Raffineria di Roma – Piano di Emergenza

raffineria di roma foto

Raffineria di Roma  –  Piano di Emergenza Esterna

Sul sito di Roma Capitale è riportato l’aggiornamento del 07/05/2015 relativo al Piano di Emergenza Esterna ,  Informativa alla popolazione, riguardante la Raffineria di Roma ubicata in Via di Malagrotta n. 226 meglio conosciuta come “Pantano di Grano”.

In effetti è un atto dovuto da parte della Prefettura di Roma la quale, in ossequio al Decreto n. 139 del 24/07/2009 del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, pubblicizza le forme di consultazione della popolazione circa i piani di emergenza esterna delle industrie a rischio di incidente rilevante portando a conoscenza delle stesse le notizie per eventuali piani di emergenza.

Analoga segnalazione appare, ovviamente, anche sul sito del Municipio Roma XII nel cui territorio insiste il complesso industriale.

Avendo adempiuto all’obbligo di informazione ufficiale contenuta nel documento, visionabile, torniamo indietro nel tempo per poi giungere ai nostri giorni.

Chi vi scrive ha vissuto per molti anni all’interno del polo operativo della Raffineria di Roma la quale è “ad un tiro di schioppo” da quell’altra bomba ambientale che è la discarica.

Il progresso, l’eccellente tenore di vita  che tutti noi conducevamo era alimentato dal consumismo estremo; l’ansietà nella produzione dei carburanti e derivati quali bitume, olio combustibile, asfalti, GPL…  facevano si che le torri della Raffineria di Roma riversassero fumi maleodoranti ed inquinanti.

Ormai riconoscevamo subito, possiamo dire a naso,  se la produzione era orientata verso i prodotti nobili cioè benzine oppure verso i prodotti  chiamati in gergo “pesanti”  cioè bitumi o simili.

Siamo stati anche felici spettatori di un ricrearsi della natura in quanto alle nostre spalle, oltre il muro di cinta, quelli che erano dei  pianeggianti campi coltivati, man mano la mano dell’uomo li trasformava in graziose collinette simmetriche ed ordinate.

Il problema però è che queste collinette erano realizzate con i prodotti della discarica e poi… ricoperti di terra.

Abbiamo quindi goduto degli odori della Raffineria di Roma e, come regalo aggiuntivo, anche  di quelli della lavorazione della discarica.

Eravamo dei maestri nel riconoscere sia la provenienza che il tipo di prodotto in esecuzione; facevamo scommesse, chi perdeva pagava il caffè ai colleghi!

Torniamo all’attualità:

La Raffineria di Roma è chiusa dal 2011 come attività di raffinazione ed  è stata trasformata in centro distribuzione di prodotto raffinato; è stato quindi risolto il problema.

Tuttavia anche le operazioni di approvvigionamento, di stoccaggio, di travaso, di trasporto mediante tubazioni o autocisterne sono attività a rischio di incidente rilevante (tale è la definizione normata) e pertanto vi è l’obbligo da parte delle Autorità di illustrare i potenziali rischi, i sistemi di prevenzione già esistenti nonché una “Informativa” destinata a tutti gli interessati  quali i cittadini che gravitano intorno all’area della Raffineria di Roma, i VV.F, , la Polizia Locale, i Municipi, l’ARPA, la Polizia, i Carabinieri, il Soccorso Sanitario, l’ASL, la Protezione Civile, la Prefettura, Roma Capitale opportunamente coordinati tra loro.

E’ stato stilato un crono programma che prevede una serie di consultazioni con tutti i soggetti  pubblici e privati sopra descritti per valutare eventuali osservazioni così da arrivare, presumibilmente entro Luglio 2015 all’approvazione finale da parte della Prefettura.

E’ prevista una consultazione pubblica della popolazione entro Giugno 2015.

Vi terremo informati

 

Aeroporto di Fiumicino disastroso incendio

Aeroporto Fiumicino

Aeroporto di Fiumicino  disastroso incendio

Pur nella sua pesante gravità ci possiamo ritenere “fortunati” che il terribile incendio odierno sia avvenuto alle 0re 24:15 circa,  orario in cui l’attività dello scalo Leonardo da Vinci è notevolmente ridotta.

