Enrico Malizia

Enrico Malizia

La Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca intervista il Prof Enrico Malizia su Hieronymus Bosch, insigne pittore nel crepuscolo del Medioevo

 L’autore, l’illustre Prof. Enrico Malizia è un clinico e tossicologo di fama internazionale. Professore Emerito dell’Università La Sapienza di Roma e di Philadelphia. Fondatore e Direttore del Centro Antiveleni di Roma, Consigliere Medico Scientifico della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Insignito nel 2001 della Medaglia d’Oro dal Presidente della Repubblica quale benemerito della cultura, educazione, scienza ed arte, nonché nel 2017 di quella alla carriera. Medaglia d’Oro del Ministero della Sanità nel 1991 per l’attività scientifica e professionale. Gli sono state conferite lauree honoris causa dall’Università di Buenos Aires, Gent in Belgio e Seton Hall in Usa. Autore di oltre 450 pubblicazione scientifiche, di 4 trattati, di 22 monografie di cui 9 in inglese. Fondatore e Presidente di numerose e prestigiose Società Medico Scientifiche. Ha presieduto importanti Congressi Medico Scientifici nazionali ed internazionali. Ha ricevuto rilevanti Premi scientifici nazionali ed esteri.

L’attività intellettuale di Enrico Malizia, non ha solo riguardato la medicina clinica e scientifica, ma gli ha permesso di acquisire una profonda cultura umanistica espletata mediante l’opera di conferenziere, saggista, letterato e scrittore.

Ne sono originati significativi contributi per quanto concerne la storia, la filosofia e la critica artistica, nonché quella delle tradizioni dei misteri delle leggende e del fantastico. La sua produttività va dalla radio alla televisione, alle conferenze, alla carta stampata dai giornali ai libri. Ha pubblicato 21 volumi, ottenendo lusinghieri successi, suggellati da Premi e critiche favorevoli. Tra le opere più significative va ricordato “Il Viaggio Fantastico di Hieronymus Bosch” e la “Storia della Stregoneria”, parte assestante del Ricettario delle Streghe, un volume (tradotto in più lingue), che ha aperto il ciclo del soprannaturale, misterico e occulto, di cui fa parte il presente volume. 

Enrico Malizia

Buongiorno Prof. Enrico Malizia, nei Quadri di Bosch sono raffigurati animali, strumenti musicali, figure ed oggetti che, però, hanno un significato diverso da ciò che rappresentano, sono cioè dei simboli. Ad esempio l’uovo rappresenta l’isolamento spirituale, gli oggetti viventi sono strumenti del diavolo che li ha animati. Bosch usa molto l’allegoria. Con queste premesse la sua Pittura non è per tutti ma elitaria. Secondo Lei l’arte deve raggiungere tutti o no?

 

Hieronymus Bosch è senza dubbio un grande pittore simbolico, possiamo ben dire che sia il padre e il massimo esponente del simbolismo. In ogni immagine da lui dipinta è racchiuso uno o più significati che i critici hanno cercato di spiegare, molte volte senza riuscirci. Melle sue opere il reale si mescola al fantastico, al visionario che il “terzo occhio” del Maestro Brabantino percepisce e illustra, creando una nuova identità che comunque ci attrae irresistibilmente, pur nella sua irrazionalità. E’ il mistero di un mondo medioevale nord-europeo, particolarmente fiammingo, giunto al crepuscolo tanto da divenire nello stesso tempo sapienza e tecnica pittorica rinascimentale attraverso l’acquisizione della profondità mediante la terza dimensione, raggiunta con lo studio dei grandi maestri italiani, da Paolo Uccello a Guido d’Arezzo, da Giovanni Bellini al Mantegna e  a Giorgione. Ciò posto, ritengo che la pittura di Bosch, elitaria nella sua interpretazione (per rendere possibile a tutti anche una lettura interpretativa, ho esposto spiegazioni di ogni sua opera), sia fruibile e ammirabile da tutti nel suo splendore figurativo e dei colori, perché ritengo che l’arte debba raggiungere tutti coloro che contemplano un’opera degna di questo nome.

 

 Prof. Enrico Malizia, Lei che idea si è fatto dei sentimenti religiosi di Bosch? È un eretico anticonformista o un moralista?

