Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Confesso che, inizialmente, non percepivo soverchie difficoltà nel’introdurre l’importante intervista che la Dott.ssa Sara Zago ha concesso alla Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca; immediatamente – però – l’attenzione è stata catturata dai nomi delle personalità a cui si fa cenno e che generano profondi sentimenti di stima, di ammirazione, di rispetto e, perché no, di sano orgoglio nazionale per il loro spessore umano, medico, scientifico e culturale.

Sono le migliori intelligenze che arricchiscono e qualificano il nostro paese e tutti noi dobbiamo essere loro grati per la preziosa attività di ricerca e cura che svolgono a beneficio della comunità.

Con tutta umiltà mi accingo quindi a presentarli.

Prof. Sante Tura  Direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia, Professore Emerito dell’Università di Bologna, ematologo e ricercatore a livello mondiale, uno dei padri della ematologia italiana, Presidente dell’A.I.L. di Bologna, già Direttore dell’Istituto Ematologico del Policlinico S.Orsola di Bologna e direttore dell’Istituto “L. e A. Seràgnoli“, autore di numerosi testi scientifici.

Il video che presentiamo illustra la vastità e la fondamentale importanza dell’opera che svolge il Prof. Sante Tura

Prof. Franco Mandelli Libero docente in Patologia Speciale Medica e Metodologia Clinica, in Clinica Generale e terapia Medica, libero docente in Ematologia, ha diretto la Scuola di Specializzazione in Ematologia dell’Università “Sapienza” di Roma. Professore emerito di Ematologia dell’Università “ Sapienza” di Roma, ha creato la casa A.I.L. “residenza Vanessa” situata nelle immediate vicinanze del centro di Ematologia, per alloggiare gratuitamente malati di fuori Roma.
Presidente dell’A.I.L., l’Associazione Italiana contro le Leucemie, linfomi e mieloma.
Presidente della Fondazione G.I.M.EM.A. (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto).
Primario emerito di Ematologia del Policlinico “Umberto I” di Roma.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

La Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca incontra la Dr.ssa Sara Zago, Responsabile di Casa A.I.L. Bologna

L’A.I.L. nasce nel 1969 a Roma da un’intuizione del Prof. Franco Mandelli grazie al contributo di illustri personalità del mondo della medicina, della scienza, dell’economia e della cultura. L’acronimo A.I.L. oggi è super conosciuto e significa Associazione contro le Leucemie, Linfomi e Mieloma.
Da oltre 45 anni, l’A.I.L. promuove e sostiene la ricerca scientifica. Oggi ci troviamo in una casa in cui si vive tutto intensamente e, sapere che abbiamo una manciata di minuti per parlarne, è frustrante. Parliamo di Casa A.I.L., una solida realtà che a Bologna funziona da 11 anni.
Le Case A.I.L. oggi realizzate rappresentano un passaggio importante nel percorso dell’Associazione verso l’obiettivo finale: dotare ciascun centro di cura di una propria residenza. Il Servizio è offerto da 36 Sezioni in Italia e sono sempre poche. Noi oggi ci occupiamo della realtà bolognese ed abbiamo con noi la Dr.ssa Sara Zago che è la Responsabile della sua gestione. Una premessa doverosa: la realtà ematologica e Casa A.I.L. fanno capo ad una persona che, di fatto, non ha mai lasciato l’Ospedale Sant’Orsola, dove ha lavorato come eccellente ricercatore, ematologo e Presidente dell’A.I.L., attività che ricopre a tutt’oggi. Ovviamente stiamo parlando del Professor Sante Tura, al quale va il nostro ringraziamento per averci fatto concedere questa intervista.

Dr.ssa Zago, ci descrive Casa A.I.L. con le caratteristiche e le attività che raccoglie al suo interno?
Casa A.I.L. è la casa di accoglienza di Bologna che gestisce l’Associazione contro le leucemie ed è attiva dal 2005. E’stata costruita dalla Fondazione Seràgnoli, per la precisione, dalla Dr.ssa Isabella e data alla nostra Associazione in comodato gratuito. Casa A.I.L. ha lo scopo di accogliere i pazienti onco-ematologici che non risiedono a Bologna e sono in cura presso l’Ematologia dentro il Sant’ Orsola di Bologna. E’ un’accoglienza gratuita, nel senso che non si paga nessuna retta, gli ospiti possono fare un’offerta all’Associazione. C’è una collaborazione molto stretta tra Casa A.I.L. e l’Ematologia perché avviene tramite una richiesta medica del dottore che ha in cura il paziente ed indica anche il periodo di permanenza di cui necessita nella Casa.

Parliamo di un’Associazione no profit, cosa tiene economicamente in piedi una così vasta struttura?
L’Associazione è una Onlus e mantiene Casa A.I.L. come uno dei tanti servizi di assistenza che ha attivi come statuto. Casa A.I.L. si mantiene tramite la grandissima raccolta fondi di privati, aziende e sostenitori. Questo consente di coprire la manutenzione ordinaria della Casa, cioè pagare tutti i dipendenti, il custode che è una presenza attiva 24 ore su 24, le bollette ecc. Grazie, invece, alla Fondazione Seràgnoli, abbiamo un sostengo economico che ci consente di affrontare la manutenzione straordinaria, gli imprevisti che sono tanti e richiedono grosse cifre.

Quali sono i rapporti fra Ematologia e Casa A.I.L.?
I rapporti tra noi e l’Istituto di Ematologia sono continuativi ed importanti. La Casa ha disponibili 12 camere da letto. C’è una collaborazione quotidiana tra noi, i dottori, le capo sale che fa sì che la struttura sia sempre al massimo dell’efficienza e della ricettività. L’ospedale ci garantisce di sapere quando una persona viene dimessa e quindi c’è un avvicendamento. Per l’Ematologia è molto importante l’esistenza di casa A.I.L. perché consente di avere un posto in anticipo anche verso i cittadini di Bologna. Ad esempio, una persona che viene da fuori e non sta ancora bene può fermarsi a Casa A.I.L. per rimanere vicino all’ambulatorio e, nel contempo, l’Ematologia può prendere in carico un altro paziente. L’afflusso di pazienti a Casa A.I.L. è grande perché l’Ematologia porta avanti tante terapie sperimentali che non vengono fatte in altri Centri, infatti non a caso la realtà ematologica di Bologna è un punto di riferimento a livello nazionale ed europeo.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Cosa significa il cognome Seràgnoli per l’Ematologia e Casa A.I.L.?
Significa moltissimo. L’Ematologia è stata voluta e costruita dalla Dr.ssa Isabella Seràgnoli che è Vice Presidente dell’A.I.L. di Bologna ed è proprietaria di Casa A.I.L., tramite la sua fondazione. La sua è una presenza discreta ma costante, grazie alle sue opere disponiamo di un ambiente così accogliente, curata in ogni particolare. Con il suo contributo costante, ogni anno, la Fondazione ci supporta, perché con il passare del tempo, le esigenze aumentano, cresce la struttura e quindi aumentano la gestione e le necessità.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Lei gestisce una grande attività, coadiuvata da tante colleghe, ce ne parla? Quali sono le campagne che vi contraddistinguono e adesso qual è la più vicina nel tempo?
La più vicina è il Natale. Viene fatto un vero e proprio catalogo di doni, rivolto a privati, ad aziende che possono sostenere casa A.I.L., la ricerca scientifica, creando un buono solidale. Questa campagna è fatta da tutte le mie colleghe e ci vede impegnate da ottobre a gennaio. La campagna porta molti fondi, importanti non solo per casa A.I.L. ma anche per tutte le attività. Come le dicevo, qui c’è un lavoro di squadra, lavorano tante colleghe, qui nella casa e nell’ufficio che è all’interno dell’ospedale. Ognuno porta in questa attività i propri talenti perché da soli non si va da nessuna parte. C’è anche una Dottoressa, Responsabile del Servizio di Psicologia Clinica, che ci supporta tutti con i suoi preziosi consigli. Casa A.I.L. è anche una bella realtà perché è sempre animata da un flusso di volontari, che danno il loro contributo per ogni attività, offrono il loro tempo, le loro capacità e propongono campagne, corsi di cucina ecc…

