Anna Magnani: la mostra al Vittoriano

anna magnani

Anna Magnani, la vita e il cinema: con questa mostra Roma omaggia l’attrice a cui diede i natali nel 1908.

Nannarella, come era soprannominata affettuosamente, si spense nella Capitale il 26 settembre 1973 dopo una sfavillante carriera. Ha vinto due David di Donatello, cinque Nastri d’Argento, un Golden Globe e numerosissimi altri prestigiosi riconoscimenti; impossibile non menzionare l’Oscar come Miglior attrice protagonista per il film La rosa tatuata (regia di Daniel Mann).

Ho capito che ero nata attrice. Avevo solo deciso di diventarlo nella culla, tra una lacrima di troppo e una carezza di meno.

La mostra rientra all’interno del progetto Artcity, comprendente numerose iniziative estese nell’arco di tutta l’estate.

Anna Magnani, la vita  e il cinema, esposizione allestita presso la Sala Zanardelli del Vittoriano, è a cura di Mario Sesti e in collaborazione con il Centro sperimentale-Cineteca Nazionale, dell’Istituto Luce e Teche Rai. Sarà aperta fino al 22 ottobre.

Anna Magnani, la vita e il cinema

Fotografie, ritagli di giornali, fotogrammi dei film che l’hanno resa famosa: il percorso attraversa la vita della Magnani non solo dal punto di vista artistico. Ci viene restituita una Anna Magnani diva, certo, simbolo importante della storia del cinema italiano, ma anche una Anna Magnani donna.

La si vede insieme a personalità di spicco come Totò, Aldo Fabrizi, Pier Paolo Pasolini o immortalata durante festival ed eventi mondani, ma anche nello spazio domestico.

Ed eccola, dunque in ciabatte, sdraiata sul divano a fumare una sigaretta, intenta a suonare la chitarra, mentre indossa gli occhiali per sfogliare un album.

Donna carismatica, passionale eppure fragile, perché segnata da abbandoni e delusioni.

Il solo uomo per cui non ho pianto lacrime di mezza lira resta mio marito: Goffredo Alessandrini. L’unico, fra quanti ne ho conosciuti, che mi stimi senza riserve e al quale sia affezionata. Certo non furono rose e fiori anche con lui. Lo sposai che ero una ragazzina e finché fui sua moglie ebbi più  corna di un canestro di lumache.

Il pubblico ha amato Nannarella, la sua risata, la sua parlata romanesca, lo sguardo magnetico ed espressivo, la verve drammatica.

Anna Magnani la vita e il cinema vuole essere un doveroso omaggio ma anche l’occasione per far conoscere questa straordinaria donna e il suo innato talento alle generazioni più giovani.

Lunedì 7 agosto alle ore 21.00 sulla Terrazza Italia è in programma la proiezione di L’amore. Il film diretto da Rossellini nel 1948 valse ad Anna Magnani il Nastro d’Argento come Miglior attrice protagonista.

Superba. Quando c’è lei è come se in scena non ci fosse nessun altro. Ha la forza di calamitare immediatamente su di sé l’attenzione del pubblico. Enrico Maria Salerno

 

Lucio Dalla: mostra fotografica a Roma

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Lucio Dalla con la sua morte, giunta inaspettatamente l’1 marzo di ormai quattro anni fa, ha lasciato un indelebile vuoto all’interno della musica italia, all’interno di quella categoria cantautoriale di vecchia guardia fatta di nomi che sono più che altro pietre miliari: Francesco De Gregori, Franco Battiato, Francesco Guccini, per citarne alcuni. Lucio Dalla era quello eclettico, spirituale, l’innovatore, lo sperimentatore, una vita trascorsa tra note, parole e strumenti musicali.

A lui, alla sua figura di uomo ed artista, è dedicata la mostra monografica fotografica che resterà aperta presso il Complesso del Vittoriano – sala Zanardelli fino al 2 ottobre. La mostra, ad ingresso gratuito, fa parte della rassegna estiva “Vittoriano, appuntamenti d’arte e musica” ed è curata dal critico musicale e giornalista Ernesto Assante.

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Lucio Dalla, immagini e suoni” è interamente dedicata al cantautore bolognese che con lei sue poesie in musica ha toccato le corde dei nostri cuori: 22 album in studio e 9 dal vivo, numerosi riconoscimenti, collaborazioni illustri, oltre 600 sono le canzoni da lui scritte. Secondo la Siae, nella classifica delle dieci canzoni italiane più famose nel mondo la sua Caruso è al secondo posto, preceduta solo dall’immortale Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno.

