SAVERIO DI TULLIO…la Storia siamo noi

SAVERIO DI TULLIO…la Storia siamo noi

 

SAVERIO DI TULLIO…la Storia siamo noi

Nel nostro primo incontro ci eravamo lasciati con questo commento ” …quando un breve incontro si trasforma in un interessante ed approfondito scambio artistico e culturale.

Diplomato al Liceo Artistico, Laureato in Architettura, Docente, Scrittore, Disegnatore, Ricercatore in ambito storico e iconografico.

Questa essenziale scheda di presentazione non rende giustizia alla duttile mente di Saverio con cui abbiamo commentato il suo libro “NAPOLEONE La sfida d’Italia

E’ un racconto storico iconografico a fumetti, peraltro di eccellente qualità artistica, della campagna d’Italia del 1796

L’autore ha ripercorso minuziosamente il lungo cammino da Parigi a Milano che portò alla gloria il giovane Napoleone.

L’ardita scelta di rappresentare attraverso il fumetto questo significativo episodio dell’intero impero napoleonico rende il libro fruibile ed accattivante non solo ai ragazzi ma anche agli adulti.

Torneremo a breve con una intervista più approfondita con l’autore.”

SAVERIO DI TULLIO…la Storia siamo noi

Ed ecco ora quanto scaturito dall’incontro del giornalista Andrea Lepone con Saverio Di Tullio:

Buongiorno Saverio e grazie per la tua disponibilità. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori?

“Come un appassionato di storia che prova a raccontare con parole e immagini l’impatto emotivo di eventi storici sulla popolazione civile.”

 Raccontaci com’è nata la tua passione per il mondo della fumettistica.

“Confesso che sono un po’ allergico al termine fumetto e ancor di più a “comic book”, come dicono gli americani; preferisco “racconto grafico”. Nel ’98 ho avuto l’onore di presentare la versione in inglese e francese della mia opera 1943: la via per Ortona al War Museum di Ottawa; la battaglia di Ortona è costata la vita a 1400 soldati canadesi, 800 tedeschi e 1300 civili, e sentirmi dire che avevo fatto un bel “comic book”, mi faceva cadere le braccia. Comunque, la passione per il fumetto è iniziata presto; ho fatto le elementari in un paesino d’Abruzzo dove il calzolaio vendeva giornali e uno splendido Pecos Bill, annate 54-56, che ancora oggi cerco disperatamente nei mercatini. Come disegnatore invece, ho “illustrato” quaderni e libri alle medie con grande entusiasmo dei compagni.”

 Tu sei un architetto ed un ricercatore in campo storico e iconografico, cosa si prova nel dividersi tra il disegno tecnico, proprio del mondo dell’architettura, e quello grafico, proprio del mondo dei fumetti?

“Prima di Architettura ho frequentato il liceo artistico dove si lavorava molto con la geometria descrittiva, con grandi elaborati di prospettiva, di teoria delle ombre, oltre a ornato e figura disegnata, modellata, pittura e anatomia artistica; un po’ come una bottega rinascimentale che formava grandi pittori e scultori che all’occasione erano anche grandi architetti. Alla professione di architetto poi ho affiancato quella di insegnante,  non disdegnavo qualche uscita in mostre di pittura e ritratti ad olio. Ma poi ho vissuto con un senso di frustrazione il confronto con un’arte che si allontanava sempre più dalle mie espressioni figurative, per cui ho colto l’occasione delle celebrazioni per il cinquantenario della battaglia di Ortona per provare un racconto a fumetti. Premetto che una seria esperienza l’avevo fatta già nel periodo universitario disegnando un paio di numeri di Zorro per un editore, di cui adesso mi sfugge il nome. Allora disegnavo di notte e frequentavo l’università; poi l’editore pretese, offrendomi anche un buon contratto, di lavorare in un laboratorio lontano con altri disegnatori per uniformare la grafica e decisi di abbandonare per il mio obiettivo primario della laurea in  architettura.”

SAVERIO DI TULLIO…la Storia siamo noi

 In cosa consiste lo studio iconografico?

“Nell’esperienza fumettistica che ti ho raccontato, io facevo solo il disegnatore di una sceneggiatura fatta da uno scrittore; ma poi da insegnante ho fatto un’altra esperienza. Con le classi ho partecipato a diversi concorsi che prevedevano la realizzazione di bozzetti con logo e motto per campagne contro doping e tabagismo, e ti dirò che ne abbiamo vinti un paio a livello nazionale, e così mi sono appassionato al valore della parola in relazione all’immagine. Non voglio addentrarmi in disquisizioni linguistiche, lascio il campo agli strutturalisti come il grande e indimenticabile Umberto Eco, ma provo a spiegarti il senso della mia ricerca. Nel fumetto classico tradizionale la parola e l’immagine corrono in parallelo in funzione descrittiva e narrativa; io provo ad aggiungere una funzione espressiva che è tipica del linguaggio poetico nella sua forza evocativa che fa riferimento all’humus culturale ed emotivo del lettore. Gestualità ed espressione fanno parte dei contenuti culturali simbolici dell’immagine che io definisco iconografici.”

 L’Italia è stata una fucina di grandi talenti in ambito fumettistico, ci sono artisti nostrani che apprezzi in modo particolare?

“Non faccio nomi, comunque ho ammirato artisti italiani della mia generazione che hanno fatto grandi cose; molti hanno lavorato per Tex ed altri hanno contribuito alla bella collana di “Storia d’Italia a fumetti” di Enzo Biagi.”

Quali sono i tuoi personaggi preferiti?

“Raramente seguo collane con personaggi, ma preferisco leggere racconti di storie vere e coglierne la capacità espressiva e di sintesi.”

Parliamo di uno dei tuoi libri, “1870: la presa di Roma a fumetti” quanto è stato difficile rileggere uno spaccato tanto importante della nostra storia in chiave fumettistica?

SAVERIO DI TULLIO…la Storia siamo noiSAVERIO DI TULLIO…la Storia siamo noi

“In realtà è solo un fascicolo di 16 tavole ma del quale sono particolarmente orgoglioso; sia per la ricostruzione storica ricavata da libri illustrati del periodo, sia per la sintesi narrativa, e sia per la richiesta di ristampa per questo 150° anniversario della breccia di Porta Pia che mi è pervenuta direttamente dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa. L’energia narrativa, in questo caso, l’ho presa dall’emozionante diario di Edmondo De Amicis che ha vissuto l’evento in diretta come corrispondente di una rivista militare.”

