AI NEGRAMARO IL PREMIO AMNESTY INTERNATIONAL

AI NEGRAMARO IL PREMIO AMNESTY INTERNATIONAL

By Martina Servidio

Dalle mie parti” il brano dei Negramaro è la canzone vincitrice per il 2021 del Premio Amnesty International Italia nella sezione riservata ai big della canzone italiana, sezione creata nel 2003 da Amnesty International Italia e dall’associazione Voci per la Libertà per premiare il migliore brano sui diritti umani pubblicato nel corso dell’anno precedente.

AI NEGRAMARO IL PREMIO AMNESTY INTERNATIONALLa canzone, scritta da Giuliano Sangiorgi, parla di immigrazione ed è all’interno dell’album “Contatto”, pubblicato a novembre 2020

La premiazione avverrà il 25 luglio durante la serata finale della 24a edizione diVoci per la Libertà – Una canzone per Amnestyche quest’anno è legata al 60° anniversario di Amnesty International.

Il festival si terrà dal 23 al 25 luglio a Rosolina Mare (Rovigo) con molti ospiti musicali, che saranno annunciati prossimamente, e con le semifinali e finali della sezione emergenti del Premio Amnesty, il cui bando rimane aperto fino al 3 maggio (vedi www.vociperlaliberta.it)

Nel frattempo è già stato annunciato il primo semifinalista: è la band napoletana degli Aftersat che con il brano “Sanpapiè” si è aggiudicata il Premio Web 2021 di Voci per la Libertà.

Ecco le parole di Giuliano Sangiorgi all’annuncio del Premio: “Grazie! Grazie a tutti quelli che hanno compreso fino in fondo il testo di questa canzone e non sono caduti nella tentazione, comune a molti in questi periodi bui, di dirmi: ‘sei un cantante, canta!’. Sì, sono un cantante e canto quello che penso e penso quello che canto e quando si tratta di diritti umani non c’è silenzio che tenga”.

AI NEGRAMARO IL PREMIO AMNESTY INTERNATIONAL

Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ha invece affermato:’Dalle mie parti’ è un inno a un mondo senza discriminazioni e senza confini, un appello a porre fine alla contrapposizione mio/tuo in favore di un’appartenenza e di un’esistenza comune e condivisa. Abbiamo deciso di premiare un brano che a partire dal titolo dell’album di cui fa parte, ‘Contatto’, invita a superare le divisioni, acuite da un anno e mezzo di pandemia che ha isolato molte persone e ha incattivito e fatto sprofondare nel rancore tante altre, convinte che per difendere i propri diritti sia necessario toglierli ad altri. Ripartiamo dall’arte e dagli artisti, trascurati ed etichettati come produzione non essenziale ma che invece dimostrano quanto siano fondamentali, anche per promuovere i diritti umani“.

In corsa per il Premio c’erano anche: Eugenio Bennato con “W chi non conta niente” ; Samuele Bersani con “Le Abbagnale”; Coma_Cose feat. Stabber con “La rabbia”; Fulminacci con “Un fatto tuo personale” ; J-Ax feat. Paola Turci con “Siamesi”; Levante con “Tikibombom”; Francesca Michielin e Måneskin con “Stato di natura” ; Chadia Rodriguez feat Federica Carta con “Bella così”; Yo Yo Mundi con “Il silenzio che si sente”

Grazie, Martina

Foto e ufficio stampa: Monferr’Autore

monferrautore@gmail.com

 

Pena di morte

Il 6 aprile 2016 Amnesty International – l’organizzazione non governativa internazionale che promuove il rispetto dei diritti umani – ha diffuso i dati riguardanti la “Pena di morte” dove sono presentati i terribili numeri di condanne ed esecuzioni avvenute nel 2015.

La ONG, fondata nel 1961 e vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 1977, è impegnata da sempre nella lotta contro le violenze, le torture e le esecuzioni capitali che vengono perpetrate in tutto il mondo.

Uno degli scopi della Mission di Amnesty International è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale su questi temi ricorrendo alla realizzazione e diffusione di campagne informative, di inchieste e ricerche.

Quest’ultimo studio sulla “Pena di morte” presenta molte luci ma ancora, purtroppo, moltissime ombre.