Il Volontariato è il cemento di questa Casa, come si diventa volontari A.I.L.?
Per diventare volontari bisogna sostenere un colloquio iniziale con cui si manifestano le proprie disponibilità. Dopo si prendono in esame le varie possibilità d’impiego: di accoglienza ai nuovi arrivati nel pomeriggio, con i quali si prende un tè. L’impiego non è solo nella Casa ma anche nei reparti, nel servizio di navetta che accompagna i pazienti da casa all’ospedale e viceversa. Ovviamente l’impegno è totale e di tutti nelle Campagne di Natale e di Pasqua che ci permettono dei grandi ricavi.
Nulla di quello che qui succede è lasciato al caso. Si cura l’ammalato, la sua sfera familiare, offrendo ospitalità, serenità, comprensione ed assistenza psicologica. Queste persone sono consapevoli di vivere uno stato di malattia nella situazione più ottimale possibile o ha notato talvolta resistenza, ovviamente causata dal meccanismo della malattia?
Le persone che vengono ospitate in Casa A.I.L., inizialmente, sono sbalorditi perché si trovano in un ambiente che non è una propaggine dell’ospedale ma una vera casa, accogliente, pulitissima, confortevole e si percepisce il loro sollievo. Sanno di dover combattere una grande battaglia, ma comprendono di non essere soli a farlo. Questo grazie da parte loro è per noi un incentivo a fare sempre meglio, lo trasmettiamo a chi lavora dietro e tutti ce ne nutriamo assieme all’aiuto psicologico per non demotivarci e non sentirci impotenti dinanzi alla gravità della malattia. Nell’ingresso di Casa A.I.L. c’è un grosso book dove si può lasciare il proprio stato d’animo e noi, leggendoli, ci rendiamo conto di quanto conti, per chi è malato, il sostegno, la compagnia, la consapevolezza di non essere lasciato solo di fronte alla lotta per guarire.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Cosa riceve lei da questo, chiamiamolo, “lavoro”? Possiamo dire che aiutare gli altri significa anche aiutare noi stessi?
Sicuramente, non c’è dubbio. Penso che non ci sia niente di meglio per valorizzare noi stessi. Quello che riceviamo ci consente di estraniarci dalla malattia e considerare anche i momenti belli che si vivono, come i matrimoni, la nascita di un figlio. E’ un lavoro in cui ci vuole un certo distacco per non lasciarsi invadere dallo scoraggiamento, dal sapere che certi casi sono disperati. Occorre fare squadra per poter guardare avanti con speranza e fiducia. Come in tutti i lavori bisogna sapersi dosare ed apprezzare i bei momenti che, nonostante il dolore, ci sono.

Come si può aiutare CASA A.I.L.? Può darci i riferimenti diversificando le varie possibilità, per consentire a chi vuole rendersi utile di farlo compatibilmente con la propria disponibilità?
La maniera più semplice è partecipare alle campagne solidali come il Natale e la Pasqua. Si può contribuire facendo un dono, comprando uno dei tanti oggetti del catalogo. Si può fare un versamento sul conto corrente intestato o direttamente in ufficio a Casa A.I.L.. Tutte le modalità e le informazioni sono poi sul nostro sito che è: www.ailbologna.it Si aiuta anche facendo opera di divulgazione dappertutto, dall’ambiente familiare a quello di lavoro.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Ascoltiamo adesso due presenze che, in questo momento, stanno svolgendo il loro volontariato: Maria ed Angela.
Cosa vi ha spinto ad impegnarvi in questo campo?
Maria: Io ero rimasta sola ed avevo già fatto volontariato. Questo lavoro a me dà tantissimo e condivido il parere che aiutare è uno scambio reciproco di forza e di gioia che ti fa amare la vita.
Angela: io ho lavorato in ospedale per tanto tempo. Quando sono andata in pensione, ho pensato che aiutare chi soffre era quello che desideravo. Ho iniziato 11 anni fa e sono ancor qui, convinta di aver fatto la cosa giusta perché si riceve più di quello che si dà.

Grazie a Maria ed Angela, due dei tanti angeli che popolano questa Casa. Ci sono luoghi dove la musica arriva dal cuore, dice Samuele Bersani in un video girato per A.I.L. Io vi assicuro che, dopo essere venuti in questa Casa ed avere osservato il lavoro svolto in ogni ambito, andando via, si ricordano i sorrisi di questa grande squadra umana che si regala il lusso di rendere vivibile la sofferenza.

Ringrazio la Dott.ssa Sara Zago per la disponibilità e abbiamo preferito, oltre ai numeri, privilegiare il lato umano, perché Casa A.I.L. e tutto quello che racchiude, vuol dire solidarietà, donare per il piacere di farlo e soprattutto non fare mai spegnere l’amore per la vita. A tutti grazie per lavorare in silenzio e con rispetto per il disagio e la sofferenza. E’ questo, l’esempio più grande di cui tutti abbiamo bisogno.

Grazie alla Dott.ssa Sara Zago.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

 

Hafez Haidar

Hafez Haidar

Hafez Haidar, Scrittore, Saggista, Critico, ha la Cattedra all’università di Brescia, costantemente dedito ad iniziative che diffondono l’elevato concetto della parola Pace di cui la nostra società ne ha sempre più bisogno.

 

E’ motivo di orgoglio per il nostro giornale accogliere la Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca che intervista l’Esimio Prof. Hafez Haidar, personalità di grande caratura culturale ma – soprattutto – Uomo di Pace.

“Abbiamo l’onore, di ospitare il candidato al premio Nobel per la pace  Hafez Haidar. E’ anche Accademico Emerito, presidente di diversi comitati per i diritti umani, Cavaliere della Repubblica Italiana e Direttore Generale Internazionale della Camerata dei Poeti di Firenze.

