All’Ambra Jovinelli Favino porta in scena Koltès

koltès la notte poco prima delle foreste

La notte poco prima delle foreste viene scritto da Bernard Marie Koltes nel 1977. È uno dei testi più intensi della sua produzione drammatica, che comprende sia monologhi che testi a più voci.

La Compagnia degli Ipocriti aveva presentato questo testo nel 2001 affidandolo alla recitazione di Giulio Scarpati e alla regia di Nora Venturini.

Lo scorso 11 gennaio la Compagnia ha debuttato al Teatro Ambra Jovinelli di Roma con un nuovo adattamento di questo monologo, per la regia di Lorenzo Gioielli (direttore artistico dell’Accademia STAP BRANCACCIO) e interpretato da Pierfrancesco Favino. Lo spettacolo ha riscosso un grandissimo successo.

L’attore romano si era già confrontato con La notte poco prima delle foreste 8 anni fa. Da allora, come da lui stesso dichiarato nelle Note dell’Interprete, ne era rimasto profondamente colpito e affascinato.

Mi sono imbattuto in questo testo un giorno lontano, mi sono fermato ad ascoltarlo senza poter andar via e da quel momento vive con me ed io con lui. Mi appartiene, anche se ancora non so bene il perché.

Un unico cruccio: quello forse di aver ‘macchiato’ quella prima interpretazione con una vena di ambizione che non aveva fatto emergere fino in fondo l’umanità e la bellezza del testo.

Questo attaccamento di Favino a Koltes e in particolar modo a La notte poco prima delle foreste traspare durante tutto lo spettacolo all’Ambra Jovinelli. Recita con intensità, stavolta senza ambizione. Il pubblico entra in forte empatia con lui, che si fa da parte lasciando sul palcoscenico solo lo ‘straniero’ protagonista del monologo.

L’uomo è alla ricerca di un posto dove passare la notte, per questo ferma un passante per strada. A lui affida le sue parole, le sue storie che raccontano di solitudine, di abbandono, di moralità, di oppressione.

Perché la notte poco prima delle foreste è questo: è un punto di non ritorno della nostra umanità.

Non ti pago, omaggio a Luca De Filippo all’Ambra Jovinelli

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La fortuna e la speranza, le superstizioni e i sogni, l’inatteso che fa capolino nel quotidiano: Non ti pago, come nella migliore tradizione dei De Filippo, è una commedia fatta di situazioni estreme e personaggi profondamente umani, nel bene e nel male.

Scritta dal grande Eduardo nel 1940, sarà in scena al Teatro Ambra Jovinelli fino al 17 dicembre: regia di Luca De Filippo (figlio del Maestro), musiche di Nicola Piovani, costumi, scene e luci curate rispettivamente da  Silvia Polidori, Gianmaurizio Fercioni e Stefano Stacchini. Luci e ombre della vita di tutti i giorni vengono presentati con irresistibile verve comica dalla Compagnia di Teatro di Luca De Filippo.

Lo spettacolo, infatti, è un omaggio a Luca De Filippo, scomparso dopo aver lavorato proprio su Non ti pago, che dunque resta la sua ultima regia.

La commedia, rappresentata per la  prima volta nel 1940 al Teatro Quirino, vedeva in scena i fratelli De Filippo. Eduardo vestiva i panni di Ferdinando Quagliolo e Peppino quelli di Mario Bertolini. A loro si aggiunse la sorella Titina nell’omonimo film del 1942, per il ruolo di donna Concetta.

non ti pago de filippo

 

 

 

 

 

 

 

Non ti pago: la storia

Don Ferdinando (un irresistibile Gianfelice Imparato) “si farebbe uccidere prima di riconoscere un suo errore, prodigo, cuore d’oro, tutto amore per la famiglia, ma testardo”. Così lo descrive giustamente il prete don Raffaele (Gianni Cannavacciuolo). Proprietario di un botteghino del lotto gestito insieme a Mario Bertolini (Massimo De Matteo), è un accanito ma sfortunato giocatore. Il suo giovane dipendente, invece, è particolarmente baciato dalla dea bendata.

