Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Confesso che, inizialmente, non percepivo soverchie difficoltà nel’introdurre l’importante intervista che la Dott.ssa Sara Zago ha concesso alla Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca; immediatamente – però – l’attenzione è stata catturata dai nomi delle personalità a cui si fa cenno e che generano profondi sentimenti di stima, di ammirazione, di rispetto e, perché no, di sano orgoglio nazionale per il loro spessore umano, medico, scientifico e culturale.

Sono le migliori intelligenze che arricchiscono e qualificano il nostro paese e tutti noi dobbiamo essere loro grati per la preziosa attività di ricerca e cura che svolgono a beneficio della comunità.

Con tutta umiltà mi accingo quindi a presentarli.

Prof. Sante Tura  Direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia, Professore Emerito dell’Università di Bologna, ematologo e ricercatore a livello mondiale, uno dei padri della ematologia italiana, Presidente dell’A.I.L. di Bologna, già Direttore dell’Istituto Ematologico del Policlinico S.Orsola di Bologna e direttore dell’Istituto “L. e A. Seràgnoli“, autore di numerosi testi scientifici.

Il video che presentiamo illustra la vastità e la fondamentale importanza dell’opera che svolge il Prof. Sante Tura

Prof. Franco Mandelli Libero docente in Patologia Speciale Medica e Metodologia Clinica, in Clinica Generale e terapia Medica, libero docente in Ematologia, ha diretto la Scuola di Specializzazione in Ematologia dell’Università “Sapienza” di Roma. Professore emerito di Ematologia dell’Università “ Sapienza” di Roma, ha creato la casa A.I.L. “residenza Vanessa” situata nelle immediate vicinanze del centro di Ematologia, per alloggiare gratuitamente malati di fuori Roma.
Presidente dell’A.I.L., l’Associazione Italiana contro le Leucemie, linfomi e mieloma.
Presidente della Fondazione G.I.M.EM.A. (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto).
Primario emerito di Ematologia del Policlinico “Umberto I” di Roma.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

La Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca incontra la Dr.ssa Sara Zago, Responsabile di Casa A.I.L. Bologna

L’A.I.L. nasce nel 1969 a Roma da un’intuizione del Prof. Franco Mandelli grazie al contributo di illustri personalità del mondo della medicina, della scienza, dell’economia e della cultura. L’acronimo A.I.L. oggi è super conosciuto e significa Associazione contro le Leucemie, Linfomi e Mieloma.
Da oltre 45 anni, l’A.I.L. promuove e sostiene la ricerca scientifica. Oggi ci troviamo in una casa in cui si vive tutto intensamente e, sapere che abbiamo una manciata di minuti per parlarne, è frustrante. Parliamo di Casa A.I.L., una solida realtà che a Bologna funziona da 11 anni.
Le Case A.I.L. oggi realizzate rappresentano un passaggio importante nel percorso dell’Associazione verso l’obiettivo finale: dotare ciascun centro di cura di una propria residenza. Il Servizio è offerto da 36 Sezioni in Italia e sono sempre poche. Noi oggi ci occupiamo della realtà bolognese ed abbiamo con noi la Dr.ssa Sara Zago che è la Responsabile della sua gestione. Una premessa doverosa: la realtà ematologica e Casa A.I.L. fanno capo ad una persona che, di fatto, non ha mai lasciato l’Ospedale Sant’Orsola, dove ha lavorato come eccellente ricercatore, ematologo e Presidente dell’A.I.L., attività che ricopre a tutt’oggi. Ovviamente stiamo parlando del Professor Sante Tura, al quale va il nostro ringraziamento per averci fatto concedere questa intervista.

Dr.ssa Zago, ci descrive Casa A.I.L. con le caratteristiche e le attività che raccoglie al suo interno?
Casa A.I.L. è la casa di accoglienza di Bologna che gestisce l’Associazione contro le leucemie ed è attiva dal 2005. E’stata costruita dalla Fondazione Seràgnoli, per la precisione, dalla Dr.ssa Isabella e data alla nostra Associazione in comodato gratuito. Casa A.I.L. ha lo scopo di accogliere i pazienti onco-ematologici che non risiedono a Bologna e sono in cura presso l’Ematologia dentro il Sant’ Orsola di Bologna. E’ un’accoglienza gratuita, nel senso che non si paga nessuna retta, gli ospiti possono fare un’offerta all’Associazione. C’è una collaborazione molto stretta tra Casa A.I.L. e l’Ematologia perché avviene tramite una richiesta medica del dottore che ha in cura il paziente ed indica anche il periodo di permanenza di cui necessita nella Casa.

Parliamo di un’Associazione no profit, cosa tiene economicamente in piedi una così vasta struttura?
L’Associazione è una Onlus e mantiene Casa A.I.L. come uno dei tanti servizi di assistenza che ha attivi come statuto. Casa A.I.L. si mantiene tramite la grandissima raccolta fondi di privati, aziende e sostenitori. Questo consente di coprire la manutenzione ordinaria della Casa, cioè pagare tutti i dipendenti, il custode che è una presenza attiva 24 ore su 24, le bollette ecc. Grazie, invece, alla Fondazione Seràgnoli, abbiamo un sostengo economico che ci consente di affrontare la manutenzione straordinaria, gli imprevisti che sono tanti e richiedono grosse cifre.

