Les étoiles: il gala della grande danza

les etoiles_roma 2017

Torna a Roma Les étoiles, il gala che porta in scena le grandi stelle della danza, i migliori ballerini provenienti dai più prestigiosi teatri del mondo.

Davide Dato e Liudmila Konovalova dal Balletto dell’Opera di ViennaTiler Peck, Amar RamasarGonzalo Garcia dal New York City BalletLucia Lacarra e Marlon Dino dal Teatro dell’Opera di Monaco di BavieraIvan Vasiliev e Maria Vinogradova dal Bolshoi di Mosca: sono loro les étoiles che saliranno sul palco dell’Auditorium Parco Della Musica, il 18 e 19 marzo.

Liudmila Konovaleva_les étoiles

Come per le precedenti edizioni, anche quest’anno Daniele Cipriani, ideatore e direttore artistico di Les étoiles, da anni impegnato nella produzione di spettacoli di danza, promette un gala di altissimo livello, dove sarà dato spazio ai grandi coreografi del passato e a quelli contemporanei, con assoli e passi a due.

davide dato_les étoiles

Lo spettacolo rientra nell’ambito della Rassegna Tersicore e quest’anno intende anche celebrare un importante compleanno: i 90 anni di Yuri Grigorovich, il grande coreografo e ballerino russo, vera e propria leggenda vivente, icona del balletto lirico e genio della danza del Novecento. Verrà omaggiato con un commovente passo a due tratto da Spartacus interpretato dai danzatori russi Vasiliev e Vinogradova.

Ivan Vasiliev_les étoiles

Les étoiles: il programma

Nomi altisonanti spiccano in questa terza edizione di Les étoiles. In programma una serata emozionante, dove a fare da padrona sarà l’arte della danza, portata in scena ai suoi massimi livelli da ballerini di fama internazionale.

Dato e Konovalova interpreteranno il Grand Pas Classique di Victor Gsovsky (musica Auber), Vasiliev e Vinogradova saranno i protagonisti di Diana e Atteone di Agrippina Vaganova, mentre per il Tschaikovsky Pas de Deux di George Balanchine saliranno sul palco Peck e Garcia.

Per quanto riguarda la sezione dei lavori più recenti, spicca un passo a due tratto da La Dama delle Camelie del coreografo americano Val Caniparoli su musica di Chopin, portato per la prima volta in Italia e danzato da Lacarra e Dino. Novità sono anche il passo a due di Christopher Wheeldon This Bitter Earth (remix di Max Richter dell’omonima canzone di Clyde Otis), che vedrà ballare insieme Peck e Ramasar, l’assolo interpretato da Davide Dato Labyrinth of Solitude di Patrick de Bana (musica Tomaso Antonio Vitali) e ancora Spiral Pass di Russell Maliphant (sound Mukul), danzato anche questo da Lacarra e Dino.

The cosmos is within us. We are made of star-stuff.
(Carl Sagan)

Angie: in scena la Compagnia degli Arti

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Gabriele Mazzucco torna a teatro con Angie: dopo Storia di mezzo, Il Fantasma della Garbatella, Il CatamaranoM’iscrivo ai terroristi, approda al Teatro Testaccio con questo  nuovo spettacolo, da lui scritto e diretto.

In scena, dal 9 al 12 febbraio, troviamo Andrea Alesio, Fabrizio Apolloni, Federica Orru’, Paola Raciti.

Lo spettacolo trae spunto da quella “maledizione” che nel corso dei decenni sembra essersi abbattuta su rockstar del calibro di Brian Jones, Jimmy Hendrix, Janis Joplin, Robert Johnson, Jim Morrison, Kurt Cobain, Amy Winehouse, tutti scomparsi a 27 anni in circostanze misteriose. Si è soliti usare, a tal proposito, l’espressione “Club of 27“.

In Angie questa maledizione è il frutto di un patto sottoscritto da Atena e Apollo: le vite delle famose icone musicali si intrecciano con le sorti del mondo, dei e semidei sono in lotta tra loro e le Muse, stanche di vedere le arti mortificate e il loro valore sminuito, hanno smesso di diffondere pace e amore attraverso la letteratura, la musica, la poesia, il canto, la danza.