La vicenda si sviluppa da una sostanziosa vincita al lotto fatta da Bertolini, grazie a numeri ricevuti in sogno dal padre di don Ferdinando. Quest’ultimo, convinto che il padre volesse destinare a lui i numeri, avanza diritti sulla vincita e sottrae il biglietto a Bertolini. Porterà invano avanti le sue ragioni, mettendosi anche contro alla moglie (una energica e decisa Carolina Rosi). Ma alla fine restituirà il biglietto e acconsentirà alle nozze tra lui e sua figlia Stella (Carmen Annibale).

Non ti pago all’Ambra Jovinelli

Nonostante neghi di provare invidia, don Ferdinando non è indifferente a quanto succede a Bertolini e che a lui è negato. Ha certamente torto nelle sue azioni, eppure viene difficile odiarlo.

Ma ancor prima d’essere un giocatore, un marito, un lavoratore, un uomo con mille difetti, don Ferdinando è un papà. E non è un caso che la commedia si chiuda proprio con questa parola. Solo sul finale, infatti, fa intendere che ciò che realmente lo aveva infastidito di Bertolini era stato il suo non riferirgli in prima persona l’intenzione di sposare Stella.

Eduardo definì Non ti pago la più tragica delle sue commedie: don Ferdinando è cocciuto, nemmeno la compromessa felicità di sua figlia lo placa. Come il più piccolo e miserabile degli uomini riesce a fare un passo indietro solo dopo che gli viene riconosciuta una parziale ragione. A quel punto si muove verso la risoluzione del conflitto che aveva minato la pace all’interno della famiglia.

Andrea Alesio (e la poesia)

andrea alesio

Andrea Alesio (e la poesia): di questo formidabile attore abbiamo già scritto diversi articoli perchè è capace di rinnovarsi ad ogni rappresentazione trasmettendo sentimenti sempre nuovi al pubblico che lo segue con simpatia ed affetto.

Andrea Alesio: l’inevitabilità del teatro

https://www.lamacinamagazine.it/brodetto-pesce-alla-vastese/

Angie

Angie: in scena la Compagnia degli Arti

Il Catamarano (Andiamo avanti)

IL CATAMARANO

Una domenica a teatro: “La Storia di mezzo”

Alcuni nostri redattori lo hanno intervistato nelle varie circostanze come ad esempio “dietro le quinte” oppure rilassato davanti ad un buon caffè o – meglio ancora – durante un duello con una squisita amatriciana che adora.

Ha una non comune duttilità attoriale che trasmette in tutti i personaggi che interpreta i quali entrano in diretto dialogo con il singolo spettatore con cui stabilisce un rapporto unico; questa è la grandezza di Andrea Alesio (e la poesia).

Formatosi alla scuola di recitazione di Claudio Boccaccini, il nostro Andrea Alesio (e la poesia) lo abbiamo ammirato in ruoli classici che rappresentano le pietre miliari del Teatro ma anche in rappresentazioni allegre, comiche, “irriverenti”  i cui testi sono scritti dal prolifico e geniale Gabriele Mazzucco.

Presentiamo ora Andrea Alesio (e la poesia) in una diversa, sorprendente angolazione: il Poeta Andrea Alesio.

E’ stato inaspettato quanto piacevole scoprire questo valore aggiunto nell’animo di Andrea che lo ha svelato in occasione della premiazione del nostro Concorso Letterario di cui è stato il moderatore.

