Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Intervistare è una vera e propria arte che non significa raccogliere supinamente le risposte del personaggio ma pensare le domande giuste per far emergere tutte le sfaccettature che caratterizzano l’animo dell’intervistato.

Tutti noi conosciamo le qualità professionali di Patrizia Caldonazzo e che saranno evidenziate nel corso del dialogo ma, forse, non tutti avvertono la sua profonda sensibilità rivolta ai temi culturali e sociali; non è un caso che Patrizia voglia stigmatizzare – mediante la realizzazione di un “corto” la cui stesura è da lei curata – il dilagante e complesso fenomeno del “bullismo” che crea ferite non solo fisiche ma soprattutto psicologiche dalle quali è molto più complesso guarire.

Seguiamo ora l’interessante colloquio- intervista condotta da Andrea Giostra.

 Ciao Patrizia, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Se volessi presentarti quale artista della settima arte, cosa diresti di te ai nostri lettori?

Mi definirei una donna carismatica, ironica, attenta al dettaglio, esteta, amante di tutto ciò che mi trasmette emozione, da un quadro ad una fotografia, ad una musica, ad un film e anche ad un volto.

Si perché chi sceglie la mia strada di regista deve saper non solo ascoltare le proprie emozioni personali ma essere un ottimo spettatore per poi ritrasmettere al pubblico ciò che ha percepito a livello emotivo, sensoriale.

Ho affiancato registi come Dino Risi, ho avuto la responsabilità dell’ufficio stampa per la soap-opera “Un posto al sole” (Raitre) e la gestione organizzativo-redazionale di vari programmi televisivi.

Dopo aver seguito il casting della trasmissione “Sottovoce” di Gigi Marzullo, oggi sono parte integrante della redazione di RaiUno Cultura e, da dodici anni, seguo “Mille e un Libro – Scrittori in tv” sempre con il celebre giornalista e conduttore televisivo italiano.

Eccessiva in tutto, non conosco mezze misure, ossessionata dall’immagine e dalle diete, pronta a mettere al servizio di Undici Edizioni la mia esperienza con l’intricato – e pericoloso – universo dell’ “apparire” con il mio primo libro “Le ho provate tutte” (libro tragicomico che parla di diete) che uscirà a marzo in concomitanza con la giornata mondiale sui problemi alimentari.

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Come definiresti il tuo stile artistico? C’è qualche regista al quale ti ispiri?

Purtroppo dovendo seguire degli schemi molto specifici all’interno della mia azienda (la Rai) non posso mai esprimermi come vorrei realmente, ma ciò non toglie che io non abbia dei miti cinematografici, dei modelli ai quali ispirarmi.

Io direi Bernardo Bertolucci e Luca Guadagnino tra gli italiani mentre, tra i registi stranieri, amo molto Woody Allen; i suoi dialoghi improvvisati mi divertono molto e poi Martin Zandvliet che ha diretto uno dei film più belli che abbia mai visto, “Land of mine”, una trama drammatica di guerra del 2015.

Chi sono secondo te i più bravi registi nel panorama internazionale? E con chi di loro vorresti lavorare e perché?

Bertolucci e il suo allievo Luca Guadagnino, due italiani che hanno sbarcato il lunario. Perché amo una cinematografia lenta, non di azione, amo la poesia che riescono a trasmettere attraverso le loro storie. Per me tre cose sono importantissime in un film, la fotografia, la scelta oculata degli attori, e le musiche. A mio avviso non è necessario spendere cifre esorbitanti per fare un capolavoro cinematografico.

Quanto è importante nel cinema lo studio e la disciplina? Perché secondo te, un giovane che volesse lavorare nel mondo del cinema o della televisione deve studiare, perfezionarsi e fare esperienza?

Personalmente ritengo che si impari molto di più sul set facendo pratica, che stando sui libri. Certo la teoria serve per perfezionare certe tecniche di ripresa, ma la pratica senza dubbio è la miglior scuola.

Chi sono stati i tuoi maestri?

Tanti, troppi, ma il più grande e il più importante il regista Dino Risi che mi ha fatto anche un po’ da padre. E poi aggiungerei anche Massimo Troisi. Per la televisione, dire il giornalista napoletano Pascal Vicedomini, al quale devo molto, e con lui ho fatto le mie esperienze più belle a livello lavorativo.

