo “vive” uno scrittore.

Il Catamarano (Andiamo avanti)

Dietro le quinte…

Scena il CatamaranoCon precedenti articoli avevamo commentato la “prima” de  “Il Catamarano” che ha riscosso un notevole successo sia nella critica che nella presenza di entusiasti spettatori; abbiamo nuovamente assistito alla replica di venerdi 21 dicembre che ha confermato l’alta qualità del testo scritto da Gabriele Mazzucco e recitato, in maniera sublime, da Andrea Alesio.

Nel mondo dello spettacolo si dice che “i numeri fanno la storia” e, vedendo la sala costantemente gremita, possiamo affermare che “i numeri” hanno dato piena ragione a Gabriele e ad Andrea. Ad onor del vero non sono solo loro “gli eroi” del momento in quanto, se uno spettacolo riesce a conseguire il meritato riconoscimento, vi è alle spalle una struttura umana e professionale ormai ben collaudata.

Federica Orrù, attrice con anni di esperienza sul palco, è instancabile e coinvolgente, cura la scenografia, i costumi, le PR, la scuola di recitazione …e tanto altro ancora;

Chiara Fiorelli, giovane ma valente attrice, si presta ad una molteplicità di ruoli, collabora anche alle scene;

Paola Raciti, anche lei giovane attrice, poliedrica nelle espressioni, è la preziosa figura indispensabile nella organicità dello spettacolo;

Gabriele Mazzucco, scrittore dei testi, regista e cuore pulsante del Barnum Seminteatro, preciso, attento ai dettagli in quanto – come dice – “sono i dettagli che fanno il successo” ed il pubblico lo capisce quando uno spettacolo è ben curato.

Il Catamarano  

dietro le quinte…

“Andiamo avanti”

Forse questa è l’espressione cardine che rappresenta l’essenza della narrazione che ha accompagnato la vita del giovane Andrea sin dall’infanzia.

Dobbiamo ringraziare Gabriele Mazzucco che ci ha consentito di partecipare al “dietro le quinte” e vivere l’atmosfera della preparazione, delle prove, dei movimenti ripetuti infinite volte per meglio rappresentare e trasmettere al pubblico l’intenso messaggio umano, di forte sentimento e commozione che non è mai (s)caduto, però, nella facile retorica e richiesta di applausi.

Andrea Alesio è un gigante del monologo, ha saputo rappresentare vari personaggi dagli anni ’50 ai giorni nostri; da ciascuno ha saputo trarre gli aspetti caratteristici – alcuni esilaranti – portandoli all’attenzione dello spettatore. Ha saputo catturare l’attenzione del pubblico ed il suo animo, ha saputo creare profondi, assoluti e riflessivi momenti di silenzio nella sala, ha saputo donare momenti di gioiosa allegria per le sue battute, mai scontate.

Su tutti è presente la meravigliosa figura del nonno sempre vivo nel cuore di Andrea e suo punto di riferimento.

Il “dietro le quinte” ci ha consentito di scambiare alcune riflessioni con Gabriele e Andrea, visibilmente provati ma pienamente soddisfatti a fine spettacolo: un pubblico che racchiudeva ampie fasce di età, abituato ad andare a teatro, giustamente attento e critico.

Aver fatto breccia e coinvolto questo pubblico di qualità  è la conferma dell’ottimo testo di Gabriele Mazzucco ed una indiscussa eccellenza artistica dell’attore Andrea Alesio che si è cimentato – con assoluto successo – in un monologo lungo e complesso per la diversità dei personaggi raffigurati.

Anche il nonno, basilare figura sempre citata ma presente fisicamente solo nella intensa scena finale, ci ha mostrato la sua commozione ed ha espresso parole di stima e profondo affetto per Gabriele ed Andrea.

Il Catamarano è stato già rappresentato in alcuni teatri non solo della città di Roma e ad ogni rappresentazione si è registrato un entusiastico Sold Out.

E’ stata la loro mossa vincente.

Photo credits: Enrico Diamanti

IL CATAMARANO

Mazzucco

Scritto da Gabriele Mazzucco
Regia di Gigi Palla

Ancora una volta Gabriele Mazzucco ci coinvolgerà in una storia, l’ultima da lui scritta, Il Catamarano, che saprà emozionarci, coinvolgerci senza tuttavia cadere nel facile tranello della malinconia; è un altro viaggio nel nostro animo e che ci indica il valore dei sentimenti più nobili.

Il giovane Andrea è un ragazzo come tanti che coltiva il grande sogno di diventare un attore ed è proprio lui a raccontare la sua storia “corale”, esclusivamente in prima persona.

Unico interlocutore, seppur assente dalla scena, è suo nonno Angelo.

Uomo tutto di un pezzo con alle spalle una vita piena, vigorosa e difficile, vissuta intensamente avendo il coraggio di andare anche contro tutto e tutti. Un uomo d’altri tempi, forse, eppure attuale come non mai.