Pur essendo la sua poesia – dedicata al nonno – fuori concorso (come da Regolamento) la Giuria ed il pubblico presente gli ha voluto tributare un profondo, sincero, commosso attestato con la seguente motivazione:

“Il ricordo scolpito nel cuore, l’amore profondo e totalizzante, il faro che ha guidato l’evoluzione del giovane Andrea e che lo ha accompagnato in un compiuto percorso di crescita umana che solo un nonno come Angelo Mario ha reso possibile”   

Abbiamo realizzato insieme a Giambra Giancarlo del Gruppo Profumo di Vita questo breve ed intenso video della declamazione della poesia.

https://www.facebook.com/profumodivita.reasonjc/videos/1280913738697992/

Grazie Andrea Alesio (e la poesia) per la vivacità accattivante e coinvolgente con cui hai condotto la Premiazione e, principalmente, complimenti sinceri per la tua opera.

Brodetto di pesce Ortonese

Nel corso dei miei frequenti viaggi di lavoro ho avuto la possibilità di conoscere ed apprezzare la nostra meravigliosa Italia ricca di Arte, di Cultura e, perché no, di tradizioni enogastronomiche; conversando con il nostro grande amico Andrea Alesio, formidabile attore teatrale con “doppia cittadinanza: romana e di Ortona” abbiamo ripercorso il menù del Brodetto di pesce alla ortonese così come trasmesso dalla nonna.

Di cosa si tratta?

È la tipica zuppa che viene cucinata, prevalentemente con pesce non nobile, lungo tutto quel tratto di costa che va da Ortona a Vasto denominata anche “Costa dei Trabocchi” così chiamate quelle tipiche palafitte in legno che si protendono verso il mare.

Dai Trabocchi (Lu Travòcche) vengono calate le reti quadrangolari e solitamente viene catturato un ricco e variegato pescato grazie al fondale alto e ricco di scogli, anfratti sotterranei e con un habitat naturale che favorisce lo sviluppo delle varietà e del numero dei pesci.

I Trabocchi da sempre hanno accompagnato il paesaggio vastese e dai Trabocchi viene appunto la tradizione del Brodetto di pesce alla ortonese che coniuga in maniera esemplare il sapore del mare con quello della terra.

L’origine del Brodetto è, in effetti, un piatto povero poiché i marinai o i pescatori dei Trabocchi dopo aver venduto al mercato il pescato migliore barattavano la rimanente parte dei pesci rimasti invenduti con i contadini che li scambiavano con i loro prodotti quali pomodori, peperoni, olio, aglio, cipolla…

A quel punto entravano in azione le donne di casa che dovevano rendere bastevole, ricco, saporito e sufficiente per le esigenze della famiglia gli ingredienti di base, di basso costo.

Questa è la magia del Brodetto di pesce alla Ortonese.

Lu vrudatte” della nonna di Andrea Alesio non consente il soffritto e indica (anzi impone) queste varietà di pesce, basilari, più altre a seconda della stagione: la razza (l’ucchialèine), la triglia (la trìjje), la seppiolina (a sàcce) , il testone (u capucchiàune), lo scorfano di scoglio  (u Scorfne ‘e scoglio), il merluzzo (la mirlìcce), la cicala di mare (la panucchiuàlle), l’olio extravergine d’oliva, il peperone e il pomodoro rosso preferibilmente di “mezzotempo”.

A questo punto la nonna allestiva la tavola con tutti gli ingredienti per la preparazione del Brodetto di pesce alla ortonese riuscendo addirittura a pulire lo scorfano a mani nude e, chi conosce questo tipo di pesce, irto di aculei velenosi, sa che è una impresa adatta a pochi.

Procedeva poi alla preparazione facendo insaporire in un tegame di coccio, largo e basso, l’aglio, l’olio ed il peperone.

Appena dopo aggiungeva 1 bicchiere di acqua di mare ed il pomodoro rosso “mezzotempo” ; dopo circa mezz’ora cominciava ad aggiungere i pesci iniziando da quelli a più lungo tempo di cottura e, prima di fine cottura regolava di sale e toglieva il coperchio per lasciar evaporare e far rapprendere il sugo.

