Felicia Impastato: Rai1 ricorda Peppino

felicia impastato

Andrà in onda su Rai 1 martedì 10 maggio il film di Gianfranco Albano che, in occasione del 38esimo anniversario dell’assassinio per mano mafiosa di Peppino Impastato, ne ripercorre la storia dal punto di vista di un personaggio fondamentale: sua madre Felicia Impastato.

Scritto da Diego De Silva con Monica Zapelli (che ha firmato anche I cento passi), il film, prodotto da Metto Levi con RaiFiction, si intitola, appunto, Felicia Impastato, donna che con determinazione ha sempre cercato e fortemente voluto la verità per suo figlio. Nei panni della protagonista troviamo Lunetta Savino: nel cast con lei anche Carmelo Galati che interpreta Giovanni Impastato, il quale ha collaborato in prima persona alla realizzazione del film, che si concentra appunto su tutto ciò che è avvenuto dopo la morte del giovane, sulla battaglia portata avanti dai suoi cari in difesa dell’operato e della memoria di Peppino.

Peppino, giornalista e attivista di Cinisi (Palermo), morì  a soli 30 anni per mano mafiosa: era il 9 maggio del 1978, durante la campagna elettorale. Peppino era candidato nella lista di Democrazia Proletaria, per le comunali, ma non seppe mai i risultati di quelle votazioni: i tanti avvertimenti che aveva ricevuto nei giorni precedenti si concretizzarono in un attentato nel quale perse la vita.

Il giovane portava avanti, contro il volere di parte della sua famiglia (legata alle cosche criminali locali) un’attività politica e culturale antimafiosa, sia sul giornale da lui fondato, sia attraverso le attività dei gruppi comunisti sia sulla radio da lui fondata e finanziata. Nel programma Onda pazza ironizzava e si prendeva gioco dei mafiosi del posto ed era la trasmissione satirica più seguita. La sua radio libera cessò le trasmissioni dopo l’attentato, ma nel 2011 è rinata sotto forma dell’Associazione Radio Aut, in accordo col fratello Giovanni e i compagni di Peppino: l’associazione si ispira ovviamente ai valori antimafiosi e di legalità che furono di Peppino e porta avanti molteplici attività, grazie a volenterosi e appassionati giovani del posto.

lunetta savino_felicia impastato

È stato proprio grazie a Felicia Impastato che Peppino ha avuto giustizia, dopo anni di depistaggi e occhi volutamente chiusi: le autorità, subito dopo il ritrovamento del corpo straziato del giovane rifiutarono l’ipotesi dell’attentato mafioso. Il cadavere era adagiato sopra chili di tritolo: secondo gli inquirenti Peppino era rimasto ucciso dalla bomba con cui si accingeva a compiere un attentato sulla linea ferroviaria. La pista mafiosa per lungo tempo non fu vagliata, ma mai si arresero a quella interpretazione dei fatti gli amici, la madre e il fratello: grazie alla loro incessante attività la vera matrice del delitto fu individuata, l’inchiesta fu riaperta e finalmente conclusa nel 2001, quando i due imputati furono condannati (uno all’ergastolo e l’altro a 30 anni di reclusione).

Mio figlio non sopportava le ingiustizie”, “Mio figlio non era un terrorista”, “Io non voglio vendetta, voglio giustizia”, Felicia Impastato lo ha gridato per 23 anni, non si è mai arresa, mai fermata, mai scoraggiata. Si è opposta alla logica mafiosa e non si è mai piegata alle ingiustizie di quelle autorità che per anni hanno voltato le spalle alla verità, spinta solo dalla forza dell’amore. La via gliel’aveva mostrata suo figlio, lei ha solo portato avanti il suo messaggio, avendolo capito fino in fondo, un messaggio di coraggio, libertà, giustizia.

Nelle poche interviste rilasciate in questi anni Felicia Impastato si è sempre mostrata forte e determinata, e tale viene ricordata anche da chi la conosceva bene: mai una lacrima, mai un momento di debolezza, per lo meno in pubblico, salvo poi farsi del male quando era sola nella sua stanza dove, dinanzi alla foto di Peppino, si riempiva la testa di pugni fino a coprirsi di lividi e stordirsi, come si legge anche nel saggio di Giacomo Di Girolamo “Dormono sulla collina”. Ad 80 anni ha trovato al forza di testimoniare in tribunale e puntare il dito contro i colpevoli della morte del figlio, dopo tante battaglie: è riuscita a vedere gli assassini condannati e si è sempre detta orgogliosa di quel figlio che tanto amava, che aveva cercato di mettere in guardia quando era in vita e che ha continuato a difendere anche da morto.