Quali sono i rapporti fra Ematologia e Casa A.I.L.?
I rapporti tra noi e l’Istituto di Ematologia sono continuativi ed importanti. La Casa ha disponibili 12 camere da letto. C’è una collaborazione quotidiana tra noi, i dottori, le capo sale che fa sì che la struttura sia sempre al massimo dell’efficienza e della ricettività. L’ospedale ci garantisce di sapere quando una persona viene dimessa e quindi c’è un avvicendamento. Per l’Ematologia è molto importante l’esistenza di casa A.I.L. perché consente di avere un posto in anticipo anche verso i cittadini di Bologna. Ad esempio, una persona che viene da fuori e non sta ancora bene può fermarsi a Casa A.I.L. per rimanere vicino all’ambulatorio e, nel contempo, l’Ematologia può prendere in carico un altro paziente. L’afflusso di pazienti a Casa A.I.L. è grande perché l’Ematologia porta avanti tante terapie sperimentali che non vengono fatte in altri Centri, infatti non a caso la realtà ematologica di Bologna è un punto di riferimento a livello nazionale ed europeo.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Cosa significa il cognome Seràgnoli per l’Ematologia e Casa A.I.L.?
Significa moltissimo. L’Ematologia è stata voluta e costruita dalla Dr.ssa Isabella Seràgnoli che è Vice Presidente dell’A.I.L. di Bologna ed è proprietaria di Casa A.I.L., tramite la sua fondazione. La sua è una presenza discreta ma costante, grazie alle sue opere disponiamo di un ambiente così accogliente, curata in ogni particolare. Con il suo contributo costante, ogni anno, la Fondazione ci supporta, perché con il passare del tempo, le esigenze aumentano, cresce la struttura e quindi aumentano la gestione e le necessità.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Lei gestisce una grande attività, coadiuvata da tante colleghe, ce ne parla? Quali sono le campagne che vi contraddistinguono e adesso qual è la più vicina nel tempo?
La più vicina è il Natale. Viene fatto un vero e proprio catalogo di doni, rivolto a privati, ad aziende che possono sostenere casa A.I.L., la ricerca scientifica, creando un buono solidale. Questa campagna è fatta da tutte le mie colleghe e ci vede impegnate da ottobre a gennaio. La campagna porta molti fondi, importanti non solo per casa A.I.L. ma anche per tutte le attività. Come le dicevo, qui c’è un lavoro di squadra, lavorano tante colleghe, qui nella casa e nell’ufficio che è all’interno dell’ospedale. Ognuno porta in questa attività i propri talenti perché da soli non si va da nessuna parte. C’è anche una Dottoressa, Responsabile del Servizio di Psicologia Clinica, che ci supporta tutti con i suoi preziosi consigli. Casa A.I.L. è anche una bella realtà perché è sempre animata da un flusso di volontari, che danno il loro contributo per ogni attività, offrono il loro tempo, le loro capacità e propongono campagne, corsi di cucina ecc…

Il Volontariato è il cemento di questa Casa, come si diventa volontari A.I.L.?
Per diventare volontari bisogna sostenere un colloquio iniziale con cui si manifestano le proprie disponibilità. Dopo si prendono in esame le varie possibilità d’impiego: di accoglienza ai nuovi arrivati nel pomeriggio, con i quali si prende un tè. L’impiego non è solo nella Casa ma anche nei reparti, nel servizio di navetta che accompagna i pazienti da casa all’ospedale e viceversa. Ovviamente l’impegno è totale e di tutti nelle Campagne di Natale e di Pasqua che ci permettono dei grandi ricavi.
Nulla di quello che qui succede è lasciato al caso. Si cura l’ammalato, la sua sfera familiare, offrendo ospitalità, serenità, comprensione ed assistenza psicologica. Queste persone sono consapevoli di vivere uno stato di malattia nella situazione più ottimale possibile o ha notato talvolta resistenza, ovviamente causata dal meccanismo della malattia?
Le persone che vengono ospitate in Casa A.I.L., inizialmente, sono sbalorditi perché si trovano in un ambiente che non è una propaggine dell’ospedale ma una vera casa, accogliente, pulitissima, confortevole e si percepisce il loro sollievo. Sanno di dover combattere una grande battaglia, ma comprendono di non essere soli a farlo. Questo grazie da parte loro è per noi un incentivo a fare sempre meglio, lo trasmettiamo a chi lavora dietro e tutti ce ne nutriamo assieme all’aiuto psicologico per non demotivarci e non sentirci impotenti dinanzi alla gravità della malattia. Nell’ingresso di Casa A.I.L. c’è un grosso book dove si può lasciare il proprio stato d’animo e noi, leggendoli, ci rendiamo conto di quanto conti, per chi è malato, il sostegno, la compagnia, la consapevolezza di non essere lasciato solo di fronte alla lotta per guarire.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Cosa riceve lei da questo, chiamiamolo, “lavoro”? Possiamo dire che aiutare gli altri significa anche aiutare noi stessi?
Sicuramente, non c’è dubbio. Penso che non ci sia niente di meglio per valorizzare noi stessi. Quello che riceviamo ci consente di estraniarci dalla malattia e considerare anche i momenti belli che si vivono, come i matrimoni, la nascita di un figlio. E’ un lavoro in cui ci vuole un certo distacco per non lasciarsi invadere dallo scoraggiamento, dal sapere che certi casi sono disperati. Occorre fare squadra per poter guardare avanti con speranza e fiducia. Come in tutti i lavori bisogna sapersi dosare ed apprezzare i bei momenti che, nonostante il dolore, ci sono.