Clio, Talia, Melpomene, Tersicore, Erato, Polimnia, Urania si sono “dimesse”, mentre Calliope, la più elegante e importante di tutte, è impazzita, andata completamente fuori di testa in seguito all’avvento dei social network. Unica e sola a difendere le forze del bene c’è Euterpe, ora chiamata Angie, interpretata da Fabrizio Apolloni. Il suo fedele aiutante è Aristeo, un lupo marsicano che ha abbandonato le sue sembianze (ma non il suo dialetto) diventando un semidio, interpretato da Andrea Alesio. Calliope è Federica Orru’ mentre Paola Raciti è Elisabetta, una ragazza attirata con l’inganno al centro della terra per salvare le sorti dell’umanità dall’attacco imminente e definitivo dei “Bobby Dylan”.

Chiaramente questo quadro surreale e fantastico, in cui si inseriscono divertenti momenti di comicità, è l’occasione per una riflessione sulla realtà quotidiana, oltre che sul nostro patrimonio musicale: e così, tra una Take me on degli a-ha e una Satisfaction dei Rolling Stones, Angie racconta con affetto e malinconia le storie di Brian, Robert, Kurt e Amy, narra dell’ultima serata a Venice Beach con Janis, Jim e Jimmy, prima che uno ad uno si togliessero la vita e scopriamo perché la prescelta è proprio Elisabetta.

Gabriele Mazzucco dipinge, con un sottofondo musicale rock, un affresco esilarante sulla società attuale, soffermandosi sull’eterna lotta tra il bene e il male che è dentro ogni essere umano e dentro ogni società, qualunque sia la sua epoca storica.

Nathan Sawaya: i Lego diventano arte

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The Art of the Brick è la dimostrazione che l’arte non ha confini né gabbie, che non esistono vincoli, che non esistono restrizioni quando si tratta di mettere in pratica la propria fantasia, il proprio estro e soprattutto la propria voglia di esprimersi e raccontare. Perché è questo quello che fa Nathan Sawaya.

Le sue creazioni sono la sua visione del mondo, sono la rappresentazione di una parte di sé e poco importa che per veicolare tutto ciò abbia scelto un materiale comunissimo, apparentemente insignificante e per definizione ascrivibile all’area ludica infantile.

Sì, perché Nathan Sawaya le sue spettacolari creazioni, esposte in The art of the Brick, le realizza con i mattoncini Lego.

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La mostra, definita dalla CNN “una una delle dieci mostre da vedere al mondo”, è attualmente in corso presso l’Auditorium Parco della Musica e resterà aperta fino al 26 febbraio. Oltre 85 le opere esposte, per un totale di circa un milione di mattoncini utilizzati da Nathan Sawaya, pluripremiato artista che vanta esposizioni in tutto il mondo, da New York a Los Angeles, da Melbourne a Shanghai, da Londra a Singapore.

Nathan Sawaya è stato il primo a vedere nei mattoncini del potenziale artistico e il primo a utilizzarli per creare sculture, giocando con forme, colori, luce e prospettiva. “Art is not optional” (L’arte non è un optional): sulla base di questo motto nel 2004 ha lasciato la sua carriera di avvocato per dedicarsi a tempo pieno all’attività di artista Lego, di “brickartist”, come si definisce lui stesso.

“Il mio soggetto preferito è la natura umana. Molte delle mie opere ricordano figure in transizione che rappresentano la metamorfosi che vivo nella mia vita personale. Le mie opere nascono dalle mie paure e dai miei traguardi, come avvocato e come artista, come ragazzo e come uomo”; altri temi ricorrenti nella produzione di Nathan Sawaya sono sicuramente l’amore, la perdita e l’arte.

Bellissima la sezione della mostra dedicata alle riproduzioni di celebri opere d’arte: dal David di Michelangelo a L’Urlo di Munch, dalla Monna Lisa di Leonardo a La ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer fino a Il bacio di Klimt.

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Monumentale e paurosamente realistico il T-Rex che chiude la mostra, realizzato con oltre 80 mila pezzi i quali, nell’insieme, rendono perfettamente l’effetto delle ossa dello scheletro dell’animale.

“Questa è una delle sculture più imponenti che abbia mai costruito, mi ha impegnato per un’intera estate e mi ha fatto quasi diventare matto realizzarla. Alla mia prima personale moltissimi visitatori erano bambini, ho voluto ringraziarli creando una scultura che potessero apprezzare proprio loro. Cosa avrebbe funzionato meglio di un dinosauro?”

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E per i bambini, ma non solo, è pensata l’area ricreativa compresa nel percorso, uno spazio interattivo dove poter giocare coi Lego o divertirsi con dei videogiochi a tema.

