Il Padre, Gabriele Lavia ripropone Strindberg

Il padre gabriele lavia

31Gabriele Lavia porta in scena per la terza volta Il padre, tragedia composta da August Strindberg nel 1887. Sono a lui affidate sia la regia che la parte del protagonista, il Capitano Adolf. Sul palcoscenico anche sua moglie Federica Di Martino, nei panni di Laura.

Dopo il debutto a Firenze presso il Teatro della Pergola Il padre sarà al Teatro Quirino di Roma fino al 4 febbraio, per poi spostarsi a Bologna (8-11 febbraio Teatro Arena del Sole), Milano (15-25 febbraio Teatro Elfo Puccini ), Torino (27 febbraio-11 marzo Teatro Carignano), Genova (13-18 marzo Teatro Della Corte) e Udine (21-23 marzo Teatro Nuovo Giovanni da Udine).

Quello narrato è un dramma al maschile, la tragedia di un uomo che viene sopraffatto dalla sua donna, la quale lo porta letteralmente alla pazzia. La scena si chiude proprio col Capitano che, ormai regredito ad uno stadio quasi infantile, viene costretto ad indossare una camicia di forza, simbolo per eccellenza della follia.

Il contesto in cui Strindber scrive l’opera non va sottovalutato, sia dal punto di vista scientifico che sociale.

Laura usa un’arma sottilissima per condurre inesorabilmente nel baratro quel marito verso cui ormai non prova più nulla, se non rancore: insinua in lui il dubbio della paternità. È davvero lui il padre di Bertha? Questo crollo di certezze condurrà il Capitano in quella spirale di autodistruzione senza via d’uscita.

A fine ‘800 la scienza ancora non consentiva di stabilire con certezza la paternità di un figlio. Non erano ancora disponibili strumenti moderni come il test del DNA. Inoltre, era un momento storico di crisi della famiglia, di ridefinizione dei ruoli di uomo e donna, sia entro le mura domestiche che fuori.

Questo conflitto tra maschile e femminile si risolve a favore della donna. È Laura a vincere. Adolf soccombe sotto i colpi dell’incertezza, del tormento, abbandonato nella solitudine e nel dubbio.

All’Ambra Jovinelli Favino porta in scena Koltès

koltès la notte poco prima delle foreste

La notte poco prima delle foreste viene scritto da Bernard Marie Koltes nel 1977. È uno dei testi più intensi della sua produzione drammatica, che comprende sia monologhi che testi a più voci.

La Compagnia degli Ipocriti aveva presentato questo testo nel 2001 affidandolo alla recitazione di Giulio Scarpati e alla regia di Nora Venturini.

Lo scorso 11 gennaio la Compagnia ha debuttato al Teatro Ambra Jovinelli di Roma con un nuovo adattamento di questo monologo, per la regia di Lorenzo Gioielli (direttore artistico dell’Accademia STAP BRANCACCIO) e interpretato da Pierfrancesco Favino. Lo spettacolo ha riscosso un grandissimo successo.

L’attore romano si era già confrontato con La notte poco prima delle foreste 8 anni fa. Da allora, come da lui stesso dichiarato nelle Note dell’Interprete, ne era rimasto profondamente colpito e affascinato.

Mi sono imbattuto in questo testo un giorno lontano, mi sono fermato ad ascoltarlo senza poter andar via e da quel momento vive con me ed io con lui. Mi appartiene, anche se ancora non so bene il perché.

Un unico cruccio: quello forse di aver ‘macchiato’ quella prima interpretazione con una vena di ambizione che non aveva fatto emergere fino in fondo l’umanità e la bellezza del testo.

Questo attaccamento di Favino a Koltes e in particolar modo a La notte poco prima delle foreste traspare durante tutto lo spettacolo all’Ambra Jovinelli. Recita con intensità, stavolta senza ambizione. Il pubblico entra in forte empatia con lui, che si fa da parte lasciando sul palcoscenico solo lo ‘straniero’ protagonista del monologo.

L’uomo è alla ricerca di un posto dove passare la notte, per questo ferma un passante per strada. A lui affida le sue parole, le sue storie che raccontano di solitudine, di abbandono, di moralità, di oppressione.

Perché la notte poco prima delle foreste è questo: è un punto di non ritorno della nostra umanità.

