Caravaggio a Roma: opere da vedere gratis

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Caravaggio (1571-1610), al secolo Michelangelo Merisi, visse e lavorò a Roma per circa dodici anni: un periodo per certi versi oscuro, data la sua vita dissoluta fatta di risse, guai con la legge, persino un omicidio, ma sicuramente prolifico dal punto di vista artistico.

Oggi la fama di Caravaggio è mondiale, fortemente rivalutata e riscoperta in età moderna: alcune sue opere sono purtroppo andate perse, altre fanno parte di collezioni private, molte si trovano in giro per l’Italia, ma anche a Vienna, Madrid, Berlino e Stati Uniti. Una consistente parte, però, è ancora nella capitale e molti non sanno che esiste un “itinerario” che consente di ammirarne ben sei, dislocate in tre Chiese situate tra Piazza di Spagna e Piazza del Popolo: un percorso che permette di godere di queste bellezze in modo gratuito, senza fare file e immersi nel silenzio.

È un tour davvero interessante anche perché queste tre chiese hanno accolto le sei tele sin dall’inizio, sono quelle per cui furono commissionate e dipinte, senza mai essere spostate.

Partendo dalla Chiesa di Santa Maria del Popolo, nella Cappella Cerasi si possono ammirare la Conversione di San Paolo (1601) e la Crocifissione di San Pietro (1600-01). Realismo, attenzione al dettaglio, forte umanità dei personaggi, dinamismo, drammaticità e utilizzo della luce sono i tratti fondamentali delle composizioni.

Proseguendo verso Via della Lupa si incontra un luogo dove Caravaggio fu protagonista di una delle tante scorribande che caratterizzarono la sua permanenza a Roma: in quella strada, apprendiamo da deposizioni dell’epoca, si trovava l’ Osteria della Lupa, dove il pittore ebbe uno scontro con uno degli inservienti, che rimase ferito.

Spostandosi verso il Vicolo del Divino Amore (ora Vicolo di San Biagio) si può vedere, al civico 19, la casa in cui il Caravaggio soggiornò e dove realizzò molte delle sue opere.

Andando avanti in Via della Pallacorda si può calcare lo stesso suolo dove il pittore si trovò coinvolto in un violento litigio con tale Ranuccio Tomassoni, che ci rimise la vita: episodio, questo, che costrinse il Merisi a lasciare Roma.

Si arriva così, attraversando Via della Scrofa, dove erano situate le botteghe più frequentate dall’artista, alla Chiesa di Sant’Agostino, dove sulla cappella sinistra (dedicata alla Madonna di Loreto) si può ammirare la Madonna dei Pellegrini (1604-1606). L’opera destò non poco scalpore, considerando che nelle sembianze della Madre di Gesù tutti riconobbero una prostituta dell’epoca, Lena, scelta da Caravaggio come modella (per questa, come per altre tele, come la Madonna dei Palafrenieri): la rappresentazione per cui opta il Merisi è straordinariamente nuova e d’impatto, diversa dall’iconologia cui si era abituati. Una Madonna con la veste scollata, dalle movenze sensuali, una postura che ricorda quasi quella di una cortigiana, per l’appunto. Inoltre nessun accenno vi è alla leggenda secondo cui la casa di Maria fu portata in volo dagli angeli fino a Loreto: qui Lei appare ferma sull’uscio, vestita da popolana, ai suoi piedi due pellegrini dalle vesti sporche e sdrucite.

Infine, da lì, spostandosi alla Chiesa Nazionale di Francia San Luigi dei Francesi, si possono visionare, nella Cappella Contarelli, tre opere meravigliose del Caravaggio: Vocazione di San Matteo (1599-1600), San Matteo e l’Angelo (1602) e il Martirio di San Matteo (1602), ciclo commissionato dal cardinale francese Mathieu Cointrel (italianizzato in Matteo Contarelli).

Nella prima il realismo, i significati allegorici e la luce la fanno da padroni: diverse le interpretazioni circa l’identità di San Matteo, che potrebbe essere sia la figura intenta a contare i soldi che quella accanto, col dito puntato.

Grande umanità e drammaticità anche ne Il martirio di San Matteo, rappresentato con grande carica emotiva.

Nel San Matteo e l’Angelo  vediamo il Santo intento nella scrittura, guidato e ispirato dall’Angelo, mentre poggia incerto su uno sgabello quasi in bilico, a rappresentare forse l’incertezza della condizione umana e la stessa incertezza e difficoltà di Matteo.

 

Scrisse il critico d’arte Victor Schoelcher:

“Non è l’assenza di ogni difetto, ma la presenza d’eminenti qualità, che costituisce un temperamento e perfino un genio. Certi uomini, capaci di una foga indomabile, non possono rassegnarsi all’impeccabile saggezza della mediocrità. Tra questi, Caravaggio”.

