LA “NINNA NANNA” E I SUOI BENEFICI

LA “NINNA NANNA” E I SUOI BENEFICI

By Martina Servidio

Paola e Luca i miei affettuosi vicini di casa ma non voglio parlare di loro come condomini; nello scrivere questo articolo ho tratto spunto dalle riflessioni maturate insieme a loro circa l’importanza della “Ninna Nanna” nella sana ed equilibrata crescita di un neonato e del conseguente positivo rapporto tra genitori e figli.

In questo caso alludo a Federico, il loro splendido bimbo nato a febbraio.

Paola, medico pediatra,

LA “NINNA NANNA” E I SUOI BENEFICImi illustra che la “Ninna Nanna” è un antichissimo rituale utilizzato sin dai tempi più antichi per far rilassare e addormentare i bambini, ne sono testimonianza pitture e graffiti rupestri dell’età del paleolitico ritrovati nella grotta Chauvet (Francia), nella grotta Altamira (Spagna), nella grotta del Romito (Calabria) e nella grotta dell’Addaura (Sicilia).

Certamente sono figure…paleolitiche ma si intravede abbastanza chiaramente il bambino in braccio alla mamma, seduta.

La “Ninna Nanna” racchiude molte altre qualità benefiche e terapeutiche; è un naturale retaggio ancestrale, è innata nella donna, nella mamma e pone in relazione la madre e il bambino, è un intimo dialogo ricco di tonalità e sonorità.

Non vi sono dubbi, e la scienza lo ha dimostrato, che l’intelligenza e la predisposizione musicale è la più precoce a svilupparsi grazie anche alle sollecitazioni trasmesse con la “Ninna Nanna”; anche la predisposizione al dialogo è fortemente avvantaggiata dal dolce suono proveniente dai genitori.

Già dall’ottava settimana di gestazione il bambino percepisce le vibrazioni che i suoni generano e, dalla 24esima settimana, è costantemente in ascolto poiché l’apparato uditivo è completamente formato sia dal punto di vista morfologico che funzionale.

I bambini, anche prima della nascita, risultano avere un ottimo senso del ritmo ed i primi suoni con cui il bambino familiarizza sono il battito del cuore della madre, la sua voce e tutti i rumori del corpo di lei, dal respiro al liquido amniotico ai rumori legati alla digestione.

Anche parlare quando si è soli è una ottima pratica, il bimbo “sente” tutto ed impara.

E come si pone Luca, il papà di Ferdinando?

“Sono conscio dell’importanza della mia assidua presenza ed interazione con Ferdinando; la mia voce caratterizzata dalle basse frequenze è molto importante per la sua formazione e per trasmettergli forza e serenità con dolcezza; la mia è una “Ninna Nanna” un po’ diversa da quella di Paola ma si integrano perfettamente. Cerco di essere quanto più possibile vicino a Ferdinando e Paola magari sottraendo spazi alla mia attività; è anche un modo per trasmettere a nostro figlio il concetto della intercambiabilità ed integrazione tra genitori e ne sono felice”

LA “NINNA NANNA” E I SUOI BENEFICI

Nelle mie “Ninne Nanne”, dice Paola, la voce viene naturalmente modulata su toni alti ed espressioni dolci, vezzeggiativi, brevi frasi e qualche pausa così da indurre serenità e desiderio di vicinanza nel piccolo.

Nessuno ha insegnato alle mamme la tecnica per cantare, anzi sussurrare, la “Ninna Nanna”; è un dono naturale che le mamme racchiudono in se.

Come già detto la “Ninna Nanna” è un intimo dialogo caratterizzato dai toni e dalla sonorità tra i genitori e figlio fin dalla nascita e le modalità con cui il bimbo si strutturerà nel tempo saranno fondamentali per determinare le dimensioni emozionali dell’adulto di domani.

In altre parole poiché la crescita si modella anche sulle variabili sonore le “Ninne Nanne” dei genitori generano un clima di fiducia e sicurezza che porterà il bambino ad organizzare le sue esperienze future sulla base di quelle precedentemente acquisite.

Ora è tempo di lasciare Paola e Luca a sussurrare la loro “Ninna Nanna” a Ferdinando.

