MURI – Sketch tratto dalla serie web “Fuorionda”

MURI – Sketch tratto dalla serie web “Fuorionda”

Una serie web graffiante quella diretta da Francesco Bonelli, in cui spiccano le doti attoriali del veterano Alberto Patelli, che incarna perfettamente la tagliente ironia che caratterizza lo sketch “Muri” e, più in generale, l’intero progetto denominato “Fuorionda”.

Circa cinque minuti di dialoghi, di scambi di battute a ritmo sostenuto e coinvolgente, di amare riflessioni. I grandi temi di attualità che si scontrano fragorosamente con i problemi della cruda ordinarietà; ne sono un esempio il discorso, intrapreso dal regista, riguardante la muraglia che il presidente americano Donald Trump vorrebbe erigere al confine tra Stati Uniti e Messico, e le preoccupazioni espresse dal barista circa il conto della consumazione che i suoi clienti dovranno pagare.

In mezzo, c’è spazio per il divertente, ma quanto mai rappresentativo, conflitto generazionale tra un padre, che vorrebbe responsabilizzare la propria figlia in maniera definitiva, e quest’ultima, che invece preferisce rifugiarsi nel suo tecnologico mondo fatto di smartphone e auricolari, quasi volesse escludersi dal contesto sociale che la circonda.

E poi l’eterna, spinosa diatriba tra dipendente e datore di lavoro, contornata dal consueto intreccio amoroso. Ottima la prova fornita dai vari interpreti, abili nel tratteggiare al meglio i vari personaggi. Così, in un angolo di mera quotidianità, Francesco Bonelli dà voce ai pensatori e agli uomini comuni, dimostrando che i “muri”, simboli dell’incomprensione e della mancata comunicazione, possono attecchire in tutti gli strati sociali della moderna collettività, senza fare sconti a nessuno, acuendo la latente solitudine (talvolta mista ad egoismo e menefreghismo) che avvolge ciascun individuo.

Un concetto espresso magnificamente da Alberto Patelli con l’accaldata esclamazione: “Sette miliardi di muri!”.

Andrea Lepone

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Intervistare è una vera e propria arte che non significa raccogliere supinamente le risposte del personaggio ma pensare le domande giuste per far emergere tutte le sfaccettature che caratterizzano l’animo dell’intervistato.

Tutti noi conosciamo le qualità professionali di Patrizia Caldonazzo e che saranno evidenziate nel corso del dialogo ma, forse, non tutti avvertono la sua profonda sensibilità rivolta ai temi culturali e sociali; non è un caso che Patrizia voglia stigmatizzare – mediante la realizzazione di un “corto” la cui stesura è da lei curata – il dilagante e complesso fenomeno del “bullismo” che crea ferite non solo fisiche ma soprattutto psicologiche dalle quali è molto più complesso guarire.

Seguiamo ora l’interessante colloquio- intervista condotta da Andrea Giostra.

 Ciao Patrizia, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Se volessi presentarti quale artista della settima arte, cosa diresti di te ai nostri lettori?

Mi definirei una donna carismatica, ironica, attenta al dettaglio, esteta, amante di tutto ciò che mi trasmette emozione, da un quadro ad una fotografia, ad una musica, ad un film e anche ad un volto.

Si perché chi sceglie la mia strada di regista deve saper non solo ascoltare le proprie emozioni personali ma essere un ottimo spettatore per poi ritrasmettere al pubblico ciò che ha percepito a livello emotivo, sensoriale.

Ho affiancato registi come Dino Risi, ho avuto la responsabilità dell’ufficio stampa per la soap-opera “Un posto al sole” (Raitre) e la gestione organizzativo-redazionale di vari programmi televisivi.

Dopo aver seguito il casting della trasmissione “Sottovoce” di Gigi Marzullo, oggi sono parte integrante della redazione di RaiUno Cultura e, da dodici anni, seguo “Mille e un Libro – Scrittori in tv” sempre con il celebre giornalista e conduttore televisivo italiano.