Oscar 2016: premiati Morricone e Di Caprio

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Leonardo Di Caprio vince l’Oscar 2016 come Miglior attore protagonista, grazie alla sua intensa interpretazione in “The Revenant”, il film di Alejandro González Iñárritu, a sua volta premiato come Miglior regista. Fa dunque il bis il regista messicano, che nel 2014 aveva conquistato la preziosa statuetta grazie al film “Birdman”.

A una settimana circa dalla serata di premiazione Di Caprio era dato, dai bookmakers, a 1,02: un Oscar sicuro, insomma. Ma la beffa è dietro l’angolo, insegna la storia degli Oscar, e ancora di più, l’esperienza dello stesso Di Caprio, arrivato ad un passo dall’agognata statuetta più di una volta.

Questa era la quinta nomination per l’attore 41enne, che ha fatto tanta strada da quando, ragazzino, esordì nell’indimenticabile e pluripremiato “Titanic”. Sembrava che una maledizione si fosse abbattuta su di lui, tanto da diventare negli anni oggetto di affettuoso scherno sui social network. Nei giorni scorsi erano circolate parodie di ogni tipo, in attesa del fatidico verdetto.

L’ambito riconoscimento arriva dopo la mancata vittoria nel 1994 (con “Buon compleanno Mr Grape”), nel  2005 (con “The Aviator”), nel 2007 (con “Blood Diamond”), nel  2014 (con la magistrale, eppure non abbastanza, interpretazione in “The wolf of Wall Street”).

Per Iñárritu, Leonardo Di Caprio  ha vestito i panni del cacciatore di pelli Hugh Glass: un ruolo che ha richiesto notevole studio ed impegno, sforzi fisici al limite della sopportazione umana. Ha recitato con la febbre alta, ha sfidato le bassissime temperature dei luoghi delle riprese (fino a 40 gradi sotto zero), ha portato la barba lunga ed incolta per mesi: una dedizione estrema, la sua, che ha trovato il giusto riconoscimento.

Emozionatissima, al momento della consegna del premio, l’amica di sempre, colei con cui Di Caprio condivide, nel vero senso della parola, i suoi esordi cinematografici: l’attrice, anche lei premio Oscar e anche lei nel cast di “Titanic” come protagonista, Kate Winslett.

La concorrenza quest’anno era spietata, ma forse nemmeno troppo. In nomination con lui anche Eddie Redmayne, per la sua toccante interpretazione nel film “The danish girl”: l’attore, però, ha (meritatamente) vinto l’Oscar proprio lo scorso anno, quando ha vestito i panni di Stephen Hawking, in “La teoria del tutto”.

Premio annunciato anche quello di Ennio Morricone, vanto italiano nel mondo: nella sua sfolgorante carriera il maestro non era ancora riuscito a vincere l’Oscar, eccezion fatta per quello alla carriera nel 2007. Carriera, la sua, costellata di riconoscimenti, grandi successi, collaborazioni di ogni tipo. L’ultima, quella decisiva, con Quentin Tarantino: la colonna sonora scritta per lui, per il suo “The Hateful Eight”, lo ha portato all’ambito riconoscimento, all’età di 84 anni. Anche Morricone aveva più volte schivato di pochissimo la vittoria agli Oscar: cinque, le nomination non andate a buon fine.

“Non c’è musica importante se non c’è un grande film che la ispiri, ringrazio quindi Quentin Tarantino per avermi scelto e il produttore Harvey Weinstein e tutta la troupe del film. Dedico questa musica e questa vittoria a mia moglie Maria”, ha detto commosso il maestro sul palco.

 Gli altri premi

Alicia Wikander si è aggiudicata il premio come Miglior attrice non protagonista, Mark Rylance quello come Miglior attore non protagonista. Il Premio Oscar 2016 per il Miglior film è andato a “Spotlight”, a “Inside Out” quello per la categoria lungometraggio animato. Il miglior film straniero è stato, quest’anno, ungherese: “Il figlio di Saul”. Impossibile non tornare con la memoria a due anni fa, quando quel premio fu ritirato  da Paolo Sorrentino per “La grande bellezza”.

Radio Deejay: la festa al Palalottomatica

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Radio Deejay è una delle radio più ascoltate d’Italia, un’emittente la cui storia è costellata di grandi successi, grandi speaker professionisti che ne hanno sancito la grandezza, programmi inconfondibili. Una storia lunga 34 anni, iniziata con Claudio Cecchetto e proseguita con Linus.