Cosa ti ha spinto a creare l’opera “Napoleone – La sfida d’Italia”?

“Dopo la pubblicazione del libro sulla battaglia di Ortona, ho pensato di raccontare un altro episodio drammatico accaduto sui nostri territori: l’invasione dei francesi del 1799 che si è trasformata in una vera guerra civile tra sanfedisti filoborbonici e patrioti rivoluzionari filofrancesi. Ho iniziato con la prima campagna di Napoleone in Italia del 1796 che doveva essere un breve capitolo, ma poi l’incontro con gli appassionati di storia locale che hanno speso la vita a ricostruire nei dettagli i momenti delle battaglie, mi ha contagiato ed è diventato un’opera di 565 quadri sviluppata in cinque anni di duro lavoro in studio e spericolate campagne fotografiche.”

Ci puoi descrivere il percorso emotivo e storico che hai seguito nel realizzare le tue opere?

“Dipende dal periodo storico trattato. Adesso sto lavorando sugli episodi più significativi accaduti a cavallo della “Linea Gustav”, da Roma all’Adriatico, per cui, oltre alla documentazione storica e fotografica, inseguo anche testimoni sopravvissuti o eredi che ne conservano la memoria. Poi comincia il lavoro in studio ricostruendo il puzzle e i contenuti per la narrazione.”

Leggendo le tue pubblicazioni “1870: la presa di Roma a fumetti” ed anche “Napoleone – La sfida d’Italia” appare evidente una minuziosa conoscenza dei luoghi che raffiguri; desumo quindi che tu abbia visitato le varie località. Cosa puoi dire?

“Le prime immagini e le prime emozioni emergono proprio sul teatro degli eventi. Per Napoleone voglio raccontare un particolare: nelle mie ricerche ho acquisito una raccolta di stampe dell’architetto pittore Giuseppe Bagetti che su incarico dello stesso Napoleone, poco tempo dopo ha realizzato delle ricostruzioni ad acquerello delle battaglie recandosi sui luoghi. Ritrovare sul territorio i suoi punti di vista è stata una grande emozione.”

SAVERIO DI TULLIO…la Storia siamo noiSAVERIO DI TULLIO…la Storia siamo noi

“Napoleone – La sfida d’Italia” è già stato pubblicato da una importante casa editrice internazionale ed è tradotto in francese; è certamente un significativo riconoscimento. Non ritieni sia opportuno che un’opera come questa possa essere ulteriormente apprezzata da un vasto pubblico anche nella considerazione che possa essere un valido strumento d’insegnamento scolastico?

“Ho sempre creduto in una didattica coinvolgente ed è certo che la conoscenza acquisita con emozione si stampa nella memoria in modo profondo. Per anni ho accompagnato gli studenti del “Canadian College Italy” di Lanciano con il loro professore di storia sui luoghi della battaglia di Ortona; e poi li ho ritrovati l’11 novembre, giorno in cui commemorano i loro caduti in guerra, impegnati in prima persona e con attenta partecipazione alle celebrazioni che si svolgono al “Moro River Canadian War Cemetery” di Ortona. Credo che la conoscenza della storia sia fondamentale per sentirsi partecipi dell’umanità, aldilà del tempo e dello spazio, maturando un convinto sentimento di pace ed una piccola illusione di immortalità.”

Saverio, come vuoi concludere quest’intervista? Quale messaggio vuoi trasmettere ai nostri lettori?

“In un momento così tragico come quello che stiamo vivendo, posso solo dire grazie all’angolino confortevole delle mie  passioni, recuperate  dopo un silenzio di trent’anni, per cui il mio invito è a ricercare nella memoria le emozioni dell’adolescenza, che sono il germoglio della nostra indole, necessariamente trascurate da adulti, e riattivarle per ritrovare nella solitudine, la compagnia di se stessi.”

 Grazie Saverio, è stato un incontro culturalmente arricchente ma, ahimè, troppo breve.

A presto

 

 

Covid19 come lo affronta Filo&Fibra

Covid19 come lo affronta Filo&Fibra

 

Covid19 come lo affronta Filo&Fibra

Scopriamo insieme questa giovane realtà di cooperativa di comunità che realizza manufatti tessili ed opera nel rigoroso ed antico rispetto artigiano che si tramanda nel tempo.

Filo&Fibra non è solo manifattura ma economia circolare attraverso il recupero della lana raccolta nelle aziende agricole del territorio; è design d’arredamento e arte.

San Casciano dei Bagni (SI) è l’antico comune a sud-est della Toscana dove è nata la cooperativa.

Parliamo con Gloria Lucchesi che è la presidente della Cooperativa Filo&Fibra

Buongiorno Gloria, ci puoi illustrare come è sorta la Cooperativa?

La Coop femminile di comunità Filo&Fibra si costituisce nel  novembre del 2018  grazie al sostegno della Regione Toscana ai sensi del DD 21060 19-12-2018 e alla collaborazione del Comune di S. Casciano dei Bagni. Con la Legge regionale del 14 novembre 2019, n. 67, la Regione Toscana riconosce e promuove il ruolo della cooperazione di comunità

Le cooperative di comunità si costituiscono con l’obiettivo di mantenere vive e valorizzare comunità locali a rischio spopolamento con particolare riferimento a quelle situate in territori montani.

Filo&Fibra ha visto una grande occasione in questa opportunità.

Ho approfondito la lettura del vostro sito https://www.filoefibra.it/ e vorrei evidenziare l’importante visione che ponete nell’utilizzare lane di produzione e lavorazione locale e fibre di tradizione; perché questa scelta ben più onorevole ma difficile rispetto ad una produzione commerciale e massificata?

Filo&Fibra nasce con l’intento di portare innovazione e una nuova visione della tradizione attraverso l’economia circolare e da contaminazione, rispettosa dell’ambiente e delle potenzialità del territorio.

Le sue produzioni e realizzazioni sono il risultato di una spiccata curiosità per la ricerca, spirito di collaborazione e di coesione, continuità nello scambio di esperienze personali e professionali.

L’artigianato e la qualità dei prodotti stanno alla base della filosofia di Filo&Fibra.

Economia Circolare e Economia da Contaminazione: è la vostra idea di una nuova Economia. Ci puoi illustrare meglio il vostro pensiero?