Angelo viaggia “in solitaria” tra passato e presente, tra sensazioni ed emozioni, narrando e rievocando, facendo toccare con mano allo spettatore non una ma più vite, allo stesso tempo ordinarie e straordinarie.

Le varie figure che emergono sono uniche nel loro genere ed insieme costituiscono un affresco di varia umanità; la bidella bigotta mortalmente scandalizzata per un bacio tra ragazzi o il giovane regista naif che si crede proiettato verso il successo grazie alla sua versione contemporanea dell’opera “Il Catamarano”.

Ed è proprio “Il Catamarano”, che poi altro non è che il titolo della pièce, a rappresentare il legame che unisce le esistenze di nonno e nipote e di tutto ciò che ha girato e che continua a girare intorno a loro.

Una unione profonda, indissolubile che travalica lo scorrere del tempo.

Si ride ma allo stesso tempo ci si emoziona, senza lasciare spazio alla malinconia e ai rimpianti proprio come fa lo stesso Andrea nel suo coinvolgente flusso esistenziale.

Il Catamarano” è una storia come tante e come tale unica e straordinaria – spiega il regista Gigi Palla<<una storia urgente per chi l’ha scritta e necessaria per chi la interpreta e l’ha ispirata, una carrellata di esistenze che si intrecciano e personaggi che si sfiorano nell’attraversare il mare magnum della vita>>

 

Teatro Ambra alla Garbatella dal 19 al 21 maggio 2016

Compagnia Degli Artigialli

Il cast: Andrea Alesio (Andrea)
e con l’amichevole partecipazione di Piero Casoli

Scene e costumi Carla Marchini
Comunicazione Paolo Leone
Ufficio Stampa Alessandro Rubino – Valeria Marucci

 

Una domenica a teatro: “La Storia di mezzo”

Quando la realtà supera la fantasia è possibile che quella di un uomo che si suicida perché ha perso il lavoro si trovi ad essere il tragico spunto che la cronaca fornisce ad un autore per tornare a raccontare qualcosa. Egli dunque lo interiorizza e poi restituisce al suo pubblico vestito di nuovo, così trasformato da non poter più scivolare addosso come quando era ancora una delle tante cattive notizie ascoltate per caso al telegiornale. Questo Gabriele Mazzucco lo sa o, quantomeno, questa è l’impressione che si ha quando, uscendo dal teatro, si cerca di ricostruire il percorso che lo ha portato a scrivere “La Storia di mezzo”. Eppure durante l’intervista ci aveva anticipato che la sua esperienza personale nel mondo del lavoro mista alla percezione della realtà circostante erano state la principale fonte di ispirazione; ciò che invece difficilmente avremmo potuto immaginare è quello che abbiamo visto sul palco.

Dopo il suo licenziamento, il trentenne Simone (Luca Restagno) decide che legarsi un cappio al collo è l’unica cosa che gli è rimasta da fare; è un uomo così insicuro che, quando apre gli occhi e si ritrova sdraiato a terra con la corda penzolante, stenta a credere di essere riuscito in qualcosa una volta tanto. Tuttavia, ancora non del tutto convinto, inizia a vagare per casa cercando il coraggio di ripetere il gesto. Quasi per caso, ad interromperlo in questo momento così delicato intervengono per farlo ragionare una serie di personaggi, dal bizzarro portiere (Gigi Palla) e la sua infelice moglie (Federica Orrù) alle personificazioni dei suoi animali domestici, la seducente gatta Cleopatra (Chiara Fiorelli) e Nino (Andrea Alesio), il pesce rosso ubriacone: persino l’incarnazione della sua passione per la musica, l’androgina ed inevitabilmente hippie musa Angie (Armando Sanna), non gli risparmia il discorsetto. Come per magia quella sera sono tutti lì a svelargli finalmente i segreti di un’esistenza felice, tutti riuniti nel pozzo dove il suo gesto l’aveva gettato a ricordargli e ad insegnarli qualcosa durante l’ultimo passaggio della vita dopo la morte. Adesso Simone ha capito e non vede l’ora di tornare indietro; sarà però una pallottola a ricordargli che purtroppo non è più possibile e che il suo destino ormai è di rimanere in quel pozzo.

La scenografia essenziale ma completa, ricca di colori anche vivaci, fa da sfondo a quella che si rivela essere una commedia che prende le mosse dall’iniziale tragedia avuta luogo quella notte in quel salotto, a casa del protagonista. Spettacolo complesso ed originale, presenta situazioni comiche e surreali piene di battute e riferimenti sempre freschi e mai banali arricchite da un dovuto tributo al dialetto romanesco che, lungi dall’appesantire le scenette caricaturandole, viene utilizzato per delineare con precisione i contorni dei personaggi.