CHIAMATA ALLE ARTI !

Questo importante evento intende fare il punto, a distanza di 1 anno dalla entrata in vigore della Legge c.d. “Art Bonus”, sui risultati ottenuti e, principalmente, a sensibilizzare i vertici del mondo manageriale ed industriale delle opportunità fiscali  loro offerte con la donazione in denaro a favore della cultura.

Il donatore può usufruire di un credito di imposta del 65%

L’incontro è organizzato da Arcus,  Federmanager e Vises Onlus in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Polo Museale del Lazio.

Tutti i relatori sono di eccellente profilo ed avranno l’opportunità di lanciare il messaggio di “Chiamata alle Arti”  diretto all’imprenditoria la Dott.ssa Edith Gabrielli Direttrice del Polo Museale del Lazio, il Dr. Ludovico Ortona Amministratore Unico Arcus, il Dr. Stefano Cuzzilla Presidente Federmanager, la Dott.ssa Rita Santarelli Presidente Vises Onlus.

Anticipiamo solo alcuni degli interessanti argomenti che saranno esposti più diffusamente nel corso dell’evento:

 

  • Art Bonus: contenuti e ambiti di applicazione;
  • Come rispondono le Aziende a quella che possiamo definire una vera e propria “Chiamata alle Arti” per imprese e società civile?
  • L’Arte, il patrimonio del futuro;
  • Cultura e mecenatismo delle istituzione private: progetti e prospettive;

 

Interverranno nell’opera di divulgazione dell’ “Art Bonus” anche illustri giornalisti, rappresentanti del mondo politico, universitario ed economico.

Chiuderà i lavori di “Chiamata alle Arti” il Ministro Dario Franceschini.

L’appuntamento, con ingresso gratuito, è per martedi 2 febbraio 2016 a Roma, Museo nazionale del Palazzo di Venezia – Via del Plebiscito 118 dalle 9,00 alle 13,00

Per maggiori informazioni scrivere a: pm-laz.ufficiostampa@beniculturali.it   o telefonare al numero 06 69994347

La Danza nel Seicento

Concludiamo il nostro precedente articolo relativo alla Danza nel Rinascimento e affrontiamo  il Seicento

Come già accennato la Danza era ritenuta infatti una vera e propria forma di educazione destinata ad una eccelsa classe sociale e seguiva le regole del perfetto cortigiano: la compostezza, l’atteggiamento nobile, le convenzioni sociali della cavalleria e della galanteria. La figura del maestro di ballo assunse un ruolo ed una importanza fondamentale a corte ed era molto richiesta per istruire i signori ed i cortigiani. I più famosi maestri furono  Domenico da Piacenza (detto “Domenichino”) ed il suo discepolo Guglielmo Ebreo da Pesaro i quali scrissero dei veri e propri trattati  su l’ ”Arte del Ballo” con i quali  furono  rigidamente codificati i passi, i tempi, i singoli movimenti, gli spostamenti che dovevano essere effettuati nel danzare.
Nel cinquecento si aprì a Milano la prima scuola di Danza e da qui iniziò l’usanza di ballare in coppia e, attraverso una fusione di danze “alte” e “basse” e di brani musicali, nacque la “Suite

Nel 1581 presso la corte di Francia nacque il primo balletto della storia, il “Ballet Comique de la Reine” composto di brani recitati, danzati e cantati. La parola “Comique” sta ad indicare che l’argomento apparteneva al genere della Commedia.

 Il Seicento

In linea generale  l’avvento dei Maestri con i loro manuali di ballo, fece sì che la Danza acquisì un suo linguaggio specifico avviandosi a diventare genere particolare di spettacolo sia pure ancora complementare a forme di rappresentazioni teatrali.

Alla Danza praticata dai dilettanti si sostituì man mano una vocazione specialistica che trovò il suo migliore contesto nelle Accademie le quali si ponevano sia come centri di cultura che come laboratori di spettacoli musicali e coreici.

Nasceva quindi, nel Seicento, il teatro pubblico dove, accanto alle rappresentazioni melodrammatiche, la Danza acquisiva un ruolo fondamentale e sempre più centrale.

Da questo momento la Danza non è più complementare  allo spettacolo ma diventa Arte che brilla intensamente di luce propria.