 

Il viaggio fotografico in mostra al Vittoriano si snoda nell’arco di un trentennio: a raccontare la vita di Lucio Dalla ci sono gli scatti di grandi fotografi come Giovanni Canitano, Guido Harari, Fabio Lovino, Carlo Massarini, Fausto Ristori, Luciano Viti. Ad accompagnare il percorso espositivo, non poteva mancare una colonna sonora adeguata che deliziasse, oltre la vista, anche l’udito: la mostra, infatti, avrà in sottofondo un mix dei più grandi successi di Lucio Dalla.

Inoltre, è prevista la proiezione del film-documentario Senza Lucio, di Mario Sesti.

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Lucio al mare, che suona il suo amato clarinetto, che passeggia per le strade della sua Bologna, i suoi occhiali tondi e lo zuccotto: c’è spazio per molteplici sfaccettature, della sua figura di uomo e artista, ma anche di vera e propria icona.

Questa mostra permette di accendere una luce in più su questo grande musicista, ricordato con affetto dal pubblico e profondamente stimato dai colleghi; la sua immortale musica giorno dopo giorno continua a farci compagnia, ad essere fonte di ispirazione, a raccontare l’amore, l’amicizia, l’umanità, la felicità, i dolori, la vita quotidiana.

Proprio per questo sarebbe stato impossibile disgiungere l’omaggio fotografico da quello musicale, ed è bello poter passeggiare nella sala e osservare scorci di vita del cantautore avendo in sottofondo quelle note che ci hanno fatto emozionare negli anni: il modo più bello per ricordare Lucio Dalla, resta senza dubbio continuare a cantare le sue canzoni.

Prendi il cielo con le mani, vola più in alto degli aeroplani, non fermarti. Sono pochi gli anni forse sono solo giorni e stan finendo tutti in fretta e fila, non ce n’è uno che ritorni.  (Balla balla ballerino, Lucio Dalla)

Alphonse Mucha

Dal quindici aprile all’undici settembre 2016 l’Ala Brasini del Complesso del Vittoriano di Roma ospita la retrospettiva dedicata alla vita e all’opera del grande maestro ceco dell’Art Nouveau Alphonse Mucha.

L’esposizione è stata organizzata dal promoter culturale Arthemisia Group e dalla Fondazione Mucha in collaborazione con l’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano e la Regione Lazio.

Alphonse Mucha, nato nella Moravia del Sud (oggi territorio della Repubblica Ceca) nel 1860 e morto a Praga nel 1939, è uno dei nomi più importanti dell’arte europea del periodo a cavallo tra 20° e 21° secolo; a 27 anni andò a vivere e studiare a Parigi dove riuscì a raggiungere la fama grazie ai suoi disegni e alla sua pittura moderna e rivoluzionaria.

L’estrema versatilità e la sperimentazione furono le due maggiori peculiarità dell’artista ceco; la sua ricca e varia produzione comprende illustrazioni per cartelloni, manifesti, copertine di riviste, calendari, oggetti di design, gioielli e pannelli decorativi.

Senza ombra di dubbio Alphonse Mucha fu assolutamente rivoluzionario in campo pubblicitario; tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 tale settore era in grande crescita in Europa e soprattutto nella ricca Francia della Belle Epoque.

Il pittore e scultore ceco ha contribuito in maniera determinante all’evoluzione e alla nascita della moderna pubblicità, sfruttando al meglio innovazioni tecnologiche del periodo come la stampa litografica e creando originali layout tipografici.

L’arte di Mucha è dominata da motivi floreali e raffigurazioni di donne bellissime ed eleganti, spesso immerse in contesti fiabeschi o naturalistici; tra i suoi lavori più importanti ci sono i ritratti dell’attrice Sarah Bernhardt, vera e propria star del teatro francese della seconda metà dell’Ottocento, utilizzati anche per promuovere i suoi spettacoli.

La mostra di Roma, ideata dalla curatrice della Fondazione Mucha Tomoko Sato, raccoglie oltre 200 opere suddivise in sei sezioni che ripercorrono le diverse fasi della vita dell’artista e sono così chiamate: “Un boemo a Parigi”, “L’artista-filosofo”, “Un cosmopolita”, “Un creatore di immagini per il grande pubblico”, “Il mistico” e “Il patriota”.