 Bosch è nato cattolico in una regione del Nord-Europa, le Fiandre e più precisamente nel Brabante, la cui capitale del Nord era s’Hertogenbosch, o Bois-le-Duc. di saldi e rigorosi principi, ispirati dalla Chiesa di Roma. La sua educazione fu strettamente cattolica, come per tutta la famiglia van Aachen, cioè proveniente da Acquisgrana, patria di Carlo Magno. I van Aken (fiamminghi) agricoltori e commercianti avevano formato a partire dal nonno Jan (tutta la genealogia è illustrata nel mio volume) di ortodossi principi e costumi cattolici. Il pittore che si chiamava Jeroen Antoniszohn van Aken, per non essere confuso con gli altri consanguinei artigiani di vaglia, ma non eccelsi maestri, decise di latinizzare (avendo studiato questo idioma) in Hieronymus, eliminare il patronimico e scegliere come luogo di provenienza la sua città natale, abbreviata in Bosch. Non si può escludere, come descritto nel libro, che spinto dall’immoralità imperante, specie nel clero, abbia celatamente parteggiato per movimenti riformisti, come del resto il suo collega di collegio, Erasmo da Rotterdam. Né si può negare che abbia strizzato un occhio a sette eretiche, come i Neo-Adamiti di cui parlo diffusamente. Ma, col matrimonio con una moglie rigidamente cattolica, con la nomina a membro notabile della famosa Congregazione della Vergine e con il progredire del suo lavoro dedicato alla punizione infernale, alla vita dei Santi, specie asceti, e alla Passione, morte e risurrezione di Cristo trionfante nell’Ultimo Giudizio, fu irreprensibile cattolico riformista dal 1500 alla morte nell’agosto del 1516-.

Enrico Malizia

Quanto la sua Pittura ha influenzato 400 anni più tardi l’Espressionismo che dipingeva i sogni e gli incubi degli esseri umani o il Surrealismo, che voleva svelare il lato mostruoso della società? Da molti è considerato un surrealista ante-litteram. Secondo Lei è così?

 L’arte e l’opera di Busch ha avuto un’enorme influenza a partire dai primi anni del XX secolo, particolarmente in rapporto alla scoperta della psicoanalisi e delle interpretazioni di Freud, Jung e dei loro allievi, vivendo un nuovo periodo d’oro e tornando alla ribalta nel panorama artistico contemporaneo. I sogni e gli incubi degli esseri umani, nonché del fantastici e soprannaturali, hanno pervaso l’espressionismo. Il surrealismo, anche se Breton giustamente non colloca Bosch nel movimento da lui fondato (Bosch è molto più di un pittore del surreale) ha raccolto la sua ispirazione visionata, percepita come realtà e analizzata dal “terzo occhio” che permette di penetrare al disotto della superficie dell’oggetto dipinto, mescolando il visibile con l’invisibile. Tra gli esempi illustri di grandi pittori che hanno riconosciuto Bosch come loro maestro, ricordo Jean Mirò (il suo “campo coltivato” riecheggia il comparto centrale de “Il giardino delle Delizie”), Salvator Dalì, Gustave Moreau, Georges Seurat, René Magritte, Max Ernst, per citare i più famosi.

 Bosch attraversò tutta la seconda metà del 400 e i primi anni del 500 e, mentre in Italia si compiva la celebrazione umanistica dell’intelletto, lui poneva l’accento sui conflitti dell’uomo rispetto alle regole imposte dalla Religione e dalla Morale. Professore Enrico Malizia consiste in questo la sua innovazione?

 Direi la parte forse più importante; come già sottolineato, altrettanto significativo è la creazione di una nuova realtà visionaria che scopre quanto è celato da una superficie, spesso completamente diverso. Inoltre con i sette vizi capitali inaugura la serie della vignettistica paesana, in cui rifulgerà Bruegel, il sommo discepolo mai conosciuto fisicamente. Per non tacere della paesaggistica tridimensionale giorgionesca e la grandissima cura dei dettagli, che spesso sfuggono o sono trascurati dalla nostra grandiosa pittura umanistica e rinascimentale-

 La sua opera più ambiziosa è “Il Giardino delle Delizie” che è al Museo del Prado. È un’opera complessa, storici e critici non sono riusciti a darne una lettura interpretativa concorde. Prof. Enrico Malizia, c’è qualcuna di queste interpretazioni che Lei condivide e quale?