Non vogliamo pensare alle possibili drammatiche conseguenze che si sarebbero potute verificare qualora l’evento fosse  accaduto in orario di piena operatività aeroportuale.

Gli accertamenti da parte della Polizia Scientifica e dei VV.F. sono in corso e la Procura di Civitavecchia ha doverosamente aperto un fascicolo, contro ignoti, per incendio colposo.

Il Terminal 3 è devastato, tutto l’arredo, le strutture e tutte le attrezzature destinate al controllo bagagli e passeggeri (peraltro nuove, di altissima tecnologia  e costosissime) sono distrutte; la staticità strutturale dovrà essere verificata.

Non stiamo ammirando la famosa opera di Puccini quando la protagonista, Madama Butterfly, intona “un bel di vedremo levarsi un fil di fumo” ma purtroppo tutto è iniziato proprio così; un leggero fumo che – forse – non ha destato preoccupazione immediata  da intervento in emergenza.

In brevissimo tempo, troppo breve tempo,  il fuoco ed il fumo hanno assunto contorni pericolosi ma “il sistema” di coordinamento delle emergenze dell’Aeroporto di Fiumicino già funzionava a pieno ritmo con l’intervento congiunto e coordinato dei Sanitari, della Polizia , dei Carabinieri, della G.d.F. , della Polizia Locale del Comune di Fiumicino, dei VV.F. e del Management di A.d.R.

Le note di cronaca , le foto i video sono circolati in tutto il Web ed è quindi superfluo riproporli ; sento però il dovere civile e giornalistico di mettere in evidenza il comportamento estremamente professionale tenuto dagli operatori della Sicurezza A.d.R. (cioè gli operatori del controllo bagagli e passeggeri, tanto per intenderci) che in questa emergenza si sono prodigati e sono stati “amorevolmente” vicini ai passeggeri.

Hanno gestito la criticità trasmettendo una sensazione di professionale calma facendo evacuare tutti i presenti dal Terminal 3 dell’Aeroporto di Fiumicino accompagnandoli nei luoghi di raccolta previsti e nel contempo si è reso necessario anche non consentire l’ingresso dei nuovi arrivi.

Tutti gli operatori non si sono risparmiati, molti hanno respirato fumo che comunque – fortunatamente – non gli ha prodotto danni, si sono aiutati ed hanno aiutato le forze dell’ordine.

Pur nella sua drammaticità l’evento ha sottolineato che questi uomini e donne della Security dell’Aeroporto di Fiumicino  sono un gruppo compatto e specialistico che “sa fare il proprio mestiere”.

Dobbiamo quindi cancellare la nostra idea, quando siamo in fila per il controllo, che ci fanno perdere tempo prezioso e la colpa sia loro; le norme sulla sicurezza dei voli ormai le sappiamo tutti e quindi… prepariamoci in tempo.

Debbono rispettare le regole che sono loro imposte dagli Enti preposti alla sicurezza, Nazionali ed Internazionali.

Grazie ragazzi per quanto avete fatto.

Ayrton Senna il volto di un Campione

Ayrton Senna il volto

Ayrton Senna, il volto di un campione

In questi giorni sono apparsi sui Social varie rievocazioni, foto, “like”, condivisioni, relative al grande campione Ayrton Senna da Silva che perse la vita il 1 maggio 1994 durante il Gran Premio di Formula 1 che si correva all’Autodromo di Imola.

Alle ore 14,17 durante il 7° giro, mentre era in prima posizione nel rettilineo da 300 Km/h  che porta alla curva del Tamburello  la Williams di Ayrton tirò dritta infrangendosi contro il muretto.

Alle ore 18,40 Ayrton Senna morì all’Ospedale Maggiore di Bologna dove lo avevano elitrasportato.

Non mi sono unito a tutti, nel fatidico giorno del ricordo collettivo, perché ho voluto riviverlo intensamente e dal profondo del mio cuore quasi a dialogare direttamente e personalmente con lui.

Perché?

Perché ho avuto il piacere, l’onore ed il privilegio di conoscerlo personalmente, di conversare con lui, di mangiare velocemente un panino con lui, mi ha concesso di entrare nel suo animo e di capire l’inarrestabile  carica agonistica che lo catapultava,  metro dopo metro, curva dopo curva alla vittoria anche “in barba” alle leggi della fisica o del moto dei corpi.