Hafez Haidar è poeta e scrittore libanese per nascita ed italiano di adozione. Attualmente è Docente di Lingua e Letteratura Araba presso l’Università degli Studi di Pavia. E’ considerato uno dei maggiori studiosi delle religioni a livello mondiale (Dizionario Comparato delle religioni monoteistiche, ed. Piemme).

Ha curato e tradotto le seguenti opere: “Le ali spezzate di Gibran (Rizzoli ), Le ninfe della valle di Gibran (Tea, Ugo Guanda Editore), Le fiabe arabe (Rusconi, Bompiani ), Quartine del grande poeta Omar Khayyàm (Rizzoli , Fabbri editori), La città del mistero (Mondadori ), Il figlio dei cedri di Gibran (Mondadori ), Quando l’amore chiama seguilo (Piemme ), Dove nasce l’amore ( Piemme ), Sindbad e il falco sapiente (Mondadori ), Le mille e una notte ( Oscar Mondadori, Mondo Libri, Donna Moderna), La notte ti parlerò d’amore (Piemme-Mondadori), Il precursore e il folle ( Ugo Guanda ,Tea).

Il Prof. Hafez Haidar è inoltre autore della Letteratura araba (Rizzoli ), della Storia della scrittura araba antica e moderna, de Il Profeta (Romanzo –Piemme), del romanzo storico Il Custode del Corano ( Piemme ), dei romanzi bestseller Come sigillo sul tuo cuore, Maometto e i diamanti del Corano (Oscar Mondadori), Le donne che amavano Maometto (Piemme), Il viaggio notturno del Profeta (Piemme), La figlia prediletta del Profeta (Piemme ), Miriam a Gerusalemme (La Meridiana).

Hafez Haidar

Il 22 Novembre 2006 è stato insignito del Premio Internazionale Sorrento nel Mondo insieme a Lucio Dalla e Raffaele Lauro, alto commissario del Governo e Senatore della Repubblica Italiana

Cinquant’anni  dell’occupazione israeliana nei Territori non hanno portato alcun vero cambiamento nei rapporti fra israeliani e palestinesi. Gli accordi di Oslo del 1993, che sembravano annunciare la fine dell’occupazione israeliana e la nascita di uno Stato palestinese, sono finiti con i colpi degli attacchi suicidi di Hamas e Jihad islamico. Secondo lei avverrà un giorno il miracolo di vedere una coesistenza pacifica tra Israeliani e Palestinesi?

 I negoziati tra israeliani e palestinesi non hanno portato le due parti in conflitto ad una pace duratura né alla costituzione e al pieno riconoscimento della sovranità di due stati indipendenti.

Nel periodo successivo al 1948, anno in cui Israele ha occupato gran parte dei territori palestinesi e ha costretto migliaia di palestinesi ad abbandonare le loro case e a rifugiarsi in Libano, Siria, Giordania, Iraq ed Egitto, si sono susseguiti accordi che avrebbero dovuto mettere fine al conflitto tra Israeliani e Palestinesi:

-Accordi di Camp David tra il presidente egiziano Anwar al – Sadat e il capo del governo israeliano Menachem Begin, 1978.

-Conferenza di Madrid,1991.

-Accordi di Oslo, tra il capo del governo israeliano Yitzhak Rabin e il capo dell’Olp Yasser Arafat, 1993.

-Oslo II, 1995.

-Protocollo di Hebron tra Arafat e Netanyahu,1997.

– Vertice di Camp David tra Arafat ed Edhud Barak, capo del governo israeliano, 2000.

– Summit di Taba, 2001.

-Road Map for peace tra Mahmoud Abbas e Ariel Sharon, 2002.

-Iniziativa di pace araba,2002.

– Conferenza di Annapolis tra Abbas ed Edhud Olmert, 2007.

Per instaurare una pace duratura tra Israeliani e Palestinesi è necessario che i due popoli si incontrino a metà strada e lavorino per il bene comune, superando pregiudizi e luoghi comuni.

E’ necessario che:

  1. Gli Israeliani riconoscano ai Palestinesi il diritto di avere uno stato democratico e sovrano nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
  2. I Palestinesi riconoscano Israele come stato sovrano.
  3. I paesi che parlano di pace, ma forniscono armi alle parti in conflitto abbandonino una politica che mira all’arricchimento e alla distruzione di massa degli innocenti.
  4. Venga abbattuto il muro eretto da Israele per garantire la sicurezza dei propri cittadini.
  5. Siano erogati ai Palestinesi luce, acqua e generi alimentari.
  6. Siano bloccate le costruzioni abusive realizzate dai coloni israeliani nei  territori palestinesi.
  7. I religiosi e gli intellettuali si adoperino per una pace reale e duratura tra i due popoli.
  8. Si metta fine sia al terrorismo palestinese che alle rappresaglie militari israeliane: le forze in campo hanno causato migliaia di vittime innocenti.

–    Si attuino programmi culturali e di sviluppo economico e sanitario.

–  Si affidi all’Onu e alla Lega Araba il compito di garantire l’applicazione di un programma di pace nell’area, con l’appoggio dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e della Russia.

Gli intrecci tra poesia e fede nella cultura dell’Oriente sono il campo di ricerca nel quale da anni Lei, Prof. Hafez Haidar, è impegnato. Qual è lo scopo?

Grazie agli intrecci tra poesia e fede e ai numerosi punti in comune tra le diverse culture, vorrei creare un terreno fertile in cui si consolidino buoni rapporti culturali e religiosi tra Oriente ed Occidente, basati sulla conoscenza e il rispetto reciproco.

La poesia costituisce un pilastro fondamentale per far conoscere la cultura, le tradizioni, gli usi e i costumi di un popolo nonché la sua storia. Ho cercato di far conoscere all’Oriente poeti famosi come Dante Alighieri, Carducci e Quasimodo; nel frattempo ho portato in Italia i frutti poetici di Gibran e Omar Khayyam e ho scritto un’antologia della letteratura araba preislamica ed islamica. Sono convinto che la fede sia lo scrigno della nostra vita e della nostra civiltà, perciò conoscere la Bibbia, il Vangelo e il Corano ci aiuta a capire che nei tre Libri esiste un solo messaggio importante per tutta l’umanità: Dio è amore. La vita è un dono ed è un atto d’amore. Senza l’amore non possiamo costruire la pace e senza la pace non possiamo arrivare a conoscere i frutti della cultura per costruire un mondo migliore.

Da diciannove anni si spende infatti – attraverso libri, traduzioni, incontri – per diffondere l’amore, abbattere i muri della diffidenza, dell’odio e della violenza”. Questa crociata, Prof. Hafez Haidar, ha dato dei riscontri che la motivano a procedere per questa strada?

 Sì, i miei lavori sono apprezzati da ebrei, cristiani e musulmani. Molte persone hanno appoggiato le mie idee e mi hanno incoraggiato a proseguire il cammino per abbattere i muri dell’odio, della diffidenza e del razzismo. Ho l’onore di rappresentare, in qualità di ambasciatore, diverse associazioni  per i diritti umani, perciò mi sento in dovere di andare avanti, pur sapendo che la mia strada è ripida e tortuosa. Non mi stanco di raccontare l’amore, perché ho visto tante persone morire ingiustamente, a causa della guerra.