Come si può aiutare CASA A.I.L.? Può darci i riferimenti diversificando le varie possibilità, per consentire a chi vuole rendersi utile di farlo compatibilmente con la propria disponibilità?
La maniera più semplice è partecipare alle campagne solidali come il Natale e la Pasqua. Si può contribuire facendo un dono, comprando uno dei tanti oggetti del catalogo. Si può fare un versamento sul conto corrente intestato o direttamente in ufficio a Casa A.I.L.. Tutte le modalità e le informazioni sono poi sul nostro sito che è: www.ailbologna.it Si aiuta anche facendo opera di divulgazione dappertutto, dall’ambiente familiare a quello di lavoro.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Ascoltiamo adesso due presenze che, in questo momento, stanno svolgendo il loro volontariato: Maria ed Angela.
Cosa vi ha spinto ad impegnarvi in questo campo?
Maria: Io ero rimasta sola ed avevo già fatto volontariato. Questo lavoro a me dà tantissimo e condivido il parere che aiutare è uno scambio reciproco di forza e di gioia che ti fa amare la vita.
Angela: io ho lavorato in ospedale per tanto tempo. Quando sono andata in pensione, ho pensato che aiutare chi soffre era quello che desideravo. Ho iniziato 11 anni fa e sono ancor qui, convinta di aver fatto la cosa giusta perché si riceve più di quello che si dà.

Grazie a Maria ed Angela, due dei tanti angeli che popolano questa Casa. Ci sono luoghi dove la musica arriva dal cuore, dice Samuele Bersani in un video girato per A.I.L. Io vi assicuro che, dopo essere venuti in questa Casa ed avere osservato il lavoro svolto in ogni ambito, andando via, si ricordano i sorrisi di questa grande squadra umana che si regala il lusso di rendere vivibile la sofferenza.

Ringrazio la Dott.ssa Sara Zago per la disponibilità e abbiamo preferito, oltre ai numeri, privilegiare il lato umano, perché Casa A.I.L. e tutto quello che racchiude, vuol dire solidarietà, donare per il piacere di farlo e soprattutto non fare mai spegnere l’amore per la vita. A tutti grazie per lavorare in silenzio e con rispetto per il disagio e la sofferenza. E’ questo, l’esempio più grande di cui tutti abbiamo bisogno.

Grazie alla Dott.ssa Sara Zago.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

 

Hafez Haidar

Hafez Haidar

Hafez Haidar, Scrittore, Saggista, Critico, ha la Cattedra all’università di Brescia, costantemente dedito ad iniziative che diffondono l’elevato concetto della parola Pace di cui la nostra società ne ha sempre più bisogno.

 

E’ motivo di orgoglio per il nostro giornale accogliere la Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca che intervista l’Esimio Prof. Hafez Haidar, personalità di grande caratura culturale ma – soprattutto – Uomo di Pace.

“Abbiamo l’onore, di ospitare il candidato al premio Nobel per la pace  Hafez Haidar. E’ anche Accademico Emerito, presidente di diversi comitati per i diritti umani, Cavaliere della Repubblica Italiana e Direttore Generale Internazionale della Camerata dei Poeti di Firenze.

Hafez Haidar è poeta e scrittore libanese per nascita ed italiano di adozione. Attualmente è Docente di Lingua e Letteratura Araba presso l’Università degli Studi di Pavia. E’ considerato uno dei maggiori studiosi delle religioni a livello mondiale (Dizionario Comparato delle religioni monoteistiche, ed. Piemme).

Ha curato e tradotto le seguenti opere: “Le ali spezzate di Gibran (Rizzoli ), Le ninfe della valle di Gibran (Tea, Ugo Guanda Editore), Le fiabe arabe (Rusconi, Bompiani ), Quartine del grande poeta Omar Khayyàm (Rizzoli , Fabbri editori), La città del mistero (Mondadori ), Il figlio dei cedri di Gibran (Mondadori ), Quando l’amore chiama seguilo (Piemme ), Dove nasce l’amore ( Piemme ), Sindbad e il falco sapiente (Mondadori ), Le mille e una notte ( Oscar Mondadori, Mondo Libri, Donna Moderna), La notte ti parlerò d’amore (Piemme-Mondadori), Il precursore e il folle ( Ugo Guanda ,Tea).

Il Prof. Hafez Haidar è inoltre autore della Letteratura araba (Rizzoli ), della Storia della scrittura araba antica e moderna, de Il Profeta (Romanzo –Piemme), del romanzo storico Il Custode del Corano ( Piemme ), dei romanzi bestseller Come sigillo sul tuo cuore, Maometto e i diamanti del Corano (Oscar Mondadori), Le donne che amavano Maometto (Piemme), Il viaggio notturno del Profeta (Piemme), La figlia prediletta del Profeta (Piemme ), Miriam a Gerusalemme (La Meridiana).

Hafez Haidar

Il 22 Novembre 2006 è stato insignito del Premio Internazionale Sorrento nel Mondo insieme a Lucio Dalla e Raffaele Lauro, alto commissario del Governo e Senatore della Repubblica Italiana

Cinquant’anni  dell’occupazione israeliana nei Territori non hanno portato alcun vero cambiamento nei rapporti fra israeliani e palestinesi. Gli accordi di Oslo del 1993, che sembravano annunciare la fine dell’occupazione israeliana e la nascita di uno Stato palestinese, sono finiti con i colpi degli attacchi suicidi di Hamas e Jihad islamico. Secondo lei avverrà un giorno il miracolo di vedere una coesistenza pacifica tra Israeliani e Palestinesi?

 I negoziati tra israeliani e palestinesi non hanno portato le due parti in conflitto ad una pace duratura né alla costituzione e al pieno riconoscimento della sovranità di due stati indipendenti.