Ayrton Senna aveva un volto apparentemente triste, corrucciato, tormentato.

No, era un professionista alla continua ricerca della perfezione, la sua tattica di gara la costruiva visionando a piedi il circuito per assimilarlo, metro dopo metro, per trovare gli spazi utili per effettuare il sorpasso.

Se non c’erano se li inventava.

 

Ayrton Senna il volto di un Campione

Una sua frase “Non esiste curva dove non si possa sorpassare” la dice proprio tutta sul suo modo di intendere una gara di Formula 1.

Aveva lo sguardo deciso, intenso, di colui che non concede nulla all’avversario; sapeva “pesare” gli altri piloti, campione o seconda guida, veloce o arrendevole ma tuttavia in pista era estremamente corretto con tutti; pilota di gran carattere ma corretto.

Tutti noi ricordiamo le statistiche : 3 Mondiali di Formula 1 vinti,  41 G.P. vinti,  65 pole position conquistate (e ne avremmo conteggiate tante altre se non ci fosse stato quel maledetto 1 maggio 1994) ma ben pochi sanno che Ayrton Senna, oltre ad essere un coriaceo pilota di Formula 1, aveva una sensibilità ed una umanità sorprendente.

Durante il G.P. del Belgio del 1992 sul velocissimo Circuito di Spa-Francorchamps  il pilota francese Erik Comas uscì di pista ad altissima velocità, si staccò una ruota, colpì Comas  che perse conoscenza.

Ayrton Senna bloccò la sua McLaren,  raggiunse Comas, arrestò il motore che si era bloccato a pieni giri (scongiurando così il rischio di incendio) ed aiutò i paramedici a tirare fuori Comas dall’abitacolo contorto.

Lo possiamo definire un eroe?

SI !

Ayrton Senna il volto di un Campione

Torniamo a quel maledetto 1 maggio 1994

Il  pre-gara , prove libere, avevano già “segnato” quello che sarebbe stato il G.P. di Imola:

il Venerdi Rubens Barrichello, forse per la rottura di una sospensione, uscì di pista ad una chicane, si schiantò contro le barriere ed il pilota perse i sensi.

Ayrton Senna fu il primo ad accorrere vicino all’amico e connazionale Rubens, si accertò delle sue condizioni (subì varie fratture e ferite) e fu il “portavoce” di Barrichello con la stampa.

Il Venerdi  Roland Ratzenberger percorreva ad oltre  300 Km/h  il lungo rettilineo prima della curva Villeneuve quando si staccò l’alettone anteriore e l’auto divenne inguidabile.

Si schiantò in piena velocità contro il muretto che causò la morte di Ratzenberger.

Ayrton Senna non volle concludere le prove di qualificazione ottenendo comunque la pole position davanti ad un certo giovanottello impetuoso, ambizioso  e con la stoffa del campione che voleva insidiare il Campione: chi era questo nuovo  pretendente?

Forse ne avete sentito parlare: Michael Schumacher.

Ayrton Senna il volto di un Campione

Concludiamo.

Cosa ci ha lasciato Ayrton Senna?

Un senso di tristezza, un languore, una prostrazione per un qualcosa che ormai abbiamo perduto e che nulla potrà sostituire.

Tutti gli ammiratori di Ayrton Senna sentono stringersi  la bocca dello stomaco al suo ricordo, possiamo solo riviverlo attraverso i filmati del tempo.

Da Ayrton Senna  sgorgava carisma, dolcezza, determinazione, forza,  era il punto di riferimento del mondo della Formula1.

“Correre, competere, è nel mio sangue, fa parte della mia vita” ; questo era Ayrton Senna.

Sulla sua lapide è scritta la frase “Niente può separarmi dall’amore di Dio

ed aggiungo…nemmeno da tutti coloro che ti hanno ammirato e visto correre.