Eccessiva in tutto, non conosco mezze misure, ossessionata dall’immagine e dalle diete, pronta a mettere al servizio di Undici Edizioni la mia esperienza con l’intricato – e pericoloso – universo dell’ “apparire” con il mio primo libro “Le ho provate tutte” (libro tragicomico che parla di diete) che uscirà a marzo in concomitanza con la giornata mondiale sui problemi alimentari.

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Come definiresti il tuo stile artistico? C’è qualche regista al quale ti ispiri?

Purtroppo dovendo seguire degli schemi molto specifici all’interno della mia azienda (la Rai) non posso mai esprimermi come vorrei realmente, ma ciò non toglie che io non abbia dei miti cinematografici, dei modelli ai quali ispirarmi.

Io direi Bernardo Bertolucci e Luca Guadagnino tra gli italiani mentre, tra i registi stranieri, amo molto Woody Allen; i suoi dialoghi improvvisati mi divertono molto e poi Martin Zandvliet che ha diretto uno dei film più belli che abbia mai visto, “Land of mine”, una trama drammatica di guerra del 2015.

Chi sono secondo te i più bravi registi nel panorama internazionale? E con chi di loro vorresti lavorare e perché?

Bertolucci e il suo allievo Luca Guadagnino, due italiani che hanno sbarcato il lunario. Perché amo una cinematografia lenta, non di azione, amo la poesia che riescono a trasmettere attraverso le loro storie. Per me tre cose sono importantissime in un film, la fotografia, la scelta oculata degli attori, e le musiche. A mio avviso non è necessario spendere cifre esorbitanti per fare un capolavoro cinematografico.

Quanto è importante nel cinema lo studio e la disciplina? Perché secondo te, un giovane che volesse lavorare nel mondo del cinema o della televisione deve studiare, perfezionarsi e fare esperienza?

Personalmente ritengo che si impari molto di più sul set facendo pratica, che stando sui libri. Certo la teoria serve per perfezionare certe tecniche di ripresa, ma la pratica senza dubbio è la miglior scuola.

Chi sono stati i tuoi maestri?

Tanti, troppi, ma il più grande e il più importante il regista Dino Risi che mi ha fatto anche un po’ da padre. E poi aggiungerei anche Massimo Troisi. Per la televisione, dire il giornalista napoletano Pascal Vicedomini, al quale devo molto, e con lui ho fatto le mie esperienze più belle a livello lavorativo.

Alcuni programmi televisivi fanno passare l’idea che per diventare artisti o attori, basta solo avere fortuna ed essere lanciati dalla “notorietà social o televisiva”. Tu che ne pensi di questo fenomeno?

Per quanto mi riguarda, in Italia, c’è poca meritocrazia a livello televisivo, anche perché lavorare in televisione è diventato più difficile, mentre al cinema, ci sono attori e registi giovani molto bravi.

Comunicare in modo visivo e tramite la musica significa superare le rigide classificazioni basate sul linguaggio verbale da cui la gente non riesca a staccarsi. Le parole hanno un significato molto soggettivo e altrettanto limitato, e circoscrivono subito l’effetto denotativo che può avere un’opera d’arte a livello emotivo e subconscio. Il cinema è fortemente legato a quel tipo di espressione, perché di solito i contenuti più importanti di un film sono ancora affidati al veicolo delle parole. Poi c’è un’emozione che li sostiene, ci sono gli attori che generano sensazioni, e via dicendo. Ma sostanzialmente è comunicazione verbale.» (Conversazione con Stanley Kubrick su 2001 di Maurice Rapf, 1969). Cosa pensi di queste parole di Kubrick? Qual è la tua posizione in merito alla tipologia di linguaggio che dovrebbe essere usato nel cinema, ma anche nella TV, per essere più incisivi con lo spettatore?

Quest’anno, se non sbaglio, cade il 50esimo anniversario del film “2001 Odissea nello spazio”. Credo che Kubrick sapesse utilizzare, meglio di qualsiasi altro autore e regista, la musica operistica, mettendola a servizio del grande schermo, quasi riscrivendola, connotando il suo linguaggio visivo ed il suo stile con estrema eleganza e padronanza. Quel film capolavoro ne è, appunto, una testimonianza calzante. Kubrick è da considerarsi un maestro celeberrimo anche per la brillante confluenza di generi con cui si è confrontato nella sua carriera, realizzando ogni film diverso dall’altro.