Inizia così il suo prestigioso cammino attraverso il tempo.

Nel Seicento l’Italia cede il primato nel campo della Danza alla Francia dove, grazie all’azione di promozione ad opera della corte, l’Arte coreutica conosce una grande espansione destinata a raggiungere il suo culmine con Luigi XIV.

Raggiunta la maggiore età e insediatosi sul trono, il Re attuò un sistema di governo improntato ad una ferrea volontà di asservire completamente l’aristocrazia.

La vita di corte era scandita da rigorose prescrizioni, da un minuzioso decalogo di orari, presenze e comportamenti che non lasciavano alcuna libertà all’iniziativa individuale.

Su tutto e tutti regnava e dominava incontrastato, proprio come una divinità, Luigi XIV soprannominato Re Sole proprio perché partecipava agli spettacoli indossando un prezioso abito che raffigurava il Sole.

La sua maestosa rappresentazione avvenne in occasione del “Ballet Royal du Jour et de la Nuit del 1653 su musica di Giovanni Battista Lulli.

La mitologia ed i canoni classici dominavano l’Arte ufficiale;  il naturale ed il pittoresco furono  banditi come ogni eccesso espressivo delle emozioni tipico e caratteristico del barocco.

Si afferma pertanto, nel Seicento, un’Arte rigorosa in cui l’esteriorità conta più del contenuto interiore.

In questo periodo la Danza “di corte” diventa il “Minuetto” che sembra rispecchiare nella solennità e nella bellezza degli atteggiamenti lo spirito dell’epoca.

Lanciato dal compositore italiano G.B. Lulli, il Minuetto si componeva di un’introduzione composta da una sfarzosa sfilata, una o più variazioni che valorizzavano l’eleganza individuale e si concludeva infine con una ripresa del motivo iniziale.

Il sovrano nel 1661 promosse la nascita dell’ “Académie Royale de Danse” con lo scopo di preparare ballerini che si esibissero per lui e la sua corte dando così inizio alla prima Accademia di Danza dedicata alla formazione professionale dei ballerini. La fondazione dell’Accademia aveva anche il compito di vigilare sul patrimonio coreico evitando che nuovi spettacoli di Danza potessero essere presentati senza la preventiva approvazione del re.

Primo direttore dell’ “Académie” ed artefice della codificazione della tecnica classica fu Charles Louis Pierre de Beauchamps, discendente da una famiglia di violinisti e maestri di Danza del XVII secolo. Fu danzatore, coreografo e musicista nonché maestro di danza del re.

Fu proprio lui a fissare le cinque posizioni dei piedi e l’uso dell’ “En Dehors che sono la base, ancora oggi, della tecnica classica.

Nell’elaborazione del linguaggio coreutico tenne presente la tradizione italiana rinascimentale volendo imprimere alla tecnica del movimento uno sviluppo in elevazione.

La bellezza delle forme, il rispetto delle regole ed il virtuosismo sono gli attributi fondamentali del sistema messo a punto da Beauchamps che tende ad idealizzare il corpo umano.

Seguendo l’esempio di Luigi XIV, in tutta Europa iniziarono a svilupparsi compagnie di Danza.  Una di queste fu l’ Accademia Imperiale del Balletto di San Pietroburgo la cui scuola fu fondata nel 1738 e che diventerà, nell’Ottocento, la capitale mondiale del balletto classico grazie a maestri come Enrico Cecchetti e Marius Petipa.

 

DanceAbility – Arte No Limits

La “DanceAbility” è una tecnica di danza che può essere praticata da persone abili e da persone con differenti abilità.

Utilizza i principi di base della “Contact Improvisation” una tecnica di danza accessibile a tutti senza limiti di età o fisici, in cui viene esaltato il piacere di muoversi e di danzare tutti insieme in modo spontaneo e gioioso.

La danza si sviluppa tra le persone attraverso un dialogo fisico in cui sono coinvolti tutti i sensi. Nella Contact Improvisation i partecipanti improvvisano e danzano cercando di essere sempre concentrati sul momento che stanno vivendo e che genera una trasmissione continua di energie positive.

E’ nata nei primi anni Settanta negli Stati Uniti come ricerca scientifica su nuove tecniche di movimento e di comunicazione destinate a persone con differenti abilità attraverso il contatto tra i ballerini, il dominio del movimento del proprio corpo e l’ascolto attento della guida dell’istruttore.

