Barbie the Icon in mostra al Vittoriano

barbie the icon

Barbie the Icon, dopo aver conquistato grandi e piccini a Milano, al MUDEC – Museo delle Culture, è ora approdata a Roma, presso il Complesso del Vittoriano – Ala Brasini: la mostra resterà aperta al pubblico fino al 30 ottobre.

Bocche spalancate, occhi sognanti, ricordi che affiorano e la testa che inevitabilmente vola indietro nel tempo, perché quello che la mostra propone non è solo un’esposizione di famosissime bambole, ma un vero e proprio percorso temporale, che inizia quasi sessant’anni fa e che si snocciola sino ai giorni nostri.

La grandezza di Barbie è proprio questa: quella di non essere semplicemente sopravvissuta nel tempo, ma di essersi allineata ad esso, ai suoi cambiamenti, alle sue trasformazioni, ai suoi eventi cardine, immergendosi nella grande storia al punto da arrivare a rappresentarla visivamente.

Attraverso i vari modelli di Barbie esposti si racconta la storia della donna, la storia del cinema, la storia della moda: il fatto che Barbie sia un’icona intramontabile da 56 anni a questa parte affonda le sue radici in questo suo essere stata interprete del tempo, specchio dell’identità globale, abbattendo barriere linguistiche, sociali, antropologiche.

Non è una semplice bambola, non un qualunque giocattolo: è un fenomeno estetico, culturale e sociologico, al punto da ispirare la realizzazione della mostra Barbie the Icon, curata da Massimiliano Capella e prodotta da Arthemisia Group e 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore in collaborazione con Mattel.

Barbie ha fatto la sua comparsa il 9 marzo 1959 alla Toy Fair newyorkese: viene introdotta in Europa nel 1961 e in Italia nel 1964. Il suo successo è immediato.

barbie the icon

Dalla sua apparizione ad oggi Barbie ha rappresentato oltre 50 nazionalità diverse e svolto le più disparate professioni: l’abbiamo vista nei panni della maestra, della ballerina, del dottore, della veterinaria, della chef, della giornalista; è stata una rockstar, si è candidata alle elezioni presidenziali, è stata ambasciatrice Unicef, si è cimentata col nuoto, col tennis, col calcio, col pattinaggio.

E non è tutto: ha vestito i panni di Cleopatra, Elisabetta I, Grace Kelly, per citare solo tre delle icone culturali che ha incarnato. Inoltre traendo ispirazione da Hollywood e dallo star system, si è anche identificata in Liz Taylor, Marilyn Monroe e Audrey Hepburn, tra le tante. A lei sono stati dedicati abiti da parte dei più importanti stilisti e fashion designer del mondo: Versace, Moschino, Calvin Klein, Prada, Givenchy, Gucci, Dior, Lauboutin.

E proprio verso la moda c’è stata sempre una grande attenzione da parte dei suoi creatori: osservando l’esposizione è evidentissimo il cambiamento di stile nei decenni. Non va sottovalutato, in fondo, che il suo successo si lega da subito alla possibilità di comprare separatamente i diversi outfits creati ogni anno per il suo guardaroba, lasciando alle bambine la libertà di creare nuovi look sempre diversi.

Ed è inoltre interessante notare i molteplici legami con gli eventi dell’attualità, che sicuramente hanno contribuito a radicare Barbie nell’immaginario collettivo e ad accrescere l’affetto e la fiducia nei suoi confronti, quasi fosse un membro della famiglia.