 Ritengo che lo stesso Bosch non abbia interpretato in maniera univoca codesto capolavoro, ma abbia lasciato nell’ambiguità il significato simbolico dell’opera, che va cronologicamente compresa tra il 1495 e il 1500, cioè tra la fine del periodo iniziale e i primordi della prima maturità. Comunque ritengo possibili sia quella di Baldass in chiave cattolica, che quella di Fraenger eretica, considerata committenza del Gran Maestro Neo-Adamita; entrambe sono state esposte con dovizia di dati nei Cap. XVIII, XIX e XX del libro. Devo inoltre sottolineare che l’autodidatta Bosch plasmò la sua prima formazione da miniaturista sui codici miniati e su una rapida frequentazione delle scuole di miniatura più importanti del Nord-Europa. Le miriadi di minuscole figure che popolano i suoi trittici, particolarmente il Giardino, hanno ciascuno un proprio simbolismo e celano un significato profondo.

 Bosch, storicamente, si inquadra nel periodo in cui avviene il passaggio dalle visioni del mondo medievale a quelle della primissima modernità, un grande cambiamento quindi che comporta l’elaborazione di un immaginario nuovo. Le sue opere denunciano questo fermento, svelando l’irrazionalità e la follia che albergano nel cuore dell’uomo. C’è sempre un significato dietro l’evidenza?

 Bosch fu indubbiamente, come evidenziato dal sottotitolo ”stregoneria”, magia, alchimia, simbolismo” homo medievalis con tutte le paure e le superstizioni irrazionali che tale appartenenza ha comportato, ma lo humor e il grottesco di molte opere(vedi il disegno dell’uomo alchemico, o albero che appare anche nell’Inferno del Giardino) stanno a significare  la caduta delle credenze favolistiche del mondo che lo ha preceduto. Le sue visioni proiettano una nuova e moderna interpretazione dell’occulto di impronta psicoanalitica ante litteram. Proprio questa modernità, questo svelare un significato dietro l’evidenza, direi sia l’attualità del pensiero boschiano, colta dagli espressionisti e dai surrealisti, fanno del grande pittore fiammingo un traghettatore dal Medio Evo a quello moderno, addirittura verso l’attuale presente e l’incombente futuro. Il volume che ho scritto non è soltanto una biografia fantastica del Maestro, ma anche una descrizione di un periodo di transizione di importanza eccezionale, paragonabile a quello che stiamo vivendo, nei suoi travolgimenti storici, geografici, astronomici, filosofici e religiosi, cui fanno contorno le grandi imprese belliche e la nascita delle nazionalità europee.

 Se Lei, Prof. Enrico Malizia, dovesse spiegare a dei ragazzi la figura di Hieronymus Bosch come la sintetizzerebbe?

 La sua figura fisica è bene illustrata anche ai ragazzi dal ritratto di Arras e dal volto del gigantesco mostro, l’uomo albero nell’Inferno del Giardino, che evidenziano tra l’altro lo sguardo di rara capacità penetrativa, senso dello humor e grande melanconia; il carattere con i suoi coinvolgimenti psichici è per me mostrato da due disegni: “Il nido del gufo” e “La foresta che ode e vede”, entrambi chiaramente spiegati nel volume. Da essi si evince facilmente una personalità di grande forza e volontà, modesto e schiva, malgrado il suo grande genio artistico, l’intelligenza e la cultura; una personalità dominata da paure, incubi e fantasmi irrazionali, retaggio del grande incendio che lo ha lambito nella prima adolescenza (Cap.V), le folle brute, violente e minacciose e gli eventi bellici, cui ha assistito. Dai dipinti di Santi, specie Asceti ed Eremiti, nonché dalle scene della passione, morte e risurrezione di Cristo si manifesta il suo profondo spirito religioso e dall’Inferno e da allegorie peccaminose, il terrore per il peccato che ci condanna per l’eternità a dannazione e torture indicibili privandoci di Cristo.