Quando il lettore apre la maggior parte dei suoi libri, dice Fava, il suo spirito naviga oltre la moschea, la sinagoga o la chiesa, verso orizzonti lontani, dove spunta un’abbagliante luce che rischiara le tenebre che talvolta intristiscono la mente e il cuore”. Quali sono le radici di questa differenza e divergenza fra le tre religioni?

 Dio è l’Unico Creatore per gli ebrei, per i cristiani e per i musulmani. Gli ebrei e i musulmani, però, non considerano Gesù il Messia e questo costituisce il primo punto di divergenza tra le tre religioni monoteistiche. Nel Corano, Maria è presentata come la prescelta di Dio, che ha concepito Gesù senza aver conosciuto alcun uomo. I libri sacri delle tre religioni sono accomunati dai dieci comandamenti, oltre che dallo stesso anelito verso Dio. In quest’epoca travagliata dall’odio, dalla sete di potere, dagli interessi commerciali, dalle guerre e dalla corsa agli armamenti, abbiamo bisogno di abbracciare la fede e di saper perdonare per raggiugere l’intensa luce della  nostra esistenza.

Lei è un grande stimatore di Gibran, lo definisce il suo Professore di Vita. Il suo libro “il Nuovo Profeta” porta un suo detto in copertina: “ Quando l’amore chiama, seguilo”.  Quando ha avvertito che il suo compito era quello di mettere la Scrittura e il suo insegnamento al servizio della Pace?

 Vengo da un paese che era considerato la Svizzera del Medio Oriente per la sua bellezza, nel quale il conflitto palestinese israeliano e la guerra civile (1975- 1990) ha purtroppo causato la morte di 195 mila persone, il ferimento di oltre 230 mila persone e la distruzione di tanti paesi e villaggi. Non potevo che abbracciare il messaggio di pace di Ghandi, Mandela e Gibran. Il mio nuovo libro riprende la forma dialogica del Profeta scritto dal mio Maestro Gibran, ma presenta contenuti più attuali. Racchiude gli insegnamenti dell’Ultimo Profeta, che parte da Sorrento per giungere a Gerusalemme, e del figlio di questi, che si prodiga per salvare la vita di due innamorati, l’ebrea Miriam e il musulmano Omar.

Con il passare degli anni ho scoperto che il mio compito è quello di scrivere per diffondere la pace, la libertà, la giustizia e la dignità della donna.

Hafez Haidar

Ha sempre, quindi ancora oggi, dentro di sé due identità, una libanese e l’altra italiana, quale prevale? Si ritiene un cittadino del mondo?

 Amo immensamente il Libano perché è la terra delle mie origini, da dove ho tratto le mie radici, ma amo altrettanto l’Italia: ho sposato un’italiana, da cui ho avuto due figli, e ho tanti amici. Questo Paese mi ha permesso di crescere e conoscere la storia, la cultura e l’arte degli altri popoli senza pregiudizi. Sono innamorato dell’Oriente e dell’Occidente, perciò mi considero cittadino del mondo, assetato di apprendere e di trasmettere agli altri, con umiltà, i suoi insegnamenti.

L’insegnamento è un impegno a cui lei tiene in modo particolare, ha fatto centinaia di incontri con giovani studenti. Cosa ha portato con sé da questi incontri e cosa pensa dei giovani di oggi?

Io credo fermamente nei giovani, sono il futuro del nostro paese, perciò ho cercato di incontrarli e di far capire loro quanto sia importante il dialogo e il rispetto reciproco. Ho parlato loro di alcuni argomenti importanti come il terrorismo, gli uomini giusti che combattono per i diritti umani, come il grande romanziere egiziano Nagib Mahfuz, Malala, Tawwakul Karman, Papa Francesco, Noa, Madre Teresa di Calcutta. Inoltre, dopo aver recitato per 14 anni nelle scuole storie tratte da Le mille e una notte, ho scritto e illustrato Le mille e una notte Junior perché i ragazzi mi avevano chiesto di realizzare un testo adatto a loro. Grazie all’Associazione Iplac http://www.circoloiplac.com/  il mio libro è diventato oggetto di un concorso grafico letterario nazionale per le scuole tenutosi a Roma. I giovani d’oggi hanno bisogno di essere ascoltati, capiti, apprezzati, indirizzati.

Prof. Hafez Haidar, tra i numerosissimi premi che ha ricevuto, qual’ è quello a cui tiene di più?

 Ogni premio riveste per me un grande significato; è difficile scegliere, in un giardino variopinto, il fiore più bello. Se proprio devo scegliere, però, penso al premio dell’Onu che ho ottenuto durante l’ultima missione umanitaria alla frontiera tra Libano ed Israele il 5 Settembre 2016

Questo suo impegno per la pace è stato anche riconosciuto dal Governo Libanese se non mi sbaglio. Prof. Hafez Haidar, in che modo è stato valutato?

Durante il mio ultimo viaggio in Libano, tra il mese d’agosto e il mese di settembre del 2016, presso il Circolo della stampa, gli scrittori, i poeti, i giornalisti e il Rettore dell’Università libanese mi hanno conferito il premio alla Cultura da parte dell’Università libanese e il premio degli scrittori arabi da parte dell’Associazione degli scrittori e dei giornalisti. Inoltre, presso la sede dell’Unesco di Beirut, il ministro dell’Informazione mi ha premiato con la targa dell’Informazione e del giornalismo. Anche il ministro della cultura mi ha conferito il premio alla cultura. Il governo libanese ha assicurato il suo appoggio alla mia candidatura al premio Nobel per la Pace.

 Cosa ne pensa dell’Amore, Prof. Hafez Haidar , come somma di tutti quei sentimenti che creano un legame, a partire da quello per una donna, per  i figli, la famiglia, i popoli?

Tutto ciò che esiste sotto il Firmamento, palpita come un cuore innamorato. Persino le rocce, le piante, i fiori amano e si librano nello sconfinato spazio sotto la cupola celeste trafitta dai raggi del Sole. Nell’amore non c’è differenza tra il nobile e il paggio, tra il re e il ciambellano, poiché tutti possiamo provare gli stessi profondi sentimenti e siamo venuti alla luce grazie all’amore.

E quando l’amore bussa, bisogna subito aprirgli la porta del nostro cuore per permettergli di trasportarci nell’Eden dei sentimenti.

Ci troveremo allora in un mondo immaginifico e surreale, dove il cielo, la terra, il mare e il bosco si tramuteranno in nidi, nei quali gli innamorati si sveglieranno abbracciati quando la notte penetrerà nel giorno e si addormenteranno avvinghiati quando il giorno si tramuterà in notte.

L’amore racchiude la melodia del creato, le note dell’Eternità e la sinfonia di tutto ciò che è passato, presente e futuro. E’ la nostra provvista quotidiana e la nostra ancora di salvezza nei momenti ottenebrati dalle avversità del tempo.