E come fu per i 30, anche i 34 anni di Radio Deejay sono stati festeggiati in grande, stavolta non a Milano ma al Palalottomatica di Roma ieri, 25 febbraio, in presenza di grandi star del mondo della musica e di tutte le voci on air quotidianamente, quelle voci che fanno garantire a Radio Deejay circa 4 milioni e mezzo di ascolti al giorno.

C’erano tutti al One Love Un Amor 2016: Linus e Albertino ovviamente, e poi Nicola Savino, la Pina e Diego, il Trio Medusa, dj Angelo, Fabio Volo, Andrea e Michele: sono stati loro a intrattenere durante le 3 ore di festa, alternandosi al microfono e presentando, di volta in volta, i grandissimi ospiti della serata. A fine serata sono poi saliti sul palco anche tutti gli altri: Laura Antonini, Marisa, Ivan Zazzaroni, Rudy Zerbi

Ad infiammare il pubblico (10 mila persone) con le loro esibizioni ci hanno pensato tanti artisti amici di Radio Deejay: Negramaro, Laura Pausini (che si è anche messa in gioco con la Pina e Diego, dimostrando la sua simpatia oltre che grande professionalità e talento), Marco Mengoni Elisa (in apertura di show hanno omaggiato insieme il Duca Bianco David Bowie cantando sulle note di Starman).

E ancora l’energia di Ensi, Fedez, J-Ax ed Emis Killa, Max Pezzali (che ha portato tutti indietro nel tempo con l’indimenticabile Sei un mito),  Maitre GimsSofi Tukker e la giovanissima e visibilmente emozionata Jasmine Thompson (è sua la canzone Rather be, colonna sonora del romantico spot di Radio Deejay ancora in onda sulle reti televisive).

https://www.youtube.com/watch?v=zsqMhYWp9pg

Tre ore di spettacolo ininterrotto, di energia pura: si è ballato, si è cantato a squarciagola, ci si è emozionati. Ed il primo, ad essere commosso dall’affetto dimostrato è stato proprio Linus, al timone di Radio Deejay dal 1994, che sul suo blog ha commentato, a mente fresca:

Ieri sera mi sono sentito un po’ paterno. Per una volta però non nel senso anagrafico. È quando ti diverti attraverso il piacere degli altri. Quando puoi stare un passo indietro e vedere che la festa che hai organizzato è venuta bene, i bambini giocano, ridono, si divertono fino a stancarsi. È il piacere di fare un regalo e leggere la sorpresa negli occhi chi lo scarta. È stata una bella serata, per chi ci ascolta, per chi ci lavora e per chi ci ha lavorato. Le immagini tenteranno di raccontarlo ma la Grande Bellezza sarà solo negli occhi di chi c’era.

Era il 1982 quando nelle frequenze radiofoniche iniziò a risuonare l’ormai famoso “One nation one station”, quel claim destinato ad entrare nelle orecchie di milioni di ascoltatori ogni giorno e urlato più volte nel corso della serata. Da allora la fama di Radio Deejay si è consolidata nel tempo, la lungimiranza di Linus e la sua grande competenza ne hanno fatto un’emittente sempre al passo con i tempi, capace di parlare a giovani e di mantenere “fedeli” gli ascoltatori di vecchia data.

Maximilian Tour di Max Gazzè arriva in Europa

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Maximilian è il titolo del nuovo album di Max Gazzè, pubblicato lo scorso 30 ottobre a due anni di distanza da Sotto casa: il disco dà il nome anche al relativo tour, che visto il successo che sta avendo in Italia verrà portato anche nelle principali città europee.

Maximilian è stato anticipato dal singolo La vita com’è: il brano rimbalza da settimane in tutte le radio nazionali, è stato anche certificato disco di platino e ha superato 15 milioni di visualizzazioni su Youtube e i 2 milioni di streaming su Spotify.

“Guarda me, prendo tutta la vita com’è. Non la faccio finita ma incrocio le dita e mi bevo un caffè”

canta Gazzè in questo brano che vuole essere un inno alla spensieratezza, al non prendersi troppo sul serio e al non complicarsi inutilmente le giornate. Dunque: l’imperativo categorico è liberare la mente e non affollarla di tristi pensieri e inutili sofferenze. Bisogna prendersi cura di se stessi e non lasciarsi sopraffare dal dolore: anche un piccolo gesto o un pensiero leggero possono aiutare.

Il Maximilian Tour è partito da Bologna e si è poi spostato a Milano, Venaria Reale, Roma; proseguirà a Firenze (Obihall, 25 e 26 Febbraio), Brescia (Pala Banco, 5 Marzo), Riva del Garda, (Pala Meeting, 12 Marzo), Cerea, (Area Exp Cerea, 19 Marzo), Padova (Palageox, 25 Marzo), Foligno PG (Pala Paternesi, 1 Aprile), Rimini (Velvet Club, 2 Aprile), Reggio Emilia (Palazzo dello Sport Bigi, 8 Aprile).