Nel periodo successivo al 1948, anno in cui Israele ha occupato gran parte dei territori palestinesi e ha costretto migliaia di palestinesi ad abbandonare le loro case e a rifugiarsi in Libano, Siria, Giordania, Iraq ed Egitto, si sono susseguiti accordi che avrebbero dovuto mettere fine al conflitto tra Israeliani e Palestinesi:

-Accordi di Camp David tra il presidente egiziano Anwar al – Sadat e il capo del governo israeliano Menachem Begin, 1978.

-Conferenza di Madrid,1991.

-Accordi di Oslo, tra il capo del governo israeliano Yitzhak Rabin e il capo dell’Olp Yasser Arafat, 1993.

-Oslo II, 1995.

-Protocollo di Hebron tra Arafat e Netanyahu,1997.

– Vertice di Camp David tra Arafat ed Edhud Barak, capo del governo israeliano, 2000.

– Summit di Taba, 2001.

-Road Map for peace tra Mahmoud Abbas e Ariel Sharon, 2002.

-Iniziativa di pace araba,2002.

– Conferenza di Annapolis tra Abbas ed Edhud Olmert, 2007.

Per instaurare una pace duratura tra Israeliani e Palestinesi è necessario che i due popoli si incontrino a metà strada e lavorino per il bene comune, superando pregiudizi e luoghi comuni.

E’ necessario che:

  1. Gli Israeliani riconoscano ai Palestinesi il diritto di avere uno stato democratico e sovrano nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
  2. I Palestinesi riconoscano Israele come stato sovrano.
  3. I paesi che parlano di pace, ma forniscono armi alle parti in conflitto abbandonino una politica che mira all’arricchimento e alla distruzione di massa degli innocenti.
  4. Venga abbattuto il muro eretto da Israele per garantire la sicurezza dei propri cittadini.
  5. Siano erogati ai Palestinesi luce, acqua e generi alimentari.
  6. Siano bloccate le costruzioni abusive realizzate dai coloni israeliani nei  territori palestinesi.
  7. I religiosi e gli intellettuali si adoperino per una pace reale e duratura tra i due popoli.
  8. Si metta fine sia al terrorismo palestinese che alle rappresaglie militari israeliane: le forze in campo hanno causato migliaia di vittime innocenti.

–    Si attuino programmi culturali e di sviluppo economico e sanitario.

–  Si affidi all’Onu e alla Lega Araba il compito di garantire l’applicazione di un programma di pace nell’area, con l’appoggio dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e della Russia.

Gli intrecci tra poesia e fede nella cultura dell’Oriente sono il campo di ricerca nel quale da anni Lei, Prof. Hafez Haidar, è impegnato. Qual è lo scopo?

Grazie agli intrecci tra poesia e fede e ai numerosi punti in comune tra le diverse culture, vorrei creare un terreno fertile in cui si consolidino buoni rapporti culturali e religiosi tra Oriente ed Occidente, basati sulla conoscenza e il rispetto reciproco.

La poesia costituisce un pilastro fondamentale per far conoscere la cultura, le tradizioni, gli usi e i costumi di un popolo nonché la sua storia. Ho cercato di far conoscere all’Oriente poeti famosi come Dante Alighieri, Carducci e Quasimodo; nel frattempo ho portato in Italia i frutti poetici di Gibran e Omar Khayyam e ho scritto un’antologia della letteratura araba preislamica ed islamica. Sono convinto che la fede sia lo scrigno della nostra vita e della nostra civiltà, perciò conoscere la Bibbia, il Vangelo e il Corano ci aiuta a capire che nei tre Libri esiste un solo messaggio importante per tutta l’umanità: Dio è amore. La vita è un dono ed è un atto d’amore. Senza l’amore non possiamo costruire la pace e senza la pace non possiamo arrivare a conoscere i frutti della cultura per costruire un mondo migliore.

Da diciannove anni si spende infatti – attraverso libri, traduzioni, incontri – per diffondere l’amore, abbattere i muri della diffidenza, dell’odio e della violenza”. Questa crociata, Prof. Hafez Haidar, ha dato dei riscontri che la motivano a procedere per questa strada?

 Sì, i miei lavori sono apprezzati da ebrei, cristiani e musulmani. Molte persone hanno appoggiato le mie idee e mi hanno incoraggiato a proseguire il cammino per abbattere i muri dell’odio, della diffidenza e del razzismo. Ho l’onore di rappresentare, in qualità di ambasciatore, diverse associazioni  per i diritti umani, perciò mi sento in dovere di andare avanti, pur sapendo che la mia strada è ripida e tortuosa. Non mi stanco di raccontare l’amore, perché ho visto tante persone morire ingiustamente, a causa della guerra.

Quando il lettore apre la maggior parte dei suoi libri, dice Fava, il suo spirito naviga oltre la moschea, la sinagoga o la chiesa, verso orizzonti lontani, dove spunta un’abbagliante luce che rischiara le tenebre che talvolta intristiscono la mente e il cuore”. Quali sono le radici di questa differenza e divergenza fra le tre religioni?

 Dio è l’Unico Creatore per gli ebrei, per i cristiani e per i musulmani. Gli ebrei e i musulmani, però, non considerano Gesù il Messia e questo costituisce il primo punto di divergenza tra le tre religioni monoteistiche. Nel Corano, Maria è presentata come la prescelta di Dio, che ha concepito Gesù senza aver conosciuto alcun uomo. I libri sacri delle tre religioni sono accomunati dai dieci comandamenti, oltre che dallo stesso anelito verso Dio. In quest’epoca travagliata dall’odio, dalla sete di potere, dagli interessi commerciali, dalle guerre e dalla corsa agli armamenti, abbiamo bisogno di abbracciare la fede e di saper perdonare per raggiugere l’intensa luce della  nostra esistenza.