In esso ci rifugiamo. Cerchiamo protezione sotto le sue ali ed esso ci accoglie come una madre soave e ci consola per permetterci di librarci nuovamente sotto un cielo tempestato di stelle scintillanti.

Come la purpurea rosa ha bisogno della rugiada, della brezza mattutina e dei baci del Sole per emanare il suo fragrante profumo, così l’amore ha bisogno di emozioni, sospiri, palpiti per far sbocciare i propri petali al cospetto del Sole e della Luna.

Amatevi e abbracciatevi, in modo che possiate scoprire il segreto dell’esistenza e il melodioso canto della vita.

A quali Autori, oltre Gibran, Lei è affezionato, anche italiano?

Sono affezionato a Dante Alighieri, Manzoni, Neruda, Tagore, Umberto Eco e William Shakespeare

 Un consiglio a chi studia la lingua araba, qual è l’approccio migliore con questa lingua e il suo paese?

Consiglierei a coloro che intraprendono questo importante cammino di imparare con passione ed amore la lingua, perché chi possiede una lingua possiede un intero popolo. Chi studia una lingua, deve anche conoscere la storia e la civiltà dei popoli che la parlano, senza pregiudizi.

Chi desidera imparare l’arabo, deve studiarlo almeno per un anno in Egitto, Tunisia, Libano.  

 Prof. Hafez Haidar, sono centinaia le sue frasi significative e indimenticabili. Ce ne dice una per Lei particolarmente aderente al suo pensiero e al suo vissuto?

La cultura è il pane della vita, la pace è il sentiero degli uomini assetati di luce, giustizia, libertà, speranza e luce, l’Amore è il cuore dell’universo. Chi ama conosce i segreti del cuore e dell’anima.

Aiutate l’uomo a scoprire la luce e ad uscire dalle tenebre per abbracciare la luce.

Aiutate l’uomo privo di cuore a conoscere i frutti della gioia e dell’amore.

Aiutate l’uomo a portare le rose al posto delle armi.

Non uccidete l’amore nei vostri cuori né la fede nelle vostre anime.

Non odiate vostro padre né vostra madre perché sono il principio e l’origine della vostra vita.

Non tradite il vostro amico perché egli è lo scrigno delle vostre brame e dei vostri ricordi.

Chi ha ucciso un solo bambino ha ucciso tutta l’umanità.

Chi ha calpestato o maledetto un solo bambino,

ha spento tutte le candele dell’Amore di Dio nel suo cuore.

Chi ha violentato un sola ragazza inerme,

ha rabbuiato il cielo, la terra, il mondo intero…

 La vita è un libro traboccante di amori, gioie, dolori, sogni, speranze ed è pieno di colpi di scena. I protagonisti siamo noi, simili a stelle che adornano il cielo oppure a raggi di un intenso sole, oppure ad una tempesta o ad un uragano. Sì, la vita è un cammino lungo, tortuoso e ripido, che racchiude i nostri segreti e custodisce i nostri sogni. Sforziamoci di vivere intensamente ogni istante della nostra esistenza perché il tempo vola come un lampo in un ciel sereno. Anche quando ci renderemo conto di essere diventati anziani, non dovremo rassegnarci all’amarezza o alla disperazione, ma dovremo continuare ad amare, sognare, respirare la fragranza di una bella rosa appena sbocciata, abbracciare il sole, l’aria, il vento, il buio, l’acqua, il cuore della vita.

La vita è un libro aperto che racchiude tra le sue pagine il passato, il presente e il futuro che non è ancora stato scritto. Iniziate a scriverlo con i battiti del vostro cuore.

Hafez Haidar

Salutiamo il Prof. Hafez Haidar augurandoci che le sue battaglie ci portino a quella che adesso sembra un’utopia: dopo una guerra, due Paesi potrebbero siglare un trattato di pace, accettando di non combattere mai più. Gli uomini si assomigliano più di quanto essi stessi pensino, al di sopra di ogni Credo. Gibran dice:

Religione?
Cos’è? Io conosco solo la vita.
Vita significa il campo,
il vigneto e il telaio…
La Chiesa è dentro di te.
Tu stesso sei il suo sacerdote ”

Ringraziamo la Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca per aver condiviso con il nostro giornale l’intervista al Prof. Hafez Haidar.

 

 

 

 

Davide Faraone e il suo Saggio

Davide Faraone e il suo Saggio

Davide Faraone e il suo Saggio

Sottosopra. Come rimettere la Sicilia sulle sue gambe

Donzelli Editore, Roma 2016

Recensione di Andrea Giostra

Davide Faraone si cimenta nella sua prima Opera letteraria che dopo averla letto, mi sento di definire un “Saggio”, nell’accezione di David Shields(1956), famosissimo e pluri-premiato scrittore e professore universitario statunitense di letteratura, che insegna ed ha insegnato in diverse prestigiose Università, l’ultima delle quali in ordine di tempo, dove insegna tutt’ora, la University of Washington.

Shields ritiene che uno scrittore vero si vede quando scrive un Saggio e non certamente quando scrive un Romanzo dove la “struttura” è già preventivamente costruita ad arte, con la sua trama, con i suoi personaggi, con le sue ambientazioni già scelte a priori, con la morale da trasmettere al lettore, con le emozioni ed il pathos che si vogliono suscitare in chi legge!

Insomma, sembrerebbe, secondo Shields, che oggi il Romanzo, il Racconto, la Novella, che prevalentemente hanno una matrice ed una natura “finzionale”, di una realtà cioè inventata e immaginata dallo scrittore, seppur qualche volta frutto di elementi narrativi reali ma rivisitati soggettivamente e ad hoc da chi scrive, siano secondi, per importanza intellettuale ed intellettiva, al Saggio.

In poche parole, il Romanzo è più un’operazione di intelligenza-esperienziale e di artigianato-intellettuale bariccoso, più che un’opera creativa da vero Artista: “colui che crea dal noto il nuovo”, come direbbe brillantemente Umberto Eco (1932-2016).

Tant’è vero che Shields nel 2010 ha lanciato il suo primo Saggio che si intitola “Reality Hunger: A Manifesto” (“Fame di realtà: un Manifesto”), pubblicato negli U.S.A. da Knopf Editore, e poco dopo pubblicato anche in Italia dall’Editore Fazi (Collana Le Terre).

Il titolo dice tutto e ci fa comprendere il senso di questa premessa: il lettore, la gente comune, gli intellettuali, i professionisti e gli imprenditori, la comunità dei lettori e di coloro che vogliono conoscere, sapere e imparare, il popolo oso dire, ha “Fame di Realtà”, ha Fame di Verità, ha Fame di sapere come stanno realmente le cose, volendo parafrasare il titolo del Saggio di Shields.