Felicia Impastato e le donne-coraggio di Lunetta Savino

Lunetta Savino, prolifica attrice per il cinema, la televisione e il teatro, non è nuova a ruoli di questo tipo: proprio con il regista Gianfranco Albano aveva già interpretato una donna-coraggio, la signora Lucia, nel film che raccontava la storia vera di Fulvio Frisone e della sua famiglia. E ancora, nel 2008 ha vinto il Premio Flaiano come Miglior attrice tv per il ruolo di Silvana Fucito nel film Il coraggio di Angela, in cui vestiva i panni dell’imprenditrice napoletana impegnata nella lotta alla camorra. Altro ruolo importante di mamma, anche questo decisivo per il Premio Flaiano del 2015, quello di Vincenzina Mennea, nella miniserie Rai dedicata all’atleta olimpionico Pietro Mennea.

 

 Nato nella terra dei vespri e degli aranci, tra Cinisi e Palermo parlava alla sua radio,
 negli occhi si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di giustizia che lo portò a lottare,
 aveva un cognome ingombrante e rispettato, di certo in quell’ambiente da lui poco onorato,
 si sa dove si nasce ma non come si muore e non se un ideale ti porterà dolore.

(I cento passi, Modena City Ramblers)

 

Cine50: rassegna gratuita a Palazzo delle Esposizioni

luci del varietà_cine50

Si intitola Cine50 la nuova rassegna proposta dal Palazzo delle Esposizioni di Roma, dedicata ai grandi film del cinema italiano degli anni Cinquanta, un decennio che ha fatto scuola grazie a nomi come quelli di Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Vittorio De Sica, Dino Risi, Roberto Rossellini, Luchino Visconti.

Questi sono solo alcuni dei registi protagonisti degli appuntamenti di Cine50, che fanno seguito a quelli dedicati agli anni Sessanta e Settanta, due viaggi a ritroso che hanno riscosso grande successo e grande partecipazione.

La passeggiata indietro nel tempo giunge ora al decennio del neorealismo italiano, che vide il suo massimo splendore tra il 1945 e il 1951, movimento che ebbe enorme influenza anche sul cinema di altri Paesi e che, a sua volta, deve molto a quello francese.

Il regime di Mussolini e la guerra avevano lasciato l’Italia in una grave situazione di povertà e crisi e, nello specifico, il settore cinematografico aveva subito un durissimo ridimensionamento, perdendo il suo fulcro e quel lustro che aveva avuto in precedenza. Gli studios di Cinecittà, rinomati per i set e le scenografie curate, ormai non ospitavano più produzioni di livello.

I registi si spostarono nelle strade, tra la gente comune, immersi nella cruda verità di un’Italia stretta nella morsa della miseria, della fame, della disoccupazione.

I grandi maestri del neorealismo italiano sconvolgono col loro nuovo linguaggio espressivo, teso a evidenziare le crisi della piccola storia che stava facendo i conti con la grande storia, quelle crisi che però il genio di quei registi sapevano essere terreno di una rivoluzione imminente.

Lo schermo si apre alle contraddizioni di un Paese sulla soglia della rinascita, le pellicole si fanno terreno di storie nuove e sconvolgenti, che scavano nella desolazione e in cui fa capolino la modernità.

Parallelamente a questo bisogno di verità, di riappropriazione della propria dimensione storica, negli italiani si fece avanti, nel periodo postbellico, anche un fisiologico bisogno di divertimento ed evasione, che cinematograficamente si va ad incanalare nel filone della commedia all’italiana, dove la fanno da padroni grandi nomi come quelli di Mario  Monicelli e Luigi Comencini, affiancati da colossi quali gli indimenticabili e indimenticati Totò, Peppino De Filippo e Alberto Sordi.