Per quanto riguarda interpretazioni e capacità figurativa, mi rivolgerei a Walter Disney e ai cartoni animati. Il disegno delle figure dolci come Bambi, mi aiuterebbe a far comprendere i disegni e dipinti soavi, mentre le orride figure dei cartoni giapponesi gareggerebbero con i mostri Boschaiani. Infine, alcuni capolavori del Maestro sono stati trasformati in cartoni animati splendidi, come il suo più famoso dipinto, il pannello centrale del Giardino, che in questa forma svela i suoi segreti ai più giovani.

Enrico Malizia

 Grazie Prof. Enrico Malizia per avere reso un po’ più chiaro un Personaggio che per molti è ancora oscuro e, sappiamo, che questo spesso succede con le figure storiche più geniali che, con le loro opere, hanno segnato il corso della Storia. Un grazie personale per avere illuminato le mie cognizioni in materia.

Riportiamo il sito ufficiale del Prof. Enrico Malizia http://www.enricomalizia.it/ che ringraziamo con profonda stima.

Luciano Cannito e Rossella Brescia

Luciano Cannito e Rossella Brescia

Luciano Cannito e Rossella Brescia

…quando il successo non è effimero ma è il giusto e meritato riconoscimento di anni di studio, dedizione, sacrifici, prove su prove fin quando il corpo dice “basta” ma si continua sotto la spinta dell’amore per la danza.

Di certo non sono mancate le delusioni che costellano per via naturale o, nella peggiore delle ipotesi, in maniera procurata, lo sviluppo e l’affermazione professionale ed artistico di tutti noi ed anche – quindi – della nostra danzatrice Rossella Brescia.

Ed è proprio Rossella Brescia che vedremo condurre, affiancata da due importanti showman amati dal pubblico del calibro di Marco Liorni e Sergio Friscia la 60° edizione del Festival di Castrocaro Voci nuove Volti nuovi in onda sabato 26 agosto sulla rete ammiraglia RAI 1 alle ore 21,00

castrocaro locandina

E’ un compleanno importante per il Festival di Castrocaro in quanto non sarà solo una “sfilata” di cantanti ma lo scopo principale è quello di scoprire i nuovi talenti artistici della canzone italiana ed offrire loro una pregiata visibilità.

Mi piace evidenziare che esiste una importante e profonda unità di intenti tra Luciano Cannito e Rossella Brescia poichè – ambedue – nell’ambito delle rispettive attività – si sono posti l’obiettivo di portare alle luce la nostra “migliore gioventù” vanto di cui l’Italia non si è ancora prodigata nella giusta misura.

Così come Rossella Brescia accende i riflettori sui nuovi volti della canzone italiana anche Luciano Cannito, attraverso l’evento Oscar della Danza previsto a Cinecittà World il 29 ottobre 2017, accenderà i riflettori sui nuovi volti dell’Arte coreutica italiana.

Oscar della Danza

La similitudine non mi sembra azzardata.

Dal canto suo Luciano Cannito, regista e coreografo della Notte della Taranta ci farà vivere intense emozioni regalandoci arditi e moderni passi di danza che rievocano l’ancestrale cultura delle nostre popolazioni nel Concertone che si terrà – anch’esso – sabato 26 agosto a Melpignano (LE) dalle ore 22,30 su RAI 5

 

Maestro concertatore sarà Raphael Gualazzi ed il corpo di ballo indosserà costumi by@Silente di Francesca Iaconisi; sul palco si alterneranno anche danzatrici che sono nei nostri cuori ed è confermata la presenza di Nicoletta Manni, prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano ed ètoile di origine salentina.

Nicoletta Manni

Nicoletta Manni sarà la protagonista del brano “Preghiera delle madri” e danzerà su altri due brani di musica tradizionale accompagnata dal Corpo di Ballo de La Notte della Taranta.

Luciano Cannito e la Fondazione La Notte della Taranta si aprono, per questo ventennale della manifestazione, ad un nuovo corso che vede la presenza e l’armonica fusione tra la danza classica e quella contemporanea con incursioni in altri linguaggi musicali dal rock al jazz, dalla musica sinfonica alla world music; torna così un tema assai caro a Luciano Cannito e Rossella Brescia circa l’universalità dell’Arte e, riportando le parole di Luciano Cannito, “la mia è una danza di passione, di persone che si amano, si cercano, si travolgono, si raccontano“.