Davide Faraone e il suo Saggio

In breve, nel Saggio le caratteristiche sono i tentennamenti, i concetti incompiuti, le verità raccontate oggettivamente senza “orientare” il lettore, la “non-fiction” in una parola, che lasciano al lettore la riflessione, il dubbio, la speculazione intellettuale, la possibilità di attribuire un significato rispetto alla propria personale esperienza di vita relazionale, sociale, professionale e civica. Sono proprio la mancanza di rifiniture “esatte” e “insindacabili” che definiscono di fatto il Saggio come forma letteraria indubbiamente superiore al Romanzo.

Anch’io la penso in questo modo e non è un caso se al XXIX Festival del Libro di Torino 2016, tenuto dal 12 al 16 maggio 2016, il libro che ha venduto più copie in Italia, e che adesso è stato tradotto in 32 lingue e pubblicato in 50 Paesi, è un Saggio del noto fisico italiano Carlo Rovelli, che nell’ottobre del 2014 Adelphi Editore ha pubblicato solo in Italia, dal titolo “Sette brevi lezioni di fisica”.

Questo Saggio ha già venduto, solo in Italia, 350.000 copie: un record assoluto per un libro in Italia! Lettori che hanno dato torto marcio all’editore che in una intervista RAI di allora, confessò candidamente al suo intervistatore che la stima di vendita che fecero non superava le 10Mila copie!

Il libro di Rovelli è stato il più venduto nel 2015 su Amazon Italia e ancora oggi, è una presenza costante in testa a tutte le classifiche italiane dei libri più venduti.

 

Questa breve premessa mi serve per dire al lettore che è questa la “prospettiva critica” che ho utilizzato per scrivere la mia recensione sul “Saggio” di Faraone “Sottosopra”.

Davide Faraone e il suo Saggio:

Il libro è molto interessante perché di fatto rappresenta una sorta di “denuncia” pubblica e sincera dei misfatti che la Sicilia ha subìto negli ultimi quindici anni, come scrive Faraone ma, io direi dal dopoguerra in poi, quando abbiamo avuto si la libertà dal fascismo e dal nazismo, ma a carissimo prezzo: non siamo più padroni delle nostra isola perché l’abbiamo ceduta, senza colpo ferire, agli statunitensi che ci hanno sì liberato da una dittatura cinica e sanguinaria ma, e non dobbiamo certo ripercorrere qui la storia della nostra isola, dalle quali vicende contorte e ancora oggi segretate, abbiamo avuto un lascito mortifero e mortificante per la nostra isola.

Primo tra tutti il cosi tanto decantato Statuto Autonomo della Regione Siciliana, padre probabilmente di tutti i mali della Sicilia.

I risultati sono quelli che Faraone nel suo Saggio elenca benissimo, con precisione ed oggettività. È vero, come scrive Faraone, che le cose sono peggiorate irrimediabilmente ed irreversibilmente dal momento in cui è stata introdotta la legge dell’elezione diretta del Presidente della Regione Siciliana – e non del Governatore come erroneamente si ostinano a scrivere moltissimi giornalisti.

Una legge che nella realtà ha fatto fare alla Sicilia un salto indietro nel passato di circa 600 anni, portandola all’epoca del dominio borbonico, quando i Viceré di Sicilia rappresentavano i reggenti del governo del Regno di Sicilia facendo le veci del Re di Spagna: un periodo terribile, senza giustizia, senza leggi uguali per tutto il popolo, senza equità civile, dove chi comandava e decideva insindacabilmente ogni cosa per tutti era il solo Viceré, con i suoi più stretti e fidati collaboratori.

Questo modello di “dittatura” che durò per quasi 350 anni, dal 1412 al 1759, può essere ripercorso da un interessantissimo romanzo di Andrea Camilleri, “La rivoluzione della luna”, pubblicato nel 2013 dalla Sellerio Editore. Nel nostro caso, il racconto di Camilleri, potrebbe essere un’ottima metafora di com’è ridotta oggi la Sicilia dei Viceré-Governatori-Presidenti della Regione Siciliana.

Davide Faraone e il suo Saggio

Oggi in Sicilia, come scrive Faraone, con la legge che ha introdotto l’“Elezione diretta del Presidente della Regione Siciliana”, le cose sono notevolmente peggiorate, facendo fare un salto storico indietro al periodo borbonico dei Viceré di Sicilia.

Guarda caso, su tre Presidenti eletti da quando è stata introdotta la legge, due hanno avuto serissimi problemi con la giustizia per presunte o accertate collusioni con la mafia siciliana.

Faraone parla di una classe di alti burocrati della Regione Siciliana che negli ultimi quindici anni si sono limitati “a galleggiare e a mantenere lo status quo” delle cose.

Davide Faraone e il suo Saggio

In questo Faraone, probabilmente, è stato molto generoso nei confronti dei burocrati – alti e bassi – siciliani.

Certamente il suo ruolo istituzionale non gli consente, probabilmente, di scrivere chiaramente che la classe dei burocrati della Regione Siciliana è cronologicamente la più anziana d’Europa, con un’età media che supera abbondantemente i sessant’anni, e che è irreversibilmente affetta da due dei “mali” più disastrosi e “conservatori dello status quo” che qualsiasi burocrate del XXI secolo può malauguratamente portare dentro di sé: l’“analfabetismo informatico e tecnologico” e l’“analfabetismo idiomatico”!

Il primo male è chiaramente quello relativo alla scarsissima capacità di usare il computer con tutte le sue applicazioni e programmi più moderni e innovativi, che si succedono con una rapidità incredibile;

Il secondo male riguarda la conoscenza di una sola lingua, l’italiano. In un mondo che sta sempre più diventando poliglotta, dove la perfetta conoscenza dell’inglese scritto e parlato è condizione essenziale per fare bene il proprio lavoro in ogni ambito professionale, non solo in quello burocratico, conoscere la sola lingua italiana è escludente a priori da qualsiasi relazione istituzionale professionale di respiro europeo e internazionale.

È chiaro che una “squadra” composta da “giocatori” che non hanno le conoscenze professionali per fare in modo che la nostra regione possa essere competitiva a livello europeo e a livello internazionale è un grossissimo handicap di partenza che, nella realtà quotidiana è assolutamente incolmabile. Un esempio tra tutti? L’incapacità di spesa dei tantissimi miliardi di Euro della Comunità Europea destinati alla Sicilia: disimpegnati esclusivamente per l’incapacità di spesa, appunto, dell’alta classe burocratica della Regione Siciliana.

Faraone parla di un degrado diffuso in Sicilia, e ne fa un elenco veritiero e sconfortante, che il suo Saggio rappresenta con precisione e oggettività. Ma Faraone non si limita a scrivere questo, che è sotto gli occhi di tutti, ma scrive coraggiosamente che di questo degrado, di queste inefficienze e di queste occasioni perse per incapacità ed “analfabetismo” (come scrivevo prima), nessuno paga mai!

A dire il vero qualcuno che paga c’è, ma anche qui Faraone probabilmente ha voluto essere magnanimo. Chi paga davvero sono i cittadini siciliani, e pagano queste inefficienze burocratiche più che politiche, a carissimo prezzo. Inefficienze dovute alle incapacità di una classe dirigente che in qualsiasi altra regione del mondo occidentale verrebbe rimossa in un batter d’occhio: qui invece, come lo stesso Faraone scrive, questi “potenti” sono incollati alle loro poltrone, malgrado i risultati disastrosi del loro “lavoro” siano sotto gli occhi di tutti i cittadini siciliani.