Alcuni programmi televisivi fanno passare l’idea che per diventare artisti o attori, basta solo avere fortuna ed essere lanciati dalla “notorietà social o televisiva”. Tu che ne pensi di questo fenomeno?

Per quanto mi riguarda, in Italia, c’è poca meritocrazia a livello televisivo, anche perché lavorare in televisione è diventato più difficile, mentre al cinema, ci sono attori e registi giovani molto bravi.

Comunicare in modo visivo e tramite la musica significa superare le rigide classificazioni basate sul linguaggio verbale da cui la gente non riesca a staccarsi. Le parole hanno un significato molto soggettivo e altrettanto limitato, e circoscrivono subito l’effetto denotativo che può avere un’opera d’arte a livello emotivo e subconscio. Il cinema è fortemente legato a quel tipo di espressione, perché di solito i contenuti più importanti di un film sono ancora affidati al veicolo delle parole. Poi c’è un’emozione che li sostiene, ci sono gli attori che generano sensazioni, e via dicendo. Ma sostanzialmente è comunicazione verbale.» (Conversazione con Stanley Kubrick su 2001 di Maurice Rapf, 1969). Cosa pensi di queste parole di Kubrick? Qual è la tua posizione in merito alla tipologia di linguaggio che dovrebbe essere usato nel cinema, ma anche nella TV, per essere più incisivi con lo spettatore?

Quest’anno, se non sbaglio, cade il 50esimo anniversario del film “2001 Odissea nello spazio”. Credo che Kubrick sapesse utilizzare, meglio di qualsiasi altro autore e regista, la musica operistica, mettendola a servizio del grande schermo, quasi riscrivendola, connotando il suo linguaggio visivo ed il suo stile con estrema eleganza e padronanza. Quel film capolavoro ne è, appunto, una testimonianza calzante. Kubrick è da considerarsi un maestro celeberrimo anche per la brillante confluenza di generi con cui si è confrontato nella sua carriera, realizzando ogni film diverso dall’altro.

Oggi nel cinema dovrebbe essere utilizzato, a mio avviso, un linguaggio diretto e che non trascuri i dettami principali della settima arte: far pensare e riflettere a fondo, emozionare, stupire, sognare. Il cinema non dovrebbe perdere la dilatazione del racconto, i tempi lenti e minuziosi, continuando a differenziarsi dal linguaggio televisivo. Credo che la TV, avendo una diffusione più ampia, dovrebbe riacquistare la capacità educativa che aveva un tempo.

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Qual è il ruolo della critica cinematografica oggi? Quale dovrebbe essere a tuo parere il suo vero compito per promuovere la cultura del cinema?

Innanzitutto la critica cinematografica deve esprimersi con estrema sincerità e non essere mai troppo di parte e mai troppo buonista. Lo dice la parola stessa “critica”, nel bene o nel male, deve saper indirizzare e guidare lo spettatore con estrema obiettività, alla scelta di un film, cosa non facile, anche perché è inevitabile non mettere il proprio gusto personale in ciò che si è visto. Ma il critico deve conoscere molto bene tutti gli aspetti della cinematografia, dalla fotografia, dalla regia, dalla recitazione, alla sceneggiatura e avere un quadro molto completo del tutto.

 

Ci parli dei tuoi ultimi lavori e dei lavori in corso di realizzazione?

Io sono regista Rai, ma non sono mai stata sotto i riflettori, giro servizi, intervisto scrittori, lavorando nello specifico in un programma su Raiuno che si occupa di libri. Ma niente di più. Sto finendo la stesura di un corto sul bullismo. In primavera dovremmo cominciare le riprese. Chissà che qualcuno non si accorga di me.

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

 Immagina una convention all’americana, Patrizia, tenuta in un teatro italiano, con qualche migliaio di adolescenti appassionati di teatro e cinema. Sei invitata ad aprire il simposio con una tua introduzione di quindici minuti. Cosa diresti a tutti quei ragazzi per appassionarli al mondo della recitazione, del teatro e del cinema? Quali secondo te le tre cose più importanti da raccontare loro?

Ma sai, io mi sono appassionata più che al teatro al cinema perché ho avuto la fortuna di vivere in casa con il grande regista italiano Dino Risi e conosciuto tanti, ma tanti attori e registi di grosso calibro. Ho lavorato su vari set, ma come apprendista, ho iniziato all’età di 17 anni. Spiavo e allo stesso tempo osservavo il loro mondo nei dettagli. Spesso stavo in un angolo al freddo in silenzio, anche di notte, ma non mi perdevo mai una scena, una battuta.