Luciano Cannito

Complimenti alla RAI che ha concluso la sua mossa vincente nel trasmettere due spettacoli di alto valore artistico e culturale.

A noi non rimane altro che attendere per ammirare Luciano Cannito e Rossella Brescia nel Festival di Castrocaro e nella Notte della Taranta.

LA STORIA SIAMO NOI

caterina guttadauro la brasca

LA STORIA SIAMO NOI: Era la solita ora, pomeriggio inoltrato e nelle vie assolate di un povero paese della Sicilia si ripeteva lo stesso rituale: tre bambini avevano più o meno finito di fare i compiti ed erano sull’uscio di casa, pronti a fare qualsiasi cosa fosse loro chiesto pur di avere poi il permesso per andare a giocare a pallone, nella piazzetta antistante la chiesa.

Le mamme brontolavano ma erano maschietti e lo sport li aiutava a scaricare la loro vivacità e a farsi degli amici. Cosi Erasmo, Giuseppe e Gaetano si riunivano, strada facendo, e giù a rotta di collo, lungo la via acciottolata, con il rischio di percorrerla a capitombolo, se uno dei tre avesse perso il passo. La verità che raccontavano era tale solo in parte: si recavano sì nella piazzetta ma per andare al “Circolo dei Reduci”.

Era una casa a piano terra, malandata, dove seduti su delle sedie poco stabili c’erano i vecchi del paese, quelli che erano la sua storia, che erano andati in guerra ed avevano avuto la fortuna di tornare. Tre di loro portavano gli stessi nome di quei ragazzi dei quali erano i nonni. Un’insegna di cartone, attaccata alla porta con lo spago e che regolarmente cadeva quando c’era vento, spiegava a chi aveva la fortuna di sapere leggere, che coloro che si riunivano in quella casa erano uniti da un passato di eroismo e di battaglie che, tenuti in vita dalle parole, erano diventati ricordi.

Tutti e tre avevano servito la loro Patria, ognuno in modo diverso dall’altro ma con lo stesso patriottismo e lo stesso coraggio. Quasi tutti avevano un bastone a cui si appoggiavano per alzarsi, le ferite di guerra parlavano ancora e l’intensità del dolore non permetteva loro di dimenticare. In quella misera stanza, ogni giorno, si consumava la liturgia del racconto ed erano diventati così bravi che se uno si fermava perché quasi soffocato dal fumo del sigaro, ripetutamente aspirato e spento, l’altro continuava anche per lui.

caterina guttadauro

Le donne non capivano questa necessità di parlare sempre del passato, soprattutto ai ragazzi che potevano rimanere turbati.

Ma i vecchi erano testardi e sapevano che credere in qualcosa significava lottare perché non sia dimenticata. Così i ragazzi si accovacciavano ai loro piedi e, in religioso silenzio, ascoltavano quello che tre giovani soldati avevano fatto nella seconda guerra mondiale per farli nascere in una terra più libera. Erasmo era stato ben cinque anni in guerra, spesi in parte a combattere e in parte prigioniero degli Inglesi che gli avevano rubato l’infanzia dei suoi figli. Giuseppe era il più malridotto dei tre: arruolato fresco di laurea, fu mandato in prima linea, al comando di un drappello di uomini coraggiosi. Era il primo ad andare all’assalto e l’ultimo a rientrare. Già, perché allora si combatteva così, corpo a corpo ed a fermarti erano solo le bombe o la morte. Tutte le volte che rientravano da un’operazione, Giuseppe contava i suoi uomini e, se qualcuno mancava all’appello, si tornava indietro a cercarlo, vivo o morto. Durante una ritirata, ormai sopraffatti dalla superiorità numerica del nemico, fu individuato e, mentre correva, per sfuggire alle bombe che piovevano dall’alto ed al fuoco di una mitragliatrice che si faceva strada tra gli alberi, saltò dentro un pozzo dove riuscì, fortunatamente, a trovare un appiglio: era un arbusto dalle profonde radici che lo sosteneva mentre le sue gambe, ferite, penzolavano inerti dentro l’acqua di un inverno ghiacciato. Quella notte – Giuseppe pensò – che fosse l’ultima e proprio mentre lasciava andare le mani, ormai ferite per la lunga presa, prima di perdere i sensi sentì una voce che gridava:« Venite, qui c’è il Capitano.» Lo salvarono ma le sue gambe rimasero per sempre indolenzite.