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

Daniela Poggi nasce a Savona, una città di mare.
In casa crebbe con l’Arte, al di fuori di essa ha vissuto in un mondo colorato: l’azzurro del mare, del cielo, della sua città e l’aria salmastra da respirare per poi portare queste sensazioni dentro, ovunque andrà.
La sua carriera iniziò a 14 anni quando si aprì il primo sipario per interpretare Andromaca di Racine in lingua francese… “Il cuore batteva a mille ma io mi sentivo “esistere”.
In questa frase c’è già un valido motivo per vivere.
Un’ adolescente che la curiosità porterà, poi, dal teatro al cinema, alla televisione, interpretando tanti ruoli, molte sfide che la porteranno a vivere tante vite per regalare emozioni, fare percorsi dentro se stessa, conoscersi meglio e accettarsi.
A 20 anni è in teatro con Walter Chiari in “Hai mai provato nell’acqua calda”?
Passa poi al teatro impegnato, con testi drammatici di Jules Pfeifer e Arturh Miller. Recita con tutti i mostri sacri del teatro come Arnoldo Foà.
Dal 2009 inizia un percorso impegnato sui temi sociali di grande rilevanza, tante opere fino a Pirandello, Sciascia.
Nel cinema è stata diretta da Ettore Scola, Luciano Salce, Giorgio Capitani, Pasquale Festa Campanile ed altri illustri nomi.
Compie 40 anni di carriera sul set di un film: “L’esodo”.

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

D. Signora Poggi, Lei ha festeggiato i suoi 40 anni di carriera vestendo i panni di un’esodata nell’opera prima di Ciro Formisano. Un film verità in cui si riconosceranno tante persone. Che emozioni ha vissuto in questo ruolo che lei interpreta, ma che molti italiani vivono?

R. Tante emozioni, dalla vergogna, alla consapevolezza, la voglia di lottare per chi subisce ingiustizie, la forza della ragione e la dignità di essere dalla parte del giusto. Troppe persone soffrono di indigenza e invisibilità, dobbiamo unirci a loro e urlare tutti insieme: BASTA!

D. Da quel giorno consegnato alla storia dalle lacrime della Fornero, iniziò un calvario che ha portato migliaia di famiglie a vivere in uno stato di indigenza. Cosa pensa lei di uno Stato che non è in grado di garantire una vita dignitosa alle fasce più deboli, tra cui gli anziani?

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

 

 

 

 

R. Lo ripeto, la politica spesso pensa più alla risoluzione di problemi finanziari, bancari, mondiali lasciandosi alla spalle la vita delle persone. Questa non è buona politica.

D. Viviamo in un mondo altamente tecnologizzato ma si muore ancora di solitudine; il femminicidio è storia di tutti i giorni ormai, c’è un grande degrado morale che ci porta indietro di tanti anni. Il suo pensiero al riguardo?

R. Anni di degrado culturale, si è cercato di intorpidire le menti, levare la capacità di pensare, dai giornali alla televisione…Il sapere è stato annientato per l’apparire non importa come. L’uomo è rimasto indietro nel cammino della donna che si evolve ogni giorno di più, mentalmente e professionalmente. Nella scuola i primi segni di violenza e poi in famiglia, nei gesti, nelle parole…Bisogna stare attenti quando si parla, le parole possono uccidere.

D. Poter lavorare quanto ha contribuito, secondo lei, a creare un’autostima nelle donne?

R. Certo il lavoro è espressione di dignità e autonomia. Solo così la persona esiste.

D. Esiste, secondo lei, un tipo di uomo che non fa, necessariamente, la scansione di seno e sedere, prima di relazionarsi con una donna?

R. Non lo so, bisognerebbe fare una ricerca sugli uomini…Penso di no. D’altronde la prima attrazione è vedendo, poi conoscendo e poi approfondendo.

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

D. Le faccio una domanda provocatoria. Rispetto alla rete di amicizie di Facebook a che servono oggi i parenti?

R. FB se usato come mezzo di lavoro è straordinario, così come lanciare petizioni a favore dei più deboli, umani e non. I gossip sono deleteri. Cercare amicizia su FB è come dire “io non sono capace di vivere veramente la vita”…la cosa buona è che ogni tanto si ritrovano persone con le quali si è condiviso un periodo della vita e poi, per tante ragioni, ognuno ha preso la sua strada e ci si è persi di vista; con FB eccoci di nuovo. I parenti sono indispensabili bisogna coccolarli e mai dimenticarli.

D. Lei ha adottato una bambina, questo denota la sua sensibilità e la voglia di regalare amore. Cosa ne ha ricevuto in cambio?

R. Non ho adottato, sono la sua madrina di battesimo e affianco la sua vita da sempre, scuola, sport, viaggi e altro. In cambio ho la gioia del suo sorriso, delle sue vittorie all’università, delle sue sfide vinte perché è intelligente. Ha dato un senso alla mia vita.