Davide Faraone e il suo Saggio

Le idee di Faraone, per far ripartire la Sicilia, mettendola prima “sottosopra”, come scrive saggiamente, sono condivisibili al cento per cento. Nessuno potrebbe contestare nulla, neanche le modalità con cui propone soluzioni concrete ed efficaci. Da questo punto di vista il Saggio di Faraone è estremamente moderno, al passo coi tempi del XXI secolo, all’avanguardia internazionale per una regione, come la Sicilia, che vuole essere veramente protagonista della cultura, del commercio, del turismo, della ricerca, dell’agricoltura, dell’industria, delle nuove tecnologi, di idee innovative e realmente evolutive e di crescita economica e sociale di una regione come la Sicilia.

Penso, dopo averlo letto con molta attenzione, che il Saggio di Faraone sia assolutamente da leggere e, se è il caso, da rileggere perché estremamente veritiero e soddisfa chi “Ha Fame di Verità”.

Ma detto questo, mi avventuro, consapevole dei rischi intellettuali che corro, nello scrivere che non è la mafia il peggiore dei mali della Sicilia, ma la corruzione e la strettissima collusione tra potentati – tra i quali ovviamente anche la mafia – come coraggiosamente scrive Nino Di Matteo, nel suo bellissimo libro che ha visto la collaborazione di Salvo Palazzolo, dal titolo “Collusi”, dove scrive, appunto, che lui stesso, nella sua attività quotidiana di sostituto procuratore e di inquirente, più volte «è stato messo di fronte all’aspetto più subdolo ed insidioso del potere mafioso, e a quello meno nobile di una magistratura in cui a fianco degli onesti e dei coraggiosi convivono qualche colluso e tanti pavidi, più attenti ad evitare rischi e sovraesposizioni che a rendere veramente giustizia.»

A questo gravissimo “fenomeno”, descritto coraggiosamente da Nino Di Matteo nel suo libro, io aggiungo un’altra questione che in Sicilia rimane irrisolta da decadi e che non consentirà mai alle brillanti idee di Faraone di diventare realtà, di diventare Opere realizzate e visibili per il godimento dei cittadini siciliani.

Il problema irrisolvibile e più grave da affrontare è la classe burocratica siciliana alla quale, con la legge che cita Faraone, è stata affidata un potere immenso. Classe burocratica che non ha alcuna volontà, che non ha alcuna intenzione di cambiare nulla, di modificare lo “status quo” delle cose, come lo stesso Faraone sottolinea onestamente. Pertanto, la prima questione da affrontare per realizzare l’Opera bellissima descritta da Faraone nel suo interessante Saggio, è quella di fare in modo che la classe burocratica, di alti e bassi dirigenti siciliani, sia sostituita prima possibile da giovani trentenni – molti dei quali sono fuggiti all’estero usurpando alla Sicilia genialità e competenze – che hanno la cultura, la conoscenza, l’entusiasmo, la professionalità, l’esperienza per fare entrare in campo la Sicilia in una dimensione politica ed istituzionale realmente internazionale e non da piccoli provinciali di borgata quali siamo diventati oggi, adesso, noi siciliani e la nostra Regione Siciliana.

Ma mi rendo perfettamente conto che tutto ciò è irrealizzabile ed è mera finzione romanzesca!

Spero, invece, che non lo siano le idee che Faraone descrive nel suo bel Saggio, che mi permetto di consigliare a chi avrà letto queste poche righe.

Davide Faraone e il suo Saggio: “Sottosopra. Come rimettere la Sicilia sulle sue gambe”

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CHE FINE HA FATTO LA NOSTRA PETIZIONE?

Ma che fine ha fatto la nostra petizione?

CHE FINE HA FATTO LA NOSTRA PETIZIONE?

“MA CHE FINE HA FATTO LA PETIZIONE PER SALVARE I CORPI DI BALLO ITALIANI CHE IN 16 MILA ABBIAMO FIRMATO SU CHANGE .ORG?

Caro Piero (ma anche Giacomo, Monica e tutti quelli del Comitato Italiano), ti ringrazio di questo post, che mi dimostra quanto il problema sia vivo e reale. Tanti colleghi e operatori mi avevano sollecitato la stessa domanda, da Milano, Genova, Roma, Napoli, Bologna.

Impossibile ricordarli tutti.

Ed io ringrazio tutti loro perché non ci fate sentire soli in questa battaglia che è la battaglia della danza italiana, del principio costituzionale delle pari dignità e delle opportunità per le forme artistiche di spettacolo.

La battaglia del principio che la CULTURA non è di serie A o di serie B… La cultura che prevede studio e preparazione giornaliera di anni e anni, crea un popolo migliore, più cosciente e più ricco spiritualmente e materialmente.

Ma che fine ha fatto la nostra petizione?

Lo so che il popolo dei 16 mila chiede risposte.
16 mila persone che hanno sottoscritto una petizione indirizzata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed al Ministro della Cultura Dario Franceschini.

Ecco i risultati.
Mi ha scritto qualche settimana fa CHANGE.ORG che è la piattaforma mondiale sulla quale tutti noi abbiamo firmato la petizione mettendomi al corrente che i loro numerosi tentativi di inoltrare la petizione ai diretti interessati ai quali la petizione era indirizzata, non hanno dato alcun esito.

Le mail inoltrate al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed al Ministro dello Spettacolo Dario Franceschini, tornavano indietro.

CHE FINE HA FATTO LA NOSTRA PETIZIONE?

Ci sono state interrogazioni sia in Parlamento che al Senato ( in particolare l’ultima in ordine cronologico è la seguente: Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-03530 Atto n. 3-03530 (con carattere d’urgenza) Pubblicato il 28 febbraio 2017, nella seduta n. 772 ), senza che ci sia stata alcuna risposta che spiegasse come mai il Ministero preposto all’osservanza della legge dello STATO che tutela, al pari delle ORCHESTRE e dei CORI all’interno delle FONDAZIONI LIRICO SINFONICHE la presenza in pianta organica di CORPI DI BALLO per la loro fondamentale importanza per la storia culturale italiana, presente, passata e futura, al pari di quella musicale ed operistica, non abbia impedito lo smantellamento e la chiusura di 9 CORPI DI BALLO su 13 FONDAZIONI LIRICO SINFONICHE.
Le FONDAZIONI LIRICO SINFONICHE non possono per legge avere più del 4% della loro totale programmazione di balletto, effettuato con Compagnie straniere.

Ma che fine ha fatto la nostra petizione?