Lei è un grande stimatore di Gibran, lo definisce il suo Professore di Vita. Il suo libro “il Nuovo Profeta” porta un suo detto in copertina: “ Quando l’amore chiama, seguilo”.  Quando ha avvertito che il suo compito era quello di mettere la Scrittura e il suo insegnamento al servizio della Pace?

 Vengo da un paese che era considerato la Svizzera del Medio Oriente per la sua bellezza, nel quale il conflitto palestinese israeliano e la guerra civile (1975- 1990) ha purtroppo causato la morte di 195 mila persone, il ferimento di oltre 230 mila persone e la distruzione di tanti paesi e villaggi. Non potevo che abbracciare il messaggio di pace di Ghandi, Mandela e Gibran. Il mio nuovo libro riprende la forma dialogica del Profeta scritto dal mio Maestro Gibran, ma presenta contenuti più attuali. Racchiude gli insegnamenti dell’Ultimo Profeta, che parte da Sorrento per giungere a Gerusalemme, e del figlio di questi, che si prodiga per salvare la vita di due innamorati, l’ebrea Miriam e il musulmano Omar.

Con il passare degli anni ho scoperto che il mio compito è quello di scrivere per diffondere la pace, la libertà, la giustizia e la dignità della donna.

Hafez Haidar

Ha sempre, quindi ancora oggi, dentro di sé due identità, una libanese e l’altra italiana, quale prevale? Si ritiene un cittadino del mondo?

 Amo immensamente il Libano perché è la terra delle mie origini, da dove ho tratto le mie radici, ma amo altrettanto l’Italia: ho sposato un’italiana, da cui ho avuto due figli, e ho tanti amici. Questo Paese mi ha permesso di crescere e conoscere la storia, la cultura e l’arte degli altri popoli senza pregiudizi. Sono innamorato dell’Oriente e dell’Occidente, perciò mi considero cittadino del mondo, assetato di apprendere e di trasmettere agli altri, con umiltà, i suoi insegnamenti.

L’insegnamento è un impegno a cui lei tiene in modo particolare, ha fatto centinaia di incontri con giovani studenti. Cosa ha portato con sé da questi incontri e cosa pensa dei giovani di oggi?

Io credo fermamente nei giovani, sono il futuro del nostro paese, perciò ho cercato di incontrarli e di far capire loro quanto sia importante il dialogo e il rispetto reciproco. Ho parlato loro di alcuni argomenti importanti come il terrorismo, gli uomini giusti che combattono per i diritti umani, come il grande romanziere egiziano Nagib Mahfuz, Malala, Tawwakul Karman, Papa Francesco, Noa, Madre Teresa di Calcutta. Inoltre, dopo aver recitato per 14 anni nelle scuole storie tratte da Le mille e una notte, ho scritto e illustrato Le mille e una notte Junior perché i ragazzi mi avevano chiesto di realizzare un testo adatto a loro. Grazie all’Associazione Iplac http://www.circoloiplac.com/  il mio libro è diventato oggetto di un concorso grafico letterario nazionale per le scuole tenutosi a Roma. I giovani d’oggi hanno bisogno di essere ascoltati, capiti, apprezzati, indirizzati.

Prof. Hafez Haidar, tra i numerosissimi premi che ha ricevuto, qual’ è quello a cui tiene di più?

 Ogni premio riveste per me un grande significato; è difficile scegliere, in un giardino variopinto, il fiore più bello. Se proprio devo scegliere, però, penso al premio dell’Onu che ho ottenuto durante l’ultima missione umanitaria alla frontiera tra Libano ed Israele il 5 Settembre 2016

Questo suo impegno per la pace è stato anche riconosciuto dal Governo Libanese se non mi sbaglio. Prof. Hafez Haidar, in che modo è stato valutato?

Durante il mio ultimo viaggio in Libano, tra il mese d’agosto e il mese di settembre del 2016, presso il Circolo della stampa, gli scrittori, i poeti, i giornalisti e il Rettore dell’Università libanese mi hanno conferito il premio alla Cultura da parte dell’Università libanese e il premio degli scrittori arabi da parte dell’Associazione degli scrittori e dei giornalisti. Inoltre, presso la sede dell’Unesco di Beirut, il ministro dell’Informazione mi ha premiato con la targa dell’Informazione e del giornalismo. Anche il ministro della cultura mi ha conferito il premio alla cultura. Il governo libanese ha assicurato il suo appoggio alla mia candidatura al premio Nobel per la Pace.

 Cosa ne pensa dell’Amore, Prof. Hafez Haidar , come somma di tutti quei sentimenti che creano un legame, a partire da quello per una donna, per  i figli, la famiglia, i popoli?

Tutto ciò che esiste sotto il Firmamento, palpita come un cuore innamorato. Persino le rocce, le piante, i fiori amano e si librano nello sconfinato spazio sotto la cupola celeste trafitta dai raggi del Sole. Nell’amore non c’è differenza tra il nobile e il paggio, tra il re e il ciambellano, poiché tutti possiamo provare gli stessi profondi sentimenti e siamo venuti alla luce grazie all’amore.

E quando l’amore bussa, bisogna subito aprirgli la porta del nostro cuore per permettergli di trasportarci nell’Eden dei sentimenti.

Ci troveremo allora in un mondo immaginifico e surreale, dove il cielo, la terra, il mare e il bosco si tramuteranno in nidi, nei quali gli innamorati si sveglieranno abbracciati quando la notte penetrerà nel giorno e si addormenteranno avvinghiati quando il giorno si tramuterà in notte.