Oggi nel cinema dovrebbe essere utilizzato, a mio avviso, un linguaggio diretto e che non trascuri i dettami principali della settima arte: far pensare e riflettere a fondo, emozionare, stupire, sognare. Il cinema non dovrebbe perdere la dilatazione del racconto, i tempi lenti e minuziosi, continuando a differenziarsi dal linguaggio televisivo. Credo che la TV, avendo una diffusione più ampia, dovrebbe riacquistare la capacità educativa che aveva un tempo.

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Qual è il ruolo della critica cinematografica oggi? Quale dovrebbe essere a tuo parere il suo vero compito per promuovere la cultura del cinema?

Innanzitutto la critica cinematografica deve esprimersi con estrema sincerità e non essere mai troppo di parte e mai troppo buonista. Lo dice la parola stessa “critica”, nel bene o nel male, deve saper indirizzare e guidare lo spettatore con estrema obiettività, alla scelta di un film, cosa non facile, anche perché è inevitabile non mettere il proprio gusto personale in ciò che si è visto. Ma il critico deve conoscere molto bene tutti gli aspetti della cinematografia, dalla fotografia, dalla regia, dalla recitazione, alla sceneggiatura e avere un quadro molto completo del tutto.

 

Ci parli dei tuoi ultimi lavori e dei lavori in corso di realizzazione?

Io sono regista Rai, ma non sono mai stata sotto i riflettori, giro servizi, intervisto scrittori, lavorando nello specifico in un programma su Raiuno che si occupa di libri. Ma niente di più. Sto finendo la stesura di un corto sul bullismo. In primavera dovremmo cominciare le riprese. Chissà che qualcuno non si accorga di me.

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

 Immagina una convention all’americana, Patrizia, tenuta in un teatro italiano, con qualche migliaio di adolescenti appassionati di teatro e cinema. Sei invitata ad aprire il simposio con una tua introduzione di quindici minuti. Cosa diresti a tutti quei ragazzi per appassionarli al mondo della recitazione, del teatro e del cinema? Quali secondo te le tre cose più importanti da raccontare loro?

Ma sai, io mi sono appassionata più che al teatro al cinema perché ho avuto la fortuna di vivere in casa con il grande regista italiano Dino Risi e conosciuto tanti, ma tanti attori e registi di grosso calibro. Ho lavorato su vari set, ma come apprendista, ho iniziato all’età di 17 anni. Spiavo e allo stesso tempo osservavo il loro mondo nei dettagli. Spesso stavo in un angolo al freddo in silenzio, anche di notte, ma non mi perdevo mai una scena, una battuta.

Poi tornando a casa, mi chiudevo in bagno facevo finta di dirigere un film, e con grande entusiasmo mi immedesimavo nella parte. Collezionavo dvd di ogni genere e mi riguardavo per ore sempre le stesse scene fino ad impararle a memoria ma capii già da allora che la recitazione non faceva per me; la regia, senza dubbio, mi affascinava di più. Cosa direi a una platea di ragazzi per appassionarli? Intanto di crederci fino in fondo a ciò che vorrebbero fare, e poi di studiare, studiare e ancora studiare, di non avere mai la presunzione di essere arrivati al traguardo. Di mettersi in una posizione di umiltà e imparare da chi ha più esperienza di loro. Di abbracciare qualunque genere teatrale, cinematografico e poi, alla fine di un percorso completo, si arriva da soli a capire ciò che si ama di più e ciò che è più consono per noi stessi.

Dove potranno seguirti i tuo ammiratori e i tuoi fan?

Bella domanda. Ma io non credo di aver mai avuto dei fan, se non mio figlio e i miei amici più stretti. Comunque su Facebook, con il mio soprannome: Papy Caldonazzo.

Patrizia Caldonazzo, regista, autrice, sceneggiatrice e la sua Arte

Grazie Patrizia Caldonazzo.