Tra i magnifici lavori esposti vi sono l’autoritratto del 1899, il manifesto “Poster for Gismonda” del 1894 e i gioielli realizzati per l’Esposizione Universale di Parigi del 1900 in occasione della quale la Francia fece costruire nella sua capitale molti edifici e monumenti come il Museo d’Orsay, il Grand Palais e la stazione ferroviaria Gare de Lyon.

Alphonse Mucha è stato un gigante dell’arte moderna e un grande innovatore; la retrospettiva a lui dedicata e allestita nelle sale del Complesso del Vittoriano è il miglior modo per entrare in contatto con l’opera di un vero e proprio maestro.

Alphonse Mucha

Evento organizzato da Arthemisia Group e Fondazione Mucha

Dove:

Complesso del Vittoriano/Ala Brasini – Via di San Pietro in Carcere – Roma

Quando:

Dal 15 aprile all’11 settembre 2016

Da lunedì a giovedì ore 9.30 – 19.30

Venerdì e sabato ore 9.30 – 22.00

Domenica ore 9.30 – 20.30

Per i visitatori sono previste molteplici ed articolate facilitazioni economiche meglio specificate sul sito web:

http://www.ilvittoriano.com/mostra-alphonse-mucha-roma.html

Tel. 06 8715111

Barbie the Icon in mostra al Vittoriano

barbie the icon

Barbie the Icon, dopo aver conquistato grandi e piccini a Milano, al MUDEC – Museo delle Culture, è ora approdata a Roma, presso il Complesso del Vittoriano – Ala Brasini: la mostra resterà aperta al pubblico fino al 30 ottobre.

Bocche spalancate, occhi sognanti, ricordi che affiorano e la testa che inevitabilmente vola indietro nel tempo, perché quello che la mostra propone non è solo un’esposizione di famosissime bambole, ma un vero e proprio percorso temporale, che inizia quasi sessant’anni fa e che si snocciola sino ai giorni nostri.

La grandezza di Barbie è proprio questa: quella di non essere semplicemente sopravvissuta nel tempo, ma di essersi allineata ad esso, ai suoi cambiamenti, alle sue trasformazioni, ai suoi eventi cardine, immergendosi nella grande storia al punto da arrivare a rappresentarla visivamente.

Attraverso i vari modelli di Barbie esposti si racconta la storia della donna, la storia del cinema, la storia della moda: il fatto che Barbie sia un’icona intramontabile da 56 anni a questa parte affonda le sue radici in questo suo essere stata interprete del tempo, specchio dell’identità globale, abbattendo barriere linguistiche, sociali, antropologiche.

Non è una semplice bambola, non un qualunque giocattolo: è un fenomeno estetico, culturale e sociologico, al punto da ispirare la realizzazione della mostra Barbie the Icon, curata da Massimiliano Capella e prodotta da Arthemisia Group e 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore in collaborazione con Mattel.

Barbie ha fatto la sua comparsa il 9 marzo 1959 alla Toy Fair newyorkese: viene introdotta in Europa nel 1961 e in Italia nel 1964. Il suo successo è immediato.

barbie the icon

Dalla sua apparizione ad oggi Barbie ha rappresentato oltre 50 nazionalità diverse e svolto le più disparate professioni: l’abbiamo vista nei panni della maestra, della ballerina, del dottore, della veterinaria, della chef, della giornalista; è stata una rockstar, si è candidata alle elezioni presidenziali, è stata ambasciatrice Unicef, si è cimentata col nuoto, col tennis, col calcio, col pattinaggio.

E non è tutto: ha vestito i panni di Cleopatra, Elisabetta I, Grace Kelly, per citare solo tre delle icone culturali che ha incarnato. Inoltre traendo ispirazione da Hollywood e dallo star system, si è anche identificata in Liz Taylor, Marilyn Monroe e Audrey Hepburn, tra le tante. A lei sono stati dedicati abiti da parte dei più importanti stilisti e fashion designer del mondo: Versace, Moschino, Calvin Klein, Prada, Givenchy, Gucci, Dior, Lauboutin.

E proprio verso la moda c’è stata sempre una grande attenzione da parte dei suoi creatori: osservando l’esposizione è evidentissimo il cambiamento di stile nei decenni. Non va sottovalutato, in fondo, che il suo successo si lega da subito alla possibilità di comprare separatamente i diversi outfits creati ogni anno per il suo guardaroba, lasciando alle bambine la libertà di creare nuovi look sempre diversi.