L’intento di Filo&Fibra è quello di promuovere un progetto etico, sostenibile e solidale attraverso l’Economia Circolare da Contaminazione e Recupero.

 L’economia circolare:

La lana che raccogliamo è un RIFIUTO SPECIALE, quindi ritenuto dannoso per l’ambiente. Il nostro progetto si è posto l’obiettivo di raccogliere la lana ordinaria e ricostruirne la filiera per la produzione di filati e tessuti che, una volta realizzati, tornano sul territorio locale per la produzione di accessori o manufatti tessili.

  • I tessuti e filati prodotti dalla lana di Filo&Fibra sono garantiti liberi da micro-plastiche, in linea con tutte le iniziative volte al rispetto dell’ambiente.
  • Anche l’ARTE è parte importante della nostra economia circolare. Gli acquerelli di Paola Caselli, gli erbari e il racconto fotografico del luogo di Annamaria Eustachi evidenziano sguardi insoliti che appartengono alla memoria.
  • DESIGN e architettura di Giacomo Bernardini attraverso le linee essenziali della storia dell’architettura, i materiali locali, come il feltro, il legno, il ferro e gli artigiani locali aprono un progetto originale in collaborazione con lo studio Funzione & Forma.
  • Le STILISTE Cinzia Marini ed Elisa Pizziconi collaborano con Filo&Fibra.
  • Altro obiettivo è quello di riutilizzare MATERIALE DI SCARTO o di fine produzione o derivato dal riuso (economia circolare). Per la stampa su stoffa o su carta sono utilizzati inchiostri alimentari, al fine di promuovere prodotti eco sostenibili.

 L’Economia da contaminazione:

L’obiettivo è quello di entrare in rete con piccole aziende familiari o cooperative etiche nel mondo e collaborare, anche, con realtà italiane che prediligono la lavorazione eco-sostenibile nel rispetto dell’ambiente e degli animali.

Descrivici per favore da chi è composta la Cooperativa Filo & Fibra e le abili sarte che realizzano i vostri prodotti.

Covid19 come lo affronta Filo&Fibra

È una cooperativa di comunità prevalentemente composta da donne. I soci fondatori sono singole persone fisiche ma anche associazioni e aziende agricole tutte residenti nel Comune di San Casciano dei Bagni in provincia di Siena. Per adesso siamo 10 soci ma decine di persone, su territorio regionale e nazionale, stanno credendo e aiutando Filo&Fibra. Grazie al sostegno del Comune abbiamo una sede con due locali nel centro polivalente di Celle Sul Rigo che ospita il laboratorio e un coworking, servizio importante e necessario per il territorio. Oltre alle varie attività Filo&Fibra sta cercando di riscoprire i vecchi mestieri, la sarta è uno di questi. Nella cooperativa sono presenti maestre sarte che insegnano e giovani sarte esperte che producono manufatti di alta sartoria ma anche creative esperte in cucito e allievi che seguono i nostri corsi nel laboratorio. Tra i tanti progetti abbiamo proposto La Sarta in piazza un appuntamento bisettimanale nei piccoli paesi del comune che ha trovato molto interesse tra le persone non solo per la fattura di nuovi capi ma per il riadattamento di materiale usato.

Oltre a realizzare prodotti in tessuto utilizzate anche altre materie prime?

Si, utilizziamo materie prime naturali di tradizione come il lino, la canapa, la seta ma anche l’ortica. Purtroppo non sempre è possibile trovare materiale da manifatture italiane. Il nostro obiettivo primario era inizialmente quello di produrre feltro dalla nostra lana ordinaria ma, per il momento, non è stato possibile per motivi tecnici; ci appoggiamo a ditte che producono materiale etico nel rispetto di ambiente e animali. Usiamo anche altri tipi di materiale presenti sul territorio come il legno di cipresso, il castagno e l’abete. Grazie alla collaborazione di sapienti artigiani locali produciamo oggetti di vario tipo. Un prodotto che sta riscuotendo particolare interesse realizzato con legno stoffa e lana, è la cassetta di cottura, un oggetto che cuoce attraverso il principio di inerzia termica.

Covid19 come lo affronta Filo&Fibra

Veniamo al punto fondamentale del nostro incontro: tutti noi stiamo vivendo questo periodo emergenziale imposto dal Covid-19 che sta segnando la nostra epoca ed ha, purtroppo, evidenziato brutalmente una generale impreparazione nell’affrontarlo. Cito, ad esempio, la mancanza generalizzata delle mascherine. Ho letto il vostro appello per reperire un fornitore nazionale in grado di approvvigionarvi di Tessuto non Tessuto. Ci puoi parlare più diffusamente di questo progetto socialmente utile?

In questa difficile emergenza, Filo&Fibra vuole dare un contributo concreto ed immediatamente operativo e si propone quindi nella manifattura di mascherine garantite.

Ci siamo attivati alla ricerca di materiale garantito, un TNT sanitario, adeguato al contatto con la pelle e che è studiato per la respirazione. La ricerca ci ha portato buoni risultati che saranno verificati nei prossimi giorni.

Ripeto quali sono le caratteristiche tecniche del Tessuto non Tessuto a tre strati di polipropilene che stiamo cercando per la realizzazione di mascherine: Resistenza respiratoria fino a 29 Pa/cm2 e una Efficienza di Filtrazione Batterica (BFE) superiore al 97%.

Ci stiamo anche impegnando a creare una rete con altre persone e realtà lavorative: l’obiettivo è unire le nostre rispettive competenze, esperienze e disponibilità di mezzi per accelerare la produzione di mascherine nel rispetto delle normative.

Filo&Fibra crede che sia importante adesso, più di sempre, essere uniti, solidali e pronti alla collaborazione. Non importa essere in un piccolo paese a rischio di spopolamento per sentirsi Comunità.

Gloria, aggiungo che con la vostra lettera qui allegata, avete già interessato tutte le Istituzioni regionali offrendo la vostra collaborazione per la realizzazione delle mascherine, ci auguriamo si possa concretizzare.

Covid19 come lo affronta Filo&Fibra

Grazie Gloria, cosa altro vuoi dire ai lettori?

Cari lettori, la condivisione e il rispetto stanno alla base del nostro futuro. Mille auguri a tutti, adesso ne abbiamo ancor più bisogno.