 

Patrizia Caldonazzo

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Andrea Giostra

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La Macina Onlus Editore e la libreria “Pagine”

La Macina Onlus Editore e la libreria “Pagine”

Ovvero tornare indietro nel tempo e immergersi insieme a Gianni Carta, titolare della libreria “Pagine”, nel ricordo di 35 anni di attività libraria, e non solo.

I nostri ricordi scolastici ed universitari percorsi in parallelo; Gianni, brillante studente, ricorda con profonda stima le lezioni tenute dall’indimenticabile Professore Emerito Paolo Sylos Labini mentre il sottoscritto, che non è mai stato uno studente particolarmente “smart”,  ha ancora in mente gli incontri nelle aule stracolme per assistere alle dissertazioni del colto, raffinato e compianto economista Prof. Federico Caffè.

Ragionare insieme circa il mutamento generazionale che ha investito anche il mercato editoriale che, se non si rende disponibile ad affrontare questa nuova realtà, rischia di avviarsi in un percorso irreversibile di presenza sul territorio sempre più rarefatta.

La Macina Onlus Editore e la libreria “Pagine”

Gianni Carta della libreria “Pagine” non si è lasciato sorprendere dalla “nuova realtà” che ha affiancato all’attività storica di libreria.

La libreria “Pagine” è da oggi il punto di riferimento su Roma della nostra produzione editoriale.

Sugli scaffali sono già presenti alcune opere da noi pubblicate quali:

Riflessioni in chiaroscuro di Andrea Lepone;

La Macina Onlus Editore e la libreria “Pagine”

Seraphitus – Seraphita di Franco Salvatore Grasso;

La Macina Onlus Editore e la libreria “Pagine”

Il Nuovo Arjuna di Franco Salvatore Grasso;

La Macina Onlus Editore e la libreria “Pagine”

La Poesia contro il Femminicidio di Autori vari;

La Macina Onlus Editore e la libreria “Pagine”

A breve rafforzeremo la nostra presenza con altri titoli.

Tutte le opere si possono quindi acquistare presso la libreria “Pagine” oppure ordinarle sia in libreria che direttamente a noi.

Libreria Pagine Di G. Carta & C. Snc
Via Gregorio VII 316  00165 Roma
Tel. 0639376018 – Fax 0639376018

www.libreriapagine.com

gianni@libreriapagine.com

Grazie Gianni, buon lavoro.

Anna Marcello, l’attrice che vive e lavora tra Roma e Londra

Anna Marcello, l’attrice che vive e lavora tra Roma e Londra

Anna Marcello, l’attrice che vive e lavora tra Roma e Londra

Con questa puntuale e rigorosa intervista condotta in maniera esemplare da Andrea Giostra riprendiamo un tema a noi molto caro che ci vede impegnati a condurre questa lotta contro il Femminicidio non solo in occasione del 25 novembre ma essa è attività costante del nostro giornale.

Siamo quindi grati ad Anna Marcello che, con il suo ultimo film di cui parleremo più in avanti, ha voluto accendere i riflettori su questo ignobile fenomeno.

Parliamo con Anna della sua Arte.

Ciao Anna, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Se volessi presentarti ai nostri lettori cosa racconteresti di te quale artista? Qual è stato il tuo percorso artistico che ti ha condotto dove sei ora?

“Ciao Andrea, innanzitutto grazie a te. Sono curiosa, mi piace confrontarmi con le altre persone e apprendere nuovi insegnamenti. Sono molto attratta dall’intelligenza, dal genio, dalla cordialità e creatività.

Amo l’Arte in tutte le sue forme.  Ho avuto tanta forza di volontà e non ho mai smesso di studiare. Ho cercato sempre di avere rispetto e considerazione per le persone con le quali lavoro. Lavoro con il metodo, sono un’attrice…di pancia e cerco di avvicinarmi il più possibile alla verità.”

Nel 2019 ti vedremo nelle sale italiane, protagonista femminile di “Credo in un solo Padre”. Ci racconti qualche anticipazione?