Ed è inoltre interessante notare i molteplici legami con gli eventi dell’attualità, che sicuramente hanno contribuito a radicare Barbie nell’immaginario collettivo e ad accrescere l’affetto e la fiducia nei suoi confronti, quasi fosse un membro della famiglia.

barbie the icon

Barbie the Icon: struttura della mostra

  1. La prima sezione della mostra, Da Teenage Fashion Model Doll a Fashionista. Una bambola di moda, è appunto dedicata alla moda e raccoglie alcune delle creazioni sfoggiate da Barbie al passo con le tendenze del vari momenti storici e con le trasformazioni culturali della società occidentale. Alcune sono così attualizzate da rappresentare un vero e proprio campionario in miniatura dell’evoluzione della moda e degli stili nei decenni. Ad esempio, nel 1982 la Mattel propone Fashion Jeans Barbie, mettendo dunque al centro il primo capo d’abbigliamento globalizzato e unisex, osannato da star del calibro di Marlon Brando, Elvis, James Dean.
  2. La seconda sezione di Barbie the Icon concentra lo sguardo sulle oltre 150 professioni ricoperte da Barbie nei suoi 56 anni di vita: I Can Be. Barbie Careers esalta proprio quello che è sempre stato il motto di Barbie: You Can Be Anything. Negli anni ’60, ispirandosi alla prima astronauta donna, la russa Valentina Tereshkova, Barbie celebra il programma spaziale e dà alle sue giovani fan un messaggio importantissimo: non esiste carriera alla quale non possano aspirare.
  3. La terza sezione di Barbie the Icon, intitolata Barbie Family, presenta non solo la famiglia e gli amici di Barbie, ma anche il suo life style attraverso case, macchine e accessori vari. La grande famiglia di Barbie comprende cinque sorelle, un fratello, due cugine, lo storico fidanzato Ken, tanti amici e animali domestici.
  4. La quarta sezione dell’esposizione, Barbie in viaggio. Dolls of the World, rende onore all’attenzione verso le diverse culture del mondo: vi si trovano esposte le Barbie vestite con i costumi tradizionali di diversi Paesi, i modelli prodotti per celebrare importanti momenti della storia contemporanea, come la fine della Guerra Fredda o la caduta del Muro di Berlino (Barbie Freundschafts =Amicizia)
  5. La quinta e ultima sezione di Barbie the Icon, Barbie Divas, racconta come nel tempo Barbie si sia identificata e confrontata con molte delle eroine dei suoi tempi, donne leggendarie divenute icone. Tra il 1961 e il 1963, ad esempio, sulla scia del successo di Colazione da Tiffany, anche nel guardaroba di Barbie impazza il “black dress code” di Audrey Hepburn. Ma Barbie è stata anche Cleopatra, Elisabetta I, Marilyn Monroe.

Barbie the Icon: alcuni modelli esposti

Trovano spazio nella mostra Barbie the Icon ben 380 esemplari, a partire dalla celeberrima Barbie in costume da bagno zebrato del 1959, la prima versione di Teen Age Fashion Model, con tacchi alti neri, occhiali da sole, orecchini e coda di cavallo (modello Ponytail).

E ancora Barbie Superstar del 1977, creata da Joyce Clark ispirandosi all’attrice americana Farrah Fawcett, protagonista del serial televisivo Charlie’s Angels: la bambola indossa un luccicante abito in satin rosa shocking, con un boa di lamè. Poi ci sono le Barbie Grease Dolls, create per celebrare le Pink Ladies dell’omonimo musical: Barbie come Sandy (2004) e come Rizzo (2008).

C’è la Supersize Barbie Doll del 1977, le prime due Barbie etniche (Black Barbie e Hispanic Barbie), Barbie con l’outfit Evening Splendour (1959, Collectors edition), Barbie modello Bubblecut (1962) con il suo caschetto vaporoso, Barbie modello Malibu (1971), massima espressione dello stile californiano, fino ad arrivare alla serie Barbie Fashionista, con i modelli Curby-Tall-Petit (che riproducono le diverse corporature femminili) e le Wedding Dolls della coppia reale inglese William e Kate.

Barbie è sempre stata il simbolo della donna che può scegliere. Persino durante i suoi primi anni, Barbie non ha dovuto accontentarsi di essere semplicemente la ragazza di Ken o una accanita amante dello shopping. Barbie disponeva degli abiti per intraprendere una carriera da infermiera, assistente di volo o cantante di nightclub. Ritengo che le scelte rappresentate da Barbie siano state determinanti per il successo iniziale riscosso, e non solo tra quelle figlie che un giorno sarebbero diventate parte della prima ondata significativa di donne manager e professioniste, ma anche tra le loro madri.

Ruth Handler