Per la prima volta nella storia i paesi che non prevedono l’esecuzione capitale per alcun tipo di reato e che si possono definire “abolizionisti” rappresentano la maggioranza rispetto a quelli dove ancora vige l’ignominiosa “Pena di morte”; 102 nazioni hanno ormai messo al bando questa infamia umana.

L’inversione di tendenza è dovuta alla illuminata decisione attuata da quattro stati (Suriname, Madagascar, Fiji e Repubblica del Congo) che nel 2015 hanno abolito la “Pena di morte”.

Nel corso del 2016 anche la Mongolia si aggiungerà alla lista dei paesi “abolizionisti”.

Di contro, ed è questo il dato allarmante, il numero di esecuzioni in tutto il mondo registra una escalation drammatica ed infatti, nel 2015, sono stati giustiziati più di 1.634 prigionieri, più del doppio rispetto a quelli uccisi nel 2014.

Era da ben 27 anni che Amnesty International non registrava queste inquietanti cifre.

Il preoccupante aumento è legato soprattutto al Pakistan, all’ Arabia Saudita e all’ Iran, i paesi che più spesso ricorrono alle condanne a morte per punire chi viene riconosciuto colpevole di reato.

L’89% delle esecuzioni registrate da Amnesty International nel 2015 si sono svolte proprio in questi tre stati.

L’Iran guida la macabra classifica con 977 persone mandate al patibolo, ben 234 in più rispetto al 2014.

Oltre a questo terribile primato, l’Iran è anche l’ultimo stato al mondo che, violando il diritto internazionale, ancora oggi prevede la “Pena di morte” per i minori.

Il decreto per l’abolizione esiste dal 2004 ma non è stato mai applicato dalle istituzioni iraniane. Secondo la ricerca di Amnesty International nel 2015 quattro persone di età inferiore ai 18 anni sono state giustiziate a Teheran.

In Pakistan le persone uccise sono state 320 ed in Arabia Saudita 158, con un aumento del 76% rispetto al 2014.

Molte condanne a morte sono state emesse per reati che il diritto internazionale non riconosce come gravissimi; nei paesi più “attivi” ci sono stati detenuti portati al patibolo anche per reati di corruzione, adulterio e traffico di droga.

D’altronde ogni paese è sovrano e nulla gli si può imporre; solo la voce unitaria della comunità internazionale potrebbe percorrere l’unica via possibile: il dialogo per indurli alla riflessione.

La ricerca svolta dalla ONG non comprende però i dati sulla Cina che tratta questo tipo di informazioni come segreto di stato.

Il gigante asiatico, non a caso, è da sempre citato dalle ONG per gli abusi e le inadempienze riguardanti la salvaguardia e lo sviluppo dei diritti umani e delle libertà personali.

L’unico paese in Europa dove ancora giuridicamente vige la “Pena di morte” è la Bielorussia ma è corretto sottolineare che, nel 2015, nessun detenuto è stato giustiziato.

Dati incoraggianti vengono dall’Africa Subsahariana, dove il numero delle condanne emesse si è drasticamente ridotto; dalle 909 del 2014 alle 443 del 2015.

Il trend positivo si registra anche nelle Americhe, dove ormai quasi tutti gli stati hanno abolito le esecuzioni capitali tranne Trinidad e Tobago e U.S.A.

Negli Stati Uniti d’America ci sono state 28 esecuzioni – il numero più basso da 25 anni ad oggi – e 52 nuove condanne.

Amnesty International fotografa un mondo spaccato in due; sono stati compiuti importanti passi avanti ma, nonostante questo, sono ancora troppi i paesi che restano sordi ai richiami delle Associazioni e delle Istituzioni mondiali per il rispetto dei diritti umani.

Sono necessari maggiori sforzi ed importanti cambiamenti culturali per mandare definitivamente in pensione i boia di tutto il mondo e cancellare per sempre la “Pena di morte”.

Il processo di sensibilizzazione contro la “Pena di morte” è ormai iniziato, è irreversibile, il mondo intero abolirà la “Pena di morte”; è solo una questione di tempo.

 

Giuseppe Loris Ienco