Anna Marcello, l’attrice che vive e lavora tra Roma e Londra

Credo in un solo Padre, prodotto dall’Around Culture s.r.l., è un film ambientato negli anni 70, nel sud Italia. Basato non solo su storie di violenza del passato ma anche su quelle dei giorni nostri.

Il regista Luca Guardabascio ha lavorato più di un anno alla sceneggiatura a quattro mani con Tuozzo Michele Ferruccio autore del libro Senza far rumore. Parla di un’estrema violenza a tutti i livelli in un contesto sociale che, però, non è tanto diverso da quello di oggi.

Io interpreto Maria, una donna che subisce abusi psicologici e fisici, che da sola deve lottare contro l’omertà della gente. Immedesimarmi nel ruolo di Maria non è stato facile, ho dovuto usare alcune strategie. Al mio fianco il bravissimo Massimo Bonetti, Giordano Petri nel ruolo di mio marito, Sveva e Yuri in quello dei nostri figli.

Ovviamente ha avuto un ruolo fondamentale il supporto della psicologa dott. Elena Fattorusso, che ha seguito me e tutti gli altri attori portando testimonianze di donne vittime di violenza; alcune di loro sono state assunte dalla produzione del film ed hanno lavorato sul set. Parimenti è stato fondamentale il supporto della troupe e la professionalità di tutti gli altri strepitosi colleghi artisti con i quali ho lavorato, tutti uniti da un film per questa grande causa con la speranza che possa contribuire al cambiamento della società e che si unisca al possente coro che condanna la violenza contro le donne.”

Anna Marcello, l’attrice che vive e lavora tra Roma e Londra

Anna Marcello, l’attrice che vive e lavora tra Roma e Londra  

Nella tua biografia non mancano i nomi di registi italiani e alcuni premi Oscar con i quali hai lavorato, come: Gabriele Salvatores, Gabriela Pescucci, Milena Canonero, Federico Zampaglione, Roberto Faenza, Richard Blanshard etc. Quali sono secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve possedere chi recita per essere definito un vero attore? E perché proprio quelle?

“Un attore deve sorprendere, essere un genio, folle, un incontro di intelligenza e creatività. Come dire… una follia controllata perché non credo negli artisti maledetti.

Credo che un bravo attore deve riuscire a trasmettere al pubblico ogni cosa che prova il personaggio che sta interpretando; riuscire in questo non è facile e se ci riesci allora forse vuol dire che sei un bravo attore.

Ad esempio, Adrien Brody, Il pianista, passò al pianoforte quattro ore al giorno fino a che non divenne in grado di eseguire alcuni passaggi di Chopin e perse quasi 14 chili di peso così da interpretare in maniera più realistica i mesi passati da Szpilman.

Val Kilmer, The Doors, imparò a memoria più di 50 canzoni del gruppo e passò mesi insieme all’ex produttore della band Paul Rothschild etc…

Un bravo attore ci mette l’anima, è serio e lavora sodo.”

Anna Marcello, l’attrice che vive e lavora tra Roma e Londra

Come definiresti il tuo stile recitativo?

“Sono un’attrice che segue l’istinto e cerco di avvicinarmi il più possibile alla verità. Mi piace sfidarmi sempre in nuovi personaggi. Ho studiato diverse tecniche, da Stanislavkij a Strasberg ho poi personalizzato lo stile seguita da alcuni coach italiani e americani quali Francesca de Sapio e Doris Hicks.

Mi piace lavorare con metodo.”

Perché secondo te oggi il cinema, il teatro, sono importanti e vanno seguiti?

“Sono gli unici luoghi dove si può andare ancora a sognare e senza essere disturbati. Li definirei >sognatoi< . Senza tempo né spazio.

Charles Bukowski a proposito dell’Arte diceva… «A cosa serve l’Arte se non ad aiutare gli uomini a vivere?» (Intervista a Michael Perkins, Charles Bukowski: the Angry Poet, “In New York”, New York, vol 1, n. 17, 1967, pp. 15-18). Tu cosa ne pensi in proposito? Secondo te a cosa serve la Settima Arte nel ventunesimo secolo?