Ayrton Senna il volto di un Campione

Ciao Ayrton

 

Refugees, a Roma l’evento in tema immigrati e rifugiati politici

Refugees

Il 27 Aprile alle ore 20:30 al teatro Quirino di Roma si è svolto un evento intitolato “Refugees”. Come intuibile dal titolo il tutto verteva sul grave problema dei rifugiati politici con particolare attenzione a coloro che giornalmente sbarcano sulle nostre coste con barconi, gommoni e mezzi di trasporto improbabili; causando spesso tragedie, come successo ultimamente, di portata incredibile ed umanamente inaccettabile.

di Paolo Zilli

L’evento è stato introdotto con considerazioni sul problema prendendo spunto da un libro “La notte della fuga” a cura del centro Astalli; partendo da tale libro si sono estrapolati quattro racconti magistralmente interpretati da attori bravissimi coadiuvati da canti, balli e coreografie efficaci allo scopo. Anima dello spettacolo Ugo Bentivegna, che assecondato dalla signora Claudia Koll e da Valeria Contadino hanno dato respiro ed anima alla esperienza vissuta, con lieto fine, dei quattro rifugiati presi come esempio.

Nella parte introduttiva è stato enfatizzato un importante concetto, quello cioè di provare a vedere le cose da un punto di vista positivo, accendere una fiammella che riporti tutti a pensare a questo grave problema, alla responsabilità che tutti noi abbiamo verso chi fugge da guerre, persecuzioni e vessazioni di ogni tipo e all’aiuto che possiamo e dobbiamo dare. Particolari non indifferenti sono state due considerazioni importanti. La prima di non nascondersi dietro un dito e sebbene il periodo di crisi che viviamo coinvolga i nostri cittadini ,è doveroso pensare a tutti in modo equanime senza distinzioni che odorano di razzismo. L’altra è che da rilevamenti svolti si può desumere quanto i giovani in età scolare siano molto più aperti e disponibili verso gli sfortunati che si accolgono sulle nostre coste. Senza avere quell’atteggiamento di rifiuto e razzista che alle volte i più grandi dimostrano.

Tutto bellissimo e condivisibile, ma…E’ si c’è un ma, che mi ha fatto dimenticare il pervaso sentimento di buonismo presente in sala e mi ha indotto ad alcune considerazioni.

Mentre narrava le vicissitudini di un ragazzo fuggito dalla Mauritania, dopo quattordici anni di schiavitù, si proprio schiavitù, raggiunta finalmente la libertà, girovagava per Roma cercando di ricostruire il tempo perduto, l’ottimo Bentivegna citava testualmente, dando voce e corpo a quel ragazzo: – Ora spero di trovare un lavoro che mi piaccia…-
Che mi piaccia! Ma come ? Stiamo tutti sprofondando in una crisi che non ha precedenti. Ci sono padri di famiglia che a cinquanta anni si trovano disoccupati e con una famiglia a carico e che farebbero qualsiasi cosa pur di poter lavorare,mettendo sotto i tacchi quella dignità di cui avrebbero diritto sacrosanto da parte di uno stato assente. Uno stato che riconosce aiuti e diritti ai rifugiati, ma se ne sbatte di una madre con figli, con un lavoro precario o non debitamente riconosciuto, che si ammazza per arrivare a fine mese e il caro ragazzo vorrebbe non un lavoro, ma un lavoro che “gli piaccia”.
Quello che ho citato è solo un esempio, uno spunto, ma basta con il buonismo gratuito; aiutiamo tutti più che giusto, ma le cose bisogna potersele permettere e qui mi fermo, non voglio entrare nel merito di quanti entrano in modo clandestino e non per fuggire da guerre o altro, ma solo con fini del tutto illegali.

Non è questo il conteso per una disanima su quello che occidente e più recentemente estremo oriente stanno facendo nel continente africano, ma un altro sassolino dalla scarpa me lo devo togliere. La parte finale dello spettacolo ci rappresenta la nostalgica vicenda di una emigrata siciliana in Argentina. Ai tempi in cui l’emigrazione dei nostri era massiccia e diretta verso tutto il mondo. Ebbene assimilare quegli eventi a quanto attualmente sta succedendo mi sembra una forzatura bella e buona. Fuggivano dalla fame, è vero, ma il trattamento ricevuto alla meta non era nemmeno paragonabile lontanamente a quello che oggi si da ai migranti. Il contesto era diverso e sarò retorico ma quello che gli italiani hanno costruito nei paesi che li hanno ospitati è sotto gli occhi di tutti.