 

PH Anna Maria Eustachi

CHIARA FERRAGNI E FEDEZ

CHIARA FERRAGNI E FEDEZ

 

CHIARA FERRAGNI E FEDEZ

Aggiungono alla loro raccolta fondi di 3.8 Milioni di euro altri 250.000 euro versati dalla Piattaforma GOFUNDME.com a favore degli ospedali italiani per contrastare l’emergenza coronavirus.

Chiara Ferragni e Fedez, dopo aver raccolto 3,8 Milioni con una raccolti fondi online destinata alla creazione di nuovi posti letti all’interno del reparto di terapia intensiva dell’Ospedale San Raffaele di Milano, ottengono un’ulteriore donazione di 250.000 mila euro da parte di GoFundme.com, piattaforma di personal fundraising, a favore di vari ospedali in Italia.

Gofundme.com, piattaforma nata negli Stati Uniti nel 2010 e lanciata in Italia nel 2018, nella piena filosofia del Givesback (della restituzione per le campagne più meritevoli che vogliono cambiare il mondo) annuncia che donerà 250 mila euro nelle prossime ore, rinunciando così ad una percentuale dei propri introiti provenienti da altre campagne di raccolta fondi lanciate sul sito.

Tutto ciò in aggiunta alla precedente donazione di 10 mila euro relativa alla campagna “Rafforziamo la terapia intensiva” lanciata da Chiara Ferragni e Fedez per l’ospedale San Raffaele di Milano.

CHIARA FERRAGNI E FEDEZ

Cosi come proposto da Chiara e Fedez, 70.000 euro ciascuno verranno donati al Policlinico di Milano, all’Ospedale di Cremona e a quello di Bergamo. Altre donazioni da 10.000 euro andranno agli ospedali Cotugno di Napoli, Niguarda di Milano, Spallanzani di Roma e alla Protezione civile.

La campagna “Rafforziamo la terapia intensiva” attivata su GoFundMe.com da Chiara Ferragni e Fedez, è la più grande raccolta fondi su GoFundMe.com lanciata in Europa, oltre che tra le sette più importanti campagne del mondo su GoFundMe.com dal 2010. Sono stati registrati oltre 191.000 donatori da 92 stati del mondo e la campagna ha avuto 20 volte più traffico di qualsiasi altra raccolta fondi sulla piattaforma.

Dal 9 marzo ad oggi, sono state lanciate sulla piattaforma di personal fundraising centinaia di raccolte fondi per aiutare e supportare gli ospedali italiani in questa delicata fase di emergenza dovuta al Covid19. Le più importanti sono state raggruppate nella pagina “Insieme contro il coronavirus”.

CHIARA FERRAGNI E FEDEZ

GoFundMe.com ha un ruolo importante all’interno di questa emergenza per garantire che i fondi vadano a supporto delle terapie intensive di tutta Italia spiega Elisa Liberatori Finocchiaro, Responsabile di GoFundMe.com per il Sud Europa. Stiamo lavorando 24 ore su 24 come sempre per validare, certificare e garantire le raccolte fondi. Vogliamo anche rilanciare, attraverso il programma Givesback, il nostro impegno e per questo abbiamo previsto questa generosa donazione”

 Grazie per il vostro prezioso impegno civile.

 UFFICIO STAMPA FEDEZ WORDS FOR YOU

Francesca Casarino – francesca.casarino@wordsforyou.it

Chiara Sanvito – chiara.sanvito@wordsforyou.it – 3341634637

UFFICIO STAMPA CHIARA FERRAGNI

Azzurra Gentile – azzurra@chiaraferragnicollection.com – 3337091044

 

Foto ad uso divulgativo non commerciale

 

La Direttrice Enrica Palmieri e l’Accademia Nazionale di Danza

La Direttrice Enrica Palmieri e l’Accademia Nazionale di Danza

Intervista condotta da Catia Di Gaetano

Incontriamo, con grande piacere, la Dott.ssa Enrica Palmieri recentemente confermata nel ruolo di Direttrice dell’Accademia Nazionale di Danza per il triennio 2020/2022

E’ nostro desiderio sottolineare il rigoroso profilo professionale della Dott.ssa Palmieri che ci ha concesso l’intervista solo dopo l’esito delle votazioni proprio per evitare una possibile sovraesposizione mediatica.

Buongiorno Direttrice e le porgiamo le nostre congratulazioni.

Tracciamo un breve profilo artistico della Dott.ssa Maria Enrica Palmieri:

danzatrice, coreografa, docente, coordinatrice della scuola di coreografia dell’Accademia Nazionale di Danza e, da gennaio 2017, Direttrice dell’AND

La Dott.ssa Palmieri è anche membro componente del CNAM (Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale) del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Ha partecipato a numerosi Festival e tourneè in Italia e all’estero per poi trasferirsi negli USA a New York City, a Portland (Oregon), a S. Francisco (California) rientrando in Italia per dedicarsi alla creazione di coreografie che sono rappresentate in quasi tutti i paesi europei ed anche in Iraq, Mali e Capo Verde.

E’ la rappresentante italiana alla XII edizione dell’International Course for Professional Choreographers & Composers a Guilford (GB).

Curatrice di numerose manifestazioni artistiche pone in evidenza il connubio della danza con le arti visive multimediali ed attua un percorso di integrazione delle tradizioni coreutiche delle Isole di Capoverde in un processo creativo di più ampio respiro e non racchiuso in una ristretta ottica di unica centralità nazionale.

La Direttrice Enrica Palmieri e l’Accademia Nazionale di Danza

Direttrice, questa rinnovata fiducia manifesta l’apprezzamento del lavoro da lei svolto nel precedente triennio e delle indicazioni contenute nel suo documento programmatico delle attività per il triennio 2020/2022; ci può dare un suo pensiero?

Ricordo che nel mio passato ho vissuto esperienze professionali e di vita anche in zone di guerra dove ho partecipato intensamente con azioni umanitarie, ho attraversato pericoli di ogni genere che mi hanno formato e fortificato nell’affrontare la realtà e le responsabilità, ritengo quindi di poter gestire anche l’Accademia Nazionale di Danza.

Le difficoltà indubbiamente ci sono però esiste sempre una soluzione che deve essere cercata, analizzata ed attuata per la migliore prosecuzione ed affermazione dell’AND; il tempo aiuta a derimere le nubi all’orizzonte e far cessare le azioni o gli atteggiamenti che ostacolano lo sviluppo che essa merita.