Le FONDAZIONI LIRICO SINFONICHE sono sovvenzionate da tutti noi cittadini solo ed esclusivamente per produrre e tutelare il patrimonio culturale italiano musicale, operistico e di balletto. Smantellati i 9 Corpi di Ballo, a cosa è stata destinata quella parte di sovvenzioni destinata a PRODURRE BALLETTI? (Leggete bene: PRODURRE, non ACQUISTARE!)
Nonostante ciò sono rimasti in vita solo 4 CORPI DI BALLO in Italia, contro, ad esempio, i 60 della Germania e gli innumerevoli di tutti gli altri Paesi occidentali.

CHE FINE HA FATTO LA NOSTRA PETIZIONE?

I presidenti delle commissioni CULTURA di Camera e Senato, non hanno dato spiegazioni in merito, se non un vago accenno al momento di crisi economica che però non ha impedito approvare i 97 milioni di euro di garanzia statale per il torneo di golf Ryder Cup, nonostante tutti gli attacchi mediatici ed una presa di posizione ufficiale del Presidente Mattarella che l’ha fortemente osteggiata (ma poi sottoscritta in Gazzetta Ufficiale).

10 Corpi di BALLO in Italia avrebbero un costo di circa 10 milioni di euro annui, garantendo un importante indotto economico dell’industria del settore prolungato nel tempo, centinaia di posti di lavoro, sbocco motivazionale culturale ed artistico per generazioni e generazioni di giovani italiani, proprio nel momento più delicato della nostra storia evolutiva, sempre meno fisica e sempre più votata al virtuale.

Nessuno dei 16.100 firmatari della petizione su Change.org riesce a spiegarsi il motivo di tale accanimento mirato contro i CORPI DI BALLO ITALIANI.
Nessuno si spiega perché il MINISTERO DELLA CULTURA non sia ancora intervenuto ad impedire questa incomprensibile discriminazione territoriale (solo i cittadini che vivono in alcune città e Regioni possono vedere un certo tipo di grandi spettacoli di balletto.

Ma che fine ha fatto la nostra petizione?

Tutti gli altri che usino pure YouTube…).
Nessuno dei destinatari della petizione ha voluto risponderci.

CHE FINE HA FATTO LA NOSTRA PETIZIONE?

Le 15 mila scuole di danza presenti sul territorio ed un milione e quattrocentomila italiani che praticano la danza, non sono probabilmente cittadini, ma semplicemente sudditi.

Cosa dirvi? Dev’essere così.
Ricordiamocene quando andremo a votare.

Un abbraccio.

Luciano Cannito”

CHE FINE HA FATTO LA NOSTRA PETIZIONE?

E’ questa la domanda che si ripete nelle menti di tutti noi e ritengo che dobbiamo continuare a mantenere sempre viva la nostra attenzione e non cadere nel troppo comodo atteggiamento del perdente “tanto non succede niente“.

E’ opportuno dimostrare che il mondo della Danza è compatto, unito verso un unico obiettivo e non polverizzato e spinto da singoli interessi campanilistici.

E siamo in grado di dimostrarlo, ne abbiamo le capacità e l’inesauribile supporto di Luciano Cannito.

photo credit taranta: Salento.it

Lucilla Celso e la violenza di genere

Lucilla Celso e la violenza di genere

Lucilla Celso e la violenza di genere.

Recensione di Andrea Giostra

E’ l’interessante libro di Lucilla Celso che “premette”, alle prime righe, la presenza di alcuni piccoli ostacoli narrativi alla lettura immediata del romanzo e – quindi – suggerisco al lettore di saltarli a piè pari per evitare di esserne “inquinati” nella lettura del suo bel racconto.

Invito il lettore di aprire il libro a pagina 8 e di riservarsi l’eventuale lettura delle premesse solo quando avrà terminato di assaporare pienamente la storia!

L’incipit di Lucilla Celso recita così: «Ogni donna ha una storia da raccontare, un suo mondo da condividere, un sogno da realizzare. Il cammino non sempre è facile e gli ostacoli a volte sembrano insormontabili. Riunite in un gruppo di aiuto non sono più sole e affrontano, giorno dopo giorno, un passo alla volta, un cammino di rinascita

La Celso mette introduttivamente in guardia il lettore che «Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autore e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale

Domanda: perché scrivere queste parole asintoniche con l’incipit, quando la cosa che può incuriosire maggiormente un lettore esigente è proprio quella di “immaginare” …nella lettura sì! … che la storia che sta leggendo sia accaduta veramente, che sia il frutto di sangue che scorre, di passioni, dolori, gioie, amori, sofferenze, delusioni, rancori vissuti più che immaginati in una sorta di confortante estraniamento difensivo allucinatorio?

Io non lo so!

Forse l’autrice ce lo commenterà alla fine di questo breve scritto.

Lucilla Celso e la violenza di genere.

 Il tema di cui scrive la Celso è quanto mai attuale, serio, potente, destrutturante, doloroso, vissuto dalle istituzioni con un distacco e una superficialità disarmanti che non tutelano certamente la nostra cultura e le donne della nostra civiltà.

Lucilla Celso e la violenza di genere

La violenza di genere, come viene definita oggi utilizzando un sillogismo istituzionalmente deresponsabilizzante e colpevolmente asettico, in Italia è un problema sempre più doloroso e dirompente. Ma questo serve poco scriverlo qui perché assai noto a tutti.

Come affrontare questi drammi intra-familiari che si vivono nella solitudine più disarmante, più disperata, più dolorosa, più violenta? Una solitudine più violenta della stessa violenza subita da Orchi che condividono con le loro donne lo stesso cibo e lo stesso respiro dell’ormai esanime vittima.

Lucilla Celso ci racconta la storia di alcune donne che trovano la forza, non di ribellarsi, perché non è permesso in questo Paese la ribellione alla violenza, ma di reagire per recuperare “a tempo determinato” un po’ della dignità irreversibilmente perduta di giovane donna fulgida e vitale «in quella stanza(dove) un piccolo gruppo di donne si riuniva per affrontare gli incubi più oscuri.»

Qui inizia il racconto accorato, appassionato, crudo, spesso violento, che cerca ascolto e conforto, che cerca partecipazione, condivisione, sentimento perduto, empatia ritrovata per non sentirsi soli e per avere la forza di sopportare le violenze che continueranno a subire, consapevoli che altre donne come loro poi, in “quella stanza”, le ascolteranno e daranno loro la forza di abbandonarsi ancora per subire senza reagire veramente.

Forse qualche volta il destino scontato viene sovvertito?

Forse qualche volta il coraggio prende il sopravvento sulla paura?

Forse!

Nella storia di Lucilla Celso, certamente, il lettore che la leggerà lo scoprirà nelle ultime sue righe.

Lucilla Celso e la violenza di genere, un tema estremamente importante, doloroso, trasversale che ferisce ed umilia la nostra società e che l’autrice ci porta magnificamente ad affrontare e combattere contro il degrado sociale, culturale che esso genera.

Lettura imperdibile.

Lucilla Celso, “Donne e Storie”, StreetLib Ed., Milano, 2017

Link:

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https://stores.streetlib.com/lucilla-celso/donne-e-storie

https://www.amazon.it/Donne-Storie-Reborn-Lucilla-Celso-ebook/

 Andrea Giostra

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