L’amore racchiude la melodia del creato, le note dell’Eternità e la sinfonia di tutto ciò che è passato, presente e futuro. E’ la nostra provvista quotidiana e la nostra ancora di salvezza nei momenti ottenebrati dalle avversità del tempo.

In esso ci rifugiamo. Cerchiamo protezione sotto le sue ali ed esso ci accoglie come una madre soave e ci consola per permetterci di librarci nuovamente sotto un cielo tempestato di stelle scintillanti.

Come la purpurea rosa ha bisogno della rugiada, della brezza mattutina e dei baci del Sole per emanare il suo fragrante profumo, così l’amore ha bisogno di emozioni, sospiri, palpiti per far sbocciare i propri petali al cospetto del Sole e della Luna.

Amatevi e abbracciatevi, in modo che possiate scoprire il segreto dell’esistenza e il melodioso canto della vita.

A quali Autori, oltre Gibran, Lei è affezionato, anche italiano?

Sono affezionato a Dante Alighieri, Manzoni, Neruda, Tagore, Umberto Eco e William Shakespeare

 Un consiglio a chi studia la lingua araba, qual è l’approccio migliore con questa lingua e il suo paese?

Consiglierei a coloro che intraprendono questo importante cammino di imparare con passione ed amore la lingua, perché chi possiede una lingua possiede un intero popolo. Chi studia una lingua, deve anche conoscere la storia e la civiltà dei popoli che la parlano, senza pregiudizi.

Chi desidera imparare l’arabo, deve studiarlo almeno per un anno in Egitto, Tunisia, Libano.  

 Prof. Hafez Haidar, sono centinaia le sue frasi significative e indimenticabili. Ce ne dice una per Lei particolarmente aderente al suo pensiero e al suo vissuto?

La cultura è il pane della vita, la pace è il sentiero degli uomini assetati di luce, giustizia, libertà, speranza e luce, l’Amore è il cuore dell’universo. Chi ama conosce i segreti del cuore e dell’anima.

Aiutate l’uomo a scoprire la luce e ad uscire dalle tenebre per abbracciare la luce.

Aiutate l’uomo privo di cuore a conoscere i frutti della gioia e dell’amore.

Aiutate l’uomo a portare le rose al posto delle armi.

Non uccidete l’amore nei vostri cuori né la fede nelle vostre anime.

Non odiate vostro padre né vostra madre perché sono il principio e l’origine della vostra vita.

Non tradite il vostro amico perché egli è lo scrigno delle vostre brame e dei vostri ricordi.

Chi ha ucciso un solo bambino ha ucciso tutta l’umanità.

Chi ha calpestato o maledetto un solo bambino,

ha spento tutte le candele dell’Amore di Dio nel suo cuore.

Chi ha violentato un sola ragazza inerme,

ha rabbuiato il cielo, la terra, il mondo intero…

 La vita è un libro traboccante di amori, gioie, dolori, sogni, speranze ed è pieno di colpi di scena. I protagonisti siamo noi, simili a stelle che adornano il cielo oppure a raggi di un intenso sole, oppure ad una tempesta o ad un uragano. Sì, la vita è un cammino lungo, tortuoso e ripido, che racchiude i nostri segreti e custodisce i nostri sogni. Sforziamoci di vivere intensamente ogni istante della nostra esistenza perché il tempo vola come un lampo in un ciel sereno. Anche quando ci renderemo conto di essere diventati anziani, non dovremo rassegnarci all’amarezza o alla disperazione, ma dovremo continuare ad amare, sognare, respirare la fragranza di una bella rosa appena sbocciata, abbracciare il sole, l’aria, il vento, il buio, l’acqua, il cuore della vita.

La vita è un libro aperto che racchiude tra le sue pagine il passato, il presente e il futuro che non è ancora stato scritto. Iniziate a scriverlo con i battiti del vostro cuore.

Hafez Haidar

Salutiamo il Prof. Hafez Haidar augurandoci che le sue battaglie ci portino a quella che adesso sembra un’utopia: dopo una guerra, due Paesi potrebbero siglare un trattato di pace, accettando di non combattere mai più. Gli uomini si assomigliano più di quanto essi stessi pensino, al di sopra di ogni Credo. Gibran dice:

Religione?
Cos’è? Io conosco solo la vita.
Vita significa il campo,
il vigneto e il telaio…
La Chiesa è dentro di te.
Tu stesso sei il suo sacerdote ”

Ringraziamo la Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca per aver condiviso con il nostro giornale l’intervista al Prof. Hafez Haidar.

 

 

 

 

L’Anfora di Calliope

l'anfora di calliope

L’Anfora di Calliope, non il semplice Concorso Letterario che si affianca agli innumerevoli Concorsi, forse troppi e non sempre di rilevante qualità artistica, che sono banditi da realtà le più disparate o, fortunatamente, – in un ristretto numero di casi – altamente improbabili.

Un Concorso Letterario non deve soddisfare ” l’Ego ” primario dello scrittore, la sua giustificata e comprensibile spinta di cimentarsi e proporsi al grande pubblico, di inseguire ad ogni costo la pubblicazione della sua opera; un Concorso Letterario deve interpretare il suo importante ruolo di veicolazione degli scritti e trasmettere ai partecipanti la certezza che tutti gli elaborati meritano una approfondita, serena ed equilibrata valutazione da parte della Giuria che – al suo interno – deve possedere personalità di solido spessore culturale e ricche di un trascorso di scrittori, poeti, giornalisti nel mondo artistico.