D. Come si prepara ad interpretare un personaggio?

R. Lo analizzo, lo interrogo, leggo, lo vivo con il cuore e la pancia. Mi dimentico di me e divento LEI.

D. Come vive, se c’è, la competizione con i suoi colleghi?

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

R. Una sana competizione deve esserci sempre se no ci si ammoscia!

D. Il suo amico modaiolo fiorentino Stefano Panaro, dall’America l’ha sempre definita di ”una genialità stellare”. Sicuramente un bel complimento. Lei si riconosce questo valore?

R. Stefano è troppo buono. Sono una persona normale come tante altre che ha il dono della Fede e mi ci aggrappo con tutta me stessa. Ho sempre lavorato, lottato, non mi arrendo, sono curiosa e ambiziosa perché se lavoro e guadagno posso aiutare molto chi ha bisogno.

D. Gode di buona salute oggi il cinema italiano?

R. Non direi

D. Lei ama di più sorprendere o essere sorpresa?

R. Ambedue

D. Come fa a mantenersi così bella e in forma?

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

R. La bellezza ti viene regalata, non è merito tuo, devi solo proteggerla e mantenerla, alimentazione vegana, sport, dormire bene, serenità, letture e buone persone accanto. Cuore sempre aperto così come occhi e orecchie…vivere la vita.

D. Qual è il suo rapporto con il tempo che passa?

R. Paure, speranze, ironia, leggendo chi è più saggio e ha già capito il senso della “adultità”!

D. Una, nessuna, centomila. Chi è esattamente Daniela Poggi?

R. Tutte e nessuna…Una particella di Dio.

D. Nei suoi sogni c’è mai stato o c’è un Oscar?

R. Impossibile volare così in alto, sarei felice di un David per L’Esodo.

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

Noi le auguriamo di vincerlo per tutto quello che Lei è, che dà e che fa.
Nel 2001 Daniela Poggi è stata nominata “Goodwill Ambassador” da parte di UNICEF-Italia per sensibilizzare e coinvolgere l’opinione pubblica sui problemi dell’infanzia, testimoniando e promuovendo con il suo impegno nel mondo della cultura e dello spettacolo la solidarietà e il sostegno alle iniziative dell’UNICEF.
Quindi anche la sua arte al servizio dei più deboli.
Daniela Poggi è più di tutto questo, non serve sottolineare ciò che si vede, ma è anche fine, discreta, riservata, lontana dai frastuoni e dai divismi gratuiti.
Tutto ciò che ha conquistato è frutto di impegno, passione e ricerca interiore perché, come dice giustamente Simone De Beauvoir: “Donne non si nasce lo si diventa”.
Noi la ringraziamo per averci permesso di conoscerla un po di più e la lasciamo augurandole di vivere ancora tante vite con la passione e il successo avuti fino ad oggi.

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne che si sono rivelate in questa intervista concessa alla Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca che ringraziamo

 

Les Étoiles 2018: grande successo all’Auditorium

les étoiles 2018

Portare su un unico palcoscenico le eccellenze della danza, les étoiles provenienti dai principali teatri del mondo, significa presentare al pubblico uno spettacolo unico. È qualcosa che gli occhi e il cuore non dimenticano facilmente.

Dietro questo Gala internazionale di altissimo livello artistico c’è il nome di  Daniele Cipriani, vera e propria garanzia nel mondo della danza, grande esperto di produzione e promozione di spettacoli.

Les Étoiles, giunto quest’anno alla sua quarta edizione, ha riportato nuovamente un grande successo: sold aut entrambe le date fissate all’Auditorium Parco della Musica di Roma, 27 e 28 gennaio.

Questa estate il Gala si sposterà a Venezia, presso il Teatro La Fenice: appuntamento in calendario per 21 e 22 luglio.

Les Étoiles: spettacolo imperdibile

La costellazione di stelle che Daniele Cipriani ha portato a Roma comprende 12 scintillanti nomi. La loro diversificata provenienza fa sì che lo spettacolo risulti fortemente variegato. Più teatri, più compagnie, più scuole e più nazionalità: ciascun danzatore mette qualcosa di unico, irripetibile, appartenente solo alla sua personalità artistica.

L’agilità di Kimin Kim (Teatro Mariinsky di San Pietroburgo), la leggiadria di Jacopo Tissi (unico primo ballerino italiano al Bolshoi di Mosca) e l’incantevole Alena KovalevaTissi Kovaleva les étoiles © Massimo Danza

la versatilità di Marianela Nuniz (Royal Ballet di Londra), l’eleganza di Iana Salenko (Berlin Ballett). E ancora: la tecnica di Vladimir Shklyarov (Teatro Mariinsky di San Pietroburgo), il sangue madrileno di Joaquin De Luz (NY City Ballet), l’espressività di Sergio Bernal (Ballet Nacional de Espana), l’armoniosità di Léonore Baulac e Hugo Marchand (Opéra di Parigi).