Poi tornando a casa, mi chiudevo in bagno facevo finta di dirigere un film, e con grande entusiasmo mi immedesimavo nella parte. Collezionavo dvd di ogni genere e mi riguardavo per ore sempre le stesse scene fino ad impararle a memoria ma capii già da allora che la recitazione non faceva per me; la regia, senza dubbio, mi affascinava di più. Cosa direi a una platea di ragazzi per appassionarli? Intanto di crederci fino in fondo a ciò che vorrebbero fare, e poi di studiare, studiare e ancora studiare, di non avere mai la presunzione di essere arrivati al traguardo. Di mettersi in una posizione di umiltà e imparare da chi ha più esperienza di loro. Di abbracciare qualunque genere teatrale, cinematografico e poi, alla fine di un percorso completo, si arriva da soli a capire ciò che si ama di più e ciò che è più consono per noi stessi.

Dove potranno seguirti i tuo ammiratori e i tuoi fan?

Bella domanda. Ma io non credo di aver mai avuto dei fan, se non mio figlio e i miei amici più stretti. Comunque su Facebook, con il mio soprannome: Papy Caldonazzo.

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Grazie Patrizia Caldonazzo.

 

Patrizia Caldonazzo

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Andrea Giostra

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Massimo Troisi: 5 serate evento a Napoli

massimo troisi

Per lui non vale il detto che è del Papa, morto un Troisi non se ne fa un altro“. Così recitava Roberto Benigni in una poesia dedicata all’amico Massimo Troisi prematuramente scomparso a 41 anni. Era il 4 giugno 1994, un attacco cardiaco gli fu fatale: erano appena terminate le riprese de Il Postino.

A 24 anni di distanza dalla sua morte, anni durante i quali amici e familiari hanno sempre lavorato per tenerne vivo il ricordo di artista unico (poeta, attore, comico, regista), arriva l’annuncio di un grande evento commemorativo.

I promotori del progetto, nonché direttori artistici, sono Lello Arena ed Enzo Decaro, con cui Massimo Troisi esordì ne La Smorfia negli anni Settanta. Nel 2018 si festeggiano, tra l’altro, i 40 anni di questo indimenticabile trio comico: dopo il teatro, a consegnarli definitivamente al successo fu la TV con trasmissioni come Non stop, La sberla, Luna Park, Giochiamo al varieté.

L’originalità del gruppo, a nostro avviso piuttosto notevole, sta nell’aver forzato i limiti un po’ angusti del linguaggio meramente cabarettistico, attingendo ai repertori della farsa tradizionale e del teatro popolare partenopeo. Ne è nato insomma un singolare modo di far spettacolo che unisce l’ironia sofisticata della comicità plebea, i demenziali tormentoni, le brucianti riflessioni sulla Napoli di oggi.

Renato Palazzi, Corriere della Sera (25 ottobre 1979)

Coinvolto nell’iniziativa è anche il regista Stefano Veneruso, nipote di Troisi.

L’idea, in lavorazione da circa un anno, è stata presentata ufficialmente al sindaco di Napoli Luigi de Magistris e all’assessore Nino Daniele che hanno deciso di realizzarla.

Si tratta di una rassegna strutturata in 5 giorni, dal 18 al 24 giugno, dedicata alle produzioni teatrali, televisive e cinematografiche di Troisi. Tra gli ospiti diversi professionisti del mondo dello spettacolo che hanno lavorato con lui. Grande spazio sarà dato anche a filmati della sua vita privata e a sketch inediti.

L’attrazione principale sarà il maxi schermo installato in piazza  del Plebiscito. Ogni serata avrà un tema portante, una sorta di filo conduttore che sarà sviluppato sotto forma di dibattito/show attraverso testimonianze, aneddoti e contributi.