E’ deleterio formare una Giuria di nomi eccellenti, testimonial d’effetto o personaggi politici al solo scopo di attrarre interesse che al termine, nella realtà, non realizza il più importante scopo a vantaggio dello scrittore e cioè valorizzarne l’opera, fornire indicazioni migliorative quando necessario, porle in una sana, non effimera e mai distruttiva competizione.

D’altronde migliorarsi nella costruzione della frase, utilizzare correttamente la lingua italiana, avere come “riferimento” le 5 regole di base (esordio, complicazioni, trasformazione o punto di svolta, apice della tensione narrativa, conclusione) implica anche affrontare delusioni; tutto però deve aiutarci a migliorare i nostri scritti.

Anche la sana competizione, non necessariamente vittoriosa, ci fornisce importanti strumenti per migliorare la nostra esperienza e crescita letteraria.

Nella Danza la parola d’ordine è “provare, provare ed ancora provare” , per noi è “scrivere, scrivere ed ancora scrivere”.

Queste considerazioni mi conducono a presentare il Concorso Letterario L’Anfora di Calliope – per poesie e racconti giunto alla IV Edizione in quanto racchiude in se tutti gli elementi qualitativi che ho appena enunciato e che lo pongono ad un livello di attenzione ben superiore a quanto attualmente presente nel panorama culturale.

La Giuria è presieduta dalla Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca, scrittrice, critica letteraria giornalista ben nota sia in Italia che all’estero e, della quale, riportiamo il seguente link per ragioni di spazio: https://www.caterinaguttadaurolabrasca.com/

L'Anfora di Calliope

che vi invito caldamente a leggere con attenzione; possiamo essere tranquilli che le nostre opere sono affidate ad una Presidente di Giuria ineccepibilmente preparata e con una cultura sopraffina.

L’Anfora di Calliope ci riserva anche una inedita e preziosa presenza e cioè il Dr. Hafez Haidar scrittore, saggista, docente universitario già candidato al Premio Nobel per la Pace che arricchisce il Concorso Letterario L’Anfora di Calliope ricoprendo la carica di Presidente onorario.

L'Anfora di Calliope

http://www.fattitaliani.it/2017/07/hafez-haidar-candidato-nobel-per-la.html

E’ notizia recente che Andrea Giostra, prolifico e poliedrico scrittore, commentatore di cui riportiamo il profilo culturale attraverso i seguenti link:

https://andreagiostrafilm.blogspot.it

https://www.facebook.com/andrea.giostra.37

https://plus.google.com/u/0/114620232579950145227

è stato meritatamente nominato quale Giurato del Premio Letterario Nazionale “L’Anfora di Calliope”; complimenti, un’altra perla che impreziosisce la rosa dei giurati.

L'Anfora di Calliope

Noi abbiamo partecipato, come autori, a vari Concorsi Letterari, li abbiamo poi banditi e realizzati fornendo ai candidati la certezza della qualità, della serietà, della dedizione e dell’equilibrio nel giudicare le opere; queste stesse doti sono racchiuse nel Concorso Letterario L’Anfora di Calliope e lo pongono ad un livello di affidabilità inusuale tanto da meritare la nostra partecipazione.

Rivolgo quindi un forte invito ai nostri amici poeti e scrittori di leggere il semplice Regolamento allegato e porre attenzione alla data di scadenza che è il 30 novembre 2017 con l’augurio di partecipare alla Cerimonia di premiazione del Concorso L’Anfora di Calliope del 14 aprile 2018 nella stupefacente cornice di Erice (TP).

Premio Letterario Nazionale L’anfora di calliope 2018

 

 

LA STORIA SIAMO NOI

caterina guttadauro la brasca

LA STORIA SIAMO NOI: Era la solita ora, pomeriggio inoltrato e nelle vie assolate di un povero paese della Sicilia si ripeteva lo stesso rituale: tre bambini avevano più o meno finito di fare i compiti ed erano sull’uscio di casa, pronti a fare qualsiasi cosa fosse loro chiesto pur di avere poi il permesso per andare a giocare a pallone, nella piazzetta antistante la chiesa.

Le mamme brontolavano ma erano maschietti e lo sport li aiutava a scaricare la loro vivacità e a farsi degli amici. Cosi Erasmo, Giuseppe e Gaetano si riunivano, strada facendo, e giù a rotta di collo, lungo la via acciottolata, con il rischio di percorrerla a capitombolo, se uno dei tre avesse perso il passo. La verità che raccontavano era tale solo in parte: si recavano sì nella piazzetta ma per andare al “Circolo dei Reduci”.

Era una casa a piano terra, malandata, dove seduti su delle sedie poco stabili c’erano i vecchi del paese, quelli che erano la sua storia, che erano andati in guerra ed avevano avuto la fortuna di tornare. Tre di loro portavano gli stessi nome di quei ragazzi dei quali erano i nonni. Un’insegna di cartone, attaccata alla porta con lo spago e che regolarmente cadeva quando c’era vento, spiegava a chi aveva la fortuna di sapere leggere, che coloro che si riunivano in quella casa erano uniti da un passato di eroismo e di battaglie che, tenuti in vita dalle parole, erano diventati ricordi.

Tutti e tre avevano servito la loro Patria, ognuno in modo diverso dall’altro ma con lo stesso patriottismo e lo stesso coraggio. Quasi tutti avevano un bastone a cui si appoggiavano per alzarsi, le ferite di guerra parlavano ancora e l’intensità del dolore non permetteva loro di dimenticare. In quella misera stanza, ogni giorno, si consumava la liturgia del racconto ed erano diventati così bravi che se uno si fermava perché quasi soffocato dal fumo del sigaro, ripetutamente aspirato e spento, l’altro continuava anche per lui.

caterina guttadauro

Le donne non capivano questa necessità di parlare sempre del passato, soprattutto ai ragazzi che potevano rimanere turbati.