Direttrice, questo suo pensiero evidenzia una forza di carattere non comune perché superare questi momenti di riflessione con le proprie forze significa avere un carattere combattivo e che non si arrende; è certamente un atteggiamento positivo.

Spesso sono testarda e determinata, mi sono trovata in momenti molto difficili della vita, momenti che anche di notte non mi hanno consentito di dormire ed anche in questa realtà – inizialmente – ho percepito un senso di solitudine, non ho percepito la felicità e la condivisione dei programmi e del pericolo che incombeva sullo sviluppo futuro dell’Accademia; in tempo di guerra ci si unisce, ci si aggrega, qui ho invece avvertito la divisione. Per fare un paragone è come se avessi aperto la scatola di Aladino ma non è apparso il genio che ha aiutato a risolvere situazioni, anche stratificate nel tempo, le ha soltanto messe in luce.

E’ stato un allenamento emotivo e razionale, un alternarsi di paura e razionalità che induce quindi al ragionamento, che permette di creare i vari collegamenti tra fatti e situazioni, di capire dinamiche, di aver chiari alcuni contesti, di scoprire i vari perché, i quali non sono mai casuali; posso ben dire che si è trattato di un intenso allenamento.

Il primo anno è stato molto pesante poi l’ho colto come una ulteriore opportunità di crescita personale e collettiva. C’è una parola ricorrente nel mio programma di lavoro e che ho enfatizzato durante il mio discorso di presentazione quando ho parlato di Navigazione.

Durante un percorso si possono trovare dei porti, degli approdi ai quali si arriva perché spinti dalla tempesta, dal vento o da altri fenomeni ma proprio questi, che possono apparire situazioni negative, si tramutano in nuove opportunità, in nuove soluzioni.

L’Odissea, la Navigazione è un percorso non un arrivo.

Su questo ho riflettuto, non bisogna pensare solo in termini negativi alle difficoltà e agli incidenti di percorso poiché esistono anche le soluzioni; se io nel mio ruolo creo un approdo io creo – conseguentemente – nuove opportunità. Le difficoltà apparentemente rallentano il percorso ma questi “incidenti” consentono di accrescere e migliorare noi stessi e l’AND   

La Direttrice Enrica Palmieri e l’Accademia Nazionale di Danza

Sono pronta ad affrontare anche queste situazioni inaspettate; tutta la mia direzione è stata una riflessione per elaborare un piano di interventi e di programmi che ci portano lontano, mi sono interfacciata con tanti personaggi ed istituzioni con cui mi sono trovata a lavorare e questi incontri e opportunità si possono replicare all’infinito.

Il nostro pianeta è meraviglioso ed in costante mutamento e leggendo tutti i punti contenuti nel programma si potrebbe erroneamente concludere che sia impossibile attuarli e che io desideri “apparire”. Io sono al servizio dei colleghi e degli studenti, non ho alcun atteggiamento agonistico, il mio ruolo è quello di creare nuove opportunità attraverso la realizzazione di progetti

NO, ogni indicazione o decisione è frutto di approfondita riflessione e non vale l’antico concetto che… un progetto vale l’altro.

Ogni progetto ha un significato ed un obiettivo ben preciso, il numero dei progetti non mi deve spaventare ci deve spaventare perché ogni progetto racchiude in se un seme che deve germogliare e far realizzare una nuova opportunità.

Questo ragionamento lo faccio anche nei miei confronti perché mi gratifica così come gratifica l’AND, il corpo docente e gli studenti che hanno sempre vissuto nell’ambiente familiare un po’ serviti e riveriti però poi, quando è il momento di prendere iniziative autonome, potrebbero cadere se non avessi creato per loro un percorso di crescita.

Non li devo far cadere, non è questa la mia funzione; io li devo sostenere e quindi il mio ruolo consiste nel creargli opportunità che possono realizzarsi in Italia o all’estero, su tutto il territorio, con i teatri, con i municipi con tutte le realtà.  

La danza si può ben declinare all’interno di ogni realtà culturale. E’ chiaro che sarà loro compito proseguire e perseguire i loro obiettivi ma io non posso abbandonarli a se stessi.

Loro sono sostenuti nella formazione che comprende non solo la tecnica ma anche la conoscenza più in generale del mondo esterno all’Accademia Nazionale di Danza. Si troveranno ad affrontare tante battaglie ma questo è insito nella evoluzione del processo educativo. I progetti sono come il percorso formativo con i crediti. I progetti sono affini cioè sono una parte del percorso formativo educativo con i relativi crediti che sono necessari per la completa formazione del futuro Professionista.

Se vogliamo continuare su questo futuro la Danza è ora chiamata a fornire risposte di altro genere non solo quelle di abbellire esteticamente i vari programmi TV oppure di creare un prodotto fruibile in teatro se poi non contribuisce a risolvere problemi o tensioni sociali.

Abbiamo visto che con la danza si uniscono le persone, con la danza si possono scegliere tra i diversi linguaggio del corpo e, rispetto al linguaggio orale, benchè più universale e riconoscibile, è più facile con la danza creare solidarietà.

Quantunque il governo non abbia varato una politica di interventi strutturali per il settore danza io invece ho ricavato uno spazio ed un programma di opportunità da poter cogliere. Consideriamo, per esempio, che la danza è ecologica, non crea inquinamento, abbiamo in mano un’arte capace di adattarsi. La danza ha una sua missione che si adegua ai tempi che si stanno evolvendo, si plasma ai movimenti è in continuo divenire.

La Direttrice Enrica Palmieri e l’Accademia Nazionale di Danza

La danza ha la sua funzione.

A che scopo vivere, a che serve il tempo e le opportunità che la vita ci concede? Il trascorrere del tempo è un’opportunità perché ci permette di vedere cose che prima non si vedevano, l’arte della danza è stata sempre percepita come una professione di nicchia. L’arte è parte della cultura, l’arte è un prodotto umano, è un prodotto della cultura.

L’uomo ha bisogno della cultura per sopravvivere, in natura l’uomo è debole rispetto agli altri animali, la cultura e l’arte rappresentano invece la forza, sono la vita che necessita all’uomo.

La cultura nasce prima ancora della nascita della norma, del diritto; l’arte è la prima forma della cultura, è il primo atto creativo. Si può concettualmente assimilare alla cornice del famoso quadrato che se viene posizionato perpendicolarmente diventa una parete, se lo sposto in alto diventa un tetto, in pratica realizza una delimitazione del territorio.

