Refugees, a Roma l’evento in tema immigrati e rifugiati politici

Refugees

Il 27 Aprile alle ore 20:30 al teatro Quirino di Roma si è svolto un evento intitolato “Refugees”. Come intuibile dal titolo il tutto verteva sul grave problema dei rifugiati politici con particolare attenzione a coloro che giornalmente sbarcano sulle nostre coste con barconi, gommoni e mezzi di trasporto improbabili; causando spesso tragedie, come successo ultimamente, di portata incredibile ed umanamente inaccettabile.

di Paolo Zilli

L’evento è stato introdotto con considerazioni sul problema prendendo spunto da un libro “La notte della fuga” a cura del centro Astalli; partendo da tale libro si sono estrapolati quattro racconti magistralmente interpretati da attori bravissimi coadiuvati da canti, balli e coreografie efficaci allo scopo. Anima dello spettacolo Ugo Bentivegna, che assecondato dalla signora Claudia Koll e da Valeria Contadino hanno dato respiro ed anima alla esperienza vissuta, con lieto fine, dei quattro rifugiati presi come esempio.

Nella parte introduttiva è stato enfatizzato un importante concetto, quello cioè di provare a vedere le cose da un punto di vista positivo, accendere una fiammella che riporti tutti a pensare a questo grave problema, alla responsabilità che tutti noi abbiamo verso chi fugge da guerre, persecuzioni e vessazioni di ogni tipo e all’aiuto che possiamo e dobbiamo dare. Particolari non indifferenti sono state due considerazioni importanti. La prima di non nascondersi dietro un dito e sebbene il periodo di crisi che viviamo coinvolga i nostri cittadini ,è doveroso pensare a tutti in modo equanime senza distinzioni che odorano di razzismo. L’altra è che da rilevamenti svolti si può desumere quanto i giovani in età scolare siano molto più aperti e disponibili verso gli sfortunati che si accolgono sulle nostre coste. Senza avere quell’atteggiamento di rifiuto e razzista che alle volte i più grandi dimostrano.

Tutto bellissimo e condivisibile, ma…E’ si c’è un ma, che mi ha fatto dimenticare il pervaso sentimento di buonismo presente in sala e mi ha indotto ad alcune considerazioni.

Mentre narrava le vicissitudini di un ragazzo fuggito dalla Mauritania, dopo quattordici anni di schiavitù, si proprio schiavitù, raggiunta finalmente la libertà, girovagava per Roma cercando di ricostruire il tempo perduto, l’ottimo Bentivegna citava testualmente, dando voce e corpo a quel ragazzo: – Ora spero di trovare un lavoro che mi piaccia…-
Che mi piaccia! Ma come ? Stiamo tutti sprofondando in una crisi che non ha precedenti. Ci sono padri di famiglia che a cinquanta anni si trovano disoccupati e con una famiglia a carico e che farebbero qualsiasi cosa pur di poter lavorare,mettendo sotto i tacchi quella dignità di cui avrebbero diritto sacrosanto da parte di uno stato assente. Uno stato che riconosce aiuti e diritti ai rifugiati, ma se ne sbatte di una madre con figli, con un lavoro precario o non debitamente riconosciuto, che si ammazza per arrivare a fine mese e il caro ragazzo vorrebbe non un lavoro, ma un lavoro che “gli piaccia”.
Quello che ho citato è solo un esempio, uno spunto, ma basta con il buonismo gratuito; aiutiamo tutti più che giusto, ma le cose bisogna potersele permettere e qui mi fermo, non voglio entrare nel merito di quanti entrano in modo clandestino e non per fuggire da guerre o altro, ma solo con fini del tutto illegali.

Non è questo il conteso per una disanima su quello che occidente e più recentemente estremo oriente stanno facendo nel continente africano, ma un altro sassolino dalla scarpa me lo devo togliere. La parte finale dello spettacolo ci rappresenta la nostalgica vicenda di una emigrata siciliana in Argentina. Ai tempi in cui l’emigrazione dei nostri era massiccia e diretta verso tutto il mondo. Ebbene assimilare quegli eventi a quanto attualmente sta succedendo mi sembra una forzatura bella e buona. Fuggivano dalla fame, è vero, ma il trattamento ricevuto alla meta non era nemmeno paragonabile lontanamente a quello che oggi si da ai migranti. Il contesto era diverso e sarò retorico ma quello che gli italiani hanno costruito nei paesi che li hanno ospitati è sotto gli occhi di tutti.

Infine ancora una frecciatina polemica: è facile raccogliere con ottimismo la disponibilità dei giovani di fronte a tali problemi e sostenere che sono più avanti degli adulti, ma si scorda che dietro c’è papà e mamma, dategli da pagare mutui, bollette e mettere insieme pranzo e cena, poi ne riparliamo…