Il cantautore fino ad ora ha collezionato solo sold out. Reduce da una tournée a tre, insieme a Niccolò Fabi e Daniele Silvestri, a cui è legato da un’amicizia lunga una vita, ancor prima che dalla stima professionale, è tornato ad esibirsi da solista a venti anni dal suo album d’esordio.

Era il 1996 quando uscì Contro un’onda del mare, imponendosi col suo talento, le suo sonorità, i suoi testi a volte complessi e astratti altre volte leggeri e giocosi, ma sempre curati in ogni dettaglio. Come quelli di Maximilian.

Questa la tracklist:

  1. Mille volte ancora
  2. Un uomo diverso
  3. Sul fiume
  4. La vita com’è
  5. Nulla
  6. Ti sembra normale
  7. Dsordine d’aprile
  8. In breve
  9. Teresa
  10. Verso un altro immenso cielo

Le date del Maximilian European Tour

 Per festeggiare degnamente i suoi venti anni di carriera Max Gazzè porterà il suo Maximilian Tour anche in Europa e per l’occasione si chiamerà Maximilian European Tour. Toccherà il Teatro Barceló di Madrid (5 maggio), la Sala Bikini di Barcellona (7 maggio), La Bellevilloise di Parigi (9 maggio), l’Heaven di Londra (10 maggio), l’Opium di Dublino (11 maggio), il VK Concerts di Bruxelles (13 maggio), il Sugar Factory di Amsterdam (14 maggio), il Rockhal di Lussemburgo (15 maggio), il Club Bahnhof Ehrenfeld di Colonia (16 maggio), lo Stage Club di Amburgo (17 maggio), il Frannz Club di Berlino (18 maggio), il ‎Freiheiz di Monaco di Baviera (19 maggio), il Cann di Stoccarda (20 maggio) e il Plaza Klub di Zurigo (21 maggio).

Umberto Eco: morto il grande scrittore

umberto eco

Umberto Eco è morto ieri sera, intorno alle 22.30, nella sua abitazione di Milano: aveva 84 anni. Uomo di immensa cultura, esperto comunicatore, dedito allo studio per tutta la sua vita, instancabile osservatore: era capace di guardare al futuro con la stessa abilità con cui analizzava il presente.

Scrittore, semiologo, filosofo, giornalista, Umberto Eco nella sua vita si è occupato instancabilmente di cultura a 360°, riuscendo a conferire uguale dignità e acume a discorsi su ogni tipologia di tematica. Con disinvoltura e profondità si è occupato di Mike Bongiorno e Tommaso d’Aquino, di letteratura per l’infanzia e politica, di televisione e arte.

Non a caso è uno degli intellettuali italiani più conosciuti e apprezzati nel mondo. La notizia della sua morte ha fatto il giro dei giornali esteri in breve tempo: il New York Times lo ricorda come “un accademico da best seller che navigava in due mondi”, il Guardian lo descrive come “scrittore di best seller e gigante della filosofia”, l’indiano Hindustan Times ne parla come “l’autore che ha incuriosito, fatto scervellare e deliziato i lettori di tutto il mondo”.

Il nome della rosa è probabilmente l’opera di Umbero Eco più conosciuta: con questo romanzo esordì nella narrativa nel 1980 riscontrando un ampio successo di pubblico e critica. Ad oggi è un best seller tradotto in 47 lingue che ha venduto oltre trenta milioni di copie.

Il suo contributo alla cultura italiana è prezioso e irripetibile, perché acuto e appassionato: una mente sempre in fermento, in perenne bisogno di conoscere. Non a caso era un instancabile lettore, convinto che la cultura fosse strumento essenziale per capire il mondo e salvarlo.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare da un umanista così erudito e colto, Umberto Eco si era occupato di comunicazione, televisione e social media, comprendendone il potere e l’attualità: le sue idee in merito a Internet erano state anche criticate, perché sicuramente molto dure.

“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel […] La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”.

Umberto Eco ricordato affettuosamente in rete

E a proposito di social network: immancabilmente la rete si è subito mossa per ricordare il professore, il cui nome è in cima alle tendenze del momento. Tanti i messaggi di cordoglio su Facebook e Twitter, da parte di esponenti della politica italiana, celebrità del mondo dello spettacolo e tante persone comuni, che grazie a Umberto Eco si sono emozionate, hanno riflettuto, hanno imparato, hanno partorito idee, hanno stimolato la loro curiosità e voglia di sapere. E non c’è lascito più importante.