L’arte è la vita.

 L’essere umano deve essere abituato e facilitato ad apprendere l’arte e senza l’arte l’uomo non può vivere.  L’uomo dovrebbe sempre avere la possibilità di coltivarla anche se poi si inserisce in un percorso lavorativo dove l’arte è esclusa ma dovrebbe sempre conservarne il Segreto.

L’arte è universale.

Direttrice, nel suo programma elettorale o di lavoro che aveva proposto al mondo dell’AND vi è il concetto della democrazia che coinvolge l’intera struttura e, in modo particolare, il concetto dell’internazionalizzazione. Ci può dare maggiori indicazioni?

Io la democrazia la intendo come concetto di RESPONSABILITA’. La democrazia potrebbe essere facilmente confusa con il concetto di populismo o anche per la capacità di saper creare un consenso. Voglio che le scuole, le strutture didattiche siano responsabili del progetto che deve legarsi alle finalità dell’Accademia, esse devono muoversi in direzione univoca e conforme alla funzione che esplicano. Nel mio caso il concetto di Responsabilità implica anche risvolti di tipo legale e penale connesse al mio ruolo.

Nel caso dei docenti la considero una responsabilità individuale, il ruolo del docente necessita di una forte deontologia professionale. Mi piace la trasparenza e la lealtà, mi piace vedere che gli studenti sanno, per esempio, orientarsi mediante indicazioni chiare senza che debbano vagare a chiedere e cercare. Allora che cosa significa comunicazione chiara? Questa chiarezza, anche nelle indicazioni, consente di trovare agevolmente ciò che è di personale interesse anche se si è un neofita; ci si rende conto che si è all’interno di un sistema, di conoscerlo, si sa dove andare, come muoversi e quindi non si rimane escluso.  Se esiste un sistema verticale e centralizzato che non è user friendly, è difficoltosa la sua consultazione; il sito deve essere chiaro, trasparente e fornire ogni indicazione. Ogni struttura didattica ha corsi particolari con diverse finalità e non si può seguire tutto, bisogna saper scegliere. Quell’atto di scegliere è quello che ci contraddistingue, si deve effettuare una scelta consapevole, si deve portare avanti il proprio obiettivo con consapevolezza.

La Direttrice Enrica Palmieri e l’Accademia Nazionale di Danza

Direi che il suo programma di lavoro è stato compreso e sono state messe in atto le sue indicazioni.

Io non ho fatto promesse particolari a nessuno, tutti si sono responsabilizzati e tutti hanno afferrato le indicazioni fornite malgrado – inizialmente – ci siano state anche difficoltà di comunicazione tra me ed i colleghi i quali si sono trovati investiti di molte responsabilità. In alcuni momenti c’è stato anche qualche attrito su cui ho meditato.

 Se i miei programmi, le mie azioni sono rapidi e dinamici non posso pretendere che siano seguiti da tutti però è anche vero che è meglio rischiare un attrito interno piuttosto che tornare a situazioni precedenti dove nessuno sceglieva, dove nessuno si responsabilizzava. Ci sono stati anche momenti dove mi sono sentita esclusa in quanto, nel mio ruolo di Direttore, dovevo fermare un piano artistico che magari non avevo avuto modo di condividere nella discussione con gli altri. Tuttavia ho preferito correre questo rischio piuttosto che tornare a “prima” dove c’era imposizione oppure consuetudine perché la consuetudine genera vizi; preferisco invece che ogni attività, ogni pratica sia ragionata, sia condivisa e ci sia la convinzione che quella pratica non è una semplice formalità ma è sostanza dell’azione.

 La nostra fondatrice è stata una innovatrice, ha praticamente creato l’Accademia dal nulla, l’AND è nata come una costola della Regia Scuola di Arte Drammatica, ha fatto molto bene in quel periodo storico ma quella eredità non dobbiamo, non possiamo mantenerla immutata sino ai giorni nostri. Non possiamo soltanto continuare a gestire un’eredità e sopravvivere di rendita. Oggi dobbiamo ampliare il nostro sguardo oltre un corto raggio ma non esporsi a rischi finanziari, dobbiamo investire con cautela e lungimiranza.

Direttrice, in un suo punto del programma di lavoro lei accennava a un percorso più legato alle istituzioni, può ampliare questo punto?

Assolutamente SI, noi siamo unici ma non possiamo rimanere nella nostra unicità o solitudine La solitudine è una condanna a rimanere soli, noi dobbiamo invece interagire con istituzioni a noi affini e mi riferisco a Campobasso, Benevento, Roma parlando di Conservatori e Napoli, Ravenna e Torino come Accademie.  Li ho inclusi nei miei progetti di collaborazione e devo dire che i colleghi delle altre istituzioni mi hanno supportato, ci siamo supportati, c’è stata una condivisione di progetti.

La Danza potrebbe rappresentare una Istituzione all’estero dove ho lavorato lungamente con molti compositori. Posso affermare che le creazioni più belle che hanno realizzato questi compositori per la danza le hanno realizzate grazie alla danza che gli ha creato una logica e soprattutto gli ha fatto scoprire delle tematiche a loro prima estranee; la danza gli ha permesso di fare ricerca e quelli che non si sono legati alla danza non ne hanno tratto vantaggio perché non si sono abbandonati alla danza, non sono stati contaminati dalla danza… sono rimasti “sospesi”.

 Direttrice, l’internazionalizzazione è un concetto a cui lei tiene in modo particolare, questa internazionalizzazione può essere legata anche al supporto che fornisce la Cuomo Foundation?

Assolutamente SI

La Cuomo Foundation ha come slogan “L’arte dell’educazione è l’educazione del cuore”.  E’ un assioma chiaro che non lascia dubbi circa la Mission che si è data. Ho avuto anche altri contatti con altre fondazioni private di grandissimo livello ma ho verificato che questa Fondazione sa fare le cose con stile, con qualità ed amore. Madame Cuomo mi assomiglia, è pragmatica ed anche lei lotta per raggiungere gli obiettivi. Ha il senso del bello e dell’arte, la capacità di perseguire i sogni come me e, come me, non intende far rimanere i sogni nel cassetto. Ho avuto l’opportunità di visitare il loro centro cardio pediatrico a Dakar mentre ero impegnata in un altro progetto che non vedeva la presenza della Cuomo Foundation e questo centro cardio pediatrico è stato realizzato a misura di bambino e a misura di mamma. Quando sono arrivata era in corso una sessione di musicoterapia per i bambini piccoli, per i più grandi e con le mamme. Possiede macchinari ad altissima tecnologia, un centro di ricerca all’avanguardia. La Cuomo Foundation è una organizzazione privata che fa investimenti, è attenta alla propria visibilità ma la sua missione è anche rivolta all’Arte. Madame Cuomo è sensibile alla crescita dei giovani ed infatti i suoi collaboratori sono prevalentemente giovani professionisti di grande qualità. Altrettanta sensibilità la rivolge alla crescita dei giovani artisti.