Due sono stati gli arrivi dell’ultima ora: i talentuosi Liudmila Konovalova (Opera di Vienna) e Daniel Camargo (Stuttgart Ballet) hanno sostituito Evghenia Obraztsova e Vadim Muntagirov, entrambi influenzati.

Sette le coreografie del primo e sei quelle del secondo atto, più un défilé finale che ha riunito tutti i ballerini sul palco, prima dei saluti finali e degli applausi di fine spettacolo, scroscianti e meritatissimi.

Sono stati particolarmente apprezzati una deliziosa ed impeccabile Marianela Nunez nel Don Chisciotte (pas de deux III atto, coreografia Marius Petipa e musica Ludwig Minkus)Nunez les étoiles © Massimo Danza

l’intenso passo a due Amovéo (coreografia Benjamin Millepied, musica Philip Glass) dei danzatori dell’Opéra di Parigi. Baulac Marchand les étoiles © Massimo Danza

E ancora, la solida e spettacolare tecnica sfoggiata dalla coppia Salenko-Kim ne Il Corsaro (pas de deux II atto, coreografia Marius Petipa, musica Riccardo Drigo).Kim Salenko les étoiles © Massimo Danza

L’ovazione che ha accompagnato l’uscita di scena dei ballerini, quelle mani che sembravano non volessero smettere di battere, è stato il modo con cui il pubblico ha salutato e ringraziato les étoiles che col loro talento hanno messo in scena qualcosa di straordinario.

E quell’applauso era anche per chi, con competenza e passione, ha permesso tutto ciò. Non è facile portare a Roma alcuni tra i più importanti e richiesti danzatori del momento, alcuni alla loro prima apparizione in Italia.

Daniele Cipriani Entertainment (seconda produzione a livello nazionale riconosciuta dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo) afferma nuovamente la sua autorevolezza e competenza, confermandosi una garanzia di qualità del settore.

“L’intento del gala Les Étoiles è di far vedere il cielo… in un teatro!”

Daniele Cipriani

The Wolf of Wall Street

The Wolf of Wall Street

The Wolf of Wall Street

è un film del 2013 e narra l’ascesa ed il declino del miliardario Jordan Belfort, avido cocainomane nevrotico genio dell’alta finanza della New York degli anni ’90; il film è tratto dal romanzo autobiografico omonimo.

Victor Lebow, famoso analista di mercato americano del secolo scorso, negli anni ’50 scriveva che nell’era del consumismo estremo una buona strategia commerciale è quella che si pone l’obiettivo di trasformare i semplici cittadini in consumatori voraci, maniacali, sperperatori, tossico-dipendenti dal consumo, imprigionati in una vorticosa coazione a ripetere all’infinito per il raggiungimento di una fugace “felicità” del possesso, del consumo e dell’ingannevole potere che ne deriva.

Salvo superare il limite – come in effetti ci presenta il bravissimo Leonardo Di Caprio protagonista di The Wolf of Wall Street – e ritrovarsi, dopo aver toccato il cielo con un dito, schiantati per terra a strisciare per elemosinare il necessario per sopravvivere.

The Wolf of Wall Street

The Wolf of Wall Street

La follia prodotta dal capitalismo estremo è la stessa follia generata dal consumismo incontrollato, nevrotico ed ossessivo, dove tutto è possibile: beni di superlusso, sesso, droga, trasgressione estrema, potere assoluto.

L’uno genera l’altro, e viceversa, secondo un circolo diabolicamente perverso.

Si alimentano e si cannibalizzano reciprocamente fino alla dissoluzione totale, fino al superbo trionfo del “peccato”.

Sembrerebbe questo il messaggio che il sempre più grande Martin Scorsese, insieme al bravissimo sceneggiatore Terence Winter, vuole lanciare al mondo del cinema con questo suo imperdibile e imponente capolavoro.

E se il messaggio è questo, Scorsese ci riesce perfettamente costruendo un film con un ritmo a tratti nevrotico a tratti schizofrenico, come i protagonisti, come la storia narrata, come la follia generata da una società dominata dalle ciniche leggi del mercato globale che – nel film di Scorsese – vengono sintetizzate in una fantastica scena finale dove il Di Caprio, guru ormai decaduto della finanza newyorkese, incita ipnoticamente i suoi bramosi ascoltatori desiderosi di attingere dalla sua esperienza di “successo”, ripetendo ossessivamente quella che era stata la sua prima lezione di broker: “Vendimi questa penna. Vendimi questa penna. Vendimi questa penna…”

 

The Wolf of Wall Street una recensione di Andrea Giostra

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