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Barbie the Icon: struttura della mostra

  1. La prima sezione della mostra, Da Teenage Fashion Model Doll a Fashionista. Una bambola di moda, è appunto dedicata alla moda e raccoglie alcune delle creazioni sfoggiate da Barbie al passo con le tendenze del vari momenti storici e con le trasformazioni culturali della società occidentale. Alcune sono così attualizzate da rappresentare un vero e proprio campionario in miniatura dell’evoluzione della moda e degli stili nei decenni. Ad esempio, nel 1982 la Mattel propone Fashion Jeans Barbie, mettendo dunque al centro il primo capo d’abbigliamento globalizzato e unisex, osannato da star del calibro di Marlon Brando, Elvis, James Dean.
  2. La seconda sezione di Barbie the Icon concentra lo sguardo sulle oltre 150 professioni ricoperte da Barbie nei suoi 56 anni di vita: I Can Be. Barbie Careers esalta proprio quello che è sempre stato il motto di Barbie: You Can Be Anything. Negli anni ’60, ispirandosi alla prima astronauta donna, la russa Valentina Tereshkova, Barbie celebra il programma spaziale e dà alle sue giovani fan un messaggio importantissimo: non esiste carriera alla quale non possano aspirare.
  3. La terza sezione di Barbie the Icon, intitolata Barbie Family, presenta non solo la famiglia e gli amici di Barbie, ma anche il suo life style attraverso case, macchine e accessori vari. La grande famiglia di Barbie comprende cinque sorelle, un fratello, due cugine, lo storico fidanzato Ken, tanti amici e animali domestici.
  4. La quarta sezione dell’esposizione, Barbie in viaggio. Dolls of the World, rende onore all’attenzione verso le diverse culture del mondo: vi si trovano esposte le Barbie vestite con i costumi tradizionali di diversi Paesi, i modelli prodotti per celebrare importanti momenti della storia contemporanea, come la fine della Guerra Fredda o la caduta del Muro di Berlino (Barbie Freundschafts =Amicizia)
  5. La quinta e ultima sezione di Barbie the Icon, Barbie Divas, racconta come nel tempo Barbie si sia identificata e confrontata con molte delle eroine dei suoi tempi, donne leggendarie divenute icone. Tra il 1961 e il 1963, ad esempio, sulla scia del successo di Colazione da Tiffany, anche nel guardaroba di Barbie impazza il “black dress code” di Audrey Hepburn. Ma Barbie è stata anche Cleopatra, Elisabetta I, Marilyn Monroe.

Barbie the Icon: alcuni modelli esposti

Trovano spazio nella mostra Barbie the Icon ben 380 esemplari, a partire dalla celeberrima Barbie in costume da bagno zebrato del 1959, la prima versione di Teen Age Fashion Model, con tacchi alti neri, occhiali da sole, orecchini e coda di cavallo (modello Ponytail).

E ancora Barbie Superstar del 1977, creata da Joyce Clark ispirandosi all’attrice americana Farrah Fawcett, protagonista del serial televisivo Charlie’s Angels: la bambola indossa un luccicante abito in satin rosa shocking, con un boa di lamè. Poi ci sono le Barbie Grease Dolls, create per celebrare le Pink Ladies dell’omonimo musical: Barbie come Sandy (2004) e come Rizzo (2008).

C’è la Supersize Barbie Doll del 1977, le prime due Barbie etniche (Black Barbie e Hispanic Barbie), Barbie con l’outfit Evening Splendour (1959, Collectors edition), Barbie modello Bubblecut (1962) con il suo caschetto vaporoso, Barbie modello Malibu (1971), massima espressione dello stile californiano, fino ad arrivare alla serie Barbie Fashionista, con i modelli Curby-Tall-Petit (che riproducono le diverse corporature femminili) e le Wedding Dolls della coppia reale inglese William e Kate.

Barbie è sempre stata il simbolo della donna che può scegliere. Persino durante i suoi primi anni, Barbie non ha dovuto accontentarsi di essere semplicemente la ragazza di Ken o una accanita amante dello shopping. Barbie disponeva degli abiti per intraprendere una carriera da infermiera, assistente di volo o cantante di nightclub. Ritengo che le scelte rappresentate da Barbie siano state determinanti per il successo iniziale riscosso, e non solo tra quelle figlie che un giorno sarebbero diventate parte della prima ondata significativa di donne manager e professioniste, ma anche tra le loro madri.

Ruth Handler