L’espressione fu coniata in riferimento al titolo di uno dei più grandi successi di questo genere cinematografico, il film Divorzio all’italiana di Pietro Germi. Pur avendo una vena comica che spinge al riso, si tratta comunque di una risata spesso amara. Il neorealismo non è del tutto dimenticato o sorpassato e la commedia all’italiana non è del tutto leggera e disimpegnata: aderisce comunque alla realtà con riferimenti critici e pungenti e tematiche fortemente sentite (in Divorzio all’italiana, ad esempio, il delitto d’onore).

Cine50 vuole raccontare tutto questo: una passeggiata che vedrà il suo avvio venerdì 8 aprile con Luci del Varietà, pellicola di Fellini del 1950.

luci del varietà

Si andrà avanti fino al 22 maggio, serata di chiusura affidata ad Estate violenta di Valerio Zurlini, film del 1959.

estate violenta

Cine50: il programma

Il calendario di Cine50 prevede uno o più appuntamenti al giorno (41 film in tutto): gli ingressi alle proiezioni sono tutti gratuiti e i posti vengono assegnati a partire da un’ora prima dell’inizio. La possibilità di prenotare è riservata solo ai possessori della membership card.

Miracolo a Milano (De Sica, 1959), Domenica d’Agosto (Emmer, 1950), Cronaca di un amore (Antonioni, 1950), I Vitelloni (Fellini, 1953), Le notti bianche (Visconti, 1957), I soliti ignoti (Monicelli, 1959): questi sono solo alcuni dei film in programma per Cine50, dall’8 aprile al 22 maggio presso la Sala Cinema del Palazzo delle Esposizioni di Roma

CinemaDays

Anche quest’anno, dopo il grande successo dell’anno scorso, torna l’iniziativa “CinemaDays”.

Da lunedì 11 a giovedì 14 aprile i biglietti del cinema costeranno di meno: tre euro per tutti i film in formato tradizionale e cinque per quelli proiettati in 3D.

L’iniziativa “CinemaDays” è promossa dalle associazioni dell’industria cinematografica ANEC (Associazione Nazionale Esercenti Cinema), dall’ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive) e dall’ANEM (Associazione Nazionale Esercenti Multiplex) con il sostegno dalla Direzione Generale Cinema del MiBACT (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo).

La precedente edizione di “CinemaDays”, che si è svolta tra il 12 e il 15 ottobre 2015, fece registrare numeri da record: quasi due milioni di persone si recarono nelle oltre duemila sale cinematografiche aderenti all’iniziativa. In quei quattro giorni furono incassati 5 milioni e 580mila euro; un incremento di quasi il 90% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

L’obiettivo delle Associazioni promotrici di “CinemaDays” è quello di riportare il pubblico ad affollare i cinema. Il settore è sempre più in crisi soprattutto a causa del costo dei biglietti: in alcuni casi, per guardare un film in 3D, si arriva a spendere anche più di dieci euro.

Questa edizione di “CinemaDays” registrerà un aumento di partecipazione delle sale cinematografiche aderenti; saranno infatti 2500 in tutta Italia.

A Roma e provincia più di cinquanta cinema ridurranno il costo dei biglietti di ingresso nel periodo 11/14 aprile; parteciperanno all’iniziativa tutti i multiplex del circuito The Space e UCI oltre alle storiche sale quali il Farnese a Piazza Campo de’ Fiori, l’Adriano a Piazza Cavour e il Barberini a Piazza Barberini.

Il pubblico che si recherà al cinema nei giorni della promozione avrà la fortuna di assistere ad alcune tra le prime visioni più attese della stagione.

Tra le tante uscite delle prime settimane di aprile, infatti, sono previste quelle del nuovo film del comico inglese Sacha Baron Cohen Grimsby – Attenti a quell’altro e la nuova versione del classico Disney Il libro della giungla.

Le pellicole per le quali si prevede maggior partecipazione saranno sicuramente il cartone animato Kung Fu Panda 3, della DreamWorks Animation, ed il colossal fumettistico Batman v Superman: Dawn of Justice, entrambi già in programmazione.

Sicuri di ottenere un nuovo successo i rappresentanti delle Associazioni dell’industria cinematografica hanno assicurato che una nuova edizione di “CinemaDays” è prevista per l’autunno del 2016.