Infine ancora una frecciatina polemica: è facile raccogliere con ottimismo la disponibilità dei giovani di fronte a tali problemi e sostenere che sono più avanti degli adulti, ma si scorda che dietro c’è papà e mamma, dategli da pagare mutui, bollette e mettere insieme pranzo e cena, poi ne riparliamo…

Elvezio Esposito, impegno e passione per le auto storiche

Elvezio Esposito auto storiche

Cosa dire di Elvezio?

Che ha segnato un’epoca ed ancora è il punto di riferimento per tutti gli appassionati di auto storiche?

Che riesce ad esaudire ogni richiesta del cliente?

Che i Club di auto storiche sparsi in tutto il mondo si rivolgono a lui per ogni esigenza nel settore della tappezzeria auto di qualunque marca?

Che puoi essere certo del lavoro ben fatto?

Che utilizza materiali di qualità conformi ASI?

Che i prezzi in relazione alla qualità sono favorevoli?

E’ tutto questo ed altro.

di Piero Casoli

Sono ormai 50 anni (!) che nella città di Cosenza Elvezio Esposito (più conosciuto come “Mastro Elvezio”) si dedica con passione a far rivivere le auto che hanno rappresentato la storia della motorizzazione italiana e mondiale; sotto le sue sapienti mani sono passate la Balilla, la Topolino, l’Appia, l’Aurelia, la Flaminia, le Alfa dal 1940 e molte altre.

E’ specializzato anche per intervenire sulle auto storiche, e non solo, straniere.

A lui si rivolgono i vari Club di auto storiche e Veteran Club sparsi in tutto il mondo, dal Giappone all’Australia, al Canada, agli U.S.A. , con una massiccia presenza nella vecchia Europa.

La lavorazione è quella tipica della vecchia “bottega artigianale” con estrema cura dei particolari ma questa eccellenza è gestita in maniera professionale e moderna dall’intero gruppo familiare.

La figlia Donatella si è specializzata in Economia Aziendale all’Università in Italia ed ha poi acquisito una esperienza in Marketing aziendale all’Università in Germania. Naturalmente lei cura i rapporti con i clienti internazionali, con i media e con i social.

Il figlio Francesco gestisce i rapporti con i clienti nazionali, con i fornitori, con le Istituzioni deputate ai regolamenti (A.S.I, F.M.I.…) affiancando il padre Elvezio nella linea produttiva. La sua laurea in Geologia non è stata dimenticata dentro un cassetto ma Francesco opera attivamente per la salvaguardia dell’ambiente; anche questo aspetto denota quanto è radicata l’Azienda sul territorio che non ha mai voluto abbandonare perché rappresenta le solide radici familiari ed aziendali.

Giuseppe è la figura tecnica ed anche lui segue la linea produttiva; riesce a trovare la giusta soluzione a tutti i problemi. Alla tradizionale linea destinata alle auto storiche si è affiancata anche la linea destinata alle 2 ruote (o 3 nel caso di sidecar); hai una Lambretta, una Vespa… rivolgiti a Giuseppe.

Una azienda proiettata verso il mercato nazionale con un ampio respiro internazionale non può sottovalutare l’importanza delle nuove forme di feeling con i clienti e del commercio on line ed ecco quindi che è stato realizzato un gradevole e completo sito web (www.elvezio.com) per l’e-commerce, i contatti verso i social e un interessante Blog. Questo segmento aziendale è affidato al bravo Marco.

Elvezio rappresenta un’azienda familiare a livello semi artigianale?

Certamente sì. E’ proprio questa la filosofia aziendale che caratterizza Elvezio Esposito che ha saputo raggiungere anche i mercati internazionali con la sua “bottega storica” nel Sud Italia che è un’altra eccellenza italiana spesso sottovalutata.

Concludiamo questa carrellata su Elvezio per sottolineare che l’azienda è sensibile ai temi sociali ai quali dedica particolare attenzione; anche questa è una eccellenza avendo saputo coniugare il mondo profit con il non profit.

Grazie Elvezio.