La Direttrice Enrica Palmieri e l’Accademia Nazionale di Danza

Si è interessata ai miei programmi di sviluppo dei giovani artisti per i quali voglio creare alleanze, creare opportunità. Al Premio Roma la giuria è costituita da coreografi, critici, da organizzatori di festival, proprio con l’intento non finalizzato solo a corrispondere premi in denaro ma – principalmente – offrire connessioni, legami che possano generare contatti e accordi ed avere una continuità futura.

Madame Cuomo ha sposato pienamente le finalità del progetto per far emergere le qualità dei giovani ma non necessariamente emergere significa essere “il primo in assoluto” però consente di cambiare la propria esistenza. Certamente un artista senza un pubblico a cui parlare rimane racchiuso in se stesso, non riesce ad esprimersi quindi il fatto di vivere il Premio Roma consente di trasmettere le proprie sensazioni; tutto ciò rientra nella Mission della Cuomo Foundation. Diciamo che Dio mi ha mandato le persone giuste al momento giusto. Anche Madame Cuomo ama le cose belle che racchiudono anche un valore filantropico e senso di umanità. Ci piace pensare all’umanità, abbiamo sogni che si devono realizzare, non siamo missionari quindi tutto quello che attiene i nostri specifici credo, ai nostri valori religiosi, sono messi da parte.

Madame Cuomo ha perfettamente compreso che la sua sponsorizzazione del Premio Roma, come possibilità offerta ai giovani, costituisce la realizzazione di alleanze e connessioni di alto profilo artistico.

Aggiungo che la Cuomo Foundation sarà con me al Padiglione Italia a Dubai perché il Padiglione Italia che presenterà il Premio Roma sarà incentrato sulla bellezza

La Direttrice Enrica Palmieri e l’Accademia Nazionale di Danza

Direttrice è evidente che questa sua impostazione riguardo al futuro dell’Accademia naturalmente necessità di un corpo docenti e di una struttura alle spalle che condivida pienamente i programmi. Concorda su questa affermazione?

Ritengo sia assolutamente opportuno che non vengano creati ostacoli alla visione del futuro dell’AND, che non ci si opponga a questo tipo di esperienze. Indubbiamente non è semplice e ci sono detrattori, non tutti sono dalla mia parte.

Si può anche ignorare il consenso rispetto a questo tipo di difficoltà ma i programmi non sono una novità, sono una continuazione di quanto già programmato e svolto. Mi si può anche contrastare ma si deve prendere atto che l’Accademia vuole andare in questa direzione così come espresso dalla maggioranza la quale potrebbe eccepire il mio mancato rispetto dei programmi stabiliti; ho anche una responsabilità nei confronti della maggioranza.

Io sono tenuta a rispondere del mio programma elettorale, l’ho sempre seguito e ogni volta verificavo se mi stavo muovendo verso quella direzione stabilita.

Direttrice il suo programma di lavoro elettorale per il prossimo triennio va a confermare o integrare i famosi 7 punti contenuti nel precedente programma?

Migliorare SI:  la comunicazione, l’ascolto ed ampliare il processo di internazionalizzazione Quest’anno abbiamo accordi con quattro paesi extraeuropei su cui dobbiamo lavorare per tre anni, adesso mi accingo a realizzare un altro progetto con altri tre partner europei. Se questi progetti saranno approvati avremo ben sette opportunità per l’Accademia Nazionale di Danza.

Ci sono tanti altri progetti con l’obiettivo “Europa” per i quali l’AND corre veloce nella internazionalizzazione. Sottolineo, come già detto, che è una prosecuzione di quanto già posto in essere, nessuna novità. 

Direttrice, non c’è stato nulla di quei 7 punti che ha incontrato maggiori ostacoli al suo conseguimento?

Nessuno per me era sbagliato ma una cosa non sono riuscita ancora a concludere ma non perché non l’abbia voluta realizzare. Ci ho lavorato due anni e mezzo e molto probabilmente riusciamo a farcela; mi riferisco al decentramento dell’Accademia.

Pur lavorandoci intensamente mi è apparso poi chiaro che il MIUR non mi avrebbe concesso i necessari finanziamenti e quindi, non volendo agire sulla leva economica riguardante la retta degli studenti, ho condotto un altro tipo di politica e cioè sono stata inclusa all’interno di un vasto ed articolato progetto che – se riceve le approvazioni – è il preludio del decentramento. Con ciò intendo costituire corsi esterni all’Accademia, in altri qualificati siti; l’Accademia è unica e prestigiosa e noi dobbiamo rispondere alle aspettative e richieste di iscrizione che sono molto numerose. Vivere a Roma e frequentare l’AND impone un esborso economico a dir poco significativo. Per ottenere il decentramento perseguo una politica di alleanze e non di aggressività.

Ovviamente non è realizzabile in tempi brevi ma con il decentramento creiamo servizi e proposte per il territorio, mostriamo così di avere una visione lungimirante, l’Accademia Nazionale di Danza si apre verso l’esterno anziché rimanere confinata nella sua unicità.

La Direttrice Enrica Palmieri e l’Accademia Nazionale di Danza

mde

 Direttrice le vorremmo proporre una riflessione forse “politica” circa la mancanza di offerta formativa coreutica nelle scuole, quale è il suo pensiero?