Attenzione, non fate irritare la nonna e quindi non girate il brodetto ma scuotete delicatamente l’intero tegame; il pesce non si deve frantumare.

Lasciate riposare per qualche minuto, aggiungere prezzemolo e peperoncino e prepariamoci ad essere travolti da un antico sapore che premia massimamente le nostre papille gustative.

Un ultimo consiglio: evitiamo di indossare lo smoking perché per gustare appieno il brodetto è indispensabile fare buon uso delle mani e di buon pane casareccio preferibilmente bruscato.

Scopo di questo intermezzo non è certo quello di presentare una ricetta di cucina poiché ci sono libri, autori, opinionisti ben più qualificati del sottoscritto; vogliamo invece – nuovamente – parlare di Andrea Alesio che torna in scena con il suo monologo “Il Catamarano” scritto da Gabriele Mazzucco.

andrea alesio

Confesso che, al momento, non ricordo quante repliche ha avuto Il Catamarano ma, essendo stato presente a tutte, vi assicuro che è sempre stato un meritato sold out.

Non c’è dubbio che anche nella replica di sabato 29 febbraio il magnifico Teatro Tosti di Ortona registrerà ancora una volta il tutto esaurito per la replica di Il Catamarano.

E’ uno spettacolo divertente ed emozionante, imperdibile, regala emozioni sempre nuove; il duo vincente Gabriele Mazzucco e Andrea Alesio ci faranno ripercorrere una forte storia di sentimenti ed affetti profondi altalenando l’azione scenica tra Amleto, Faust, Medea con variopinti ed esilaranti personaggi quali Franco er PompistaPeppe er MonnezzaroStefano er Cupola e Gianni Strizzaculo.

https://www.facebook.com/stefania.dadamo.7/videos/10210423043164058/

Solo Gabriele Mazzucco poteva scrivere questo ardito copione così splendidamente interpretato da Andrea Alesio.

Concludendo, vi aspettiamo sabato 29 febbraio al Teatro Tosti di Ortona

Non mancate, vi farà riflettere e vi entusiasmerà.

Mi concederò, dopo lo spettacolo, il meritato premio: andare a gustare il Brodetto di pesce alla ortonese.

Gramiccioli al Barnum

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Ancora una volta il Barnum Seminteatro è riuscito a stupirci presentando l’opera teatrale “Avrei voluto un amico come lui” che rende emozionale l’omaggio al noto cantautore Rino Gaetano, di e con David Gramiccioli; Gramiccioli al Barnum è stato un connubio di alto profilo.

David Gramiccioli, autore ed interprete dell’opera, riempie lo spazio della rappresentazione con una forza espressiva capace di instaurare con il pubblico un rapporto immediato, istintivo e spontaneo. La sua concezione di fare teatro è collegata indissolubilmente al tempo di narrazione che progredisce senza sbavature. Le pause, il racconto e la tonalità della voce diventano strumenti vivi di lavoro con i quali armonizzare gli spazi, la musica e la luce. E’ in questo esatto punto di incontro che avviene l’alchimia offerta allo spettatore che, libero di fruire nella massima libertà del contenuto e del messaggio dell’opera, continua ad interrogarsi sull’esperienza vissuta, oltre la fine della rappresentazione.

Gramiccioli al Barnum attesta la sua maturità artistica calcando il palcoscenico con disinvoltura e tecnica recitativa originale ed inedita, alterna parole e immagini in un ordine in cui non necessariamente l’una segue l’altra, non essendovi predominanza e interferenze.

Il percorso in cui lo spettatore è condotto è frutto di un lavoro di analisi e di indagine di un periodo della storia del nostro Paese che ad oggi riserva ancora larghi margini di approfondimento. Attraverso questa ricostruzione, si comprende come l’opacità di alcuni accadimenti avvenuti a partire dal secondo dopoguerra, colpiscono la sensibilità di Rino Gaetano, artista crotonese e romano d’adozione, che li incastona all’interno delle sue canzoni come elementi interpretativi chiave delle sue opere, svelati solo all’attento ascoltatore e spettatore.