Ma i vecchi erano testardi e sapevano che credere in qualcosa significava lottare perché non sia dimenticata. Così i ragazzi si accovacciavano ai loro piedi e, in religioso silenzio, ascoltavano quello che tre giovani soldati avevano fatto nella seconda guerra mondiale per farli nascere in una terra più libera. Erasmo era stato ben cinque anni in guerra, spesi in parte a combattere e in parte prigioniero degli Inglesi che gli avevano rubato l’infanzia dei suoi figli. Giuseppe era il più malridotto dei tre: arruolato fresco di laurea, fu mandato in prima linea, al comando di un drappello di uomini coraggiosi. Era il primo ad andare all’assalto e l’ultimo a rientrare. Già, perché allora si combatteva così, corpo a corpo ed a fermarti erano solo le bombe o la morte. Tutte le volte che rientravano da un’operazione, Giuseppe contava i suoi uomini e, se qualcuno mancava all’appello, si tornava indietro a cercarlo, vivo o morto. Durante una ritirata, ormai sopraffatti dalla superiorità numerica del nemico, fu individuato e, mentre correva, per sfuggire alle bombe che piovevano dall’alto ed al fuoco di una mitragliatrice che si faceva strada tra gli alberi, saltò dentro un pozzo dove riuscì, fortunatamente, a trovare un appiglio: era un arbusto dalle profonde radici che lo sosteneva mentre le sue gambe, ferite, penzolavano inerti dentro l’acqua di un inverno ghiacciato. Quella notte – Giuseppe pensò – che fosse l’ultima e proprio mentre lasciava andare le mani, ormai ferite per la lunga presa, prima di perdere i sensi sentì una voce che gridava:« Venite, qui c’è il Capitano.» Lo salvarono ma le sue gambe rimasero per sempre indolenzite.

LA STORIA SIAMO NOI

Gaetano era il più giovane dei tre e il suo amor patrio era pari alla sua voglia di vivere e divertirsi. Era sbadato e fu grato a Dio quando fu assegnato alla foresteria, lontano dal fronte dove sarebbe andato incontro a morte sicura. Il minimo rumore di combattimento lo disorientava al punto da fargli mollare qualunque comando stesse eseguendo per rifugiarsi in qualche posto più sicuro.

Quando arrivò ala conclusione che nessuna guerra poteva essere la sua, decise di accorciare i tempi e si cacciò uno spicchio d’aglio dentro un orecchio. La paura aveva vinto sul coraggio ma spese notti intere a scrivere messaggi da recapitare ai familiari per quei feriti che non sarebbero più tornati.

Si procurò un’otite purulenta ed il Comando fu costretto a rimpatriarlo perché il timpano si danneggiò a tal punto da rimetterci l’udito. Le tasche della sua divisa, sopravvissuta anch’essa alla guerra, erano piene di bigliettini e, laddove fu possibile, arrivarono a destinazione. Tutti e tre erano partiti perché quando la Patria chiama il dovere impone di andare, ma in guerra ti misuri con te stesso oltre che con il nemico e, quando torni, ti accorgi che le macerie non sono solo fuori ma anche dentro di te. Questo volevano far capire ai loro nipoti: la guerra è decisa da uomini, combattuta da uomini e pianta da madri che perdono i loro figli, da mogli che perdono il loro marito e da figli che non conosceranno mai i loro padri. E così sarà finché l’uomo farà prevalere la violenza sulla parola, l’odio sull’amore, il proprio interesse su quello comune.

I ragazzi li ascoltavano a bocca aperta mentre, con gli occhi, inseguivano le immagini della mente. Il libro del tempo, poi, mosso dal vento della vita, sfogliò le sue pagine e quel vecchio Circolo divenne un luogo in cui tre giovani, assieme a coloro che credevano negli stessi ideali, combattevano una battaglia civile, senza bombe ma con l’uso della parola, rivendicando la libertà di espressione ed il rispetto dei diritti di tutti. Non c’erano più reduci e s’impegnavano perché nessuno potesse più definirsi tale.

A tarda notte, l’ultimo che chiudeva la porta, soprattutto quando c’era vento, alzava gli occhi a guardare l’insegna, tenuta salda dalla loro ispirazione, dal giusto equilibrio tra coraggio e ragione, dall’aver trovato un legame tra stimolo e risposta.

Qualcuno aveva loro detto che le idee sono quanto di più sacro l’uomo abbia e nessuno ha il diritto, in nome di nessun principio, di negargliele.

La Storia aveva dimostrato che quando questo principio era stato dimenticato, all’uomo era stata negata qualsiasi forma di libertà e, quindi, la vita.

La civiltà di un popolo si misura dalla sua capacità di crescere senza uccidere.

Era notte, i lampioni illuminavano la strada con spicchi di luce che sommati a quella di una grande luna, proiettavano, accanto ad ognuno la sua ombra, in compagnia della quale si ritornava a casa.

Come per un attimo Gaetano si sentì accanto qualcuno, si girò e si illuse di vedere tre vecchi, che con il loro sdentato sorriso, dicevano :« Bravi ragazzi, non siamo vissuti per niente se avete capito che La Storia siamo NOI.

Ringraziamo sentitamente l’autrice del racconto “La Storia siamo noi” Caterina Guttadauro La Brasca.

https://www.caterinaguttadaurolabrasca.com/