 L’Arte coreutica non è stata mai inserita nel processo culturale. Se io vado a leggere la storia dell’Italia è pur vero che la danza nasce in Italia ma non è stata mai inserita nel processo di crescita culturale; la cultura italiana – di fatto – non è legata alla danza. È una semplice questione numerica. Mi spiego: quanti danzatori hanno contato nel mondo del lavoro? Ben pochi. Nelle scuole si conducono processi di acculturazione, di identità. Se dovessi pensare a personaggi famosi penso a Verdi a Michelangelo a Leonardo, dico quindi che necessita sviluppare un processo culturale sin dalle elementari, che la danza possa essere inclusa ma non a scapito della matematica, dell’italiano o di altre attività utili proprio per diventare “persona”. La danza deve affiancarsi e con le stesse attenzioni che vengono rivolte ad altri tipi di attività. Lo sport è utile, lo sport crea spirito comune cosa invece che la danza non crea, lo può creare se utilizzata in un certo modo ma è molto individualistica, crea un lavoro sull’ individuo, sul proprio corpo. Il calcio, dove ognuno ha un ruolo definito, rappresenta il gioco di squadra. Quando si mette in scena un balletto abbiamo il primo ballerino e il corpo di ballo e si crea così la squadra dove il gruppo rappresenta la cornice ed il primo ballerino esegue la prestazione artistica eccellente. La danza non è soltanto una esplosione di energie, che comunque avviene, ma è una esaltazione dell’anima, da una lezione di danza si esce sfinite ma contente, la danza è un sentimento molto personale.

Tornando alla sua precedente domanda relativa alla offerta formativa coreutica nelle scuole aggiungo che la nostra cultura si fonda sullo scritto, non c’è nulla che non passi attraverso uno scritto che esso stesso è un linguaggio; la musica è scritta, tutto è codificato. Da ciò è facile intuire il perché in Africa la danza rappresenta la storia dell’uomo, della tribù. La storia della tribù è tramandata attraverso la danza, che non è fondata sullo scritto. Ci sono danze che vengono rappresentate ogni 70 anni e i danzatori indossano dei copricapo alti 4 mt. con i quali eseguono movimenti molto difficili. I movimenti dei danzatori esprimono valori spirituali o legami tra le comunità: matrimoni, accordi tra le tribù ecc. e dai movimenti ed intrecci dei danzatori ne scaturisce un presagio.

Nulla è scritto, la storia è tramandata per via orale, la danza è l’unico strumento, è un linguaggio comune, crea identità culturale.

 Direttrice lei è chiamata ad altri impegni, cosa può dire a tutti coloro che “fanno danza”?

Di non dimenticare la propria libertà; la danza deve istruire alla libertà che non è una cosa dovuta. E’ la libertà di scelta ma con consapevolezza. Il messaggio più importante che io lancio è utilizzare pienamente questa libertà, farla divenire una sorta di guida quotidiana. Deve venire “da dentro”, la danza non è una finalità ma uno strumento che rende capace di affrontare le avversità con lealtà con rigore e con chiarezza.

Grazie Direttrice.

PH Federica Maria Bianchi tratte dal sito AND per finalità divulgative e non commerciali

Andrea Lepone: Riflessioni in chiaroscuro

 

Andrea Lepone: Riflessioni in chiaroscuro

Recensione di Alberto Raffaelli

La poesia del ventiquattrenne Andrea Lepone è una meditazione sul “nostro” (“suo”, “universale” che dir si voglia) posto nel mondo. Sull’essere in cammino dal mattino alla sera, dal giorno alla notte: facile quindi individuare il motivo del titolo, ispirato da questo riflettere in chiaroscuro, nei diversi momenti del dì e del buio accompagnati dalle rispettive luci e ombre, com’è naturale e fisiologico che sia…

Ma quello che si evince da questa raccolta è anche un lavoro sul linguaggio, come nota Angelo Nardi nella sua “Prefazione” individuandone uno dei perni ispirativi nel differenziarsi “dal poetizzante tipicamente giovanile per porsi nel canone della poesia” (in base a una distinzione adatta per l’analisi creativa delle ultime generazioni).

Decenni di sperimentazioni e avanguardismi hanno condotto sempre più a considerare i confini e le qualità dello scrivere versi: anche Andrea Lepone s’inserisce in questa scia, raccontando pensieri, dubbi ed emozioni che infarciscono il suo cammino. Per forma e contenuto, “Riflessioni in chiaroscuro” è un esempio di disamina praticabile dalle persone sensibili su quella “somma forma di comunicazione” tra gli umani – la poesia, appunto –, che però oggi conserva la propria altezza in una maniera sommessa, sacrificata non solo nell’apparato mediale e sociale, ma spesso anche nelle gerarchie tra i generi.

Andrea Lepone: Riflessioni in chiaroscuro

Ma Andrea con le sue liriche intende dimostrare proprio come la poesia conservi uno straordinario potere di resistenza, una capacità di andare oltre la constatazione di uno scacco dell’esistenza e di intravedere qualcosa, bypassando le tentazioni del nichilismo. Si può invece progettare una salvezza e mirare a nuove sintesi (mentre quelle vecchie si sono rivelate illusorie), superando “la perversa dittatura dell’egocentrismo” che riduce gli individui a ruoli di “ribelli condannati”.

La parola in “Riflessioni in chiaroscuro” ha immagini potenti, dense, tra il simbolico che rinvia a grandi verità e l’immanenza del concreto. Molte ed eterogenee le influenze dichiarate dall’autore (Dylan Thomas, Montale, Bukowski), ripercosse su una scrittura “forte” e dagli accostamenti talvolta ermetici, ma che mantiene, se non una scorrevolezza, una certa “liquidità” d’impostazione: nei versi scorrono pensieri e immagini, ma sempre con una presenza di un io consapevole non troppo nascosto, che distanzia i componimenti di Andrea Lepone dal flusso di coscienza.

In definitiva questa raccolta comunica i risultati di una ricerca che nello scoprirsi ardua, difficoltosa, all’apparenza persino poco appagante, sembra raggiungere il proprio scopo nella conferma di uno degli assiomi più gratificanti del fare poesia/arte: la consapevolezza che quest’ultima è forse la maggiore opportunità posseduta dall’uomo per lasciare una traccia nella Storia.

Andrea Lepone: Riflessioni in chiaroscuro

La Macina Onlus Editore – Roma, 2018

Grazie ad Alberto Raffaelli per l’ottima recensione.

Il libro può essere ordinato direttamente all’editore con spese di spedizione gratuite o tramite le seguenti piattaforme on line:

https://www.ibs.it/riflessioni-in-chiaroscuro-libro-andrea-lepone/e/9788894261455

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https://books.google.it/books/about/Riflessioni_in_chiaroscuro.html?id=_sg_vAEACAAJ&redir_esc=y

https://www.unilibro.it/libro/lepone-andrea/riflessioni-in-chiaroscuro/9788894261455