LA STORIA SIAMO NOI

Gaetano era il più giovane dei tre e il suo amor patrio era pari alla sua voglia di vivere e divertirsi. Era sbadato e fu grato a Dio quando fu assegnato alla foresteria, lontano dal fronte dove sarebbe andato incontro a morte sicura. Il minimo rumore di combattimento lo disorientava al punto da fargli mollare qualunque comando stesse eseguendo per rifugiarsi in qualche posto più sicuro.

Quando arrivò ala conclusione che nessuna guerra poteva essere la sua, decise di accorciare i tempi e si cacciò uno spicchio d’aglio dentro un orecchio. La paura aveva vinto sul coraggio ma spese notti intere a scrivere messaggi da recapitare ai familiari per quei feriti che non sarebbero più tornati.

Si procurò un’otite purulenta ed il Comando fu costretto a rimpatriarlo perché il timpano si danneggiò a tal punto da rimetterci l’udito. Le tasche della sua divisa, sopravvissuta anch’essa alla guerra, erano piene di bigliettini e, laddove fu possibile, arrivarono a destinazione. Tutti e tre erano partiti perché quando la Patria chiama il dovere impone di andare, ma in guerra ti misuri con te stesso oltre che con il nemico e, quando torni, ti accorgi che le macerie non sono solo fuori ma anche dentro di te. Questo volevano far capire ai loro nipoti: la guerra è decisa da uomini, combattuta da uomini e pianta da madri che perdono i loro figli, da mogli che perdono il loro marito e da figli che non conosceranno mai i loro padri. E così sarà finché l’uomo farà prevalere la violenza sulla parola, l’odio sull’amore, il proprio interesse su quello comune.

I ragazzi li ascoltavano a bocca aperta mentre, con gli occhi, inseguivano le immagini della mente. Il libro del tempo, poi, mosso dal vento della vita, sfogliò le sue pagine e quel vecchio Circolo divenne un luogo in cui tre giovani, assieme a coloro che credevano negli stessi ideali, combattevano una battaglia civile, senza bombe ma con l’uso della parola, rivendicando la libertà di espressione ed il rispetto dei diritti di tutti. Non c’erano più reduci e s’impegnavano perché nessuno potesse più definirsi tale.

A tarda notte, l’ultimo che chiudeva la porta, soprattutto quando c’era vento, alzava gli occhi a guardare l’insegna, tenuta salda dalla loro ispirazione, dal giusto equilibrio tra coraggio e ragione, dall’aver trovato un legame tra stimolo e risposta.

Qualcuno aveva loro detto che le idee sono quanto di più sacro l’uomo abbia e nessuno ha il diritto, in nome di nessun principio, di negargliele.

La Storia aveva dimostrato che quando questo principio era stato dimenticato, all’uomo era stata negata qualsiasi forma di libertà e, quindi, la vita.

La civiltà di un popolo si misura dalla sua capacità di crescere senza uccidere.

Era notte, i lampioni illuminavano la strada con spicchi di luce che sommati a quella di una grande luna, proiettavano, accanto ad ognuno la sua ombra, in compagnia della quale si ritornava a casa.

Come per un attimo Gaetano si sentì accanto qualcuno, si girò e si illuse di vedere tre vecchi, che con il loro sdentato sorriso, dicevano :« Bravi ragazzi, non siamo vissuti per niente se avete capito che La Storia siamo NOI.

Ringraziamo sentitamente l’autrice del racconto “La Storia siamo noi” Caterina Guttadauro La Brasca.

https://www.caterinaguttadaurolabrasca.com/

La Macina Magazine

il nostro giornale non è il semplice notiziario che fornisce articoli relativi al mondo della Danza, dell’Arte, della Cultura, dell’Editoria ed altro ma intende proporre un ulteriore supporto per diffondere l’Arte della scrittura; per tale motivo La Macina Magazine amplierà – a far data dal 16 luglio – le attuali Sezioni con la nuova Sezione “Poesia” appositamente dedicata a tale Arte.