 

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Non a caso, la scelta autoriale di David Gramiccioli fa iniziare l’opera dal 1943, data che segna l’inizio di una manipolazione che il nostro Paese subirà per mano di personaggi abilmente diretti da una regia occulta, inesorabile quanto efficace. La linea sulla quale si sviluppa la narrazione passa anche nelle maglie del caso Montesi. Siamo nel 1953 e l’Italia repubblicana si apre al suo primo scandalo: la morte misteriosa di una ragazza di 21 anni che coinvolge nel torbido esponenti noti del mondo della politica, delle istituzioni e dello spettacolo.

Rino Gaetano, con la famosa canzone “Nuntareggae più” denuncia, tra gli altri, questo episodio mettendolo in versi graffianti ed indirizzando ad una lettura complessa ed articolata quel fattaccio, tutto italiano, che all’epoca sconvolse l’opinione pubblica.

Il disastro del Vajont, altro tassello drammatico nella compagine storica italiana del 1963, è agganciato nei testi delle canzoni di Rino Gaetano, ad esempio in “Fabbricando case” dove investire in “opere assistenziali”, il cui concetto opposto sono nel testo le “sciagure nazionali”, funge per i potenti da passe-partout  per  aprire le porte della “santità”. Passa un altro decennio di storia, arriviamo alla morte della giovane studentessa Giorgiana Masi avvenuta nel 1977.

Questo episodio, rappresenta il tragico epilogo di una storia fatta di ideali e speranze; il colpo mortale che la raggiunse rappresentò anche il colpo inferto dalla linea che fu definita della strategia della tensione. Rino ne fa un verso canzonatorio al partito di maggioranza con le parole “il nostro è un partito serio”. Poco più oltre, la storia diventa quasi contemporanea: i nomi censurati nella produzione cantautoriale di Rino, sono gli stessi che risuonano nelle vicende di un sistema sempre più intricato la cui parola d’ordine è impunità.

In fondo l’amara affermazione di Rinoma chi me sente” è proprio la consapevolezza che il suo messaggio disatteso, era depotenziato altresì dall’accanimento che contro di lui il sistema stessa aveva confezionato ad arte.

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Gramiccioli al Barnum ha rappresentato Rino nella sua semplicità, egli (Rino Gaetano) aveva in cuor suo la speranza che sarebbe stato ripreso in un futuro non tanto lontano. Credeva che…la comunicazione di massa e la diffusione dell’informazione avrebbero recuperato il patrimonio disperso nelle falsità e ipocrisie. Lui che veniva definito un cantautore “nonsense”, ha trattato nelle sue canzoni il tema della migrazione, dei bisogni sociali, della necessità di scuole e di ospedali, ha deriso il potere senza però sottovalutarlo.

Ha anticipato nelle sue canzoni e nei suoi pensieri indipendenti ciò che si sarebbe scoperto soltanto molto tempo dopo, diventando con la sua carica provocatoria un elemento di rottura per smontare una realtà preconfezionata a favore di un’immagine di vita e di arte libera e vera.

L’opera, rappresentata nei migliori teatri romani e nazionali, seguita a far riflettere e ad emozionare il pubblico, il cui interesse è attestato dalla partecipazione sempre numerosa e dall’apprezzamento del suo contenuto. Quest’opera non si può considerare solo un racconto, ma un vero e proprio ambiente espressivo di qualità, complessivamente inteso, in cui David Gramiccioli, supportato dal lavoro della Compagnia del Teatro Artistico d’Inchiesta, conferma le sue qualità artistiche e di recitazione.

D’altronde Gramiccioli al Barnum non poteva essere altro: un ulteriore successo.

Angela Turchini