 E per sorridere…

LA “NINNA NANNA” E I SUOI BENEFICI

Grazie, Martina.

 

 

Stress scolastico

La notizia non è certamente una novità ma i dati diffusi il 28 marzo 2016 dal rapporto quadriennale sulla salute ed il benessere dei giovani, realizzato dall’ufficio europeo dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), confermano una triste verità: lo “Stress scolastico” è ancora diffusissimo ed in preoccupante crescita tra gli studenti.

La ricerca dell’OMS fa riferimento ai dati raccolti nel triennio 2013 –  2015 ed ha coinvolto i giovani nella fascia di età tra gli 11 e i 15 anni.

In Italia i numeri sono più preoccupanti rispetto al resto dell’Europa tuttavia i dati relativi al Belgio, al Portogallo e all’ Ungheria dovrebbero imporre una immediata riflessione ed un rapido avvio di una azione correttiva.

Più i ragazzi crescono meno hanno voglia di studiare; tra gli undicenni solo il 26% delle studentesse ed il 17% dei colleghi maschi afferma di essere felice di andare a scuola.

Con gli adolescenti, cioè con i quindicenni, va ancora peggio: la scuola piace solo al 10% delle ragazze e all’8% dei ragazzi.

Sono numeri lontanissimi da quelli riscontrati presso i giovani liceali armeni ed albanesi che vantano un sorprendente amore verso la scuola tanto da meritare il titolo di “primi della classe” in Europa; quasi il 68% delle studentesse ed il 48% dei colleghi studenti registrano un positivo rapporto con il sistema di insegnamento.

Uno dei motivi della disaffezione verso la scuola, in Italia, è probabilmente dovuto allo “Stress scolastico”: ne soffre ben il 72% delle ragazze di 15 anni ed il 51% dei ragazzi della stessa età.

La pressione è avvertita anche dai più piccoli; risulta infatti che un undicenne su due soffre per una scuola considerata troppo faticosa.

Le cause di “Stress scolastico” sono numerose: dal carico di studio ritenuto eccessivo alla preoccupazione per i compiti in classe, dalle interrogazioni ai cattivi rapporti con compagni e professori.

Tutto ciò affievolisce le motivazioni dello studente.

Lo “Stress scolastico” può portare a conseguenze dannose – a livello psichico e fisico – per il giovane in crescita: depressione, nervosismo, mal di testa e dolori addominali sono i disturbi più diffusi tra i ragazzi che non vivono serenamente nell’ambiente scolastico.

Per il professore Franco Cavallo, Ordinario di Epidemiologia dell’Università di Torino che ha curato i dati italiani raccolti dalla ricerca dell’OMS, una soluzione efficace potrebbe essere quella di riformare e “ritarare” i programmi scolastici che sono ancora legati a un modello di insegnamento ritenuto ormai superato.

Di fondamentale importanza è anche il ruolo dei genitori: il loro rapporto con gli insegnanti e le pressioni che alcune volte maldestramente esercitano sui figli possono condizionare il lavoro e la serenità degli studenti, soprattutto quelli frequentanti gli istituti superiori.

Lo stress condiziona, conseguentemente, l’andamento scolastico dei giovani italiani: solo il 50% delle quindicenni ed il 39% dei coetanei maschi consegue votazioni considerate buone o eccellenti.

A poco serve la solidarietà e l’aiuto tra compagni di classe per migliorare la situazione: il supporto tra colleghi è solamente “percepito” dal 75% degli studenti di scuole elementari e medie ma vediamo che il dato scende al 60% quando si affronta la scuola superiore.

L’approfondita ricerca svolta dall’OMS, i cui dati abbiamo necessariamente sintetizzato, dovrebbe indurre il sistema scolastico e tutti gli attori coinvolti (insegnanti, alunni e famiglie) ad approcciare con modalità differenti l’universo scuola che deve essere un luogo dove crescere ed imparare senza però perdere benessere e serenità.

Perseguendo l’obiettivo di trasmettere cultura e conoscenza nel benessere e nella serenità avremo le nuove generazioni capaci di gestire con equilibrio e saggezza il nostro supremo bene: “la res pubblica”

Giuseppe Loris Ienco