In futuro l’iniziativa dovrebbe essere estesa a tutto il corso dell’anno con l’introduzione del biglietto a tre euro per un giorno fisso a settimana.

Nel frattempo aspettiamo con entusiasmo questa nuova edizione di “CinemaDays” per godersi quattro giorni di grandi film e, perché no, godere di un importante risparmio economico.

Giuseppe Loris Ienco

 

 

“Swing Club”: la Torino “jazzista” che pochi conoscono

"Compro Oro. Vivere Jazz, Vivere Swing"

“Compro Oro. Vivere Jazz, Vivere Swing”

Torino, ani 60′-70‘”. Una città operaia nel vero senso del termine. Buona parte del quotidiano ruotava attorno alla FIAT, l’icona ella filiera automobilistica italiana. Una città che, a partire dal primissimo dopo guerra fino a buona parte degli anni 80′, ha conosciuto i picchi più alti dell’immigrazione nostrana. Immigrazione che, purtroppo, fece conoscere anche i lati più oscuri, più brutti, fatti di odio e intolleranza. Sgomento e amaro in bocca regnarono per anni anche nella città Sabauda. Non solo questo e il lungo periodo degli “anni di piombo“.

Via Botero”. Il cuore del centro storico torinese, a pochi passi da Corso Galileo Ferraris, Piazza Solferino e dal Museo Egizio. E’ qui che nacque, tantissimi anni fa, lo Swing Club. Un’isola felice? Un’incantevole oasi? Semplicemente un delizioso, piacevole angolo artistico-culturale e musicale che, per poco più di due decenni, è stato il luogo dove si son esibiti i nomi più importanti del jazz americano. Fondato da Marco Barazzotto, gestito successivamente da Nini Questa e Toni Lama, allo Swing Club sono approdati e sin esibiti nomi del calibro di Mal Waldron, Art Farmer, Lou Bennett, Dizzy Reece, Slide Hampton, Barry “Kid” Martin, Michel Roque, Charlie Beal, Phil Wood, la European Rhythm Machine capitanata da George Gruntz, Henry Texier e Daniel Humair, Kenny Clarke, Art Blakey, Gato Barbieri e Chet Baker. Fra i migliori interpreti di uno dei generi più amati in assoluto nel Grande Continente, Giorgio Bartolucci e Ruben Bellavia. Tutti mostri sacri che hanno scritto pagine importanti della storia musicale a stelle e strisce, raccontando però significativi aneddoti anche nel nostro paese. “Subito dopo Parigi, varcare le porte torinesi era, per loro, una missione d’obbligo”. Musica di altri tempi faceva da padrona dentro le mura del noto locale: uno stile musicale che spingeva le menti umane ad immergersi e concentrarsi solo sulle note e la melodia, senza minimamente lasciar spazio ad altre questioni o pensieri.

"Swing Club"

“Swing Club”

Il giornalista Piero Angela, il regista Pupi Avati, Tullio De Piscopo, Enrico Rava e Dino Piana, i testimonial d’eccellenza di un periodo particolare, bello e, forse, unico per la città di Torino. Oggi dello Swing Club rimane solo un nome che ha fatto storia e tanti ricordi. Il tempio musicale è stato sostituito da un esercizio commerciale “Compro Oro”, ma questo non ha impedito di far tornare alla luce quegli anni. “Compro Oro. Vivere jazz, Vivere Swing”. Da un’idea di Toni Lama, un film documentario, con la regia dello stesso Lama e di Marino Bronzino che cura anche la sceneggiatura insieme a Giulia Passera. I brani, componenti la colonna sonora, portano la firma di Fabio Giachino. Un’idea, un progetto che ha avuto il pieno appoggio del Piemonte Doc Film Fund; è disponibile, a partire da oggi, presso la sala cinematografica “Fratelli Marx”, fino al 01 novembre e dai primi del prossimo mese in poi, lo si potrà vedere scaricandolo dalla piattaforma Ownair. Presto e su richiesta, vedremo questo documentario anche in altri cinema d’Italia.

Vivere Jazz, Vivere Swing”: “la Torino “jazzista” che fu” Solo pochi intenditori, fortemente nostalgici, la ricordano. Letteralmente sconosciuta alle generazioni odierne.