Il meccanismo è semplice:

l’autore invia tramite mail all’indirizzo lamacinaonlus@gmail.com la propria opera in formato word unitamente ad una breve presentazione, anch’essa in formato word, di max 300 parole; l’autore ha facoltà di allegare eventualmente anche una sua foto/video.

La Macina Magazine provvederà ad inserire il materiale nella Sezione “Poesia” e diffondere l’opera completa con un proprio breve articolo giornalistico di presentazione.

L’articolo e l’opera saranno diffusi non solo sui noti social – ad esempio Face book – ma anche e soprattutto su tutte le piattaforme Social a cui La Macina Magazine è iscritta:

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la durata del Servizio di diffusione è di 30 giorni e, all’interno di questo periodo temporale, La Macina Magazine provvederà ogni settimana a diffondere nuovamente l’opera.

Il costo, per questo primo periodo promozionale, ammonta a 10 euro per singola opera da corrispondere mediante Pay Pal sul conto bancario intestato all’Associazione La Macina Onlus.

Per ogni informazione potete scriverci all’indirizzo: lamacinaonlus@gmail.com

Grazie da La Macina Magazine.

 

 

 

L’Arte è stata ferita – Melodie di Solidarietà

A gennaio 2017 una ennesima scossa sismica ha provocato il crollo di quanto ancora restava del campanile della chiesa di S. Agostino già duramente danneggiato dal terremoto che rase al suolo la città di Amatrice; ancora una volta la popolazione ha pagato un doloroso prezzo e, insieme ai cittadini, anche l’Arte è stata ferita.

Grande onore e rispetto dobbiamo tributare alla cittadinanza, all’intera amministrazione comunale e per essa al sindaco Sergio Pirozzi che con una encomiabile energia ha coagulato intorno a se le energie ed il coraggio dei “suoi” cittadini impegnandosi a tutti i livelli per far risorgere Amatrice e mantenere ben salda l’identità culturale della comunità.

Ed è proprio su questo importante tema che si innesta il Concerto per Soli, Coro ed Orchestra che si svolgerà nel Parco Don Minzoni di Amatrice domenica 9 luglio 2017 alle ore 17,30

Anche l’Arte, benchè ferita, partecipa attivamente e si rende portavoce di un messaggio di fratellanza, di trasmissione di un intenso sentimento di partecipazione con i cittadini di Amatrice per dire: “noi ci siamo” perché c’è ancora tanto da fare e la solidarietà non può avere date di scadenza emotiva.

Fortemente voluto dal Maestro Luciano Cannito, che ne cura la conduzione affiancato da Rosanna Galantucci, il Concerto Melodie di Solidarietà è la replica di quello già svolto ad Altamura (BA) il 2 novembre 2016 al quale non poterono intervenire – ovviamente – i rappresentanti della comunità amatriciana.

Ed allora è il Concerto Melodie di Solidarietà che si avvicina al territorio in linea con il concetto che l’Arte è al servizio e per il bene dei cittadini; questa è la capillare diffusione dell’Arte.

L’Arte è stata ferita, gran parte delle opere d’arte hanno riportato immensi danni ma alcuni grandi artisti hanno risposto alla domanda: “Come posso fornire il mio contributo?”

Il Concerto Melodie di Solidarietà ne è la risposta concreta.

Dirigerà il Concerto Nicola Notario e i Soprani avranno le voci di Angela Lomurno e Valentina Leone.

Il Baritono è Luciano Ancona ed il clarinetto solista è Ferdinando Redavid.

Dalla città di Altamura, particolarmente sensibile ai temi artistici, proviene l’Orchestra da camera A. Toscanini ed il Coro Omniamusica diretto da Luciano Ancona.

Il Concerto sarà sottolineato dalla partecipazione di elementi del Coro 1000 Voci per ricominciare.

L’evento rappresenta un incisivo segnale di positività che viene portato ai nostri concittadini non solo di Amatrice ma dell’intero cono sismico interessato e, questo messaggio, consolida la già forte dignità della popolazione.

E’ importante questo Concerto perché non si può correre il rischio che subentri il “dolce oblio”; tutti, nessuno escluso, dal comune cittadino alle Istituzioni, dobbiamo mantenere vigile l’attenzione nei confronti di Amatrice…e non solo.

Grazie al Maestro Luciano Cannito e a tutti gli artisti; l’Arte è stata ferita ma è vitale.