“L’Arte in ogni sua manifestazione è l’unico momento che permette all’uomo di esteriorizzare la propria interiorità e come diceva Pier Paolo Pasolini l’arte e la bellezza salveranno il mondo”

Anna, immagina una convention all’americana, tenuta in un teatro italiano, con qualche migliaio di adolescenti appassionati di teatro e cinema. Sei invitata ad aprire il simposio con una tua introduzione di quindici minuti. Cosa diresti a tutti quei ragazzi per appassionarli al mondo della recitazione, del teatro e della settima arte? Quali sono, secondo te, le tre cose più importanti da raccontare loro sulla tua arte?

“È talmente individuale la passione che si può creare con la recitazione; inviterei uno ad uno a salire su palco e a condividere quello che provano.”

Anna Marcello, l’attrice che vive e lavora tra Roma e Londra

Anna Marcello, attrice poliedrica che ama l’Arte in tutte le sue espressioni, prezioso testimonial nella lotta contro la violenza sulle donne.

Grazie Anna

 

Anna Marcello

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Andrea Giostra

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“Soldado” di Stefano Sollima

“Soldado” di Stefano Sollima

“Soldadodi Stefano Sollima

Come sempre il pluripremiato scrittore, critico letterario e cinematografico, acuto osservatore dei fatti italiani, Project Manager e Planner per la ricostruzione di siti archeologici patrimonio dell’UNESCO, Dott. Andrea Giostra, ci presenta una sua ottima recensione del recente film “Soldado” di Stefano Sollima.

Andrea Giostra così si esprime:

“Finalmente un bel thriller che al contempo possiede azione e dramma. La suspence non lascia lo spettatore della prima scena all’ultima e questo è un grandissimo pregio per chi ama questo genere cinematografico.

Gli attori sono tutti bravissimi, con un Benicio Del Toro superbo e la narrazione è fluida e molto convincente.

La fotografia e le musiche fanno il resto, e rendono il film un ottimo action movie.

“Soldado” di Stefano Sollima

Il traffico d’esseri umani è la cornice del film.

I cartelli della droga messicani fanno più affari con i migranti clandestini che con la cocaina: minori rischi e molto più guadagno.

Come esattamente avviene d’altra parte nel Mediterraneo.

I flussi incontrollati di clandestini sono anche il viatico di terroristi islamici che attentano alla sicurezza della popolazione degli Stati Uniti ed è a questo punto che il Governo americano è costretto ad intervenire con tempestività e violenza.

Una strage terroristica in un supermercato del Texas dà il via ad un’azione di rappresaglia e di morti che vede a capo l’agente Matt Graver (Josh Brolin) che ha il compito di fare giustizia e ristabilire l’ordine.

Alejandro (Benicio Del Toro) è l’uomo di Graver che sa come muoversi e come agire in terra messicana, senza regole e senza legge. I risvolti umani saranno imprevedibili e la narrazione assume contorni crudi e umani al contempo.

Quì inizia un’altra storia, fatti di sentimenti più che di vendetta, di umanità più che di crudeltà, di sano cinismo più che di opportunità. Il finale lascia aperta la porta della prossima puntata del sequel che non tarderà ad arrivare nelle sale cinematografiche di tutto il mondo.

Il primo film di quella che è divenuta una serie uscì nel 2015 dove “Sicario” doveva affrontare la violenza dei cartelli della droga tra il Messico e gli Stai Uniti.

Adesso, dopo tre anni, nel 2018, “Soldado” di Stefano Sollima si intreccia nella frontiera messicana tra storie di migranti clandestini, terroristi islamici, cinica politica estera americana, vendette e tradimenti.

Il film è da vedere, intenso, corretto, che non lascia nulla al caso e, soprattutto, ci fa capire cosa accade veramente dietro le quinte del potere di questo mondo fatto di affari clandestini e politica selvaggia che, più che al bene comune, punta agli affari, al potere coperto da una maschera di terribile ipocrisia e immoralità.

Superba la sceneggiatura di Taylor Sheridan e le musiche di Hildur Guðnadóttir.

Distribuzione 01 Distribution.

ANDREA GIOSTRA

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