Naturalmente questa tecnica, investendo anche la parte emotiva , si è avvalsa dello studio e dell’applicazione delle altre discipline orientali quali  Aikido, Tai Chi, meditazione.

La DanceAbility si è sviluppata grazie all’impulso di Alito Alessi, danzatore e coreografo, direttore della Joint Forces Dance Company della città di  Eugene (Oregon-USA)

Nella DanceAbility viene esaltato il concetto ed i principi della “gravità fisica” che è alla base di questa danza ed è fondamentale per muoversi attraverso la comunicazione spontanea;  il contatto fisico  rappresenta – sovente – una nuova esperienza comunicativa che è stata forse – fino a quel momento – inesplorata.

C’è una sola ed unica regola di base: L’improvvisazione.

Dovendo armonizzare l’esecuzione dei movimenti in relazione alle possibilità dei singoli danzatori si può ben capire quale arduo compito spetti al maestro istruttore il quale , “improvvisando” crea la coreografia momento dopo momento. E’ facilmente intuibile che anche la scelta di una “scaletta” musicale risulti notevolmente impegnativa.

A breve affronteremo molti altri aspetti della danza nelle varie forme, particolarità e punti di vista.

L’arte di saper comprendere le arti

“Impara l’arte e mettila da parte” che per tradizione studentesca significa accantonare e non valorizzare, è il solito detto ripetuto più volte nelle menti degli alunni; quasi un ritornello che riecheggia durante le ore dedicate allo studio della materia denominata ministerialmente “Storia dell’Arte”. L’arte è una delle materie umanistiche che racchiude il patrimonio che contraddistingue la razza umana dagli animali. Non per lanciare un invettiva ai danni degli evoluzionisti, nè quanto meno al significato intenso che ormai il pensiero comune raccoglie in questo piccolo lemma, un mondo di conoscenze e tesori umani, che vanno dalla letteratura, alla filosofia, abbracciando anche rami della scienza e della matematica, giungendo infine allo studio dell’arte intesa scolasticamente e convenzionalmente come ricerca dell’evoluzione artistica come espressione rappresentata del pensiero dell’uomo negli anni. Comunque, per capire meglio il significato profondo di questo termine, ormai diventato concetto dopo tutti questi vari ragionamenti, bisogna analizzare l’uso improprio che un individuo fa della parola “arte”. Ars, Τέχνη, sempre lo stesso concetto riportato in lingua latina e greca, stava a significare la capacità umana di “creare” qualcosa; passando dal mondo antico all’utilizzo quotidiano del lemma preso in analisi, notiamo che il plurale di arte, (le) arti, circoscrive un ambiente più ampio abbracciando le qualità dell’uomo, rifacendosi a quel significato “rurale” antico che la civiltà greca e quella romana le infondevano. L’arte, usata al singolare, potrebbe essere stata concepita come uno scompartimento dell’insieme generale di tutti le arti (tecniche umane) mondiali e poco dopo, il pensiero comune e la collettività le hanno infuso il significato primario di “studio delle rappresentazioni artistiche pittoriche-scultoree nella storia dell’uomo”. Ma allora anche la poesia è un opera d’arte; il poeta e l’artista (pittore) sono legati da un senso di indipendenza e spensieratezza sentimentale che li sprona a manifestare il proprio volere attraverso le forme che l’uomo conosce, la via pittorica o la via poetica. Sono due lavoratori autonomi, che rispettano solo il volere dettatogli dal cuore in simbiosi con l’ambiente che li circonda. Quindi, dovremmo correggere il solito detto scolastico-goliardico con una sentenza che innalza il valore umano delle arti umane: “Impara le arti e diffondile agli altri”. Un monito che deve emettere un senso di rivoluzione razionale e di cambiamento del pensiero collettivo; si tratta di riappropriazione di una cultura ormai lontana e troppe volte celata all’animo umano. Basta essere limitati dal tema artistico legato allo studio del quadro o della scultura; è necessario andar oltre il senso comune di questo concetto, astrarsi, per poi ritornare razionalmente su una tematica, l’arte, che è la chiave di lettura sociale e umana per capire un popolo.