In fase di lavorazione c’è inoltre una mostra: costumi, oggetti di scena, reperti originali dei set dei film di Massimo Troisi e degli spettacoli de La Smorfia.

https://www.youtube.com/watch?v=LQlmbSFCVjQ

Massimo Troisi: 5 serate evento

“Questa iniziativa – ha affermato Lello Arena – è per me la realizzazione di un sogno che pensavo impossibile perché l’avevamo chiesta ad altre amministrazioni senza mai avere risposta. E’ per tutti noi l’occasione per ricordare un’assenza dolorosa ma anche un genio, un comico straordinario, un amico”. Queste le 5 serate evento in programma:

Donne di Massimo / Pensavo fosse amore invece era un calesse
No Stop / Ricomincio da tre
Amici di Massimo “A casa di Massimo / Non ci resta che piangere
Fans famosi / Scusate il ritardo
Poesia / Il Postino

Massimo Troisi, 23 anni senza l’artista

massimo troisi

Ironico, schivo, riservato, generoso, scaltro, genuino: con la sua gestualità, la sua mimica, la sua espressività e quel talento innato che affondava le sue radici nelle viscere della Napoli più vera, Massimo Troisi era riuscito a fare breccia nei cuori degli Italiani, un posto che è riuscito a conservare intatto anche dopo la sua prematura scomparsa.

Era il 4 giugno 1994, Massimo Troisi aveva solo 41 anni e a tradirlo fu proprio il suo cuore: un attacco cardiaco, conseguente a febbri reumatiche, lo condusse alla morte.

Pochi giorni prima aveva terminato le riprese del capolavoro che lo avrebbe definitivamente consegnato all’Olimpo dei grandi: Il Postino. Quella pellicola, una sorta di testamento artistico che gli è valso un posto di diritto tra i grandi interpreti del cinema italiano, sarebbe poi stata candidata a due premi Oscar (miglior attore e miglior sceneggiatura non originale).

Un talento forse incompreso o magari capito tardi, certamente sottovalutato dai più, eppure la comicità mai volgare del “Pulcinella senza maschera“, quel nuovo ventaglio di emozioni e sentimenti portato a teatro e a cinema (timidezza, timore, riserbo, insicurezza, smarrimento, incertezza) e il tentativo di uscire dai luoghi comuni sulla napoletanità, dagli stereotipi del “pizza camorra e mandolino” e dai cliché visti e rivisti dei suoi predecessori, ne hanno fatto un’icona immortale nel cinema italiano, un vanto nel mondo.

Prima il teatro, il sodalizio artistico con Arena e Decaro, poi la televisione e il grande schermo, le collaborazioni con l’amico Pino Daniele, con Roberto Benigni, con Anna Pavignano, con cui scrisse le sceneggiature di tutti i film eccetto Non ci resta che piangere: la carriera di Massimo Troisi è costellata di grandi nomi a cui dobbiamo il merito di averne conservato il ricordo gelosamente, ma non troppo, continuando a regalare al pubblico aneddoti che lo riguardavano, continuando a raccontare dell’amico e collega Massimo, dell’attore e uomo, per farlo conoscere, per farlo capire, per mantenerne vivido il ricordo negli anni.

Grazie a tutti loro, agli amici di Massimo Troisi, alla famiglia, ai colleghi, ai fan, anche le generazioni più giovani oggi provano la curiosità di scoprire questo grande interprete, avvertendolo come qualcosa di ancora molto vicino e attuale, qualcosa per cui vale anche la pena di impegnarsi un po’ a comprenderne la lingua, quel napoletano che Massimo Troisi non aveva mai voluto abbandonare del tutto.

Per lui non vale il detto che è del Papa
Morto un Troisi non se ne fa un altro
Roberto Benigni

E fu subito amore: in ricordo di Massimo Troisi

In occasione del 23esimo anniversario della morte di Massimo Troisi il fratello Luigi, fondatore dell’associazione A Casa di Massimo, ha organizzato la serata evento E fu subito amore. Si terrà  nella biblioteca di Villa Bruno il 4 giugno alle ore 19.30.

La celebrazione, ad ingresso gratuito, è patrocinata dalla Città di San Giorgio a Cremano. Sarà un omaggio al grande Massimo, con la visione di filmati noti e inediti, la letture di sue poesie, performance di danza e musica ispirate alle sue opere e ai suoi film.

Tra questi, grande rilievo sarà dato a Il Postino.

Il Postino rappresenta quel trionfo internazionale che Troisi sperava di avere e che non ha fatto in tempo a godersi.
The Washington Times

Troisi dà al suo personaggio una verità e una semplicità che significa tutto.
The New York Times