Lascia scorrere le tue idee migliori. Ogni volta che liberi la creatività, con la scrittura, l’arte, la musica o altro, le tue idee cominciano a vivere una vita propria; ecco perché devi prendere le idee migliori e liberarle. (Nathan Sawaya)

LOVE, a Roma l’arte incontra l’amore

LOVE Roma

LOVE, la mostra prodotta e organizzata da Dart – Chiostro del Bramante in collaborazione con Arthemisia Group a cura di Danilo Eccher si sta rivelando un grande successo. Inaugurata lo scorso 29 settembre presso il Chiostro del Bramante, resterà aperta al pubblico fino al 19 febbraio.

L’esposizione rientra nel programma di festeggiamenti per i 20 anni del Chiostro: una mostra dal respiro internazionale che ospita i più importanti artisti del panorama contemporaneo; opere eterogenee, capaci di incuriosire lo spettatore, di sollecitarlo su più piani sensoriali, di coinvolgerlo.

Appositi spazi creativi sono riservati al pubblico, a cui è data la possibilità di scrivere sulle pareti il proprio pensiero d’amore; tutto ciò che è esposto, inoltre, è liberamente fotografabile. Una mostra open access insomma che, non a caso, ha avuto un forte impatto sui social (hashtag ufficiale #chiostrolove).

LOVE mostra Roma

Yayoki Kusama, Tom Wesselmannm (tra i maggiori esponenti della Pop Art), Andy Warhol, Robert Indiana, gli eccentrici Gilbert & George, Tracey Emin, Marc Quinn, Joana Vasconcelos, Vanessa Beecroft, Nathalie Djurberg, Hans Berg, Ragnar Kjartansson, Mark Mandera, Ursula Mayer, Tracey Moffatt, Francesco Vezzoli (tra gli artisti visivi italiani contemporanei più conosciuti al mondo) e Francesco Clemente (considerato in America il più celebre artista italiano vivente): sono questi gli artisti presenti alla mostra che attraverso i loro linguaggi artistici diversi raccontano l’amore e le sue diverse sfaccettature. Amore disperato, amore violento, amore romantico, amore che supera le barriere e i confini della malattia, amore per la patria, amore materno, amore passionale: trovano spazio diverse sfumature del sentimento, raccontate attraverso disegni, video, sculture, installazioni.

Tra queste impossibile non menzionare All the Eternal Love I Have for the Pumpkins, tra le più instagrammate al mondo, di Yayoki Kusama, artista giapponese che ha fatto dell’amore (“l’amore per l’infinito e l’amore infinito“) il centro della sua opera.

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Gli incubi dell’amore sono invece al centro dell’installazione di Nathalie Djurberg e di Hans Berg, entrambi svedesi, artista-videomaker lei e musicista lui: il loro lavoro è caratterizzato da figure inquietanti, da ambientazioni che ricordano quelle dei fratelli Grimm, dove convivono uomini, piante, animali e streghe. The Cleaning, presente alla mostra LOVE, è proprio questo: un’installazione dove scultura, video e musica si combinano per raccontare il lato angoscioso e terrificante dell’amore, attraverso creature ibride.

Anche Tracey Moffatt utilizza il formato video per raccontare l’amore in tutte le sue fasi, nella sua degenerazione da amore romantico e idilliaco ad amore malato e violento. Regista e fotografa, è probabilmente l’artista australiana di maggior successo sia a livello nazionale che internazionale: nel 1990 ha partecipato al Festival di Cannes ed ha esposto nei principali musei del mondo, dalla Tate Gallery di Londra al Museum of Contemporary Art di New York. Love mette insieme, in sequenza, celebri spezzoni di film, di ogni epoca e di ogni provenienza: le scene vengono accompagnate dalla musica, che è parte integrante della storia e che cambia profondamente mano a mano che le immagini e i dialoghi modificano la loro essenza, quindi si passa dalle melodie soft iniziali a quelle tetre delle scene finali, dove l’amore è degenerato in gelosia e ossessione e poi in morte e violenza.

Joana Vasconcelos, invece, presenta l’amore contemporaneo come fusione di sentimento e oggetto quotidiano, attraverso un gigantesco cuore rosso, realizzato interamente con posate di plastica. L’oggetto è presentato accompagnato da una musica di sottofondo, una canzone di Amalia Rodriguez, melodia cantilenante e malinconica che perfettamente sintetizza l’idea di un amore ripetitivo e sempre uguale, dell’eterna oscillazione tra grandezza del sentimento e fragile quotidianità della sua intima essenza. 

LOVE non si propone al pubblico come una mostra che vuol spiegare cos’è l’amore, quanto piuttosto fornirne delle interpretazioni, offrire una carrellata di punti di vista e diverse rappresentazioni, filtrate attraverso il sentire di artisti dalla formazione e dalla provenienza diversa, ma tutti profondamente calati nell’arte contemporanea e nei suoi linguaggi innovativi.

E chi, più di Andy Warhol, ha saputo interpretare la modernità, ispirandosi alle immagini della cultura di massa e rifiutando le concettualizzazioni e i significati tradizionali della storia dell’arte? Scultore, pittore, regista, attore, sceneggiatore: Warhol, massimo esponente della Pop Art, è forse l’artista più influente del XX secolo. LOVE espone One Multicoloured Marilyn, di Andy Warhol: il volto della donna che sorrideva per mestiere, divenuta icona di bellezza e di amore infelice, Marilyn Monroe.

LOVE: orari, info e prezzi

La mostra LOVE è aperta al pubblico tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00; sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00
(la biglietteria chiude un’ora prima). Prezzo intero del biglietto 13 euro (sono previste riduzioni) comprensivo di audioguida.

Una particolarità della mostra LOVE, che consente al visitatore di personalizzare la propria esperienza, è la possibilità di scegliere la voce-guida. All’ingresso, infatti, si può scegliere tra 5 partner audio, diversi per sesso, età e personalità: John, Coco, Amy, David e Lilly.

Questi compagni di viaggio hanno il compito di spiegare le opere esposte, di fornire spunti di riflessione, di aiutare lo spettatore a coglierne la vera essenza.

Se non ti vedo non esisti: Levante scrittrice

se non ti vedo non esisti

Se non ti vedo non esisti segna l’esordio letterario della cantautrice Levante: il suo primo romanzo è nelle librerie da pochi giorni, edito da Rizzoli e sono in corso alcune presentazioni nelle principali città italiane. Martedì 24 gennaio Levante era a Roma, presso la Feltrinelli di Via Appia Nuova, dove ha raccontato qualcosa in più del suo libro e ha risposto alle domande dei presenti.

levante presenta se non ti vedo non esisti

Siciliana, classe 1987, Levante (all’anagrafe Claudia Lagona) inizia a farsi conoscere nel 2013: ha all’attivo concerti e numerose collaborazioni (l’ultima con J-Az e Fedez), a maggio sarà nuovamente in tour e sta per uscire il suo terzo disco di inediti.

Tra tutti questi impegni musicali Levante ha trovato il tempo di scrivere il suo primo romanzo: Se non ti vedo non esisti, romanzo che ha avuto una lunga gestazione e che lei definisce “un piccolo miracolo”. Concepito più di un anno fa, lo ha concluso nel mese di novembre e non le sembrava vero, visto che si considera una “inconcludente”.

Al centro della storia c’è una protagonista femminile, Anita, alle prese con un doloroso percorso di ricerca di sé. Anita è una fashion editor, molto bella, vive in centro a Roma e cura una rubrica dal titolo La crosta del cuore. Intorno a lei ruotano diverse figure: il padre Umberto, l’uomo più importante della sua vita, la sorella Greta, la mamma Elena. E poi si sono Filippo, Flavio e Jacopo. “Gli incontri con gli uomini del romanzo sono sempre più pericolosi – spiega – Sono tre figure molto diverse: uno stronzo, un pazzo e un puro”. Marta, Eleonora e Paolo sono figure fraterne-amiche, sono la famiglia scelta da Anita, al suo fianco nel difficile viaggio che la vede protagonista.

levante

Se non ti vedo non esisti è un romanzo rosa sì, ma anche introspettivo, perché Anita riflette molto, pensa, entra in crisi: è una sorta di alter ego dell’autrice, visto che in alcune cose si somigliano moltissimo, anche se il romanzo non è da considerarsi autobiografico. Alcuni elementi rimandano, però, al passato di Levante e li ritroviamo soprattutto nella figura di papà Umberto. Non a caso la vicenda è ambientata a Roma, città cara all’autrice perché meta della sua prima gita col papà: per questo ha voluto che la sua Anita nascesse romana, non immaginava altra città per lei.

Se non ti vedo non esisti e la musica

A proposito della scrittura di Se non ti vedo non esistiLevante racconta di aver avuto una difficoltà maggiore, rispetto alla scrittura dei testi delle canzoni: si definisce una persona “riassuntiva”, nel senso di molto sintetica, dunque sviluppare in ampio i temi le è risultato più complicato.

E in Se non ti vedo non esisti c’è tanto del nuovo disco (di cui ancora non si conosce titolo e data di uscita), perché mentre scriveva la storia ne immaginava la musica. Lo si può considerare una sorta di anticipazione.

“Se fosse una canzone sarebbe un compromesso tra Tutti i santi giorni e Abbi cura di te“.